Capitolo XVIII - Vecna

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Capitolo XVIII - Vecna 

«Ehi, com'è andata l'operazione di spionaggio al cimitero?», chiede Robin, non appena varcano la soglia di casa, con due lattine di Pepsi in mano, diretta in salotto, dove Nancy è intenta a prendere appunti, seduta al tavolo da pranzo, mentre guarda il notiziario. Non ha fatto altro, da quando sono arrivati a casa di Steve e, questo, denota la grande dedizione che la ragazza mette nel proprio lavoro, cercando sempre di non omettere un solo dettaglio e, soprattutto, senza mai romanzare le notizie come invece fanno molti altri.

«Bene, non c'era nessuno, per fortuna», risponde Steve e Eddie sente il suo sguardo trafiggergli la schiena, mentre si dirige verso la sorella di Mike e sbircia senza troppa discrezione i suoi blocchi. Quando lei alza lo sguardo sul suo e sorride, lui alza una mano e la sventola per salutarla.

Si sente un po' a disagio, in sua presenza, non può non ammetterlo. L'idea che sia stata la ragazza di Steve non gli dà fastidio, ma in qualche modo il pensiero c'è, e anche se non è geloso e Steve è stato chiaro riguardo i suoi sentimenti, gli fa comunque strano sapere che ha preso il suo posto, anche se sono passi tipo due anni.

«Come vanno i tuoi studi, Wheeler?», chiede e lei sospira, guardando poi la quantità infinita di appunti e foglietti sparsi per il tavolo.

«A livello professionale alla grande, a livello di contenuti un po' meno. Anche se parlano sempre meno di te – il che è confortante, e molto di più della catastrofe. La gente sta iniziando a dimenticarsi del...»

«Del mostro, giusto?», finisce lui, per lei e quando annuisce, quasi in imbarazzo, lui si siede accanto a lei e prende qualche foglio per leggere. «Cosa hai scoperto? Quei cosi che si sono aperti quanto sono pericolosi?»

«Ho scoperto ben poco, in realtà e questo mi preoccupa. Siamo gli unici in città a sapere perché e cosa è successo, il resto del paese pensa che si tratti solo di una catastrofe naturale. Il fatto che gli spacchi si siano in parte chiusi – come quello a casa tua o gli altri, non mi fanno comunque pensare che Vecna si sia fermato. Il portale a villa Creel sembrerebbe l'unico rimasto aperto, motivi per il quale è stato l'unico mezzo per riportarti quassù.»

«Intendi dire che, secondo te, non si è chiuso perché viene riutilizzato da lui per monitorarci o chissà che?»

«Non penso ne abbia bisogno; dopotutto uccideva le sue vittime direttamente dal sottosopra, non aveva bisogno di passare attraverso un portale, no?», risponde Nancy e, nel frattempo, anche Steve e Robin si sono uniti a loro, sedendosi al tavolo. «Non lo so, è come se lo avesse fatto di proposito. Come se... ci stesse invitando a rientrare.»

«Avrebbe senso», dice Steve, che intanto si è seduto accanto a Eddie; si prende la testa tra le mani e appoggia i gomiti sul tavolo. «Se è debole come pensiamo, forse non può più comandare la mente delle persone da lontano, e dunque vuole che scendiamo giù a cercarlo.»

«Se è come Eleven, di certo sta cercando di riacquistare i propri poteri per tornare, ma è chiaro che ci voglia tempo e, se El ci è riuscita grazie al dottor Brenner, lui deve farlo sa solo», interviene Robin, prendendo tra le mani un ritaglio di giornale che mostra proprio la foto del dottor Brenner insieme alla sua equipe.

«Già. E questo è di certo un vantaggio per noi, ma resta comunque il fatto che non sappiamo da che parte cominciare. L'unica cosa da fare sarebbe coglierlo di sorpresa ora che è debole, ma non sappiamo dove si trovi. A villa Creel non c'era e, come diceva Steve, non è così stupido da tornarci. Sta solo aspettando che noi torniamo da lui.»

«Nel posto dove può comandare le sue creature e aizzarcele contro?», chiede Steve, retorico.

Robin scuote la testa. «Probabile. Allettante, vero?», dice, e Nancy le lancia un sorriso. «Quindi, per quanto la situazione sia catastrofica e lo scenario perfetto per un film di fantascienza, continuiamo a vacillare nel buio. L'unica cosa da fare è aspettare un suo segnale, dico bene?»

«Esatto. Solo che aspettare significa anche dargli tempo di recuperare le forze e non è quello che vogliamo. Lo abbiamo svigorito, ma ha comunque ottenuto quello che voleva. Se otterrà di nuovo il potere al cento per cento, sarà la fine.»

«Quindi l'unica soluzione, alla fine, è davvero quella di scendere giù insieme alla ragazzina con i super poteri e confrontarci con lui?», chiede Eddie e Steve, gli posa immediatamente una mano sulla spalla.

«Tu non sei contemplato nel piano. Se ci sarà qualcuno che scenderà lì sotto, quello non sei tu.»

Eddie gli lancia un'occhiata di traverso, alzando le sopracciglia. «Intendi dire che me ne devo stare qui, mentre voi andate là sotto a rischiare la vita un'altra volta?»

Steve annuisce, e la sicurezza con cui lo fa è spiazzante. Come se avesse già scelto per lui. «Sì, esatto. Ti abbiamo salvato dopo averti creduto morto, hai combattuto la tua battaglia, hai fatto quello che dovevi. Il tuo compito è finito.»

«Steve», inizia a dire, ma Nancy lo blocca posandogli una mano sul braccio.

«Sei coinvolto per colpa di una coincidenza orribile. Se non fossi stato con Chrissy, quel giorno, non ne sapresti niente, di questa storia. Noi, invece, in qualche modo siamo responsabili di tutto questo. Ognuno a modo suo. Tu non hai fatto niente di male, Eddie e stavolta non ti porteremo lì. Non faremo lo stesso sbaglio per la seconda volta.»

«Stavolta è diverso! Ora sono coinvolto, sono coinvolto eccome!»

«Non c'entra niente, sei in pericolo e sei ferito», risponde Robin, poi si morde il labbro inferiore. «Così come lo è Dustin.»

«Non è detto che, quando ci sarà bisogno di farlo, io non sia guarito! Non stiamo parlando di domani, dopotutto.»

«Vacilliamo ancora nel buio, questo è certo e non partiremo né domani né nell'immediato ma è comunque un rischio», continua Nancy e Eddie inizia a sentirsi sopraffatto da quel senso di inutilità che sembrava averlo abbandonato, dopo tutti i discorsi scambiati con Steve.

«Voglio rendermi utile.»

«Cos'è questa botta di coraggio? Proprio adesso dovevi perdere il senso del pericolo, Eddie?», chiede Steve, e non gli piace per niente l'idea che stia perdendo il controllo e che non stia dosando le parole, anche se sa che non lo sta facendo per ferirlo, ma per preservare la sua salvezza.

«Ora che so cosa sta succedendo voglio essere parte del piano! Ti sembra così assurdo che io voglia venire con voi?»

«Non se ne parla nemmeno! Non dovremmo scendere nemmeno noi, ma dobbiamo farlo. Stavolta ne va della salvezza di tutti, anche la tua! Abbiamo già parlato di questo e non tornerò sull'argomento, ma hai avuto la tua seconda occasione. Non ne avrai una terza e io non sono disposto a portarmi dietro un intralcio, quindi fine della discussione!» esclama Steve e, senza nemmeno aspettare che Eddie gli risponda, si alza dal tavolo ed esce fuori in giardino, sbattendo la portafinestra adirato, probabilmente con nessuna intenzione di proseguire quel discorso su quello che li aspetta una volta scesi là sotto.

Robin lo segue immediatamente, uscendo anche lei e sparendo dalla loro visuale. Eddie fa per alzarsi in piedi ma Nancy lo ferma, tirandolo per la maglietta e lui, senza protestare, torna a sedersi capendo che no, non è lui quello che ora può farlo ragionare.

«È preoccupato. Lo era anche la prima volta. Non voleva che nessuno di noi scendesse nel lago, ricordi?»

«Sì e quando siamo scesi gli abbiamo salvato la vita. E so che è preoccupato, ma non è così che funziona. Non può decidere per gli altri!», risponde, anche se dentro di sé sa benissimo che, se fosse successo il contrario, avrebbe reagito allo stesso modo, tentando in tutti i modi di evitare persino quella discussione.

«Non lo sta facendo. Come non lo ha fatto la prima volta. È il suo modo di dimostrare che è preoccupato e che non vuole metterti in pericolo. E... nemmeno noi vogliamo.»

«Senti Wheeler. Lo so che non sono stato poi così utile come avevo sperato, ma non vi lascio andare lì sotto da soli. Voglio aiutarvi, e voglio farlo senza paura, stavolta. Tanto, in ogni caso, se dovessimo fallire, moriremmo comunque, no?»

Gli occhi di Nancy, sui suoi, sembrano più grandi del solito. Forse è perché ora sono lucidi, e Eddie sa il perché. Lei ha visto cosa succederà se Vecna dovesse vincere. Ha visto la sua famiglia cadere sotto il potere del loro nemico, ha visto Hawkins sprofondare. Ha visto la fine, e per quanto stiano agendo per evitarla, lei sa come andrà se non ci riusciranno.

«Steve non te lo perdonerebbe mai. E non si perdonerebbe se ti succedesse qualcosa. Sai come ha preso la faccenda di Max, quanto si sente responsabile...»

«Lo so, ma anche io mi sento responsabile per quello che le è successo. Avevo un compito: suonare per agevolarvi l'entrata a casa Creel, e salvarla. Tra le persone che non ci sono riuscite, ci sono anche io. Ho anch'io i miei scheletri nell'armadio, i miei sensi di colpa e una reputazione da ripulire, almeno con voi e con la mia famiglia. O quello che ne è rimasto.»

Nancy annuisce, poi sposta lo sguardo verso la finestra del salotto, quella che dà fuori in giardino, e quando Eddie la imita, vede Steve e Robin discutere animatamente e indicare spesso dentro, verso di loro. Si chiede se Steve non stia raccontando alla sua migliore amica cosa è successo tra loro, e se questo non sia il motivo per cui lui non transiga in alcun modo.

«Sai come abbiamo avuto l'informazione della villa dei Creel?», dice Nancy, all'improvviso, e lui continua a guardare gli altri due discutere, ma risponde di no con la testa, «La pista che abbiamo seguito ce l'ha data tuo zio Wayne.»

A quel nome Eddie si volta a guardarla con gli occhi strabuzzati e lei sorride con un velo di malinconia. «Cosa?»

«Quando hanno trovato Chrissy sono andata a Forest Hills per indagare un po' e scrivere un articolo per il giornale e ho avuto modo di parlare con tuo zio.»

«Come faceva a sapere ch-»

«Mi ha detto che c'era quest'uomo, chiuso in un manicomio, che aveva ucciso le sue vittime nello stesso modo usato da Vecna per uccidere le sue vittime e, grazie a questa informazione, siamo riusciti a ricostruire un percorso con un senso. È grazie a lui se siamo arrivati a Henry.»

Eddie è stupito da quel fatto, e non riesce a nasconderlo. Resta in silenzio per qualche secondo, incrociando le mani sul tavolo; si rende conto che sta tremando. Sentir nominare zio Wayne gli ha stretto il cuore in una morsa, per un attimo, e iniziano a vorticargli nella testa troppe domande alle quali non sa dare una risposta; ma ce n'è una, una soltanto, che lo perseguita da quando è iniziata questa storia. Da quando ha iniziato a scappare per non farsi prendere e arrestare per un'accusa ingiusta.

«Ti ha detto qualcosa a proposito dii me?», chiede, e non alza lo sguardo.

Nancy non sembra turbata da quella domanda, anzi. Gli prende una mano, la stringe alla sua e quando Eddie trova il coraggio di alzare lo sguardo, la vede sorridere.

«La prima cosa che mi ha detto è stata che non penserebbe mai a te come un assassino, che sei una brava persona. Ha detto che la gente non ti vuole capire, non vuole vedere oltre quello che vede. Ha detto il mio Eddie non farebbe del male a una mosca, non è nella sua natura.»

Il mio Eddie, pensa e si sente per un attimo come un bambino piccolo che riceve delle premure da un genitore molto affettuoso. Zio Wayne può sembrare freddo e scostante, burbero, ma non lo è mai stato davvero; non con lui. Tutto quello che ha fatto, i sacrifici a lavoro, i permessi presi e i soldi messi da parte, sono sempre stati fatti tutti per lui, suo nipote, e pure di fronte a una situazione del genere, continua a credere che lui sia innocente. Anzi, non è che ci crede, per lui è così e basta. Non ha alcun dubbio.

«Devi restare per lui. Quando tutto sarà finito potrai riabbracciarlo, ma abbiamo bisogno che tu resti in salvo. Se non vuoi farlo per noi, o per te stesso... o», Nancy si blocca, poi però continua, come se non avesse paura di dire quello che sta per dire, «o per Steve, fallo per lui, per tuo zio.»

Nancy sa, e ha capito. Ha capito che se fino a qualche tempo fa l'unica persona per cui Eddie avrebbe fatto qualcosa era zio Wayne, adesso invece c'è anche Steve. Sono davvero così palesemente uniti? Sono veramente così scontati, da quando passano praticamente tutto il tempo del mondo insieme? Vorrebbe chiederle se ha capito, ma forse non serve.

«Non voglio lasciare mio zio solo. Ma non voglio nemmeno lasciare voi da soli», lasciare Steve da solo. È la verità, in ogni caso. Se da una parte non vuole che Wayne perda l'unica famiglia che ha, dall'altra non vuole restare ad aspettare di non vederli tornare più. Non vuole dire addio a quelle persone che ha conosciuto, che lo hanno accolto e capito, per la seconda volta.

«Pensaci. Per ora il piano è tutt'altro che chiaro. La situazione è nebulosa, e non sappiamo nemmeno noi cosa succederà. Nel frattempo chiarisci con Steve, okay? Non sembra, ma ha bisogno di essere rassicurato», dice Nancy, e lui le rivolge un'occhiata colma di gratitudine, soprattutto per avergli detto di Wayne. Dunque i Munson, a modo loro, hanno contribuito a qualcosa di così grande? Terribile, certo, ma gigantesco.

Gli viene da sorridere. «Ehi, grazie Wheeler.»

«Non c'è di che e... stanno tornando, forse è bene che parliate un po', tu e lui, non credi?»

Eddie si volta verso la portafinestra, dalla quale uno Steve col viso lungo e una Robin sorridente fanno capolino. Si chiede se, quel sorriso, non voglia dire che sia riuscita a farlo riflettere.

•••

«Ehi», dice Steve, all'improvviso, dopo minuti interi passati a letto, sdraiati uno vicino all'altro, ma in silenzio, in attesa di addormentarsi. Non hanno parlato per tutta la sera, dopo quella sfuriata e, a parte qualche risposta a monosillabi, non hanno più aperto il discorso.

«Ehi», risponde lui, e si volta a guardarlo, ma non è ricambiato. Steve fissa il comò di fronte a sé, il viso ancora tirato, ma sembra quasi che ora sia una semplice maschera tenuta su per non sembrare debole. Come se lo fosse mai stato...

«Mi dispiace per aver reagito a quel modo. Mi sa che ho esagerato.»

«Sì, sei sembrato un po' la regina dei drammi, lo ammetto», ridacchia lui e sa che può concedersi qualche battuta, ora che le acque sembrano più calme, e che il nervosismo ha lasciato spazio alla comunicazione.

«So che non posso decidere per gli altri, che ognuno di noi ha una propria coscienza ma... non ci riesco a scendere a patti con l'idea che tu possa venire con noi e rischiare la vita un'altra volta. Mi fa sentire...»

«In colpa?»

«So che è egoistico da dire, ma è così. Mi sentirei in colpa se ti succedesse qualcosa, e mi sentirei responsabile. È orribile che lo stia dicendo per un tornaconto personale, ma mentirei se dicessi il contrario», risponde, e finalmente lo guarda.

«Tornaconto? Dio santo, ma la sai la differenza tra essere egoista e preoccuparsi per qualcuno?»

«Non sono la brava persona che tu pensi che io sia, Eddie. Non... darmi meriti che non ho.»

«Sei tu che vuoi vederla per forza sotto questa luce. Ti stai preoccupando per me, vuoi che resti in salvo, che non rischi la vita. Cosa che tu andrai a fare, e che io non potrò impedire in alcun modo, anche se vorrei. Non ho potere decisionale su di te, e di certo sei più adatto a ricoprire il ruolo di eroe, rispetto a me. Anche se vorrei che non fosse così.»

«Lo so... ma io devo andare. Tu non sei costretto.»

«E so anche questo. Ma desiderare l'uno la salvezza dell'altro... beh, io lo vedo un po' come un atto di premura, piuttosto che un atto di egoismo, non trovi? Perché non ammettere semplicemente che teniamo l'uno all'altro? Non c'è nemmeno bisogno di dirlo, lo dimostrano le azioni, no?»

«Però tu lo hai appena detto!», esclama Steve, e ride vittorioso, e Eddie si sente un perfetto idiota ad aver scelto di fargli quel discorso senza girarci troppo attorno.

«Era solo un esempio», ribatte, e incrocia le braccia al petto, poi Steve scoppia a ridere e gli circonda le spalle con un braccio e, dopo aver lottato per toglierselo di dosso, alla fine Eddie cede e si fa abbracciare. Quando si volta a guardarlo, Steve ride ancora, ma la rabbia e la paura sembrano svanite dai suoi occhi, lasciando spazio a qualcosa che gli fa ribaltare il cuore nel petto. «Resterò qui, e vi aspetterò», dice, infine, e ora, negli occhi dell'altro, c'è un'infinita gratitudine che, detta a parole, forse non basta.

Per questo, un secondo dopo, gli bacia le labbra con disperata urgenza e, in quel gesto, Eddie ci vede la liberazione da un peso. Uno in meno, tra tutti quelli che schiacciano la schiena di Steve Harrington e lo piegano a delle responsabilità che, dopotutto, ha scelto di prendersi per salvare il mondo.

Un rumore che non riesce a riconoscere lo fa svegliare di soprassalto. Alza la testa, infilata nel cuscino, e i capelli gli coprono la visuale. Si passa una mano sulla frangia per tirarli indietro e, quando si rende conto che non si trova in camera sua, quella nel caravan, e che c'è qualcosa che lo stringe da dietro, che lo bracca come un giocatore di football con un avversario, quasi gli prende un colpo.

Si gira lentamente e, quando vede Steve dietro di lui, con il petto appoggiato alla sua schiena, il mento nell'incavo della spalla destra, che dorme come un bambino, tira un sospiro di sollievo.

Non si trova più in quell'incubo, non si trova più nella Hawkins alternativa e, soprattutto, è vivo.

Si volta dall'altro lato, lentamente, cercando di non svegliare l'altro e, quando sono faccia a faccia, si concede qualche momento per guardarlo. La testa di Steve è sprofondata nel cuscino, ma non ha battuto ciglio. Deve avere il sonno pesante e, forse, anche la stanchezza ha fatto il suo. Sorride nel vederlo così rilassato, e si concede quel momento per realizzare, ancora una volta, quante cose siano cambiate e quanta imprevedibilità si celi dietro al destino che gli è stato assegnato. Ha visto l'inferno, dalla morte di Chrissy in poi, e forse non merita quello sprazzo di felicità ma, per un attimo, e uno soltanto, avere una certezza davanti lo fa sentire per un secondo invincibile. Si vuole concedere l'onore di studiare il viso di Steve, le sue sopracciglia inarcate, le narici che si allargano e si stringono quando respira, la bocca semiaperta, i mille nei che ha sulle guance, i capelli tutti spettinati, che ha stretto fino a poco fa intorno alle dita, mentre facevano l'amore. Sembra ancora tutto dannatamente irreale, quasi un sogno, e sorride ancora e ancora e ancora, finché il rumore che ha sentito poco fa – quello che lo ha svegliato, non torna a riempire l'aria, e stavolta è forte e chiaro.

La schiena di Eddie viene attraversata da un brivido che serpeggia dall'osso sacro, fino al collo, appena sotto al cervelletto. Alza una mano tremante per toccare proprio quel punto e la ritrae immediatamente, quando sente qualcosa pulsare al di sotto della pelle.

Si alza a sedere sul letto, e il rumore torna a riempire la stanza, e le sue orecchie e il suo stomaco, che ora pulsa al ritmo del cuore quasi impazzito.

È il suono di una lancetta dei secondi che scandisce il suo tempo e, a differenza di poco fa, stavolta non si ferma. Eddie si guarda intorno e, al di sopra della cassettiera di fronte al letto, c'è un orologio da muro che segna le tre e dieci di notte. I secondi, però, sono immobili.

«Eddie», lo chiama una voce, e non è quella di Steve. Non è nemmeno quella di Robin, di Dustin, di Nancy, dello zio non appartiene a nessuno di loro e, quando gli entra dentro, nel cervello, e quasi gli rimbomba nella scatola cranica, gli si mozza il respiro in gola, come se il cuore gli fosse schizzato su e avesse ostruito le vie respiratorie.

«No», mormora, ed è un attimo sbattere le ciglia e ritrovarsi nella stessa stanza, al buio, e di nuovo quell'aria tossica – irrespirabile, che solo poco fa aveva smesso di tornargli alla memoria. Particelle bianche esplorano quello spazio vitale, radici viscide e marce si muovono lentamente sulle pareti, e sul pavimento. Tentano di salire sul letto, e quando Eddie si volta a guardare alla sua sinistra, per svegliare Steve, lui non c'è.

Al suo posto c'è Chrissy, con la bocca aperta, la mascella spaccata, gli occhi ancora spinti verso l'interno, come l'ha vista l'ultima volta. È stesa sul letto, sulle lenzuola, e le radici la avvolgono. Le stringono le gambe e le braccia storte, spezzate, piegate in modo innaturale e doloroso. È pallida, forse in decomposizione.

Vorrebbe smettere di guardarla, ma non ci riesce. «No. No, no, no, no, no, no, no!», esclama, e tenta di spostarsi all'indietro, senza smettere di tenere fisso il contatto visivo su di lei e, quando cade dal letto, arrivato al margine, strizza gli occhi per il dolore che ha appena sentito al fianco che ha colpito il pavimento.

«Cristo santo!», urla e, quando riapre gli occhi, non è più nella stanza di Steve – o nella sua versione del sottosopra, ma di nuovo fuori dal suo caravan, indossa di nuovo gli stessi vestiti che ha gettato nella spazzatura questo pomeriggio, e sono coperti di sangue e strappi. Alza lo sguardo, quando sente il vento sferzargli violentemente sul viso, e quasi gli ferisce le guance. Sopra di lui, con orrore, uno stormo di demo-bats gli vola intorno, come dei rapaci pronti a divorare una carcassa morta, di nuovo.

«Eddie.» È di nuovo quella voce, profonda, atona, priva di sentimenti e di compassione, comprensione, persino di cattiveria. Una voce che lascia solo un gigantesco e inquietante vuoto dentro.

Eddie si volta e, poco lontano, c'è Vecna. Non lo ha mai visto, non ha avuto l'onore, ma sa che è lui. In qualche modo lo percepisce, lo sente sulla pelle che ora trema. Lo sente nelle pupille dilatate, che ora non sanno se guardare quella creatura o i suoi animali da compagnia.

«Non sei reale, non sei reale, non sei reale», dice, a bassa voce, anche quando le sue gambe si staccano dal terreno e si alza a mezz'aria e Vecna, lentamente, si avvicina. Alza una mano sul suo viso, con calma, e i brividi lungo la schiena sono come una grandine gelida che si insinua sotto la sua maglietta. Alza il mento, ma non è lui a comandare i suoi movimenti. Il suo corpo è come una marionetta pilotata dal suo abile burattinaio.

Vecna spalanca la mano lunga e viscida; puzza di morte e putrefazione.

La pressione sanguigna dietro i suoi occhi aumenta, e li sente quasi scoppiare.

«Non sei reale», ripete, un'ultima volta, prima che anche la sua bocca diventi vittima del comando mentale di Henry Creel.

«E tu?», esordisce Vecna, piegando la testa di lato per guardarlo meglio, «Tu sei reale, Eddie?»

Fine Capitolo XVIII

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