28 - Levante, 5 anni e 330 giorni fa

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Agata aveva ascoltato il racconto di Tseren in silenzio. Era la prima volta che il ragazzo Drago si apriva con lei e aveva paura che se avesse fiatato, quel momento di intimità si sarebbe spento con la stessa facilità con cui si era acceso. 

Non appena sua madre era morta, Tseren si era catapultato fuori dalla tenda ed era partito alla ricerca della propria Ascendente, senza aspettare la sepoltura o salutare Xhoán. Nel corso del viaggio, non aveva versato una lacrima, né ripensato agli ultimi istanti con la madre, ma ora che avevano quasi raggiunto il monte Ariun, i ricordi stavano riaffiorando con violenza e il giovane levantino non aveva idea di come avrebbe reagito una volta a casa.

Agata sapeva che il lutto è qualcosa che ognuno affronta in modo diverso e il fatto che Tseren non avesse avuto l'opportunità di seppellire la madre le faceva pensare che il ragazzo non avesse ancora accettato fino in fondo quella separazione improvvisa.

Le ore trascorse tra le braccia di Tseren l'avevano riscaldata e si sentiva meglio, tanto da essere imbarazzata dal fatto che fossero rimasti abbracciati così a lungo. Cercò di allentare la presa, ma questa volta fu lui a tenerla stretta a sé.

Non appena la luce del sole filtrò dall'apertura, Tseren si affacciò per verificare se avesse smesso di nevicare. Senza saperlo, la notte precedente i due avevano attraversato il confine tra Ponente e Levante. Tseren non aveva idea di dove fossero, ma conosceva il profilo di picchi innevati che si stagliava all'orizzonte, il più alto dei quali era il monte Ariun.

Mentre si facevano strada nella neve fresca, Agata continuava a ripensare al racconto del ragazzo. Sapeva che il Drago aveva vissuto isolato tutta la vita, ma ora finalmente riusciva a immaginarsi qualche particolare. Le battute di caccia nella selva montuosa, le preziose ore trascorse a parlare con l'unica figura paterna che conosceva, l'Ascendente di sua madre, le brevi interazioni con gli esseri umani nel villaggio e la solitudine tra le montagne, una solitudine esistenziale. Avrebbe voluto capire meglio cosa fosse accaduto al resto della comunità di Draghi, da chi erano stati traditi e perché, ma aveva l'impressione che il ragazzo sapesse poco o niente di quei tragici avvenimenti.

L'animo di Tseren era in tumulto, l'ambiente familiare lo aveva gettato in un vortice di ricordi che non seguivano alcun filo logico, un attimo pensava alla ricetta preferita di sua madre, che non avrebbe mai più assaggiato, l'attimo dopo rivedeva lo sguardo carico di preoccupazione di Agata, quello dopo ancora moriva dalla voglia di arrampicarsi giù per il precipizio che nascondeva la grotta che chiamava casa. 

Non riusciva a capacitarsi del fatto che aprirsi con Agata gli fosse venuto tanto naturale. Non amava parlare di sé, tanto che non lo faceva quasi mai, neanche in passato con le uniche due persone di cui si fidava, sua madre e Xhoán. Probabilmente era questa una delle implicazioni del legame speciale tra un Drago e il proprio Ascendente. Quando lo aveva descritto ad Agata, cinque settimane addietro, aveva ripetuto le parole sentite tante volte dalla madre e da Xhoán, cercando di convincere non solo la ragazza, ma anche se stesso. Aveva vissuto ogni richiesta di lei come qualcosa da cui non poteva tirarsi indietro, per non minare il rapporto che doveva instaurarsi al più presto affinché lei non lo abbandonasse. Aveva accettato persino le pretese più fastidiose, come trasformarsi in drago in pieno giorno, non perché lo volesse, ma perché lo considerava un male necessario. Perlomeno all'inizio.

La notte prima aveva deciso di aprirsi con quella ragazzina curiosa e che voleva avere sempre tutto sotto controllo, e nel farlo si era sentito per la prima volta contento che lei facesse parte della sua vita. Per quanto non riuscisse a smettere di tremare per il freddo, nell'oscurità della buca di ghiaccio, Agata aveva ascoltato con attenzione il suo racconto e Tseren aveva percepito le sue reazioni nei più lievi movimenti. Aveva sentito il suo cuore accelerare e decelerare, le spalle alzarsi a ogni sospiro, i denti stringersi intorno alle labbra per trattenere le lacrime, tanto che a un certo punto aveva sentito il bisogno di guardarla negli occhi. Lei ovviamente non se ne era accorta, perché era buio pesto, ma Tseren l'aveva osservata a lungo, leggendo in lei una preoccupazione sincera frammista a un altro sentimento cui non era in grado di dare un nome.

***

Dopo quasi tre ore di cammino, i due ragazzi si trovarono di fronte a un burrone largo quasi una decina di metri. Tseren si avvicinò al ciglio e con i suoi occhi di Drago guardò dai due lati, in cerca di un punto dove sarebbe stato meno difficoltoso attraversare. Scosse il capo e incrociò le braccia per pensare, camminava nervosamente intorno ad Agata e la ragazza si chiese se si fosse perso.

«Non vedo altre soluzioni. Non credo ci siano persone in giro per questi sentieri, ne sentirei l'odore» rifletté il ragazzo a voce alta. 

«Nella mia forma di Drago è un semplice salto, devo solo stare attento a non farti cadere» aggiunse facendole cenno di voltarsi.

Agata rimase impietrita, le aveva detto chiaramente che non si sarebbe mai fatto cavalcare da un essere umano.  «Sei sicuro che non sia un problema?» disse titubante.

Tseren pensò che la ragazza avesse paura e cercò di rassicurarla, quando capì che si stava riferendo alla discussione che avevano avuto qualche giorno prima, rimase sorpreso. A quanto pareva l'idea di trasportare Agata non gli dava alcun fastidio, lo attribuì al fatto che lei fosse la sua Ascendente ed erano in una situazione d'emergenza. Era il penultimo giorno di luna nuova e il ragazzo Drago non voleva mettere ulteriormente in pericolo la ragazza.

Agata fissava la distesa bianca e soffice davanti a sé, sentiva Tseren armeggiare con lo zaino, probabilmente stava riponendo i vestiti. Poco dopo riconobbe lo scricchiolio familiare, lo aveva sentito solo due volte, ma le sembrava di conoscerlo da sempre. Guardò l'elegante drago blu che affondava nella neve fresca e si avvicinò ridacchiando. 

Gli occhi ambra le dissero di salire e la ragazza tentò di arrampicarsi su una delle zampe anteriori, cadde nella neve un paio di volte perché il grosso zaino la sbilanciava. Tseren aspettò pazientemente finché Agata non si sistemò cavalcioni della base del collo ricoperto di scaglie. La ragazza pensava sarebbe stato difficile rimanere in equilibrio, invece con le gambe poteva stringere la presa e distendendosi riusciva a cingere quasi interamente il collo della creatura con le braccia. Tseren, da drago, aveva una figura snella, proprio come nella sua forma umana.

La belva si mosse e Agata non riuscì a trattenere un'altra risatina. Le piaceva essere trasportata così, quello che prediligeva era il calore che emanava dal corpo di Tseren. La forma di drago del ragazzo era come una fornace che riscaldava senza bruciare. 

Il levantino si allontanò dal burrone per prendere la rincorsa e partì. Non sembrava correre velocissimo, i suoi arti non erano fatti per correre ma per volare e arrampicarsi, ma la ragazza percepiva la potenza che si accumulava per il salto. Arrivati sul bordo la spinta fu talmente violenta che Agata ebbe paura di cadere, ancora una volta temette che lo zaino la sbilanciasse all'indietro. Rimasero a mezz'aria per una frazione di secondo e il drago atterrò sul ciglio opposto. Agata si guardò alle spalle, la grossa coda artigliata si agitava in aria, nascondendo parzialmente la visuale sul burrone.

L'Ascendente era convinta che Tseren volesse trascorrere il minor tempo possibile in quella forma e fu sorpresa quando il drago riprese a camminare. Si tolse di dosso la coperta di pelle di orso perché sentiva caldo e guardò la fila di alberi innevati in lontananza. 

Poco dopo dovettero attraversare un secondo burrone, questa volta meno profondo. Durante il salto Agata ebbe meno paura e si accorse persino che c'era un corso d'acqua ghiacciato in fondo al precipizio. Fu dispiaciuta quando capì che Tseren voleva prendere di nuovo la sua forma umana, dopo lunghi giorni di viaggio accidentato le piaceva essere trasportata in quel modo, al caldo. Il drago aveva ruotato il capo e aveva emesso un fischio roco, alzando leggermente una delle zampe anteriori per facilitare la discesa dell'Ascendente. Agata lanciò a terra lo zaino e si calò cautamente. Non appena i suoi piedi toccarono il suolo, Tseren le poggiò delicatamente il muso sulla spalla e la fece voltare per trasformarsi.

Al crepuscolo si fermarono per mangiare qualcosa, erano quasi arrivati e Tseren spiegò che non avrebbe avuto problemi a proseguire al buio perché avevano raggiunto uno dei sentieri che conosceva meglio. Si sedettero in una radura che si apriva come un balconcino sul pendio e aprirono una scatoletta di pesce in salsa verde e dei biscotti di pane e frutta secca.

«È sempre così freddo in questa zona?» domandò Agata mentre con un biscotto ripuliva il fondo della scatoletta dalla salsa verde.

«A questa altitudine sì, ma ai piedi del monte Ariun il clima è secco e arido per metà dell'anno» rispose il ragazzo. Dal momento che non amava particolarmente mangiare pesce, aveva trovato un roditore di piccole dimensionie e lo stava abbrustolendo sul fuoco, perché sapeva che ad Agata faceva impressione vederlo mangiare carne cruda. Le scintille del fuoco facevano brillare le pagliuzze ambrate nelle sue iridi.

«Ora so perché i tuoi occhi sono così» disse all'improvviso Agata. «Le schegge dorate sono gli occhi di drago nascosti dietro agli occhi di uomo. Che meraviglia».

Tseren sorrise imbarazzato, il sorriso si estese sul volto partendo proprio dagli occhi, e le scaglie ambrate si riempirono della luce di quel tramonto di fine estate.

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