XX. SIGFRIDO

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Fui io stessa a scrivere a Herman per avvertirlo della morte di Margaret. La mia mano viaggiò inquieta sul foglio di carta disegnando lettere prive di senso. Non sapevo come dirglielo. Indugiai parecchio. Scrissi parole senza senso. Cancellai e riscrissi. Accartocciai e gettai fogli e fogli pieni di frasi sciocche.

-Non so perché perdi tanto tempo- borbottò Lotte -scrivigli che è morta, non c'è bisogno di molte parole, lui non l'amava, probabilmente non la sopportava nemmeno- si sistemò un ciuffo ribelle.

Alla fine seguii il suo consiglio. Scrissi che c'era stato un incidente. Herman e Albert tornarono dopo poco.

Li accolsi con il bambino in braccio. Herman si fermò, lo sguardo fermo su di me e sulla sua creatura. Restò così, immobile per un tempo che mi parve infinito. Più tardi mi confidò i suoi pensieri.

-Per un attimo mi sono illuso che tu fossi mia moglie e la madre di mio figlio- mi disse con naturalezza, come se non ci fosse cosa più vera al mondo, come se il suo desiderio non fosse proibito.

Arrivò anche la polizia. Volevano chiarire la storia di Margaret e capire cosa fosse successo. Io e Lotte fummo interrogate per ore. Herman s'infuriò e solo grazie al suo intervento evitammo che quegli interrogatori continuassero.

-Non mi piace il modo in cui ti hanno trattata- dichiarò, una mano sul mio braccio. Un gesto all'apparenza solo amichevole, ma che, lo sapevamo entrambi, nascondeva altro. -Come se la colpa fosse tua

-Dovrai scegliere un nome per tuo figlio- mi spinsi indietro una ciocca. Mi sentivo a disagio. Eravamo in giardino, esposti al mondo. A qualche metro c'era il punto in cui Margaret era caduta.

Herman mi fissò. -Scegli tu

-Io? Ma è tuo figlio

-Non ho mai avuto molta fantasia con i nomi, scegli tu, mi fido di te

Un compito pesante come un macigno. Herman però aveva i suoi piani. Voleva che considerassi suo figlio come mio. Che mi affezionassi a lui come avevo fatto con Julien. Dopotutto mi ero abituata a prendermi cura dei figli altrui.

-Me lo faresti questo favore, Violett?

Annuii. Come avrei potuto rifiutare un favore così semplice?

-Grazie- mi diede un leggero bacio sulla guancia. -Sei un tesoro

-Mi dai una bella responsabilità, sai- quella di una madre.

-Per questo mi fido di te

Elencai nomi su un foglio, libri aperti sul tavolo della biblioteca. Nessuno andava bene.

Lotte mi punzecchiava. Se ne stava seduta sulla poltrona con le gambe incrociate. -Stai perdendo tempo-

Nessun nome era abbastanza per il figlio di Herman, per quel neonato dagli occhi grigi come il padre.

-Tra un po' questo bambino imparerà a leggere e non avrà ancora un nome- mi stuzzicò Lotte, lo sguardo sul quotidiano che stava sfogliando.

Continuai la ricerca. Attila? Aveva un significato per noi, ma era troppo impegnativo.

Forse era un compito troppo impegnativo per me.

-Lo sai che a Londra danno il ciclo dei Nibelunghi... dovremmo andarlo a vedere

-Sigfrido

-Che?

-Sigfrido, si chiamerà Sigfrido

-Menomale che non è femmina... che orrore sarebbe il nome Brunilde

E scoppiammo a ridere.

Herman fu felice della mia scelta. -Sapevo di poter contare su di te- mi prese la mano e mi trascinò in una nicchia della finestra. -È un nome pieno di storia

-Ho pensato al ciclo dei Nibelunghi- avevo la gola secca.

-Hai pensato a noi- mi accarezzò la guancia.

-Non possiamo

Herman soffocò le mie proteste con un bacio. Oggi sospetto che bramasse di essere scoperto, solo così posso spiegare la sua imprudenza. E forse anch'io lo volevo. Mettere fine ai sotterfugi. Affrontare le conseguenze con la speranza di poter stare insieme.

La nota più dolorosa di quel periodo fu Gwen. Ammetto che cercai di evitarla il più possibile. Non mi piaceva passare il tempo con lei. Mi ricordava troppo Margaret. Sapevo che il mio pensiero era sciocco. Gwen era una bambina, avrei dovuto conquistarmi il suo affetto. Forse se mi fossi messa d'impegno avrei evitato tutti i guai che il suo odio avrebbe portato.

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