Jafar

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Flora si svegliò sull'enorme letto a baldacchino, illuminato dalla luce che filtrava attraverso le tende rosate delle finestre. Questa camera è veramente stupenda!

Si vestì rapidamente, scese le scale e si accorse che l'aria era impregnata di un dolce aroma di spezie e di un fragrante profumo di pane sfornato e cannella. Si stava già leccando i baffi, immaginando che squisita colazione la stesse attendendo in sala da pranzo. Qualcosa però la turbava. Percepiva una sensazione di freddo, qualcosa di misterioso e affascinante allo stesso tempo. Decise di non farci caso: dopo aver girato mezzo mondo in condizioni pietose, non vedeva l'ora di un pasto con i fiocchi.

Dopo una lunga scorpacciata, tornò di sopra, per svegliare il Brucaliffo e preparare le sue cose per il resto del viaggio che la aspettava. Sfregò la lampada nuovamente e invocò il Genio.

"Ho pensato molto a quello che mi hai detto ieri sera e riconosco che la tua situazione non è per niente felice. Per questo il mio secondo desiderio è il seguente: io voglio che, una volta finito il tuo compito, tu possa esprimere un desiderio a tua volta."

Il Genio la abbracciò fra le sue braccia gelatinose e irradiò tutta la stanza di un'intensa luce azzurra. "Grazie, grazie Flora. Non avevo mai trovato una persona più gentile in tutta la mia vita, e ti rammento che ho ben 829 anni! Grazie di cuore, una volta finito qui sarò finalmente libero!" detto questo si ritirò nella sua casetta.

Flora aveva finito di riempire il suo zainetto e si recò alle stalle. Appena uscita dalla camera, però, si accorse che qualcosa non andava: le pareti del palazzo erano rivestite dello stesso fumo verde che la notte prima illuminava il deserto. Scese in fretta per capire cosa stesse succedendo, ma quando entrò nella sala regale, sul trono non trovò il sultano.

Al suo posto era seduto un uomo molto alto, pizzetto brizzolato, un turbante viola in testa e due occhi neri e malvagi. Il fumo verde usciva dalle sue narici e dalla bocca, mentre in mano teneva uno scettro che raffigurava un boa con due gemme verdi al posto degli occhi. Dietro di lui stava rannicchiata la figura di Jasmine, circondata da un boa, reale questa volta, che le impediva la fuga.

Flora capì tutto e andò a chiamare il sultano, ma lo trovò in cucina, disteso per terra e legato con una corda magica. Uscì dalla porta sul retro e raggiunse le stalle: aveva un'idea. Si mise in sella al cavallo e cominciò a galoppare tra le bancarelle e i bazar del mercato. Tra le grida dei mercanti, accecati dalla polvere che stava alzando l'animale, Flora si precipitò verso quello che sembrava essere Aladdin. Un giovane si destreggiava tra i banconi mettendo in borsa quanti più oggetti possibili. La ragazza gli si avvicinò e senza tanti preamboli lo tirò per un braccio.

"Ehi, ma che c'è? Cosa vuoi? No, ti prego, non portarmi in prigione: posso ritornare tutto, a parte il cibo, quello l'ho già mangiato. Sono solo un ladruncolo da quattro soldi, non arrestarmi, per favore, sono troppo giovane per morire!"

"Hai finito di lamentarti, Aladdin?" sbottò Flora

Il ragazzo la guardò strabiliato e piantò i piedi per terra. "Come fai a sapere il mio nome? No, aspetta, fermati un attimo e spiegami tutto."

"Non c'è tempo da perdere: è una lunga storia. Ti basterà sapere che Jafar tiene imprigionati il sultano e Jasmine." Non aveva neanche finito la frase che adesso era Aladdin a trascinarla verso il palazzo.

Montarono a cavallo e tornarono alla reggia.

"Ma io non so cosa fare ... sono solo un povero furfante da quattro soldi. Non riuscirò mai a sconfiggerlo: Jafar è un mago potente, e io sono senza Genio. E poi? Io sono uno sfigato, per di più povero. Anche se salvassi Jasmine, non avrei alcuna chance: sarà sicuramente destinata ad un principe ricco, bello e famoso."

La ragazza tirò fuori la lampada e disse al Genio:

"Mi dispiace amico, ma non posso lasciare che Jafar vinca. Il mio ultimo desiderio è che tu aiuti Aladdin e Jasmine a sconfiggerlo. È tutto quello che posso fare per voi." Detto questo lasciò Aladdin al palazzo e gli consegnò la lampada.

"Aladdin, ieri sera ho sentito Jasmine che parlava lungo le mura. Non faceva che ripetere il tuo nome e cantare la vostra canzone: è cotta di te! Fidati! Ora va da lei e salvala."

"Davvero?" chiese il giovane arrossendo "Allora come posso farle capire che la amo anch'io? Io sono un tipo timido, non so come si fanno queste cose ..." confessò, guardando per terra.

"Vuoi un consiglio?" gli chiese Flora. Annuì. "Dopo averla salvata e tutto il resto, la prendi per mano, la guardi negli occhi, la chiami per nome e la baci. Hai capito? Funzionerà. Stanne certo!"

"Oh, grazie." Aladdin era nel mondo di Cupido. Allora Flora gli tirò due ceffoni per svegliarlo e lo spinse verso il palazzo.

Chissà se sarebbero riusciti a sconfiggere Jafar? E chissà se Aladdin troverà il coraggio di dichiararsi?

Il cavallo, intanto, galoppava verso le Montagne di Fuoco.

Si potevano scorgere già le prime due cime. Ormai mancava poco.

"Ma quella è ... neve !"

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