36 - Levante, 5 anni e 237 giorni fa (I)

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Le settimane passavano veloci, nel villaggio ai piedi del monte Ariun. Un poco alla volta, Tseren si era lasciato convincere a trascorrere del tempo con gli amici di Agata. C'era Kheni, la giovane con i capelli a spazzola che dimostrava meno anni di quelli che aveva. E Oyun, il ragazzino dagli occhi inquisitori che parlava poco ma con saggezza. La piccola Narantuya chiudeva il trio, una bambina che non la smetteva mai di chiacchierare, grazie alla quale Agata aveva imparato lo slang del villaggio.

Erano un gruppetto un po' isolato rispetto ai coetanei e, forse anche per quel motivo, Tseren si sentiva ogni giorno un po' più a proprio agio con loro.

Talvolta erano invitati a cena a casa dei pazienti di Xhoán, in quelle occasioni il Drago si limitava a sedersi in disparte e mangiava in silenzio. Lo sciamano non era convinto che socializzare con gli uomini fosse una scelta saggia, il ricordo delle preoccupazioni di Baya era infatti ancora fin troppo vivo, la donna non avrebbe mai voluto che suo figlio si integrasse con gli abitanti del villaggio. L'uomo aveva però notato come Tseren fosse più allegro e lo attribuiva al fatto che, per la prima volta nella sua vita, aveva degli amici. O forse era semplicemente l'effetto della compagnia della ragazza di Ponente, che con il suo carattere deciso, ma al tempo stesso dolce, lo aiutava a trovare il proprio posto nel mondo.

**********

Un pomeriggio tiepido, Xhoán era piegato nell'orto. Aveva da poco deciso di coltivare alcune piante medicinali e non aveva ancora capito come mai pochissime proliferassero, mentre la maggior parte si rifiutava tenacemente di mettere radici nel suo cortile. Era talmente concentrato che non si accorse del visitatore che aveva oltrepassato il cancelletto che separava la sua tenda dal viavai sul sentiero. L'uomo si schiarì la voce più volte, finché non fu costretto a battere il fascicolo arrotolato in mano sulla schiena dello sciamano, nel tentativo di attirare la sua attenzione.

«È lei Xhoán, lo sciamano eremita, vero?» disse il forestiero scandendo lentamente le parole, forse per sovrastare il frastuono che gli animali domestici avevano scatenato al suo ingresso.

L'altro lo osservava cupo, infastidito dal modo brusco in cui era stato distolto dalle sue preoccupazioni. Chi era quel funzionario maleducato che aveva attraversato l'ingresso senza essere invitato? Nella società in cui viveva ormai da decenni, era infatti considerata una grave offesa entrare nella proprietà di un estraneo senza essere stati prima invitati. Xhoán ormai aveva fatto sue tutte le convenzioni della gente del villaggio e non riuscì a trattenere un moto di stizza nei confronti del nuovo arrivato.

Che fosse un funzionario, lo si capiva dall'uniforme. Da bambino, lo sciamano aveva avuto spesso a che fare con gli impiegati dell'Amministrazione di Levante. Si presentavano frequentemente nella bottega di suo padre per commissionare dei volumi o per riscuotere la Tassa Unica, ovvero il tributo al Governo Centrale che era dovuto da chi faceva un mestiere più remunerativo della media.

La divisa celeste del funzionario era rovinata, in alcuni punti persino scucita, e l'uomo aveva l'aria affaticata di chi è in viaggio da troppo tempo.

«Le ho chiesto se è lei Xhoán, lo sciamano eremita» ripeté il visitatore con il suo accento lagnoso della grande città.

L'Ascendente annuì perplesso, cosa ci faceva un funzionario del Governo Centrale alla periferia del continente? L'altro posò a terra la sacca da viaggio e srotolò il documento con cui aveva colpito Xhoán.

«Sono qui per il Censimento Trentennale, sicuramente ne avrà sentito parlare. Ogni trent'anni, il Governo raccoglie le informazioni sugli abitanti delle zone di Levante. Lei non risulta in nessuna statistica precedente di questo villaggio, dal suo nome deduco che è originario della zona peninsulare, giusto?» non lo guardava neanche in faccia, ma aveva preso a scartabellare nervosamente tra i suoi fogli.

Xhoán sospirò, fino a venti anni prima aveva vissuto nascosto nel villaggio dei Draghi, per forza non c'era traccia di lui da nessuna parte.

«Vivo qui da poco più di vent'anni, sono stato gran parte della mia vita in viaggio, e non ricordo di essere mai stato intervistato per un censimento» rispose lo sciamano soppesando le parole.

«E ha scelto questo posto sperduto per mettere radici? Una scelta singolare! Non è neanche sposato mi pare di capire, cosa l'ha spinta a stabilirsi proprio qui? Dove ha vissuto precedentemente?»

Lo sguardo di Xhoán cadde sulle piantine che si rifiutavano di crescere nel suo orto. Ripercorse con la mente le tappe del viaggio che aveva compiuto quasi un secolo prima con Baya, suo padre e suo zio, e citò i nomi delle città che aveva attraversato.

«Ha colto nel segno» continuò lo sciamano, «All'inizio sono rimasto qui per una donna, ma poi, con il tempo, il monte Ariun è diventato la mia casa. Questo angolo sperduto di mondo evidentemente è il posto giusto per me» concluse sperando di liberarsi al più presto di quel ficcanaso.

«Una donna? Si riferisce forse alla madre del ragazzo che vive in cima al monte?» chiese l'altro lasciando da parte il fascicolo e concentrandosi finalmente sul suo interlocutore.

Gli occhi di Xhoán si riempirono per una frazione di secondo di terrore, ma lo sciamano fu bravo a simulare tranquillità.

«Vedo che sa già tutto di tutti» rispose per prendere tempo e pensare a come evitare che il funzionario incontrasse Tseren e Agata.

«Anche il ragazzo e sua madre non compaiono in nessuno dei registri, cosa ancora più strana, nessuno nel villaggio mi ha saputo dire il nome della donna defunta, ma lei lo conosce, non è vero?» indagò ancora l'uomo in uniforme.

«Certo, il suo nome era Bayarmaa e il motivo per cui la conosco bene è che è stata uno dei miei pazienti più difficili: aveva una paura anormale nei confronti del prossimo e questo l'ha spinta a vivere isolata tutta la vita. Non sono purtroppo riuscito a convincerla a trasferirsi nel villaggio, ma nel momento in cui ha avuto un bambino l'ho tenuta ancora di più sotto controllo, aveva chiaramente problemi di testa» parlare così di Baya, l'amore della sua vita, gli faceva male, ma non vedeva altra soluzione. Solo facendola passare per una pazza sperava di riuscire a proteggere Tseren.

«Il bambino è suo?» domandò il funzionario in modo indelicato.

«No» rispose Xhoán gelido, «Non ho idea di chi sia il padre».

«E il ragazzo non vuole trasferirsi nel villaggio, mi sembra di capire?» quel burocrate pignolo non dava l'idea di voler passare sopra al fatto che Tseren non fosse registrato.

«Purtroppo la madre gli ha trasmesso le sue paure, ma il ragazzo ha un'altra indole, sono sicuro che a breve riuscirò a convincerlo a unirsi alla comunità».

Quell'interrogatorio era una tortura, ma lo sciamano era determinato a fare di tutto per evitare che l'altro chiedesse di incontrare il Drago e l'Ascendente.

«Chi è la ponentina?» domandò l'uomo e sembrava che finalmente avesse raggiunto la domanda che lo assillava. L'altro rimase a lungo in silenzio.

«Non lo so. Ho detto agli abitanti del villaggio che è una mia parente per non agitarli, ma la verità è che non ho la minima idea di chi sia» aveva valutato varie possibilità, ma quella era la scelta migliore. Qualora l'uomo avesse insistito per incontrare Agata, non poteva rischiare che smascherasse subito una bugia, altrimenti avrebbe messo in dubbio anche le altre sue risposte.

«È un comportamento veramente incosciente da parte sua. Non posso impedirle di fare il mestiere di sciamano, ma non penso che lei ne sia degno» disse l'altro con cattiveria mascherata da preoccupazione. Xhoán incassò il colpo, ma non rispose.

«Voglio incontrare i due ragazzi. Subito» aggiunse il funzionario schiaffando i rotoli di carta nella sua sacca da viaggio. 

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