In Prigione

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Un bambino, travestito da vampiro, spalancò una porta. «Trovati!» Gridò «Ho trovato altri tre biscotti.» Si fiondò giù per l'ampia scalinata, mettendo i dolcetti dentro al cestino a forma di zucca.

«Ehi, c'ero prima io!» Lo prese per il mantello una streghetta dalle trecce lunghe e ramate.

«Chantal trova anche gli altri del gruppo, devi impedire che trovino gli ultimi biscotti», parlò un fantasmino sbucato dal buio.

«E tu cosa credi di fare, Dylan?»

«Misterooo», rispose, imitando la voce di uno spirito.

«Abbiamo già controllato tutte le stanze qui sopra, non ci sono altri dolcetti. Gli ultimi saranno al piano di sotto!» Gli urlò contro, ma il bambino la ignorò e fuggì via.

«Ma dove ti eri cacciato!» Esclamò un Frankestein in miniatura.

Dylan afferrò la spalla dell'amico, cercando di riprendere fiato.

«Forza, di qua, queste sono le ultime stanze», fece eco un altro bambino.

«C'è anche la soffitta!» Aggiunse Jamal.

Dylan alzò la testa e rivolse uno sguardo malizioso al suo vicino.

Di fianco a loro due bambole assassine spalancarono un'altra porta. «La soffitta?» Domandò la più bassa. «No, io lì non ci salirò mai», affermò la seconda. «Chissà cosa nascondono...»

«Fifone, avete forse paura?» Le incalzò il loro amico fantasmino, facendogli l'occhiolino.

Le due bambine si scambiarono uno sguardo complice.

Il gruppo si ritrovò ai piedi dell'angusta e impolverata scala che portava alla soffitta.

«Lasciamo andare Jamal», propose Dylan.

«Sì, lasciamo andare lui», incalzarono due piccoli zombie.

«Perché?» Chiese confuso, voltandosi verso gli altri.

«È casa tua. Diamo a te l'onore di trovare gli ultimi biscotti», disse il fantasmino con aria altezzosa.

«Sì, ma io non voglio andare lì sopra. È da tanto...»

Dylan fece un passo verso di lui, puntandogli le sue iridi blu contro. «Se lo farai ti promettiamo che diventeremo amici, per davvero.»

«Non ti prenderemo più in giro», affermò sicura una bambina.

«Non ti ruberemo più la merenda», aggiunse l'altra.

«E a pranzo potrai sederti al nostro tavolo», concluse uno scheletrino.

«Ti abbiamo convinto?»

Jamal acconsentì con il capo.

«Ora va, forza! Dobbiamo vincere contro gli sfigati della scuola.»

Il bambino si voltò di spalle, con un braccio si aggrappò allo scorrimano. Deglutì a fatica. Aveva paura. Nessuno della famiglia ci era ancora entrato lì dentro da quando erano venuti ad abitare in Inghilterra.

Dylan e il suo amico più fidato lo seguirono.

Jamal mise la mano attorno al pomello, avvertì che era gelato. Fece un respiro profondo, lo girò e con uno scatto la porta si aprì, rivelando l'oscurità.

Il bambino si girò, sobbalzando spaventato.

«Entra, che stai aspettando?» Lo forzò il fantasmino.

Jamal si voltò e fece tre passi.

Nel volto di Dylan comparì un sorriso subdolo e perverso. Lo spinse dentro, facendolo cadere in ginocchio. Sbatté la porta, girando il pomello all'incontrario, chiudendolo all'interno. Rise divertito. «Addio!» Scese le scale, seguito dallo zombie. «Ci sei cascato!» Esclamò, irrompendo in una fragorosa risata.

Anche gli altri si sbellicarono fino al mal di pancia.

Il bambino provò ad aprire la porta, ma era bloccata allo stipite. «Non è divertente! Tiratemi fuori!» Gridò impaurito, ma gli altri continuarono a scherzare. Gli si velarono gli occhi di lacrime. «Tiratemi furi di qui! Aiuto! Per favore! Voglio uscire! È troppo buio, non vedo niente!» Prese a singhiozzare.

È così ingenuo», disse una delle bambine.

«E patetico», confermò uno dei due zombie.

«Dai, andiamo via.» I bambini corsero lungo il corridoio, diretti al piano inferiore.

«Frigna quanto vuoi, chiama pure la mammina. Tanto non ti sentirà!» Gli urlò infine Dylan, prima di scappare via insieme al suo gruppo.

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