Madre

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Viviana non era mai stata una bambina particolarmente affettuosa nei confronti di sua madre. Fin da piccola si era mostrata piuttosto indipendente e poco propensa a confidenze e abbracci gratuiti. Era una ragazza forte, lo era sempre stata, ma sua madre mai si sarebbe immaginata che sarebbe diventata un'assassina. Ripensava a quanto era bella e piccina da bambina, con quel sorriso innocente strappato via troppo presto dal padre. Suo padre era un mostro, lo era stato, ma ucciderlo non era la soluzione. Come madre, non riusciva ad accettare il fatto che la sua bambina fosse riuscita a compiere un simile gesto. Non per l'atto in sé, quel bastardo meritava pure di peggio, ma per la sicurezza e l'orgoglio con cui si mostrava dopo. Lo trovava folle e profondamente sbagliato, iniziava a vedere quante cose strane avrebbe dovuto notare prima. Tutte queste donne, apparentemente serene e unite, erano tutte assassine o complici? Nessuna di loro era sembrata in qualche modo turbata dagli eventi recenti, come fosse normale uccidere uomini e dar loro fuoco. Come fosse da applaudire una ragazza che commette simili crimini o che vi assiste.

"Cosa c'è, mamma?" chiese la piccola Giselle, notando il nervosismo della madre "E perché Viviana è uscita di casa di notte?".

"Va tutto bene, tesoro" tentò di tranquillizzarla "E tua sorella è uscita per andare da delle sue amiche, non ti preoccupare".

"Ma è buio!".

"Lo so. Ma lei ormai è grande, capisci? Perché non vai a letto e riposi un po'? Domani ti aspetta la tua maestra".

La bimba mise il broncio, per nulla desiderosa di andarsene a dormire, ma alla fine obbedì. Appena fu certa che la figlia dormisse, la madre iniziò ad aprire vari cassetti non riuscendo a capire dove avesse messo il cellulare. Era scarico ovviamente e ringraziò che almeno quel villaggio non funzionasse interamente a candele.

"Qui non prende..." riflettè, cercando di ricordare dove fosse andata Viviana per tentare di telefonare.

Dove pascolavano le bestie? Non ne aveva sinceramente idea. Si sarebbe di certo informata sulla cosa il giorno dopo in negozio. Aveva un disperato bisogno di parlare con qualcuno, qualcuno che non facesse parte di quel luogo fuori dal mondo.

"Mia figlia starà bene" si disse "Porterò via le mie bambine da qui, non so come e non so dove ma le devo portare via. E sarà tutto solo un brutto sogno".

Sapeva anche lei che non l'ex marito deceduto non correva altri rischi, ma come convincere Viviana a muoversi, ora che si sentiva indispensabile per quella comunità? E dove andare con due figlie, senza un lavoro o una dimora? Forse l'auto ancora partiva ma per quale meta? Decise che per prima cosa doveva riallacciarsi con il mondo esterno, grazie al cellulare che sperava avesse ancora un po' di credito residuo. In banca era certa di avere ancora dei liquidi e magari avrebbe potuto concordare un affitto al volo con qualche conoscente.

La batteria caricava da un tempo che le pareva un'eternità ma attese, volendo evitare di sentir cadere la linea a metà conversazione mentre si trovava in mezzo a un prato. Vedeva Viviana dalla finestra, circondata da altre donne munite di falcetto. Si chiese quanti uomini avessero perso la vita per mano di quegli affari. Uscì di casa prima che la figlia rientrasse, pensando che fossero ancora tutte distratte dalla festa e dai racconti di sangue. Si sbagliava, perché dopo pochi metri si sentì rivolgere la parola.

"Dove vai di bello, cara?".

Era la maestra di musica di Viviana.

"Da nessuna parte in particolare" sorrise di rimando l'interpellata "È che ho bisogno di un po' d'aria fresca. Sai, sono un pochino scossa dalle novità. Mia figlia ha una grande responsabilità ora e poi lui era mio marito e...".

"E ancora non ci credi che sia morto, vero? È una bella liberazione, non trovi? Io mi son sentita così leggera!".

"Anche tuo marito è stato ucciso?".

"Mio padre in realtà. Era lui quello con dei problemi".

"E lo hanno ucciso loro? O sei stata tu?".

"Ci ha pensato tua zia Ada. Non sai quanti uomini provano a venirci a riprendere! Con la loro violenza e autorità. Ma qui trovano la loro giusta fine, giusto?".

"Immagino di sì...".

La maestra sorrise soddisfatta, invitando colei che aveva di fronte a festeggiare assieme alle altre.

"No grazie" si congedò la madre "Sono stanca. Faccio una passeggiata e poi me ne vado subito a dormire".

"Ma è quasi l'alba!".

"Ah... te l'ho detto che son un po' scossa!".

"Sicura di stare bene? Vuoi un po' del mio tè?".

"No, grazie. Ci vediamo più tardi, se passi per il negozio. Buona serata!".

Si scansò da quei discorsi con poca convinzione, sentendo gli occhi di quella donna addosso mentre si allontanava. Che ci faceva in piena notte quella donna lì fuori? Perché di colpo le sembravano tutte strane?
Camminò tentando di trovare il sentiero che conduceva al pascolo, dove il cellulare aveva finalmente recensione, e con il buio non era un'impresa da poco.

Una volta raggiunta la sua meta, chiamò una delle poche amiche che le erano rimaste, scusandosi per l'ora. Raccontò a grandi linee quel che stava succedendo, senza entrare troppo nei dettagli, chiedendo se ci fosse un posto per lei e le sue figlie temporaneamente. L'amica so mostrò estremamente comprensiva e disponibile, rispondendo che la sua porta era sempre aperta per simili situazioni. Ovviamente nella conversazione non era uscito il discorso omicidio.

Una volta appurato che ora aveva un posto dove andare, rientrò verso il villaggio con il cuore più leggero. Restava l'incognita di come convincere Viviana ad andarsene, ma forse si sarebbe mostrata ragionevole se avesse capito che quel che faceva non era normale o eticamente corretto. Era distratta, pensava a come parlare a Viviana, e trasalì quando nel buio vide la capovillaggio. Vestita di nero, nell'oscurità non era facile da individuare e il suo sguardo accigliato era decisamente inquietante.

"Dove sei stata?" domandò la signora del gufo nero.

"A fare una passeggiata".

"Davvero?".

La donna infilò rapidamente la mano della tasca del grembiule che copriva parte della gonna, estraendo il cellulare.

"Chi hai chiamato? Qualche nuovo amante? Chiama pure chi vuoi, chiunque verrà farà la fine dell'uomo che hai sposato".

"Ma no. Io non...".

Ora altre donne erano apparse accanto alla capovillaggio e ricevettero l'ordine di immobilizzare la madre di Viviana.

"Portatela in piazza, la traditrice" ordinò la donna vestita di nero e la catturata lanciò un grido, aspettandosi solo il peggio.

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