4 - La svolta

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La mattina del 7 luglio il temporale era passato, lasciando qualche nuvola a oscurare il sole.
Le strade erano umide e qua e là si erano formate delle pozzanghere. Era normale, in quella zona dell'Inghilterra, che il tempo cambiasse e in poco tempo, anche d'estate. Per questo la maggior parte della gente usciva di casa portandosi dietro un ombrello.
Nonostante la pioggia, l'aria era rimasta afosa, soffocante e estenuante. Di solito, con quel caldo, Lily usciva  per andare a trovare sua madre, o per andare a fare quattro passi, come quel giorno.
Mettendo piede fuori dall'uscio, le sembrò di essere ritornata alle tante estati passate da bambina nelle strade di Nochtown: il parco di fronte l'edificio dove abitava era verde e ricco di alberi dalle chiome rigogliose e fiori colorati.
I parchi in Inghilterra erano una delle cose più belle che si potessero vedere: sempre puliti, ordinati, con una precisione unica, a rispecchiare lo stile di vita inglese; i fiori disposti in ordine nelle molteplici aiuole, separati gli uni dagli altri a seconda delle varie specie; gli alberi, invece, erano sparsi per tutto il parco, con la distanza che serve per dare a ognuno la possibilità di respirare e di crescere al meglio. E la gente passeggiava tra di essi, andandosi a stendere sotto un faggio, o una farnia, per leggere un libro in santa pace, per dipingere, o per rilassarsi e osservare tutto quel verde meraviglioso che si estendeva per metri e metri, se non per chilometri.

C'era un albero, in quel parco, che Lily apprezzava in modo particolare: era una vecchia quercia, di un centinaio di anni, dal tronco grande e possente e dalle foglie verde vivo. Si trovava esattamente al centro del grande parco, isolato dagli altri alberi e proprio per questo aveva avuto la possibilità di crescere così tanto.
Ogni volta che ne aveva la possibilità, Lily andava a sedersi ai piedi di quell'albero. La ispirava. Come a un pittore può ispirare un tramonto sul mare o una nebbiosa palude. Era la quercia sotto la quale suo papà la portava tutte le domeniche, per farla giocare con il suo aquilone giallo e verde, e dove padre e figlia si andavano a sedere una volta stanchi, dopo aver corso per tutto il parco, rincorrendosi e scherzando. Per lei quell'albero era suo padre. Per questo era solita andare a sedersi lì, quando era stanca e stressata.
Si sedeva e pensava. Pensava a quanto fosse fortunata a vivere in una città, in un Paese, in un mondo come quello. A quanto fosse fortunata ad avere delle persone che le volevano bene e che ci tenevano a lei. Pensava a quanto fosse fortunata, al contrario di altri che nella vita non avevano nessuno. Gente povera, che non aveva fatto nulla di male, che era costretta a vivere per strada, elemosinando, rubando, magari uccidendo pur di sopravvivere in tutti i modi. Non aveva scelta.
La ragazza venne scossa dai suoi pensieri dal suono della sirena della polizia che sfrecciò davanti a lei.
Si guardò in giro per un po', dondolandosi sui tacchi senza sapere bene cosa fare.
"Passerò a consegnare l'articolo al signor Wipond" pensò, per poi dirigersi verso il centro della città.

Per quanto soffusa fosse la luce che entrava attraverso la stoffa, l'ambiente era ben illuminato. Il soffitto del tendone era altissimo, e c'erano abbastanza posti a sedere per cento persone. Al centro di tutto, c'era una grandissima pista da circo, rotonda, e lì era concentrata la maggior parte dei poliziotti. In mezzo al terreno, circondato da degli agenti, era stata tracciata una sagoma piuttosto grande, dalla forma umana, a indicare il punto in cui il cadavere era stato ritrovato.
L'ispettore si guardò attorno per un attimo, cercando qualcuno in particolare: aveva detto che lo avrebbe atteso lì.
Un poliziotto dalla divisa blu entrò nel tendone e gli andò incontro.
«Signore, qui fuori c'è un giornalista che chiede il permesso di entrare.»
James Dyler sbuffò visibilmente seccato.
«Dice che è un inviato del "Derby" e vorrebbe porle qualche domanda sull'omicidio. Cosa faccio? Lo mando via?»
«No! Lo inviti a entrare, potremo berci un caffè!»
L'agente corrugò la fronte, visibilmente confuso.
«Lo mandi via, ovvio!» esclamò spazientito, tornando a guardarsi intorno, mentre il poliziotto correva fuori per cacciare il giornalista dalla scena del delitto. Odiava i giornalisti che lo disturbavano quando era sul posto.
Spostò gli occhi da destra a sinistra, quando finalmente la vide: era appena entrata dal tendone, dalla parte da cui di solito entravano e uscivano gli artisti del circo. Era una donna alta, dal fisico magro e dal portamento elegante. Doveva essere per forza lei. 

L'ispettore Dyler si aggiustò il soprabito beige e si diresse verso la figura che non appena lo vide sorrise appena. Un sorriso delicato su una bocca contornata da un rossetto rosso vermiglio.
«La signora Enger?» disse il poliziotto non appena si fu avvicinato a lei, e il suo sorriso si fece ancora più aperto.
«Sono io, sì. Amalia Enger.» Parlava un inglese perfetto, l'accento straniero era quasi impercettibile.
«Sono l'ispettore James Dyler, del corpo di polizia di Nochtown. È un piacere incontrarla.»
«Il piacere è mio.» Il suo tono di voce era allo stesso tempo gentile e autoritario, ma nei suoi occhi scuri spalancati e le sopracciglia appena corrugate era possibile leggere la tensione.
«Lo conosceva? Sean O'Gryler?»
«Non posso dire che fosse un amico di famiglia, ma, sì, lo conoscevamo tutti. Il signor O'Gryler si è offerto molte volte di affittarci dei terreni, qui in Inghilterra. Veniva spesso a trovarci, per fare due chiacchiere. Anche ieri è venuto. Ha bevuto qualche bicchiere di vino e poi se ne è andato. Stava venendo a piovere e aveva chiamato un taxi.»
«Peccato che il taxi non è arrivato. E il giorno dopo uno dei circensi l'ha ritrovato qui. Se mi permetto, Lei dov'era ieri sera, signora?»
«Dopo lo spettacolo ceniamo e rimaniamo fuori per conversare e discutere della giornata. Sean, il signor O'Gryler, è stato più che felice di restare con noi. L'ho invitato io stessa e ha accettato subito. Mi sono ritirata nella mia stanza non dopo le dieci e mezza. Alcuni dei miei ragazzi sono rimasti svegli fino a mezzanotte. Sono giovani e se lo possono permettere.»
L'uomo la scrutò ancora, cercando di captare qualsiasi segnale che potesse risultare sospetto. Eppure, il tono della donna era così rassicurante e sincero che non poté fare a meno che crederle.
«Secondo il medico legale la vittima è morta questa mattina tra mezzanotte e l'una. Vorrei parlare con gli altri membri del circo. Chi è stato a rinvenire il cadavere?»
«Bernardo è sempre il primo a svegliarsi. È venuto qui e ha trovato il povero Sean steso lì a terra. È corso a svegliarci e abbiamo chiamato immediatamente la polizia. Questo è avvenuto poco prima dell'alba» Amalia Enger volse lo sguardo triste nel punto dove fino a poco prima era presente il cadavere dell'uomo. Si fece il segno della croce. «Che riposi in pace.»
L'ispettore Dyler segnava alcuni appunti su un taccuino che si era portato dietro. «Dunque, potrei parlare con i suoi ragazzi?»
La donna si zittì un secondo, annuendo e invitando l'uomo a seguirla. «Siamo ancora piuttosto scossi. Trovarsi un cadavere in casa non è una cosa che ci capita spesso...» Tentò di sorridere, ma nel dire quelle parole il suo volto sbiancò, mentre gli occhi le si perdevano nel vuoto al ricordo di qualcosa. L'ispettore Dyler decise di non farci caso per il momento. «Dovrete passare in centrale per le dichiarazioni scritte.»
«Ma certo.» La donna si zittì, indugiando a dire qualcosa. «Ispettore? Mi scusi, forse le sembrerò un po' egocentrica, ma rimarremo in zona solo fino alla settimana prossima. Sarebbe possibile per i miei ragazzi esibirsi, domani sera? I guadagni non vanno bene, dopo questi anni difficili. Questo se per lei va bene.»
L'uomo rimase un attimo in silenzio. «D'accordo. Vedrò di mandare via i miei agenti entro domani pomeriggio. A ogni modo mi spiace dirle che dovrete trattenervi qui per tempo indeterminato.»
Amalia Enger annuì comprensiva, e tranquillizzata. «Certamente, la ringrazio molto. Se vuole può venire ad assistere allo spettacolo. Ci farebbe molto piacere.»
James Dyler sorrise a malapena, solo per essere gentile, e ringraziò la donna dell'invito. Girò sui tacchi e se ne andò, lasciando che la signora uscisse dal retro del tendone da circo.

«Come sarebbe a dire "Non c'è nessuno"?» gridò Clark Wipond al suo segretario personale, Carl.
Era pomeriggio inoltrato, tutti i dipendenti della redazione erano andati a casa.
«N-nessuno, signore. Sono tutti occupati. Nessuno dei suoi dipendenti è disponibile per il caso.»
«Non ci posso credere!»
Il caporedattore camminò avanti e indietro nel bel mezzo del suo studio, con le mani dietro la schiena, fumante di rabbia, mentre il suo segretario lo guardava intimorito. Quando si arrabbiava il signor Wipond era capace di licenziare persino le pareti.
«Ci deve essere pur qualcuno! Joyce?» provò a chiedere.
«Gli ha assegnato già il caso Lake, signore. Non è disponibile» disse il giovane segretario.
«Douglas?»
«È partito per Londra proprio ieri. Non sarà di ritorno che tra tre settimane.»
«Harrison? Black? Ferguson?» esclamò spazientito il signor Wipond.
Il segretario lo guardò stranito.
«Lo ha licenziato due mesi fa, signore.»
Il caporedattore si fermò nel bel mezzo dello studio. «È possibile che non ci sia proprio nessuno?» gridò infine. Afferrò per il braccio il suo segretario e lo condusse alla porta.
«Mi ascolti bene» cominciò a dire mentre lo trascinava via, «Questo è il caso più importante che potessi ricevere a distanza di anni!» Evidenziò bene la parola anni. «E non ho intenzione di farmi soffiare l'articolo dal "Derby's", chiaro?»

Il "Derby's" a cui si riferiva il signor Wipond era un altro giornale locale, meno importante del "Nochtown's journal", ma che era sempre in competizione con quest'ultimo per quanto riguardava i casi di cronaca.
Per Clark Wipond farsi soffiare un articolo dal "Derby's" significava venire umiliato dal caporedattore del giornale nemico, il signor Ernest Green che, oltre ad essere un suo avversario nel campo della giornalistica, lo era anche in ambito del golf, da cui era stato sconfitto più di una volta alla trentaseiesima buca, con un albatross da tre punti.
«Non ho la minima voglia di essere sbeffeggiato da quello sbruffone di Ernest davanti all'intero circolo solo perché lui è arrivato prima di me sul campo! Io ho bisogno di qualcuno che si occupi del caso O'Gryler, capito? Perciò adesso lei esce fuori, prende il telefono e chiama tutti i miei dipendenti finché non ne trova uno libero!»
Ma appena il signor Wipond aprì la porta, si bloccò.
Il segretario, che fino a quel momento era rimasto con gli occhi chiusi aspettandosi di essere cacciato, guardò anch'egli fuori: davanti la porta dello studio del caporedattore c'era una ragazza dallo sguardo stupito.
Indossava un vestito bordeaux, stretto in vita da una piccola cintura nera, con un cappellino del medesimo colore che andava a contrasto con i capelli corvini. In una mano aveva una serie di fogli, legati insieme da un nastro blu, e l'altra mano era ancora sollevata a mezz'aria nell'atto di bussare.
Il trio rimase a guardarsi per un po', fin quando al signor Wipond non vide una lampadina accendersi nella sua mente.
«Signor Wipond... ecco... io...» balbettò Lily mostrando i fogli che aveva in mano.
Ma il caporedattore non le diede il tempo di terminare la frase. Lasciò andare il suo segretario, che osservò confuso la scena, senza sapere se uscire o no.

«Signorina Harvey!» esclamò entusiasta avvicinandosi alla ragazza e invitandola a entrare.
Prese il malloppo di carta che Lily aveva in mano e lo gettò sulla sua scrivania senza nemmeno guardarlo.
«Sono così felice che lei sia qui, signorina Harvey...»
«Hunting, signore» lo corresse lei entrando nella stanza e sedendosi sulla sedia difronte la scrivania del signor Wipond.
«Giusto!»
L'uomo si buttò di peso sulla sua poltrona, senza smettere di sorridere. Aveva i capelli scompigliati, era paonazzo in volto e una vena gli pulsava sulla tempia.
«Signorina Hunting, lei mi salva la vita!» esclamò con un sorriso a trentadue denti.
La ragazza rimase immobile, con gli occhi sbarrati, guardando confusamente l'uomo di fronte a lei.
«Vuole che le chiami un medico, signore?» domandò, preoccupata all'idea che il signor Wipond potesse collassare da un momento all'altro davanti a lei.
«Signorina, ho trovato l'incarico giusto per lei!» continuò l'uomo senza badare alla giornalista.
«Sean O'Gryler è stato trovato morto questa mattina» intervenne a quel punto il segretario Carl, che fino a quel momento era rimasto in disparte in un angolo.
«Oh, è terribile!» disse la ragazza. Non sapeva molto di quella persona, l'aveva sentita nominare pochissime volte, ma le dispiaceva lo stesso.
«Le notizie girano veloci, signorina. Specialmente in una cittadina come la nostra» continuò il signor Wipond. «Il signor O'Gryler era uno dei più importanti uomini d'affari di tutta Nochtown. E sicuramente altri giornali avranno ricevuto questo spiacevole accadimento» spiegò il caporedattore. «Il mio superiore, il proprietario del giornale, mi ha esplicitamente chiesto di mandare uno dei miei lavoratori a occuparsi di questo caso. Sfortunatamente, però, tutti i suoi colleghi sono impegnati in altri articoli che io stesso li ho assegnato.» L'uomo si sistemò meglio sulla poltrona. «Perciò lei, signorina Holmes...»
«Hunting.»
«Sarebbe l'unica mia dipendente disponibile ad occuparsi del 'caso O'Gryler'» terminò il caporedattore, riprendendosi dall'euforia e tornando calmo e noioso come sempre.

«Dice sul serio?» esclamò la ragazza, alzandosi in piedi di scatto.
«Certo!»
«Oh, cielo! Grazie, grazie, grazie, signore. Non se ne pentirà!» esclamò in preda all'emozione.
«La polizia dovrebbe essere al circo per fare... Insomma, le loro cose da poliziotti. Vada li e cominci a fare uno schema generale della situazione» disse in fretta il caporedattore alzandosi anche lui dalla poltrona e accompagnando Lily alla porta.
«Cosa? Al circo, signore? Ma, ma io...» balbettava la ragazza, ancora incredula di quello che aveva sentito fino a quel momento.
«Su, su! Se la caverà benissimo, signorina Watson! L'articolo deve essere terminato entro la fine della settimana. Buon lavoro!» e chiuse la porta, lasciano Lily confusa ed emozionata allo stesso tempo.
«Il signor Wipond mi ha appena assegnato un caso di cronaca?» sussurrò tra sé.
Poi sorrise e cominciò a saltellare allegramente per la stanza. Uscì di corsa dal giornale, dirigendosi verso Purple Street.

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