TRENTASEI

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CAPITOLO 36 | AND I HAVE NO IDEA WHERE ELSE MY HEART COULD HAVE BEEN

"IO NON RIESCO davvero a capire," commenta Joe con un sorriso, aggiungendo metodicamente dal bricco un goccio di latte nella propria tazza di Ceylon, "... come nella tua vita di americani amari ci sia spazio per quello."

Ridacchio, facendogli una smorfia e raccogliendo dal mio pumpkin spice latte un cucchiaino di panna montata cosparsa di cannella. "Un estremo o un altro," ribatto, la bocca piena.

"E poi, non dovrebbe essere qualcosa tipo, non so, uno speciale di Starbucks? Ad ottobre?"

Questa volta mi esibisco in una offesa linguaccia. "Le cameriere mi vogliono bene."

Lo scampanellio della porta d'ingresso del Veronica's annuncia l'arrivo di Emily e Gracie che, cariche di borse di Primark, si siedono allegramente al tavolo che io e Joe abbiamo occupato nemmeno un quarto d'ora prima.

"Blake?" chiede Joe a Emily, corrugando le sopracciglia.

Lei lascia ricadere pesantemente i propri pacchetti accanto a sé sul divanetto, "Johnson gli ha risposto alla mail, è dovuto correre a ricevimento," gli spiega, accomodandosi accanto a lui con un sorriso.

Joe lascia che Gracie gli arruffi bonariamente i capelli prima di togliersi la giacca; apre bocca per dire qualcosa, ma lei lo anticipa con un: "Luke è rimasto in biblioteca a finire una tesina."

Metto in bocca un altro cucchiaino di panna montana, scambiando uno sguardo d'intesa con le mie amiche: la realizzazione inizia a colorare il viso di Joe, che si reclina appena all'indietro sulla sedia con un'espressione sconfitta.

"Era una trappola, vero?" chiede con una mezza risata. Si volta verso Emily, "Da te me lo aspettavo, ovviamente," ammette, ricevendo in risposta una divertita pernacchia; quando guarda me e Gracie, l'accusa divertita che gli leggo sulle labbra è abbastanza per farmi provare vergogna – un istante, solo un istante. "... ma voi due? Ragazze, davvero?"

"Whoops," sorrido, rifugiandomi nuovamente nella mia tazza di pumpkin spice latte.

"Coraggio, Joseph," proclama Grace altrettanto divertita, tamburellando con le dita sul tavolo laccato di nero, "Parlaci di Florence."

L'interrogatorio a sorpresa che io, Millie e Gracie abbiamo organizzato per estorcere a Joe più dettagli possibili sulla sua ragazza canadese procede tra tazze di caffè, risatine e abbondanti fette di torta. Florence è di Saskatoon, ed è arrivata all'Università di Portland con una borsa di studio per studiare giornalismo: lei e Joe si sono conosciuti il primo giorno durante l'orientamento, e da quel momento non si sono più lasciati.

Un'ora dopo si sta facendo buio e io sto pigramente tornando a casa, senza riuscire a contenere il sorriso che si affaccia sulle mie labbra ogni volta in cui ripenso all'espressione di felicità pura e intoccabile negli occhi nocciola di Joe.

È così che ci si sente, allora: se mi fermo un attimo a pensarci su, mi sembra quasi di saperlo.

*

"Vuoi che ci pensi io?"

Sistemato comodamente sul mio divano, James mi osserva perplesso, la sua ciotola di pho ancora fumante tra le mani.

Dalla mia posizione al tavolo della cucina, mi strappo dolorosamente un pezzetto di nastro adesivo dai capelli, facendo segno di no con la forbice che impugno con la mano destra, mentre penso che forse tagliare direttamente la ciocca sarebbe stato meno doloroso.

"Sono perfettamente capace di fare un pacchetto, grazie tante," proclamo indignata, abbassando brevemente lo sguardo sul mio tavolo.

La visione è dolorosa: ho consumato più di mezzo rotolo di carta regalo – così carina, con tanti piccoli corgi nelle pose più buffe – e decisamente troppi pezzetti di nastro adesivo, che ora giacciono attaccati ai bordi delle sedie o, in qualche caso, sulla mia persona.

Per tante cose che so fare bene – parlare per citazioni in lingue morte, mangiare cinese per sette giorni filati senza cadere vittima della gastrite, sapere che esistono una treccia francese e una olandese – ce ne sono altrettante che proprio non mi riescono: al momento, nel mio elenco, spiccano il non saper mangiare con le bacchette – ho raccolto il manzo nella mia ciotola di pho con un bel caro, vecchio cucchiaio – e incartare i regali.

"Tesoro, sono dvd," – dalla piega divertita della voce di Jamie sulla parola tesoro, so che sta facendo di tutto per non ridere. Lo fulmino con lo sguardo, ma a quanto pare la mia occhiataccia non gli impedisce di proseguire. – "... è una confezione rettango-"

"Te la avveleno, la zuppa, la prossima volta."

James si nasconde nella sua ciotola con un sorriso, mentre io appoggio per un momento la forbice sul tavolo e mi raccolgo i capelli con uno dei due elastici che porto al polso.

Oh, realizzo, tirando all'indietro un ciuffo dalla fronte, ecco dov'era finito l'altro pezzo di scotch.

*

Il giorno successivo, James osserva ancora con un sopracciglio inarcato il mio pacchetto decisamente mal riuscito: la metà dei corgi sulla carta è spiegazzata o deturpata dal nastro adesivo, e il tentativo disperato di salvare il tutto con uno svolazzante nastro rosso forse ha soltanto peggiorato la situazione.

"Questo sopracciglio inarcato non mi piace," commento, stringendomi al petto con fare protettivo l'impacchettata edizione deluxe dei dvd de Lo Hobbit.

James sorride appena, appoggiandosi a braccia conserte contro la portiera del suo Wrangler. "Prego?"

Annuisco, pizzicandogli indispettita una spalla. "Quello non è il sopracciglio del sesso, è un sopracciglio di biasimo," gli spiego, senza riuscire a stare ferma.

Lui lascia che lo punzecchi, ascoltandomi con una mezza risata. "Tutto molto chiaro," commenta, incrociando il mio sguardo con un'espressione maliziosa sul viso che mi costringe ad alzare gli occhi al cielo, felicemente esasperata.

"E ora il sopracciglio del sesso è tornato."

Mi circonda i fianchi con un braccio, ridendo al mio squittio poco dignitoso quando mi pizzica il sedere. Scaccio la sua mano con un sorriso e mi sistemo accanto a lui, controllando l'orologio: è quasi l'una, e Vicky e Matt dovrebbero essere qui a breve. Ci siamo dati appuntamento davanti al Nelson, per partire tutti e quattro insieme verso Abridge per il compleanno di Piper – per la festa a sorpresa di Piper.

Sorrido, saltellando e sbracciandomi con la mano quando riconosco due figure che svoltano l'angolo.

Il viaggio in macchina da Oxford ad Abridge dura poco più di un'ora: il piano, programmato da Teddy nei minimi particolari, è farsi trovare tutti insieme, famiglia e amici di Piper, appostati nel suo giardino per festeggiarla come si deve.

Sorrido tra me e me mentre spulcio tra i cd che James tiene nel cassetto davanti al sedile del passeggero, sperando di non sorprendere Piper con le mani nei pantaloni di Teddy mentre aspettiamo di saltare fuori da un albero. James mi lancia uno sguardo in tralice, senza perdere d'occhio la strada, quando finalmente recupero il Bruce Springsteen che volevo: un sorriso divertito gli si affaccia sul viso, e io non posso che ricambiare con una linguaccia, mentre ripenso a quella meravigliosamente assurda serata in cui io sono stata sorpresa con le mani nei suoi pantaloni.

"Ti voglio bene," mimo con le labbra, nella speranza di non farmi sentire da Vicky e Matt, mano nella mano sui sedili posteriori.

"Anche io," ribatte rapido, ricambiando la mia espressione.

Schiaccio play e il mondo è tutto un Born to Run, e all'improvviso l'unica cosa che voglio fare è abbassare il finestrino, sentire il vento tra i capelli e urlare a tutto il mondo che sono felice.

*

Arriviamo ad Abridge con quel giusto anticipo che ci permette di presentarci alla numerosa famiglia di Piper e agli amici che ancora non avevamo conosciuto di persona: da quello che riesco a capire, tra un bacio e un abbraccio di Joan, la mamma di Piper, per l'occasione speciale è stato convocato anche il ramo irlandese della famiglia.

Riesco appena in tempo a sfuggire allo sguardo bonariamente rassegnato di James e Vicky, prima di mettermi a chiacchierare con tutta questa Irlanda; non manca molto al mio rientro a Galway, ormai, solo un paio di giorni, ma all'improvviso è come essere già a casa, e la sensazione è così potente che mi sento quasi come se potesse scoppiarmi il cuore di felicità.

Quando Piper arriva, facendo capolino insieme a Teddy oltre la porta del garage, nessuno ha le mani nei pantaloni di nessuno, con mio grande - e ipocrita – sollievo, e io sento le lacrime pungermi gli occhi mentre urliamo sorpresa!, e la festa esplode in tutta la sua allegria – sono sempre stata così, dopotutto: tutti hanno un'amica fastidiosa che piange quando è triste, felice, stressata, stanca, affamata. Quell'amica sono io.

La mano con cui James mi circonda i fianchi per tenermi premuta contro il suo petto allenta la presa, sospingendomi con un sorriso verso una Piper radiosa e bellissima. La mia amica si lancia con tutta la forza che ha tra le nostre braccia, e per un solo momento, mentre siamo così, strette l'uno all'altra, fronte contro fronte in un abbraccio che di comodo non ha nulla, realizzo di essere inesorabilmente felice.

Piper saltella piena di energia, baciando e abbracciando, sorridendo e volteggiando tra le braccia di Teddy o di qualche parente.

Accanto a me, Vicky mi guarda con un mezzo sorriso: inarca un sopracciglio nella mia direzione, in un modo così preciso che mi fa quasi venire voglia di chiederle se non abbia preso lezioni da James.

"Stavolta è stato più semplice," commenta, facendo un piccolo cenno con il mento verso la nostra amica.

Arrossisco, indignata, schiaffeggiandole un braccio con leggerezza. "Non vale! Lei non era bendata!"

"L'avresti fatto anche da bendata."

Con il sorriso ancora sulle labbra, lascio vagare lo sguardo sul caotico giardino, tutto festoni, luci e palloncini: Jamie è dall'altra parte del cortile, impegnato in quella che mi sembra una gioviale e fitta conversazione con il padre di Piper. Ha una bottiglia di birra in mano, e quando il suo sguardo incrocia appena il mio, lo osservo passarsi l'altra mano tra i capelli, l'ombra più pronunciata di un sorriso sulle labbra mentre continua a parlare.

"Sì," commento soltanto, "Sì, l'avrei fatto."

E all'improvviso, so che non mi sento soltanto felice. Mi sento, mi sento... – da lontano, James cattura di nuovo il mio sguardo, portandosi la bottiglia alla bocca e bevendo un lungo sorso di birra - ... mi sento completa.

*

La festa di compleanno di Piper è un'altalena surreale, e non soltanto per tutto il ballare e cantare con il ramo irlandese della sua famiglia, che per questa giornata sembra aver deciso di adottarmi – non che io abbia qualcosa in contrario, ovviamente.

L'altalena inizia quando ho la sventurata idea di chiedere a Piper che fine abbia fatto l'uomo biondo con cui l'avevo vista di sfuggita al Nelson, così tante sere fa: lei era tornata dal retro del pub felice e allegra come non lo era più stata da tempo, facendomi promettere di fare sesso sicuro, e io avevo pensato che lo sconosciuto misterioso fosse il responsabile della sua improvvisa felicità. Oggi, dopo averla vista guardare Teddy completamente rapita da ogni suo gesto, avevo concluso di potermi finalmente arrischiare a chiederle quello che non avevo osato a suo tempo – l'uomo dei gatti su Facebook non è certamente il biondo di Oxford, così, cosa è successo?

La sua risposta è tutto quello che non mi sarei mai aspettata, e Piper deve capirlo immediatamente, perché la mia prima, incontrollata reazione, è quella di scoppiare in una fragorosa – isterica – risata. Deve esserci chiaramente una maledizione sull'Università di Oxford, o qualcosa del genere. Voglio dire, come può essere possibile altrimenti?

Piper mi osserva perplessa, mentre io mi mordo il labbro cercando di smettere di ridere.

"Se te lo dico non ci credi," le dico, prima di iniziare a raccontare.

Piper mi ha rivelato di aver avuto una relazione con il dottor Martin, l'assistente del Professor Morgan: è finito tutto quando lui ha accettato un trasferimento in America, ma non per la ragione più facile da immaginare. Il dottor Martin aveva già programmato una vita libera e senza più segreti per entrambi, negli Stati Uniti, se non fosse che, come mi racconta la mia amica con un sorriso amaro, il tutto era stato deciso e organizzato senza che lei fosse minimamente interpellata.

Quando me lo ha detto, non ho potuto non raccontarle la mia storia – all'amore, quello vero, i segreti non servono. I segreti non servono a nessuno.

Vicky ci ha raggiunte poco dopo, birre in mano e uno sguardo che ho imparato a riconoscere, e che so dovrebbe immediatamente preoccuparmi. Come dicevo, un'altalena di emozioni.

Un po' più distante, Matt ha incrociato lo sguardo di lei – ho pensato a tutte le volte in cui i miei occhi incrociano quelli di James, da un lato a un altro di una stanza, e al sorriso che mi si affaccia sulle labbra quando realizzo che mi stava già guardando -, proprio mentre Piper le stava dicendo quanto li vedesse bene insieme.

Ed è vero, anche io li vedo bene. "E' davvero un bravo ragazzo..." ho commentato con un sorriso lieve, voltandomi appena per incrociare lo sguardo di Vicky.

È stato in quel momento – , lì ho capito. Un attimo prima che lei lo dicesse, lo sapevo già.

"Ho baciato Jeffrey."

Ho bevuto la mia birra per intero, senza dire nulla.

C'è una linea sottile tra ciò che vogliamo e ciò di cui abbiamo bisogno.

Vicky cammina ad occhi chiusi sulla linea, senza sapere dove andare – senza sapere chi stia dal lato del volere e chi da quello dell'avere bisogno.

*

Il viaggio di ritorno è pigro e tranquillo.

La strada è deserta, e il buio della sera è spezzato soltanto dalle luci dei fanali delle altre automobili che incrociamo sull'altra corsia. Ho tolto dal lettore cd Bruce Springsteen per fare un po' di spazio ai Mumford & Sons, perché alla fine di questa lunga giornata, è quanto serve per chiudere in bellezza.

Lascio correre le canzoni e i miei pensieri, mentre la jeep corre sulla strada e Oxford si avvicina sempre di più.

Seduti sui sedili posteriori, non so se Vicky e Matt siano svegli o meno, ma decido di non accertarmene. Mi volto appena su un fianco, per quanto me lo permetta la cintura di sicurezza, posando lo sguardo sulla figura di James, gli occhi concentrati sulla strada: il profilo deciso e dritto del naso, la barba un po' sfatta, la tensione degli avambracci oltre le maniche arrotolate della camicia, le mani strette sul volante. La piega appena accennata sulle labbra, perché sa che lo sto guardando.

"Cosa c'è?" mi chiede a mezza voce, voltandosi per un istante e incrociando i miei occhi con un sorriso.

Nell'aria di maggio ci sono i Mumford & Sons, e io mi rendo conto che non avrei dovuto farlo, perché all'improvviso so di essere ben oltre la linea del volere e dell'avere bisogno, di aver saltato e di essere finita più in là, in un posto da cui non si può tornare indietro.

"Niente," mormoro appena, risistemandomi sul sedile e concentrando il mio sguardo sulla strada.

Niente.

Ti amo, e ho paura.

"But if your strife strikes at your sleep, remember spring swaps snow for leaves. You'll be happy and wholesome again, when the city clears and sun ascends: and my head told my heart, let love grow, but my heart told my head, this time no."

(Mumford & Sons – Winter Winds)

Ciao a tutti! Eccoci alla fine di questo capitolo crossover, in cui le nostre ragazze si ritrovano ad Abridge per festeggiare come si deve il compleanno di Piper, tra parenti irlandesi canterini e molte, improvvise rivelazioni - davvero, se fate un salto a leggere i capitoli di questa settimana di Victoria's state of mind e Us against the world, scoprirete che questa giornata non è stata un'altalena di emozioni soltanto per Holly!

Cosa ci aspetta nel prossimo capitolo? Beh, Holly ha finalmente dato un nome ai propri sentimenti, e ora ci resta soltanto da capire come gestirà questa sua improvvisa rivelazione - che poi, improvvisa? Andiamo, Holly, davvero non sai come funziona l'amore? Ops, ma forse è colpa mia!

Un bacio, e buon finesettimana! ;)

Holly

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