TRENTASETTE

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CAPITOLO 37 | WIDE-EYED WITH A HEART MADE FULL OF FRIGHT


"Oh, Ophelia, heaven help a fool who falls in love."

(The Lumineers – Ophelia)

"OH, HOLLS!" – Esme allarga le braccia, un sorriso radioso sul viso. – "Vieni qui!"

Senza farmi pregare un attimo in più, lascio cadere il mio borsone sul pavimento dell'aeroporto e mi rifugio tra le sue braccia.

"Mi sei mancata!" continuo a ripetere, mentre dondoliamo strette l'una sull'altra. Mi scosto appena, sistemandole dietro un orecchio una ciocca di capelli che le è sfuggita dalla coda in cui li porta raccolti. "... tanto."

"Mi sei mancata anche tu," mi risponde, recuperando la propria compostezza. Mi prende viso tra le mani, accarezzandomi delicatamente le guance.

Sorride nuovamente, ma quando sbatte le ciglia ha gli occhi lucidi. "Guardati, come sei bella," aggiunge, attirandomi ancora a sé per un nuovo abbraccio, stavolta più misurato, ma ugualmente significativo.

Oltre la sua spalla, oltre il profumo così familiare del balsamo dei suoi capelli, incrocio gli occhi scuri di Dylan: in piedi, a pochi passi da noi, ha un'espressione colma di affetto sul viso mentre ci osserva e un mazzo di splendidi tulipani gialli tra le mani.

"Dale."

Sorride, e stavolta sono io che sento gli occhi farsi umidi.

Nelle luci e nei colori della primavera, Galway è ancora più bella di come la ricordavo: sistemata sui sedili posteriori dell'auto di Esme e Dylan, osservo il paesaggio familiare della mia Irlanda scorrere oltre il vetro del finestrino, scaldato dal sole.

Esme pasticcia con la radio, fino a che la melodia di una canzone che conosco non inonda l'abitacolo; sto per chiedere a mia sorella di non cambiare stazione, ma evidentemente Ophelia deve piacere anche a lei, perché si risistema sul sedile con un sorriso soddisfatto.

Il mio cellulare vibra appena nella tasca della mia giacca di jeans. Sblocco lo schermo e apro WhatsApp, controllando le mie notifiche: una foto allegra e un po' mossa di Sibyl oltre il bancone del Nelson, con un sorriso luminoso e i pollici in su, un'altra di una bottiglia di Galway Hooker sullo stesso bancone, e poi qualche messaggio.

Dice che le manchi già – ma a me di più. Atterrata sana e salva? :)

Le note dei Lumineers accompagnano il viaggio, e i miei pensieri.

*

Quando Dylan scende le scale, io ed Esme siamo accoccolate sul divano.

"Dormono," annuncia placidamente, appoggiando i palmi delle mani allo schienale.

Mia sorella annuisce, allungandosi appena per sfiorargli l'avambraccio a mo' di ringraziamento.

"Amelia?" chiedo, cercando lo sguardo di mio cognato con un sorrisetto: anche se Esme mi ha già detto che Amy è al cinema con l'ormai famoso Connor Murphy, torturare Dylan resta comunque più divertente.

Le sue spalle si irrigidiscono: mentre io sfuggo all'occhiataccia di rimprovero di Esme, lo ascolto mormorare un burbero e infastidito non voglio parlarne.

"Preferisci parlarmi dei tuoi baffi, allora?" chiedo, deliziata.

"Non mi sei mancata per niente," mi risponde a tono, arruffandomi i capelli. "Preparo il tè." - Si allontana verso la cucina, e io ed Esme condividiamo un sorriso.

"E' una crisi di mezza età?" le chiedo ridacchiando, accennando appena con il capo verso la porta. "Come quella dei trent'anni?"

Mia sorella non fa in tempo a schiudere le labbra, che la sagoma minacciosa di Dylan ricompare sulla soglia, l'indice puntato minacciosamente verso di me. "Ti sento, Dale," proclama, una luce divertita negli occhi scuri.

"Il codino non mi dispiaceva," considera Esme candidamente.

Dylan inclina appena il capo, ammiccando nella sua direzione. "Oh, perché i baffi sì? Strano modo di dimostrarlo-" schiva con una risata il cuscino che mia sorella gli lancia dal divano, uno scandalizzato Dylan!, appena sussurrato sulle labbra.

"Non è qualcosa che volevo sapere!" - Mi copro gli occhi con le mani, esasperata e divertita insieme.

*

Il pranzo della domenica a casa dei miei genitori fa ammenda per il compleanno che non ho festeggiato qui e probabilmente anche per un paio dei prossimi.

Accoccolata pigramente su una poltrona accanto al camino spento, osservo Alex intrattenere Charlie e Liam, completamente calato nel suo ruolo di fratello maggiore. Al tavolo del soggiorno, mio padre sta aiutando Amy con i compiti di matematica; Esme li osserva dal divano, una tazza di tè ancora fumante tra le mani e un sorriso disteso sulle labbra, mentre Dylan in cucina sta aiutando mia madre a lavare i piatti.

Lo amo.

Forse realizzarlo non avrebbe dovuto essere un fulmine a ciel sereno, eppure eccomi qui.

Ripenso al suo sorriso oltre il bancone del Nelson, alla sensazione della sua barba sulla mia pelle e alle sue dita che scivolano sul mio avambraccio mentre leggo Espiazione, tra le sue coperte. Alla mia copia de Il Barone rampante, sul mio comodino.

Sono tutte queste cose e insieme mille altre, e dopo l'euforia della scoperta è arrivata la paura. Perché ho sempre avuto una certezza, in tutto questo tempo, una sicurezza amara contro la quale non ho mai cercato di combattere: l'amore era Kevin, è sempre stato Kevin. L'altra metà del mio cuore.

Mi rigiro nella poltrona, sfuggendo allo sguardo di mia sorella, che ora si è posato su di me, abbassando gli occhi sui miei nipotini.

Le parole non dovrebbero essere così importanti. Vorrei dire che la semantica è inutile, ma è un'affermazione che non posso permettermi neanche linguisticamente parlando, figuriamoci nella vita vera.

Rivedo gli occhi azzurri di Kevin che incrociano i miei, quel giorno nel cortile dell'Università. Stretta tra le braccia di James, ho abbassato la testa, ignorando la sensazione del suo sguardo su di me. Non ho conosciuto nient'altro che lui e i suoi segreti – i nostri segreti – per così tanto tempo, e forse ho finito per convincermi che l'amore dovesse essere così, un morbo che mangia carne e cuore.

Chiudo gli occhi, un sorriso amaro e appena accennato sulle labbra.

Tristano e Isotta, Enea e Didone, Kevin e Olivia.

Ad andare avanti così, dimenticherò di essere una persona e sarò soltanto un personaggio.

"Holls?"

Nella quieta allegria della cucina, la voce di mia sorella è insicura mentre indaga i lineamenti del mio viso.

Le sorrido e mi piego per sistemarmi sul tappetto accanto ai miei nipoti – in fuga, sempre in fuga.

*

Qui serata fiacca. Da te come va? :)

Bene! :) Abbiamo festeggiato il mio compleanno a pranzo, ho mangiato come un lupo. Ho dormito tutto il pomeriggio per digerire.

Sembra un'ottima giornata. Io sono passato a La Libellula questa mattina. ;)

Davvero? :D

Mh-mh. Avevo ordinato un paio di libri per me prima del tuo compleanno, sono arrivati oggi.

E dirmelo, no? Potevo farti fare lo sconto! ;)

Non credertela troppo, Will me lo ha fatto comunque. ;)

Ma bravi. No, va bene, va bene.

Su, su, Galway. ;)

Gne-gne. Che libri hai comprato, piuttosto? :D

Un paio di libri di Philip K. Dick, Foglie d'erba di Whitman e una copia nuova di Antonio e Cleopatra perché sulla mia Jacob ci ha versato una birra.

Gesù, Jamie, leggevi Shakespeare al Nelson? Quanto sei hipster. ;)

Lo sai che ti piace. ;)

Arrossisco nell'oscurità della veranda, stretta nel plaid in cui mi sono avvolta per godere della tranquillità del giardino immerso nella notte. Mi volto allo scricchiolio della portafinestra che si apre, osservando la figura di Dylan lasciarsi alle spalle le luci calde della cucina.

"Ti aspettano per un secondo giro a pictionary, di là," mi dice, sistemandosi accanto a me e osservandomi con un sorriso disteso.

Scrollo appena le spalle, al sicuro nella mia coperta. "Adesso arrivo, soltanto un minuto."

Ripongo il cellulare nella tasca dei pantaloni del pigiama, e so che qualcosa, nei miei occhi, non deve averlo convinto del tutto.

"Holls, stai bene?" mi chiede, la voce che si abbassa appena mentre la sua mano sale ad accarezzarmi una spalla. "Esme è preoccupata."

Mi spingo appena verso di lui, appoggiando una guancia sul suo petto senza dire nulla. Gli circondo la schiena con le braccia e lui si lascia abbracciare, ritrovandosi per metà avvolto nel mio plaid. È alto.

Chiudo gli occhi nell'oscurità, nascondendomi nella coperta e nel profumo così familiare della sua maglia. "Soltanto un minuto," ripeto piano. "Mi serve soltanto un minuto."

La mano che mi stringeva si allarga per circondarmi le spalle e tenermi vicina, le sue labbra che mi baciano gentilmente tra i capelli biondi.

"Tutto il tempo che vuoi."

"I have immortal longings in me."

(Shakespeare – Antonio e Cleopatra)


Un capitolo brevissimo per i miei standard che arriva da una settimana piuttosto difficoltosa per me, la Holly della vita vera. Prometto di farmi perdonare venerdì prossimo e di ritornare con altro angst, che ormai come sapete è un po' la mia firma (se non si fanno pare mentali io non sono contenta).

Un bacio grande, grande, grande!

A venerdì! ;)

Holly

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