Passaggio

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Viviana era elettrizzata e allo stesso tempo stordita e leggermente confusa. Una parte di lei non aveva ancora ben realizzato quel che era successo, quel che con le sue mani era stata in grado di fare, ma qualcosa le stuzzicava la mente e la riempiva di orgoglio. Era fiera di aver ucciso l'essere che fin da piccola la trattava come un oggetto, la picchiava e la umiliava. Era fiera di aver liberato l'umanità da quella creatura così crudele e malfatta. Di certo, si disse, avrebbe trovato presto altre donne su cui alzare le mani e lei le aveva salvate. Inoltre era l'unico modo per evitare pessime conseguenze, dato che era chiaro non avesse buone intenzioni in quel bosco.
Rimuginando su questi pensieri, non si sentì per nulla a disagio, o preoccupata, quando la capovillaggio e l'anziana prozia Ada la chiamarono al cospetto dell'intera comunità.
Ogni donna del villaggio era presente e si erano tutte radunate in cerchio, osservando la giovane Viviana. Lei si guardò attorno, notando gli occhi smarriti e malinconici di sua madre. Non ci diede molto peso: sua madre era sempre stata una debole e probabilmente non capiva il gesto da lei compiuto. Non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidere l'uomo che la maltrattava, troppo succube e impaurita: non erano fatte della stessa pasta.

"Vieni avanti, Viviana" la invitò la capovillaggio, con tono sollenne.

La ragazza obbedì e la donna le sorrise, ordinandole di cambiare abito e indossare le tonalità del rosso. La giovane ne fu lieta, mentre tutte ascoltavano il racconto di come avesse affrontato e ucciso suo padre nel bosco, proteggendo l'intera comunità.

"Sei stata coraggiosa e risoluta" si complimentò la donna del gufo nero "Noi tutte siamo fiere di te, ogni giorno di più. Hai intrapreso un cammino difficile, costellato di paure e dubbi, ma ora sappiamo che sei una di noi".

L'anziana prozia le porse il proprio falcetto, con un grande sorriso.

"Sono lieta di consegnarlo a te" pronunciò con sollenità "Credo non possa passare in mani migliori. Tu continuerai a proteggere questo luogo e le sue abitanti, con mano ferma e cuore impavido. Lo accetti?".

Viviana riflettè qualche istante. Con suo padre non più in vita, tecnicamente era libera. Non aveva alcun motivo di restare nascosta fra donne, se chi la minacciava non poteva più toccarla. Non correva più alcun pericolo, né lei né sua madre o sua sorella. Tuttavia qualcosa le diceva che quello era il suo posto ora, che al di fuori di quelle case non era più al sicuro perché agli occhi di altri sarebbe risultata un'assassina. Poco importava se lo aveva fatto per difendersi o per divertirsi, era una criminale e molto probabilmente ne avrebbe pagato le conseguenze a caro prezzo. Non era disposta a farlo, era assolutamente convinta di aver agito nel modo migliore.

"Accetto" annuì, afferrando il falcetto e mostrandolo alle donne in cerchio.

Iniziò una grande festa, con buon cibo e bevande, musica e danze, che si protrasse per ore.

"Non provi alcun rimorso?" le chiese la madre, una volta sole a casa.

"Per aver ammazzatto chi più volte ha tentato di fare lo stesso con me? No!" rispose candidamente Viviana, senza staccare gli occhi dal luccicante falcetto appena ricevuto.

"Ma era tuo padre!".

"Mamma, era un mostro! Un ubriacone violento che ci ha rovinato la vita! Io ti ho liberato!".

"Tu hai ucciso tuo padre!".

"E lo rifarei ancora migliaia di volte, se fosse necessario".

La madre rimase in silenzio, osservando con sgomento quella figlia che ora la spaventava.

"Non farò mai del male a te!" la rassicurò Viviana "O a Giselle. Mai!".

"E perché? Se ti picchiassi non sarebbe la stessa cosa? Non farei quel che ha fatto tuo padre? Useresti quella cosa contro di me?".

"È un falcetto. E no, non lo userei. Perché tu sei mia madre e fin'ora non hai mai provato a uccidermi o violentarmi. Non mi hai mai picchiata fino a farmi svenire o insultata fino alle lacrime. Era un uomo tossico, mamma! E ora staremo tutte molto meglio!".

"Tua sorella crescerà senza un padre!".

"Mia sorella è sempre cresciuta senza un padre, non l'ha mai voluta! Non ricordi? La chiamava mostricciattolo, errore, piaga dell'esistenza e in molti altri modi orribili. A che serve un padre così?".

"Senza di lui, tu non esisteresti!".

"Fanculo, mamma!".

Viviana era stanca di quei discorsi. Era stanca di avere a che fare con la debolezza della madre e la sua sottomissione. Era stanca di dover fingere di voler bene a un uomo che detestava con ogni fibra del suo essere. Si allontanò decisa, scendendo lungo le scale che la conducevano alla stanza segreta della casa. Lì la prozia la accolse con un sorriso rassicurante.

"Devi dare tempo a tua madre" le mormorò "Tu hai conosciuto solo il peggio di lui, non hai mai provato amore per quell'uomo. Non ti sei mai legata nell'anima con lui, anche se era tuo padre".

"Come ci si può innamorare di un simile essere? Che ogni giorno non faceva altro che dirle quanto facesse schifo? Ma quanto è stupida?!".

"L'amore è qualcosa di complesso, bambina. Qualcosa che non si può controllare".

"L'amore è una rottura di coglioni, se il risultato è trovarsi legate a un simile bonobo esaltato! Sono lieta di vivere in un villaggio di sole donne!".

"Il fuoco di tua madre purtroppo è spento da tempo. Riaccenderlo è difficile. Tutto quello che puoi fare e tentare di alimentare il più possibile il tuo, affinché come in un incendio si possa propagare fra chi ormai è solo sterpaglie e buio".

"E come devo fare? Come alimento il mio fuoco?".

"Sii sempre te stessa. Segui sempre il tuo istinto e non permettere ad anima viva di fermarti: tu sei meravigliosa!".

Viviana sorrise a quelle parole. Ben in pochi avevano creduto in lei e una vena di tristezza la colse, ripendando al suo insegnante di musica.

"Mi dispiace per il tuo maestro" sembrò leggerle nella mente l'anziana "Purtroppo eravamo tutte convinte che volesse farti del male, rapirti o trascinarti altrove. Ci dispiace aver commesso un simile errore. Spero tu capisca che abbiamo agito a fin di bene, per proteggerci".

"Lo capisco" annuì la ragazza, dopo qualche istante "Ma la sua famiglia lo cercherà. Non era un relitto ambulante come mio padre, lui era un uomo amato e ben voluto. Cosa succederà se trovano l'auto nel bosco?".

"Hai ragione. La sposteremo altrove".

"E lui? Lui dov'è? I suoi resti, intendo".

"Bruciati, bambina. Non è rimasta che cenere, sparsa fra gli alberi. Se vuoi ti indicherò dove, così che tu possa porgergli omaggio".

Abbracciò la nipote, facendola sentire al sicuro, prima di invitarla ad andare a letto. Era stata una lunga notte e presto sarebbe sorto il sole, era meglio andare a riposare e lasciare ogni altro pensiero al mattino successivo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro