1 - Una giornata assolata

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[Nella foto sopra: Giornalisti del "Nochtown's journal" in pausa dal lavoro]

17 anni dopo

Il "Nochtown's journal" era un giornale abbastanza popolare nella città e dintorni. Non si occupava soltanto di argomenti locali, ma di tutto ciò che accadeva in Inghilterra, che si trattasse di politica, economia o gossip. La sede del giornale era situata nella piazza della città, tra la barberia Hopkins e la gioielleria "Warlow & Sinfield".
Nella redazione si potevano contare sì e no cinquanta persone, tra impiegati, segretarie e donne di servizio. Entrando nel giornale, in una classica giornata di lavoro, la prima cosa che si notava era il suono emesso dalla campanella attaccata alla porta: diing!
Un suono singolo, secco e metallico, che sembrava rimbombare per tutta la stanza.
Lì, davanti a trenta scrivanie di legno tutte uguali, con solo delle lampade e delle macchine da scrivere sopra, sedeva la redazione. Trenta giornalisti, tutti uomini, su trenta scomode sedie, che scrivevano trenta articoli diversi che sarebbero stati pubblicati sul "Nochtown's journal".
C'era sempre molto silenzio, perché il caporedattore del giornale non ammetteva chiasso: il signor Clark Wipond era da sempre stato un uomo pignolo. Pignolo e burbero. Nel suo giornale tutto doveva essere perfetto. Non si poteva parlare durante le ore di lavoro, non si potevano chiedere le ferie, né per malattia né per altro, non si poteva chiedere l'aumento...
Era lui in persona a controllare che le stampe dei giornali uscissero regolarmente e senza ritardi. Non ci doveva essere nessun errore di stampa, nemmeno una piccola macchia di inchiostro fuori posto. Il suo studio era nella stanza accanto a quella dove si trovavano gli impiegati. Perciò, qualsiasi rumore forte che avesse potuto disturbare i lavoratori non era ammesso.

Il giorno 5 luglio 1948, alle dieci del mattino, quando tutti i reporter sedevano alla propria scrivania, si sentì nella stanza quel suono: Diing!
Dopo di che, un leggero e veloce passo di scarpe col tacco fece alzare lo sguardo ad alcuni uomini.
Una ragazza, giovane, alta e snella, dalla pelle pallida e piccole lentiggini sulle guance, dai capelli neri e dai grandi occhi verdi, proseguì a passo spedito e frettoloso fino alla porta dello studio del redattore capo. Bussò due volte e poi aprì la porta, senza attendere risposta.
«A quanto pare ha già finito» disse uno dei giornalisti al collega accanto.
«A quanto pare...» ripeté l'altro per poi abbassare gli occhi sulla macchina da scrivere e tornare al suo articolo.
Quando la giovane donna bussò alla porta del suo studio, Clark Wipond stava compilando delle carte. Carte piuttosto importanti. E quando la porta si aprì senza il suo consenso, capì subito di chi si trattava: quella ragazza era l'unica ad avere abbastanza faccia tosta da entrare senza permesso. Ormai non glielo rinfacciava neanche, perché si era stancato di ripeterlo.
La giovane richiuse la porta dietro di sé e, senza dire una parola, estrasse una serie di fogli dalla borsa e li poggiò sul tavolo del caporedattore.

Quello guardò il pacchetto per qualche secondo, prima confuso, poi incredulo, e disse:
«Lo ha già finito?» E guardò la giovane impiegata.
«Sì, signore. Sei pagine, come mi aveva chiesto lei. E in aggiunta le strisce riguardanti le nuove mode Hollywoodiane per questo sabato» rispose lei tranquillamente, con in volto un'ombra di sorriso compiaciuto.
«Ma le avevo incaricato il lavoro solo ieri» replicò lui incredulo.
«Diciamo che ho molto tempo libero.»
La ragazza si sedette sulla sedia di fronte la scrivania del capo.
«Signore, lei mi aveva promesso che se fossi riuscita a finire l'articolo prima di venerdì...»
«Oggi è lunedì.»*
«Sì, esatto, signore. Lei aveva detto che mi avrebbe assegnato un articolo un po' più... Come dire? "Di valore"» continuò la giornalista, fiduciosa.
Il signor Wipond rifletté. La ragazzina aveva ragione. Aveva detto questo.
Ma non pensava che lo avrebbe finito seriamente prima del previsto!
«Signorina... ehm... Howard?»
«Hunting, signore. Lily Hunting.»
«Hunting, giusto. La parente di Jason Hunting? Il giornalista?» domandò il caporedattore.
«Sì, signore. Era mio padre» disse la ragazza.
«Ah. Non sapevo fosse morto.»
«Durante la guerra, signore. Si trovava a Londra il giorno in cui i tedeschi bombardarono la città*» replicò la ragazza con un falso sorriso.
«Mi dispiace, non ne sapevo nulla» commentò il signor Wipond senza reale interesse.
«In realtà glielo avevo già detto la prima volta che ci eravamo incontrati» commentò Lily sottovoce. «Comunque» disse interrompendo nuovamente il signor Wipond, che era tornato a leggere i fogli che avrebbe dovuto compilare, «Per quanto riguarda il mio articolo...»
Il suo capo sospirò, comprendendo che non avrebbe terminato il lavoro fin quando quella ragazza non se ne fosse andata.
«Vede, signorina, io non sono un mago. Non posso, da un giorno all'altro, far apparire una notizia e incaricarla di scrivere un articolo su di esso. Per adesso non c'è niente per lei. Grazie, può andare, buona giornata» disse l'uomo tornando alle sue carte.
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo, poi disse: «Ma lei aveva detto che aveva un sacco di lavoro da assegnare!».
«Infatti, li ho assegnati ai miei impiegati» ripose il capo redattore senza alzare lo sguardo dalle carte.
«Tutti i suoi impiegati meno che a me.» La giovane, ora, cercava di nascondere il tono aspro della voce, nonostante gli occhi verdi lasciassero traspirare le sue emozioni con chiarezza.
«Signorina, le prometto che il prossimo articolo sarà suo, lo metterò in prima pagina, d'accordo? Al momento non ho niente» esclamò l'uomo, esausto.
«Oh» La ragazza sembrò delusa. «Non c'è proprio nient'altro?» provò a chiedere speranzosa.
Il signor Wipond ci pensò su, poi disse: «In effetti, c'è qualcosa che potrebbe fare...»

«..."Vere e proprie sculture floreali. Qual è il segreto di Miss Queenie, la fioraia più famosa di Nochtown". Ma stiamo scherzando?» esclamò Lily poco dopo, parlando alla segretaria che sedeva fuori dall'ufficio del signor Wipond, Betty.
«Non capisco. Mi aveva chiesto di fare una ricerca sull'inquinamento delle acque della nostra città. E io l'ho fatto! Come mi aveva chiesto lui! Perché non mi assegna mai niente di importante?» si appoggiò alla scrivania della segretaria che, annoiata, si limava le unghie senza prestare attenzione a ciò che la ragazza le diceva.
«Non chiedo molto» continuava Lily «Solo... Che so? Un'intervista al Re*, o al primo ministro*. È troppo?» domandò poi alla donna, che si risvegliò dai suoi pensieri e scosse la testa.
«Oh, no. Non chiedi troppo...» biascicò. «Tranquilla mia cara, vedrai che prima o poi arriverà un miracolo che ti farà avere questo benedetto incarico» disse per poi tornare a fare ciò che stava facendo.
Lily Hunting sospirò e si allontanò dalla segretaria.
Per gli impiegati era momento di pausa e discutevano fra loro di sport, politica e quello che avrebbero fatto nel weekend.
Lily, però, si avviò verso l'uscita. Doveva assolutamente andare a cominciare l'articolo che il caporedattore le aveva assegnato.
Prima che potesse aprire la porta che conduceva all'esterno, sentì una voce chiamarla.
«Ehi, Lily! Puoi venire un secondo?»
Voltandosi, la ragazza notò Louis Prinston, che da qualche tempo si occupava di articoli riguardanti la finanza, che cercava di attirare la sua attenzione con dei gesti del braccio. La ragazza si diresse verso di lui e un altro gruppetto di uomini, intenti a conversare animatamente.
«Sì, Louis?» chiese con una certa fretta.
Il giornalista esitò imbarazzato dalle risatine e gomitate che i suoi colleghi gli rifilavano.
«Volevo chiederti se andrai alla festa che il signor Windstorm ha organizzato per la settimana prossima. Perché, sai, se dovessi andarci...»
«Il signor Windstorm? Lord Henry Windstorm? Quel riccone che sfrutta i suoi dipendenti sottopagandoli e che non ha mai lavorato in vita sua?» esclamò sfacciatamente la ragazza.
Il giornalista sembrò in imbarazzo: il signor Windstorm era piuttosto importante nella città di Nochtown. Era ricco, questo era vero, come era anche vero che non aveva mai faticato un giorno della sua vita. Era capo di un'azienda che fabbricava vetro. Non lavorava lui, per quello c'erano gli operai. Gente povera, che per pochi soldi sgobbava per dieci ore al giorno.
«S-sì. Proprio lui» disse Prinston, paonazzo, ma speranzoso.
«Certo che no!» esclamò Lily, indignata. «Non andrei mai alla festa di un uomo nullafacente e ubriacone. Buona giornata, ragazzi!» E uscì dalla redazione, chiudendosi la porta alle spalle.

Quando Lilith uscì dal luogo in cui lavorava, erano le dieci e mezza del mattino.
"Anche questa volta è andata" pensò.
Erano i primi di luglio, c'era molto sole, con giusto qualche nuvola e una leggera brezza a rinfrescare l'aria. Era una giornata perfetta e molta gente approfittava per andare a fare compere. Le signore, nei loro vestiti color pastello, guardavano le vetrine dei negozi, parlando dei pettegolezzi del momento. Alcuni aristocratici, seduti al "Simon's Café", leggevano il giornale, conversando animatamente degli ultimi avvenimenti politici accaduti.
«Hai sentito l'ultima?» diceva uno.
«Sì. Come ha potuto il Parlamento britannico permettere a dei negri di entrare nel nostro Paese?» esclamava il compagno accanto storcendo il naso.
«Permettendogli il passaporto britannico, anche!» dibatteva un altro. «Dove finirà il popolo inglese di questo passo?»
Alcuni ragazzini, scalzi e con vestiti sporchi di terra, giocavano a rincorrersi per la piazza, ridendo come pazzi.
Un bimbetto, che forse poteva avere otto anni, vendeva delle copie del "Nochtown's journal", mentre un venditore della piazza trasportava frutta di tutti i tipi su un carretto: uva, mele, pere, banane, meloni...
«Tutto fresco!» gridava, «Tutta roba fresca!»
All'angolo di uno stretto vicolo, sporco e poco illuminato, sedeva una vecchia. Aveva il volto sporco, vestita di stracci e chiedeva qualche soldo per comprare qualcosa da mangiare.
Lily la vide, andò dall'uomo col carretto e comprò una mela. Poi si avvicinò alla donna che appena la vide si spaventò. Si inginocchiò e le porse la mela.
La vecchia la prese con gli occhi pieni di gioia e ringraziò la ragazza più e più volte.
«Non c'è di che» rispose lei. Estrasse una sterlina dalla borsa e le donò alla povera donna.
«Che Dio ti benedica!» esclamò la vecchietta mentre Lilith si allontanava.

Come prima cosa, Lily si recò al negozio di Rosemary Queenie, allegra zitella più che ottantenne, era la fioraia più brava della città, oltre che la più longeva.
Il suo negozio era nella strada principale della città, dove tutte le domeniche si allestiva il mercato. Era piuttosto piccolo, ma in qualche modo l'anziana signora era riuscita a farci entrare tutte le piante che possedeva, e non erano poche.
Non appena la ragazza entrò nel negozio, venne investita da tutti gli odori possibili di fiori; un odore forte, così forte da dare alla testa.
La ragazza dovette stare bene attenta a non urtare i vasi poggiati a terra e a non calpestare i rami penduli di alcune piante esotiche, alte fino a sfiorare il soffitto.
La stanza era deserta.
«Signora Rosemary?» provò a chiamare la ragazza.
Dopo poco, da una porta che probabilmente conduceva al magazzino del negozio, uscì una donnetta piccolina, un po' curva in avanti per via dell'età, con il volto pieno di rughe, i capelli bianchi raccolti in uno chignon ordinato e degli spessi occhiali rotondi poggiati sulla punta del naso aquilino, che ingrandivano i suoi occhi fino a renderli grandi come delle piccole noci.
La signorina Queenie guardò in giro per la stanza, alla ricerca di un essere vivente che non fossero le sue amate piante. Quando vide Lily si illuminò.
«Oh! Lily cara, che bella sorpresa!» esclamò la donna avvicinandosi alla ragazza e stringendo per qualche secondo le mani della giovane nelle sue.
«Cosa ti porta qui, tesoro?» continuò mentre tornava in magazzino.
«Ecco, io dovrei intervistarla per il mio giornale, signora Queenie. Vede, il mio capo crede che sarebbe un bell'articolo parlare della sua carriera nel campo del...»
«Perché sei venuta qui, cara?» domandò nuovamente la vecchietta tornando nella stanza armata di paletta e rastrello. Indossò dei guanti da giardinaggio, afferrò un vaso di rose rosse e cominciò a travasarle.
«Le ho chiesto un'intervista, signora Rosemary» disse la ragazza con un sospiro.
«Oh! Che emozione! Non me lo aveva chiesto mai nessuno! Dunque, sono nata in un piccolo paesino in Scozia, vicino Perth. Nella mia famiglia eravamo tutti contadini perciò ho imparato fin da subito a stare all'aria aperta, tra le piante e...»
Sarebbe stata un'intervista più lunga del previsto.

Due ore dopo, l'anziana signorina Queenie stava ancora parlando della sua vita, continuando instancabilmente a potare piante e pulire vasi.
Lilith, nel frattempo, si era accasciata su una sedia, con il taccuino e la penna poggiati sulle ginocchia, con aria assonnata.
Aveva smesso di ascoltare un'ora prima, quando la donna aveva incominciato a parlare degli animali che la sua famiglia allevava nella loro fattoria in Scozia – «Erano veramente tanti. Avevamo tantissime galline, polli, tacchini, cavalli, pecore... Mi ricordo che una volta mio padre portò a casa un toro. Mia madre non lo voleva, diceva che era pericoloso per noi bambini. Eravamo tanti bambini, a casa. Otto figli...» –.
Lily guardò l'orologio che aveva al polso: erano scoccate le dodici e in quel momento si rese conto di essere in ritardo. Si alzò di scatto dalla sedia e salutò la signora Queenie.
«Ma come? Devo ancora parlarti di quando mi appassionai al giardinaggio! Oh, fa niente, te lo dirò un'altra volta» disse Rosemary Queenie tornando a potare le piante.

Lily uscì dal negozio della fioraia e si affrettò a raggiungere Purple Street.
Una colorata e allegra strada di Nochtown, una strada dei 'quartieri alti' della città.
Lì, all'abitazione 17, abitava Elizabeth Jane Kyter.
Al contrario della sorella, Elizabeth si era sposata, a vent'anni, con un borghese piuttosto ricco, John Kyter, che lavorava in banca. La coppia si era trasferita lì e aveva avuto due figli: Jasper e Nicole.
Lily era sempre la benvenuta in casa e veniva spesso invitata a pranzo, proprio come quel giorno e, come al solito, era in ritardo.
Arrivò di corsa davanti al numero 17 e bussò.

**********
*posso assicurarvi che il 5 Luglio 1948 era davvero lunedì.
*il 29 Dicembre 1940, l'aviazione militare tedesca (Luftwaffe) sganciò bombe incendiarie sulla città di Londra. Il bombardamento provocò oltre 3.000 morti.
*nel 1948 il monarca regnante era Giorgio VI, padre della futura Regina Elisabetta, incoronata nel 1953.
*Clement Attlee fu primo ministro dal 1945 fino al 1951. Lo successe Winston Churchill, già stato eletto precedentemente.

Scusate se lo scrivo adesso, ma, quando ci saranno degli asterischi durante il capitolo, troverete approfondimenti o traduzione della parola asteriscata.
Praticamente sarà una specie di "Ulisse- Il piacere della scoperta" in miniatura :D
O Super-Quark.

Comunque spero che vi sia piaciuto questo primo capitolo.
I capitoli a seguire saranno sempre più o meno di questa lunghezza.
...yeeeeee...
...

E niente. Al prossimo capitolo!

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