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Juan si svegliò guardò Luce accanto a sé ancora stretta a lui sembrava serena, eppure sapeva che infondo ai suoi occhi c'era la paura che se ne andasse di nuovo come in lui c'era quel senso di irrealtà per il loro riavvicinamento o per il ritorno di Isabel nella sua vita.  Si alzò, preparò la colazione in silenzio, che fu interrotto da una frase o per meglio dire una supplica: <<papà, papà non lasciarmi in qui>> <<Lucinda>> la voce gli si ruppe le si avvicinò e le disse: <<apri gli occhi era solo un sogno sono qui>> lei li aprì e articolò <<n-non era un sogno. Era un ricordo. Nei miei pensieri ti imploravo ma la mia bocca non emise un suono!>> La prese in braccio e accarezzandole i capelli con una mano e poggiando l'altra sulla schiena cominciò a sussurrarle: <<sono qui, non me ne vado, sono qui non me ne vado...>> e ancora e ancora tanto per convincere lei, tanto per calmare se stesso. <<Va bene, facciamo colazione adesso?>> <<Sì, Luce.>> Dopo aver fatto colazione l'aiutò a prepararsi per andare a scuola, arrivati davanti all'entrata le chiese: <<te la senti?>> <<finché non vado non me la sentirò>> <<Va bene, buona giornata>> la bambina allungò le braccia verso l'alto, il padre la prese e le disse: <<un'ora alla volta>> gli annuì sulla spalla le lasciò un bacio tra i capelli e le disse di andare aspettò che fosse entrata per andarsene.
Tornato a casa andò verso il telefono è compose il numero, quando risposero udì "casa Gonzales y Rodriguez con chi parlo?" <<ciao Hector, sono Juan vi disturbo?>> <<No tranquillo, stavo solo ammirando Carlos scrivere>> <<sei libero stamattina? Vorrei riprendere le sessioni di allenamento >> <<Va bene, indossa pure la tenuta sportiva vi vediamo al parco>> <<grazie.>>
Da quando abitavano a Barcellona Hector organizzava le sessioni di allenamento per Juan al parco "Laberint d'Horta" con il suo labirinto di cipressi era ottimo per la corsa,  che fosse di resistenza o di velocità, mentre i tesori nascosti si prestavano come pesi sollevandoli. C'era anche un padiglione Neoclassico, una zona gioco per i bambini, un canale perfetto per incontri romantici, circondati anche da maestose piante e Camelie. Avendo chiuso la chiamata di vestì, Carlos intercettò il suo sguardo e gli chiese: <<esci? Pensavo non avessi allenamenti oggi!>> <<Mi ha chiamato Juan vuole tornare ad allenarsi>> <<una bella notizia, salutamelo>> <<presenterò>> gli diede un bacio e uscì.
Arrivato al parco notò che Juan era già lì <<buongiorno da cosa cominciamo?>> <<Giorno,  ti saluta Carlos. Pensavo a una corsa fi resistenza niente di troppo veloce>>¤annuì, imboccarono l'entrata del labirinto ma dopo due minuti Juan aveva già aumentato l'andatura  che gli valse un: <<fermati!>> Dopo che Hector lo aveva raggiunto con uno scatto poggiandogli una mano sulla spalla. Sì lasciò cadere seduto a terra e il suo respiro anticipò i singhiozzi che gli scossero le spalle. <<Come stai?>> <<Sull'orlo di esplodere>> sospirò <<Mi hanno insegnato ad esprimermi, a dire ciò che penso e provo e ci sono sempre riuscito come nascevano le condividevo con le persone di cui mi fido. Ha piccole dosi ha funzionato ma adesso ce ne sono troppe nate quasi tutte insueme: c'è il dolore per la perdita di Laura, c'è la confusione per l'amore  che nutro per Isabel che è più forte che mai da quando è tornata nella mia vita. È uscito da quel tempo recondito in cui tu e Carlos l'avete portata da me perché le insegnassi. Sono confuso perché a questo punto credo di non aver mai smesso di amarla, di aver sposato la mia migliore amica soltanto per non stare da solo. Le volevo bene e adoro Lucinda , ma con Bel sento il principio di un'intesa passionale derivata dal semplice stare insieme mentre con Laura la passione sembrava una conseguenza logica dell'essere sposati. La mia Luce ha gli incubi, proprio stamattina ne ho avuto la prova, mi ero alzato prima per farle la colazione e lei si è svegliata implorandomi di non lasciarla, nel sogno ricordava la sera in cui l'ho portata all'orfanotrofio di Maya, era quel pensiero che non aveva espresso ad alta voce allora... è troppo sia da esternare che tenere dentro. Isabel sa tutto tranne del sogno/ricordo di stamattina.  Mi ascolta, mi lascia carezze e baci a fior di labbra, mi asciuga le lacrime sarò capace di ricambiare?>> <<Capisco che ti senta travolto da tutto questo. Per quanto riguarda Isabel rispondi a questo: " vuoi vederla felice e sorridente?">> <<Sì>> <<se non lo fosse diresti o faresti di tutto per farle tornare il sorriso anche piccolo e forzato?>> <<Certo>> <<ti sei risposto. È ne sono felice, non farla soffrire è pur sempre la figlia del mio compagno. Detto questo: baciala e abbracciala quando sarà il momento cerca di accompagnarlo da qualche 0arola utile o rimani in silenzio affianco a lei, ascolta la né più né meno quello che lei fa per te>> <<si dà e si riceve>> <<esatto!>>
Juan si alzò, abbracciò l'amico e lo ringraziò con un mezzo sorriso. <<Vuoi tornare a casa?>> <<No, continuaiamo>> la corsa riprese, Fu seguita da addominali e flessioni e si riposarono appoggiandosi ai tronchi dei cipressi, respirando e bevendo acqua. Tornarono alla macchina a passo sostenuto.
Juan era appena uscito dalla doccia quando suonò il campanello, si avvolse uno asciugamano intorno alla vita e andò ad aprire, era Isabel che per un momento si perse ad osservare il suo petto nascosto da una canotta che si era infilato al volo ma che adesiva ai muscoli ancora umidi <<ciao Bel, qualunque cosa tu sia venuta dirmi puoi farlo dentro? Non per niente sai è pur sempre dicembre>> <<sì>> gli rispose con un sorriso. Entrarono in casa <<Mi sono resa conto di non sapere dove sia la scuola di Luce e come sai ci eravamo messa d'accordo per fare nuovi acquisti>> gli disse puntando i suoi occhi in quelli dell'uomo notando per la prima volta che alla luce erano scrediati di rosso nel loro marrone chiaro. <<Possiamo andarci insieme, se vuoi potrei farvi da autista>> <<Se non hai altri impegni d'accordo>> <<Vado a vestirmi>> le disse lasciandole un bacio a stampo sulle labbra, la donna annuì.  Quando tornò da lei vestito di blu -camicia e jeans- le disse: <<andiamo?>> <<Sì>> restarono in silenzio nel tragitto porta-cancello poi quando furono in macchina Bel gli chiese: <<che hai fatto stamattina?>> <<Ho chiamato Hector e ho ripreso ad allenarmi. E tu?>> <<Ho fatto un servizio a degli sposi davanti alla Sagrada Familia>> <<bello, ti vedo un po' pensierosa, è andato male?>> <<No, pensavo ad Estrella>> <<e?>> <<Ieri sera le ho raccontato del servizio al parco e del pomeriggio a casa tua?>> <<Tutto?>> <<A grandi linee, ma di solito è molto più attiva nelle nostre conversazioni, ieri invece mi è sembrata distante, come se quello che le stavo dicendo le arrivasse in maniera ovattata>> <<magari le è successo qualcosa che non le permetteva di concentrarsi su altro ma non voleva interromperti.>> <<Avrebbe potuto dirmelo dopo,  ma si è girata dall'altra parte e spento la luce>> <<forse non sapeva se dirtelo o non sapeva da dove iniziare>> << può darsi è che faccio fatica a immaginarla a corto di parole. È sempre un fiume in piena>> <<puoi sempre provare a parlarle stasera, è possibile che sia ben disposta dopo qualche ora>> <<grazie>> <<siamo arrivati.>> Scesero dalla macchina Isabel gli prese la mano e gli diede una leggera stretta che Juan ricambiò e si avvicinò all'entrata. Lucinda cercò con gli occhi il padre e quando lo vide mano nella mano con Isabel gli corse incontro felice che quella giornata fosse finita. <<Papà, Bel>> Juan aveva fatto si che con il braccio destro potesse ancorare le gambe al suo busto e tenerla stretta a sé porgendo il sinistro a Isabel che lasciò che le circondare la vita appoggiandosi a lui. <<Allora ragazze mie ditemi la destinazione vi ci porto>> di nuovo in macchina dopo aver ricevuto la destinazione Juan scambiò un'occhiata con Bel è esordì: <<Come è andata?>> <<Sembrava andare bene, nessuno mi guardava con troppa compassione o faceva domande finché la maestra di italiano ha pescato una trama dal loro apposito barattolo ed è uscito: "il tema sulla mamma" e non ha voluto cambiarla neanche quando una mia compagna ha obiettato che fosse indelicato, soprattutto ora che è passato poco tempo. Ha detto che ne erano rimaste poche da gennaio e che dovevamo esaurirle prima della fine dell'anno. Quindi prima delle vacanze di Natale...>> la voce di Luce era andata affievolendosi, Juan frenò e guardava sua figlia che veniv abbracciata da Bel che aveva un espressione giustamente contrariata perciò che avevano appena ascoltato. <<Calmati piccola, troveremo il modo di scriverlo e poi andremo dalla maestra per farle capire la sua indelicatezza>> <<non capirebbe, troverà una scusante e se ne convincerà>> Bel non rispose. Juan scese erano di fronte un negozio di peluche entrò è scelse un orsetto color cioccolato,  pagò e tornò dalle sue donne, lo porre a Luce che sciogliendosi solo in parte dall'abbraccio di Bel lo prese <<Come lo chiamerai?>> <<Orsetta cioccolata fondente>> rispose al padre che le sorrise <<il compito è per domani?>> <<Sì>> Isabel togliendole il braccio dalla schiena le strinse la mano e disse: <<vedrai che ce la faremo>> la bambina ricambiò la stretta e tenne le dita intrecciate in quelle di Bel con l'altro braccio stringeva la sua orsetta.
Stavano pranzando a casa di Bel, Estrella non era ancora tornata regnava un silenzio tranquillo che Luce ruppe esclamando: <<finito!>> Isabel la guardò cogliendo una certa tristezza negli occhi <<prendi il quaderno e seguimi alla scrivania>> Luce annuì e obbedì <<cosa scrivo?>> <<Be di solito si fa una descrizione oggettiva dell'aspetto fisico, ovvero quello che vedono tutti e quella soggettiva: come il carattere cos ale piace, cosa no. Solo che stavolta dovresti mettere il verbo al passato.>> <<Mi manca>> <<è naturale tesoro.>>

La mia mamma aveva...

<<So che non è più qui con noi ma è troppo presto>> Bel pe tolse la penna di mano che mise sulla scrivania poi la adagiò sulle gambe <<va tutto bene, sfogati se vuoi>> Juan le raggiunse circondò Isabel con le braccia che a sua volta stringeva Luce tra le sue, la quale si spostò di poco per poggiarsi sul petto del padre. <<Come faccio?>> <<Puoi non farlo, parlerò io con la maestra, anzi le parlerò in ogni caso>> <<lo farò!>> <<Sicura?>> <<Sì>> e tornò sulla sedia.

La mia mamma aveva i capelli biondo platino, lunghi fino alle spalle e gli occhi azzurri. Era magra ma non troppo, i suoi occhi brillavano di amore per gli altri e di insicurezze personali...

<<Hai ascoltato me e tuo padre e mentre ne parlavamo>> <<in parte ma ha detto ciò che vedevo, o che si poteva intuire anche se la osservati anche per poco>> <<mi  stai dicendo che: "ciò che arriva agli occhi in un primo momento,  può arrivare alla coscienza in un secondo momento?">> <<direi di sì >> le baciò la chioma castano dorato <<continua  a scrivere>> disse.

...Non sono parole del tutto mie ma sono le uniche che esprimono ciò che vedevo. Lei aveva il sorriso negli occhi quando cucinava con mio padre, quando faceva il bucato, quando teneva in ordine e pulita la casa perché sapeva per chi lo stava facendo, per me è mio padre, le due persone che amava di più.  Quando doveva prendere una decisione il suo tono assumeva una sfumatura incerta, il suo sguardo si posava l'interlucotore per una tacita conferma. Questa era mia madre perfetta nelle sue imperfezioni sapeva dare e ricevere affetto a mio non troppo modesto parere.

Juan si era allontanato dopo aver ricevuto quel monosillabi affermativo della sua bambina. Sì riavvicinò in silenzio e quest'ultima sentendo le mani forti del padre sulle spalle gli comunicò che avevano finito, Isabel sentendo quelle parole intervenne: <<No, tesoro hai finito , io no ho fatto niente>>  <<Mi sei stata accanto mentre lo scrivevo>> <<posso leggerlo?>> Luce glielo porre in breve gli occhi del padre furono colmi di lacrime tanto era commosso. Posò il tema e abbracciò sua figlia. Bel prese la macchina fotografica e scattò una foto il cui "click si perse nel suono delle chiavi di Estrella che osservando la scena della porta disse: <<non sapevo avessimo ospiti>> <<li ho invitati a passare il pomeriggio qui per aiutare Luce con un compito. Ti dispiace?>> <<No, così finalmente conoscerò la protagonista dei tuoi racconti>> la bambina sentendosi chiamata in causa puntò i suoi occhi in quelli marroni tendenti al verde di Estrella portandole una mano disse: <<piacere Lucinda>> <<piacere mio, vi fermate a cena?>> <<Se non disturbiamo>> <<nessun disturbo>>

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