15. Abbandono

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Aveva iniziato il suo viaggio proprio per salvarla e adesso, lo stesso uomo che aveva ucciso sua nonna, stava per uccidere anche la sua migliore amica.

Il volto di Ninfea era livido e delle voluminose occhiaie nere le davano un'aria ancora più sciupata di quanto la fata ricordasse. Le sue ali verdi erano sporche di terra e rovinate, sembravano aver perso quella lucentezza che fino a non molto tempo prima Sunshine le invidiava.

Brux afferrò con violenza la testa di Ninfea e la prese con forza per i capelli sporchi. La strattonò e la fata iniziò a singhiozzare, conscia di quello che sarebbe successo di lì a poco. Il Primo Generale estrasse il pugnale affilato che portava sempre nella sua cinta e lo appoggiò, con estrema delicatezza, sul collo di Ninfea.

«No!» gridò Sunshine, senza riuscire a trattenersi. La lama tagliente toccava appena la pelle della fata ma si stava già aprendo una piccola ferita.

«Chi osa intromettersi?!» urlò infuriato Brux, lasciando andare Ninfea e minacciando la folla con il coltello. Sunshine si guardò intorno, vedendo sulle persone di fianco a lei lo stesso guardo di terrore e disgusto che era sicura ci fosse anche sul suo volto.

"Forse c'è una speranza..." Forse, non tutto era perduto.

Poteva salvare Ninfea.

«Sei un mostro!» urlò Sunshine, dando voce a quello che tutti in quella piazza stavano pensando. I suoi occhi viola si incrociarono a quelli verdi di Ninfea e Sunshine potè cogliere un'espressione di sollievo dal viso della sua amica. Le labbra dell'altra fata si incurvarono leggermente in uno stanco sorriso, mentre alcune lacrime le scivolavano sulla guancia sporca di fango.

«Sei un mostro!» gridò nuovamente Sunshine, volgendo lo sguardo sulla folla che la osservava confusa. Non sapeva se il suo piano sarebbe funzionato, se avesse fallito, sia lei che Ninfea sarebbero morte in modo atroce. Ma doveva tentare.

«Se la pensate come me, fatevi sentire!-

Il silenzio avvolse per alcuni interminabili istanti la piazza e Sunshine sentì le speranze che le abbandonavano, finché qualcuno non si unì al suo grido di rivolta:

«Sei un barbaro!» «Smettila!» «Scendi dal palco!»

Queste erano le voci che risuonavano ora nella piazza, riempiendo il cuore della giovane fata di gioia: a quanto pare, non tutti nel regno erano d'accordo con la violenta guerra che si protraeva da anni.

Qualcuno lanciò una scarpa sul palco e, a seguito di questo gesto, altre persone lanciarono tutto quello che avevano sotto mano. Forchette, stivali, bastoni e persino secchi pieni di liquami, vennero lanciati sul palco, colpendo Brux e sommergendolo di sudiciume. La folla si ribellò ai soldati che tentavano di calmare la situazione e, con il viso completamente rosso di rabbia, Brux ordinò di portare via le fate e di uccidere chiunque fosse presente nella piazza. Sunshine tentò di avanzare verso il palco senza staccare gli occhi da Ninfea e individuò un soldato che la stava trascinando via. Corse con tutto il fiato che aveva in corpo per raggiungere l'amica ma la folla rivoltosa la spintonava, costringendola a bloccarsi.

«Sunshine!» la chiamò Ninfea, tentando inutilmente di liberarsi dalla stretta dei soldati, che ormai si stavano accanendo su di lei per portarla via.

Fra i pugni e calci delle persone che, spaventate, cercavano di scappare, Sunshine riuscì quasi ad arrivare dalla sua amica e tese il braccio provando ad afferrarla. Anche Ninfea tese il braccio e per un brevissimo istante, le loro mani si sfiorarono di nuovo. Dopodichè, uno spintone più deciso fece di nuovo indietreggiare Sunshine. Come un deja-vu, rivisse il momento in cui la sua migliore amica le era stata portata via. Tre soldati sollevarono di peso Ninfea e la rinchiusero in un carro, buttandola sopra ad altre fate e scomparirono fra la folla.

"Non l'ho salvata." Di nuovo. Aveva nuovamente deluso la sua migliore amica. E abbandonò il suo corpo alla furia e al terrore delle persone in piazza, facendosi calpestare.

Dopo alcune ore, della folla urlante non era rimasto più nulla. Alcune borse o scarpe sgualcite giacevano in terra, ricoperte dai liquami che erano stati lanciati sul Primo Generale.

Barcollando, Sunshine camminò senza meta, fino a raggiungere una zona erbosa.

Le edere rampicanti ricoprivano parte del muro che costituiva la barriera difensiva di Jarthis e la fata alzò gli occhi al cielo, volgendo lo sguardo sulle nuvole nere che stavano ricoprendo l'azzurro limpido.

A fatica, si appoggiò al tronco di un albero, mentre un dolore acuto le attraversava lo stomaco e il braccio, probabilmente rotto.

Un passerotto le si posò davanti e le cinguettò.

«Ti stai prendendo gioco di me, vero?» gli domandò. Lui si limitò a scuotere le piume.

«Sono inutile. Vorrei poter volare come te e portare via Ninfea da questo orrore.»

Sollevò esausta il braccio, tentando di accarezzarlo. Con agilità, lui la scansò e oltrepassò le mura, abbandonandola come lei aveva fatto con la sua migliore amica. Sunshine chiuse gli occhi sfinita, immaginandosi un mondo in cui lei e Ninfea avrebbero potuto finalmente vivere felici.

«Non preoccuparti, piccola mia.»

Sunshine si sentì come cullare, avvolta in un delicato abbraccio.

La voce che le aveva parlato era dolce, ma alcune parole che le aveva rivolto erano tremanti.

«Non avere paura. Ti amo più di ogni altra cosa, amore mio. Tu sei la mia luce.»

Dei capelli argentei ricoprivano il volto della donna che le stava parlando.

«Nonna?» chiese Sunshine, scostandole i capelli dal viso. Non era sua nonna, era troppo giovane.

«Mamma?» Non sapeva perché le avesse riposto quella domanda, ma sentiva un legame speciale con quella figura. Lei non rispose. Una mano gelida le si posò sul viso.

L'ultima cosa che Sunshine vide prima di svegliarsi fu il volto delicato della donna sporcato dalle lacrime e uno sciame di farfalle bianche intorno a lei.

«Mamma!» la fata si svegliò di scatto, rendendosi conto che quella conversazione era avvenuta solo in un sogno. Un brutto scherzo della sua mente, insomma.

"Dove sono?", si domandò confusa, quando si rese conto che non era più accasciata dolorante in un prato ma che si trovava di nuovo in un letto sconosciuto. Qualcuno le aveva posato una pezza bagnata sulla fronte e fasciato un braccio. Si accorse di poter muovere il polso e le dita e sospirò di sollievo constatando che, per fortuna, non fosse rotto come aveva pensato. Cercando di fare il minimo rumore – un po' difficile a causa del parquet in legno che scricchiolava sotto ogni suo passo- si nascose dietro la porta. Piccoli passi leggeri si stavano avvicinando alla stanza e Sunshine trattenne il fiato, pronta ad attaccare alle spalle chiunque l'avesse portata lì.

La porta in legno si aprì lentamente, cigolando. Prima che Sunshine potesse reagire in qualsiasi modo, una voce la anticipò: «Tranquilla, non ti farò del male. Puoi smetterti di nasconderti dietro la porta, Sunshine.»

«Chi sei?» chiese la fata, uscendo dal suo nascondiglio. Riconobbe i meravigliosi capelli biondi che aveva visto tempo prima e il suo cuore si riempì di sollievo quando si rese conto che davanti a lei c'era la ragazzina che aveva aiutato tempo prima. Ma c'era ancora qualcosa che non tornava.

«Come hai fatto a portarmi qui?» domandò osservando le braccia esili della giovane. «E come fai a sapere come mi chiamo?»

«Mi chiamo Hestria, lieta di rivederti!» rispose, spostandosi timidamente un ricciolo biondo dal volto.

«Ti ho portata qui da sola, grazie ai miei poteri telecinetici!» esclamò con una punta di orgoglio. Poi fece a Sunshine un occhiolino. «E occhio a cosa pensi, so leggere nel pensiero...» le rivelò dandole un colpetto scherzoso con il gomito.

Sunshine si rabbuiò: coloro che avevano poteri psichici erano rari, perciò erano sempre stati visti più come cavie da laboratorio che come persone; se l'avessero scoperta, Hestria sarebbe stata in grave pericolo e...

«No, basta, siamo al sicuro!» Hestria interruppe il flusso di pensieri di Sunshine. «Mio fratello lavora per l'esercito di Dominous da molti anni, l'hanno addirittura promosso a Lord e quindi riesce a sapere in anticipo di eventuali assalti. Smettila di preoccuparti, fidati di me.»

Sunshine si portò una mano sul viso, come a cercare di concentrarsi per collegare i pezzi di un difficile puzzle.
"Lavora nell'esercito di Dominous ed è un Lord? Proprio come..."

«Che cazzo ci fai qui?!»

SPAZIO AUTRICE

Ciao pikkoli miei, avete capito di chi è la voce nell'ultima frase? Ehehehe

Spero vi sia piaciuto, come sempre grazie a tutti per il sostegno <3

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