14. Viaggio in città

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

«Wow, ti calzano a pennello!» dichiarò Silton estasiato mentre ammirava i vestiti che aveva creato per la fata. «Sono contento che tu abbia accettato di indossarli!»

"Accettato... Uno strano eufemismo per dire costretto." riflettè Sunshine alzando gli occhi al cielo. Aveva provato a sottrarsi alle grinfie stilistiche dell'elfo per due giorni dopo il combattimento con Castiel, ma alla fine era stata costretta a cedere all'entusiasmo di Silton.

Oltretutto, non aveva nemmeno più visto Damien dopo quella sera e sembrava che il demone si fosse volatilizzato nel nulla. "Che alleato inutile..." si ritrovò a pensare la fata, non accorgendosi che l'elfo aveva cominciato a farle domande.

«Non ti piacciono?» chiese Silton preoccupato mentre notava l'espressione turbata della fata.

«Al contrario. Hai fatto un ottimo lavoro.» ammise Sunshine, senza mentire. Era davvero sorpresa dalla bravura di Silton: le aveva confezionato una splendida camicetta bianca, con le maniche a balze, e una gonnella che le arrivava quasi alle caviglie.

«Forse però non sono troppo adatti al combattimento...» osservò la fata prendendo fra le mani l'orlo ricamato della lunga gonna marroncina.

L'elfo la guardò di sottecchi, abbozzando un sorriso mentre si grattava imbarazzato la punta del naso.

Prese poi un corsetto nero e si avvicinò a lei per aiutarla ad indossarlo. Mentre stringeva i lacci, Sunshine si accorse che l'elfo evitava di guardarla negli occhi e che il suo tocco era più leggero del solito.

«Silton.» Si conoscevano da poco, ma ormai Sunshine aveva capito che quell'atteggiamento non prometteva nulla di buono. «Cosa mi stai nascondendo?» lo minacciò la fata, mentre si portava una mano sulla fronte con una punta di rassegnazione.

«Beh, l'hai detto anche tu che non è un abito adatto al combattimento e in effetti...» abbassò poi la voce al limite di un sussurro «oggi andremo in città.»

«Cosa?!» gridò la fata quasi strozzandosi con la sua stessa saliva. «Per quale motivo?»

«Padron Castiel ci accompagnerà per comprarti delle armi per il tuo allenamento.»

Non si aspettava così presto quella svolta degli eventi: andare in città significava avere la possibilità di avvicinarsi al centro di Jarthis e anche al castello in cui risiedeva Dominous. Non era però ancora abbastanza forte, non aveva un piano per salvare Ninfea, Damien era scomparso e...

«Sunshine, se non ti la senti possiamo sempre annullare...» le comunicò con tono ansioso Silton dopo aver visto la fata impallidire.

La fata rimase in silenzio qualche istante, cercando di pensare a quale fosse la decisione più giusta. Infine, sospirò profondamente: «No, non preoccuparti. Andiamo.»

Anche se non era abbastanza forte, doveva andare al villaggio per ottenere informazioni in più su quelle creature e scoprire se c'era un modo per introdursi al castello senza farsi scoprire.

"Il mio piano originale rimane invariato." Non aveva importanza che Damien avesse detto di esserle alleato; non poteva permettersi di fidarsi di lui quando a malapena riusciva a fidarsi di se stessa.

Senza dire altro, Sunshine e Silton uscirono dalla dimora del demone. La fata cercò di ignorare i brividi che attraversavano le sue spalle scoperte al contatto con l'aria fredda dell'esterno. Era una giornata soleggiata, ma ancora non era possibile indossare abiti leggeri. Si strinse quindi nelle spalle, rimpiangendo la pelliccia di Damien che aveva indossato pochi giorni prima.

A passi svelti, raggiunsero il ponte levatoio che Sunshine aveva tentato di attraversare. Le teste impalate dei soldati erano state tolte dalla cima della muraglia. Si fermarono solo quando si trovarono di fronte ad un enorme cancello, dal lato opposto rispetto a quello da cui era entrata.

Di fianco all'ingresso sorvegliato, scorsero la figura di Castiel, che li aspettava con un mantello nero in mano.

«Sapevo che avresti dimenticato qualcosa.» constatò il Gran Cavaliere dando un buffetto alla guancia di Silton, che solo in quel momento si accorse che la fata teneva le braccia avvinghiate al corpo nel tentativo di scaldarsi un po'.

«Oh, scusami tanto!» le disse con tono colpevole, rubando dalla mano di Castiel la mantellina nera e posandola sulle spalle di Sunshine. «Mi sembrava che mancasse qualcosa, infatti.» sospirò poi cercando di abbozzare un sorriso innocente.

«Ma non mi dire.» rispose ironicamente la fata dandogli un colpetto sulla fronte. Lui fece un piccolo sbuffo fingendosi arrabbiato e tornò a parlare con Castiel.

Nel mentre, Sunshine accarezzò il tessuto morbido del mantello e lo indossò, coprendosi con cura. Si accorse che era presente anche un cappuccio e lo utilizzò per nascondere i capelli rossi. "Non sembrano essere strani, qui. Meglio però non rischiare."

Nei giorni che aveva passato a contatto con le persone all'interno del campo, non aveva ancora mai visto umani o maghi che avessero i capelli rossi come i suoi.

Al contrario delle fate, però, non sembravano esserne sorpresi e spaventati. Sospettava quindi che non fosse una cosa comune, ma che almeno fosse socialmente accettata nell'Impero di Jarthis.

"Forse, ci saranno altre persone come me..." Accantonò presto quel pericoloso pensiero. Che ci fossero o meno persone come lei, non sarebbe cambiato niente. Non era importante che nel suo corpo scorresse anche sangue di strega, lei non era come loro.

«Che ne pensi degli abiti che ho fatto?» chiese Silton a Castiel voltandosi verso la fata, non riuscendo a nascondere un tono orgoglioso nella voce. «Tu eri sicuro che non sarei riuscito a fare niente in due giorni, eppure...»

«Sei stavo bravo.» lo interruppe il Gran Cavaliere, accarezzando senza rendersi conto i morbidi capelli dell'elfo.

Silton aveva passato la notte a cucire quegli abiti, cercando di adattarli alle forme della fata. Al pensiero delle mani delicate del giovane elfo che scorrevano lentamente lungo il telaio, il cavaliere rimase incantato, sognando che quelle mani lo sfiorassero con la leggerezza e innocenza che solo Silton sembrava possedere.

«Ah, ecco...» l'elfo si allontanò di scatto da Castiel, ponendo fine a quel contatto e guardò imbarazzato il terreno mentre le sue guance si imporporavano.

«Andiamo.» disse con voce atona il Gran Cavaliere, che sembrava come essersi ripreso da una trance. Dopo quel contatto con l'elfo, aveva immediatamente nascosto la mano in tasca.

"Cosa diavolo sta succedendo qui?!" pensò Sunshine, stranita dallo scambio a cui aveva appena assistito. Quei due sembravano possedere un segreto molto pericoloso e lei non aveva intenzione di essere coinvolta nei loro affari, di qualunque ragione fossero.

«Mostrate il permesso di uscita.» urlò dall'alto una guardia, quando si fermarono davanti al cancello sbarrato.

Castiel allargò il mantello nero che indossava, mostrando una spilla a forma di lupo al soldato che, dopo aver fatto un lieve inchino, fece cenno agli altri uomini di aprire il cancello.

Cigolando rumorosamente, le sbarre che circondavano l'ingresso sorvegliato si aprirono, rivelando una zona erbosa in cui erano sistemate diverse carrozze e un lungo sentiero sterrato affiancato dall'alta muraglia che rivestiva i confini di Jarthis.

«Quella è la nostra carrozza.» dichiarò Castiel, avanzando verso un meraviglioso vagone di legno, rivestito da un tessuto bianco e dorato. Aveva un'aria regale e Sunshine notò che sembrava relativamente nuova, forse era usata solo per le uscite delle persone più importanti.

Titubante, la fata compì il primo passo che segnava il suo ingresso nel regno dei demoni e dei maghi.

↞┈ · 🙦∘◦❁◦∘🙤 ·┈↠

«Odio andare in carrozza.» aveva detto Silton a Sunshine, dopo l'ennesima volta in cui aveva rischiato di vomitarle addosso. Finalmente arrivati in città, si erano momentaneamente separati da Castiel per cercare un luogo senza troppe persone, in cui far riprendere Silton. Avevano percorso una via traversa e ora si trovavano seduti su un muretto in pietra davanti ad un piccolo fiumiciattolo per bere un po' di acqua. Sunshine inspirò profondamente, immettendo l'aria fresca della giornata nei suoi polmoni, mentre le risate dei bambini risuonavano nelle sue orecchie. Stavano giocando fra di loro creando delle palline colorate con la magia e tentavano di tenerle in equilibrio. Sunshine era rimasta incantata nel vedere una bambina con i capelli rossicci, molto simili ai suoi, divertirsi con i suoi amici.

"Avrei tanto voluto che fosse possibile anche per me." Ciò che aveva immaginato, si era quindi rivelato giusto. Abbassò il cappuccio, scoprendosi i capelli rossi: lì nessuno avrebbe fatto caso a quel colore così intenso che, nel villaggio delle fate, era considerato un taboo.

«Non avrei mai pensato che fosse possibile trovare così tanta pace, proprio in questo luogo.» ammise a bassa voce, forse più a se stessa che all'elfo che le stava accanto.

«Goditela, al mercato delle armi non proverai la stessa sensazione.» le disse scherzando Silton, che si era finalmente ripreso. Con un piccolo saltello, scese dal muretto, porgendo la mano a Sunshine.

La fata strinse controvoglia la mano dell'elfo e lo seguì, tornando sulla strada principale con lui.

La strada era colma di bancarelle colorate e molti oggetti come cappelli, libri e persino posate, erano stati incantati per volare sopra le teste delle persone che percorrevano la via.

«Silton, guarda!» urlò la fata estasiata, indicando un gruppo di maghi e demoni al lato della strada. I maghi avevano disposto alcune brocche di vetro in mezzo alla piazza e la folla si era disposta in cerchio attorno ad esse. Recitando degli incantesimi, fecero comparire dell'acqua di diverso colore all'interno delle brocche, mentre alcuni demoni con le ali rosse si sollevavano sopra le persone in visibilio.

Con il vento sprigionato dalle loro ali, i demoni soffiarono l'aria sopra l'acqua che iniziò in qualche modo a produrre dei suoni. Una melodia armoniosa avvolse la piazza, ricordando a Sunshine le feste di primavere che aveva vissuto al villaggio. Erano due popoli in guerra, si trucidavano a vicenda anni, eppure era così simili. Allora perché dovevano odiarsi in quel modo?

«Al palco! Muovetevi!» gridarono dei soldati, introdottosi all'improvviso in mezzo alla folla. Iniziarono ad urlare, spingendo le persone con i manganelli per condurli nella direzione che desideravano.

Sunshine non poté fare altro che seguire il flusso spaventato o sarebbe stata schiacciata dalle persone.

Si ritrovò davanti ad un enorme palco in legno e vedeva attorno a sé centinaia di volti confusi. Aveva perso di vista Silton e anche guardandosi intorno non era riuscita a trovarlo.

«Silenzio!» tuonò un uomo appena salito sul palco. «Con immenso onore, vi annuncio la presenza del Primo Generale Brux, pronto a tenere un discorso di enorme importanza!» volse la schiena al pubblico, inchinandosi in direzione dell'uomo che stava avanzando a passi pesanti sul legno del palco.

«Cittadini di Jarthis, sotto l'ordine del nostro Re Dominous ho compiuto un'altra missione di successo.» esordì pomposo Brux. Il suo petto era gonfio d'orgoglio.

«Questa volta, i nostri nemici sono stati decimati e l'incubo delle fate che uccidono e stuprano i vostri figli non si ripeterà mai più!» urlò, incitato dalla folla che lo acclamava.

«E sono pronto a darvene prova qui, su questo palco!»

Con un gesto della mano, diede l'ordine ai soldati di avanzare. Legate uno ad uno da una spessa corda, delle persone incappucciate vennero fatte salire ed esposte davanti a tutti. Le loro ali verdi tremavano ed erano irrigidite dalla paura e dal freddo.

Brux scelse una fata a caso fra quelle in fila e la costrinse ad inginocchiarsi.

«Ucciderò ognuna di queste sporche creature.»

Calciò sprezzante la fata inginocchiata, colpendola allo stomaco con il suo stivale dalla punta di metallo e questa iniziò ad implorare, cercando di fuggire dal palco.

«Dove credi di andare...» le domandò Brux, prendendola per la caviglia e trascinandola a sé. Sollevò da terra la donna, che ormai non riusciva neanche più ad opporre resistenza, e si fece consegnare da un soldato un bastone di legno. Quasi come un animale affamato, si accanì sulla testa della fata, continuando a colpirla finché il telo marroncino che le copriva il volto non si riempì completamente di sangue e cervella.

Dalla folla, molti iniziarono a vomitare per il sanguinoso spettacolo e alcune grida di sgomento di levarono dalle persone in piazza. "E' un mostro." Tutti lo pensavano, ma nessuno aveva il coraggio di dirlo ad alta voce. Non si era trattata dell'esecuzione di un nemico, era stato un vero e proprio massacro. Molti distoglievano lo sguardo, troppo scioccati dalla situazione.

Sunshine invece era paralizzata: aveva gli occhi fissi sul sangue che gocciolava al di sotto del palco e sulle altre fate incappucciate che presto avrebbero fatto quella stessa fine.

"Devo fermarlo." pensava, ma non aveva idea di cosa potesse fare. Non era abbastanza forte per riuscire a sconfiggere tutti i soldati presenti in piazza e... aveva paura.

Non riusciva a muoversi, sentiva le gambe che tremavano e a malapena riuscivano a reggere il peso del suo stesso corpo. "Non voglio fare la sua stessa fine." Era l'unico pensiero egoistico che riusciva davvero a formulare.

Brux afferrò bruscamente il braccio di un'altra fata fra quelle fila e costrinse anch'essa ad inginocchiarsi, mentre quelle rimanenti venivano minacciate con delle lance dai soldati.

Il Primo Generale scaraventò con foga il sacchetto che ricopriva la testa della fata Sunshine si sentì morire quando si accorse di riconoscerne il volto.

"Ninfea!"


SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti, cosa ne pensate di questo capitolo? Ad essere sincera, forse questo è uno di quelli che mi convince un po' meno, non so se sono riuscita a rendere al meglio le emozioni di Sunshine nell'osservare la vita delle creature simili a lei. 

Comunque, Sunshine ha appena scoperto che una delle fate incappucciate è Ninfea, come farà a salvarla? 

Inoltre, aspettatevi una rivelazione shock a brevissimo eheheeh

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro