12. Il tuo nome

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Lei era quella destinata, però il destino si può perdere per strada, non è una cosa sicura che deve succedere per forza. Il destino è una rarità.
(Erri De Luca)


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«Sunshine, guarda là!» la chiamò Silton indicandole con il dito il campo di allenamento, dove alcuni uomini si stavano allenando a combattere con le spade. Non era più abituata a sentirsi chiamare per nome, visto che ormai tutti sembravano conoscerla con il soprannome di "apprendista di Lord Damien". La voce che il demone avesse deciso di prendere un'intrusa sotto la sua ala, che oltretutto aveva ucciso un loro compagno, si era infatti sparsa fra i soldati del centro di addestramento. Lo si capiva dagli sguardi sorpresi che quest'ultimi le riservavano mentre camminava intorno ai casolari.

«Silton, forse dovremmo andare al tuo laboratorio, sono curiosa di vederlo...» esordì Sunshine, cercando di sviare l'attenzione dell'elfo dai soldati che si addestravano.

Sembrò funzionare perché gli occhi di Silton cominciarono a brillare dall'emozione.

«Certo, andiamo!» e la prese per mano, avviandosi verso le mura che giorni prima Sunshine aveva tentato di attraversare. Sotto di esse, dall'interno che si rivolgeva in direzione del campo, erano presenti parecchie aperture ad arco che permettevano di accedere direttamente nella muraglia formata di granito rosso.

Attraversarono una delle porte ad arco, ritrovandosi in un corridoio che, da quello che Silton le stava spiegando, percorreva tutte le mura che circondavano l'Impero di Jarthis. "Quindi seguendo questo corridoio fino alla fine, avrei la possibilità di infiltrarmi nel castello di Dominous?" si domandò la fata, scacciando però quel pensiero dalla testa molto velocemente. Con tutti i soldati che presidiavano la muraglia sarebbe riuscita a percorrere ben pochi passi, prima di venire scoperta.

A passi svelti, arrivarono fino ad una piccola porta con un chiavistello rotto e un lucchetto, aperto, appoggiato alla maniglia. «Tanto qui non viene mai nessuno, la medicina alchemica è una scienza nuova e non molti riescono a vederne le potenzialità.» le rivelò Silton, grattandosi imbarazzato la punta del suo naso all'insù.

«Mostramele.» gli chiese Sunshine, cercando di levare l'elfo dall'imbarazzo. Lui le sorrise, accogliendola all'interno del suo laboratorio.

Appena entrata, la polvere che ricopriva ogni mobile all'interno della stanza le solleticò il naso, facendola starnutire ripetutamente e sollevando altri granelli fastidiosi.

«Perché c'è tutta questa polvere?» domandò la fata coprendosi il volto con la manica.

Tantissime ampolle dal contenuto verde brillante erano disposte disordinatamente sul lungo tavolo nero presente nella stanza e molte di esse erano rovesciate sul pavimento. Questo strano scintillio verde e dorato in cui era immerso ogni oggetto della stanza faceva sentire Sunshine a disagio, anche se non riusciva bene ad identificarne il motivo. Sentiva lo stomaco in subbuglio e avvertiva un formicolio insolito che le attraversava il corpo come una dolorosa scarica elettrica.

Tossendo, si avviò velocemente verso l'uscita, rimettendo quel poco di cibo che era riuscita ad addentare poco prima.

«Cos'era quella?» chiese tra un conato e l'altro, riferendosi alla miscela verdastra, mentre Silton la guardava confuso.

«E' una nuova polvere curativa, viene direttamente dal Regno di Jarthis. Re Dominous, il nostro signore, l'ha consegnata al laboratorio di alchimia per tentare di scoprirne le proprietà benefiche.» rispose l'elfo che osservò poi Sunshine in preda al vomito.

«Sei la prima persona che reagisce in questo modo. Forse sei allergica.» concluse con sguardo dispiaciuto.

«Vieni, andiamo in mensa, hai bisogno di bere un po' d'acqua per riprenderti e magari lavarti la bocca.» aggiunse l'elfo, permettendo alla fata di appoggiarsi a lui. Sunshine non rispose, limitandosi ad annuire e approfittando dell'aiuto di Silton.

Man mano che si allontanavano dal laboratorio e da quella maledetta polvere verdastra, cominciava di nuovo a sentirsi meglio.

Dopo qualche metro, arrivarono alla mensa che si trovava in una baita poco distante dal campo di allenamento. Era pieno pomeriggio e i soldati si stavano allenando, quindi per fortuna Sunshine non dovette sopportare alcuno sguardo sospettoso.

All'interno della baita era stato sistemato un lungo bancone in legno pieno di cibarie di ogni tipo: prosciutti, costolette e pane erano presenti in gran quantità e, insieme a formaggi e pagnotte, riempivano di odori deliziosi tutta la stanza. Accanto ad esse, era persino presente un tavolino con frutta secca o di stagione.

"Non ho mai visto così tanto cibo!" pensò Sunshine estasiata. Nel suo villaggio, a causa della scarsità di risorse reperibili nel bosco, era raro avere a che fare con tutta quell'abbondanza. Un senso di fastidio si impossessò di lei a quel pensiero ma strinse i pugni per trattenersi.

Silton la invitò ad accomodarsi in un tavolo vicino ad un'ampia finestra, quindi riuscivano ad assistere ai combattimenti.

«Perché si allenano tutti con delle armi? Sono tutti umani e non sanno usare la magia?»

Silton sembrò perplesso per la domanda ma rispose comunque senza troppa esitazione: «Allenando il corpo, aumentano la loro resistenza fisica agli incantesimi oscuri. Molti di loro comunque sono maghi, è strano che tu non riesca a scorgere la loro aura magica essendo anche tu una strega. Di solito fra loro si riconoscono.» la interrogò Silton corrugando le sopracciglia in attesa che Sunshine gli rispondesse.

"Merda." Con le sue domande indiscrete, rischiava di rivelare la sua identità.

«Forse è perché sono ancora indebolita da prima.» cercò di spiegare scrollando le spalle.

«Può essere, dopotutto io di magia non ne so nulla! Mi piacerebbe tanto poter vedere la forza magica delle persone!» rispose con occhi sognanti l'elfo. Sunshine sospirò, questa volta per fortuna era riuscita a scamparla, ma avrebbe presto dovuto trovare il modo di riconoscere a prima vista umani e stregoni, altrimenti la sua copertura sarebbe saltata.

Scampato il pericolo, Sunshine passò il pomeriggio a rifocillarsi di frutta e pane. Silton aveva provato ad offrirle un cosciotto di coniglio ma, nonostante l'odore invitante, aveva rifiutato dando la scusa dello stomaco sottosopra. Le fate non mangiavano carne e non sapeva che effetto potesse fare al suo corpo.

"Vorrei evitare di vomitare ancora." pensò, addentando un altro pezzo di pane con un chicco d'uva nera in mezzo. "In particolare in mezzo a tutte queste persone." Infatti, essendo quasi ora di cena, la mensa aveva cominciato a riempirsi e Sunshine volse lo sguardo alla finestra, concentrandosi sull'esterno, per evitare le persone che la osservavano curiose.

Il cielo era scuro e la luna piena illuminava il campo di addestramento ormai vuoto. O meglio, qualcuno ad allenarsi c'era ancora.

«Quello è Damien?» domandò avvicinandosi alla finestra. Il suo respiro appannò subito il vetro e dovette pulirlo con la manica per vedere di nuovo la figura del demone che si allenava solitario con una spada in mano.

«Sì, è Lord Damien.» rispose Silton senza neanche girarsi. «Si allena sempre di sera quando non c'è nessuno. Molti umani sono titubanti alla presenza dei demoni, nonostante questo sia un Regno creato per far vivere entrambe le razze in armonia.»

«Vado da lui.»

Sunshine si alzò di scatto dal tavolo e senza che l'elfo potesse fare nulla per fermarla, la fata corse via dalla mensa, ignorando il vociare dei soldati presenti nella stanza.

Uscì fuori, sentendo il vento gelido sferzarle la faccia. Quel giorno faceva più freddo del solito.

Raggiunse a passi svelti il campo di allenamento e scorse il demone che si allenava con foga, provando diversi affondi con la spada.

«Damien!» gli corse incontro Sunshine. Dopo aver ascoltato il punto di vista di Silton per l'intero pomeriggio, aveva cominciato a chiedersi se davvero il demone non avesse tentato di salvarle la vita, anche se in modo davvero brutale. "Ma questo mondo è così crudele."si era detta, ripensando a tutta la violenza che aveva dovuto subire per trovarsi lì in quel momento.

Damien si girò di scatto, fermando la lama della sua spada a pochi millimetri dalla gola di Sunshine.

«Ah, sei tu.» disse, senza però abbassare la spada e continuando a fissarla. Illuminati dalla luce lunare, i suoi occhi ambrati sembravano quasi quelli di un gufo. «Anche se avrei dovuto capirlo, sei l'unica che non mi chiama Lord.» aggiunse ridendo, puntando finalmente l'arma verso il terreno.

Sunshine avrebbe dovuto spaventarsi, eppure cominciava davvero a credere che il demone non le avrebbe fatto del male.

«Quello che hai fatto... Davvero è stato per salvarmi?» chiese la fata con un groppo in gola. In un certo senso, aveva timore di sentire quello che Damien avrebbe risposto.

«Sì.»

«Perché vuoi essere mio alleato?» La domanda le frullava nella mente da quando i loro sguardi si erano incrociati all'interno di quella prigione e lui le aveva rivelato di voler uccidere Dominous.

«Dimmi il tuo nome.» le ordinò il demone, avvicinandosi a lei e posandole le mani sulle spalle.

Damien era molto più alto di lei e Sunshine dovette alzare il viso per riuscire a mantenere il contatto visivo.

«Dimmi il tuo nome.» ripeté lui, tradendo un tono speranzoso nella voce.

«Sunshine.»

Damien sorrise e posò leggero le sue labbra sulla fronte della fata, che rimase irrigidita dalla sorpresa.

«Perché sei tu.» ammise, lasciando andare le spalle di Sunshine e allontanandosi senza dire altro.

Per un istante, Sunshine smise di respirare, sentendo il cuore che le martellava prepotentemente nel petto.

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Sunshine tornò all'alloggio del demone qualche ora dopo, aspettandosi di incontrarlo. Era confusa dalla conversazione che aveva avuto con Damien, anche perché in fin dei conti non le aveva rivelato il motivo per il quale avesse deciso di essere suo alleato.

"Perché sei tu." Le parole di Damien le rimbombavano nella testa e non riusciva a coglierne il senso.

Temporeggiò davanti alla porta del casolare e, quando finalmente si decise a bussare, non ebbe nessuna risposta. Entrò con passo felino nella stanza, cercando di capire se lui stesse dormendo e rimase sorpresa nel notare che invece non c'era proprio traccia della presenza del demone.

Il letto era ancora sfatto come Sunshine l'aveva lasciato al mattino e sembrava che nessuno fosse entrato dopo che lei e Silton avevano lasciato la stanza.

"Vorrà dire che aspetterò qui." decise, sedendosi sulla poltrona di velluto rivolta verso la porta di ingresso. L'avrebbe aspettato sveglia tutta la notte se fosse stato necessario.

Le doveva delle risposte.

SPAZIO AUTRICE

ODDIO AAHHAHA sto sclerando da sola xD

Cosa ne pensate di questo capitolo? Spero vi piaccia!

Come sempre, grazie a chi vota, scrive o commenta!

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