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CAPITOLO 11 | LOVER'S EYES

2017

"Well, love was kind for a time, now just aches and it makes me blind."

(Mumford and Sons - Lover's Eyes)

TRA LE COPERTE, Kevin si allunga appena su di me per baciarmi la spalla, mentre io siedo tra i cuscini, esausta e soddisfatta.

"Vado a prendere un bicchiere d'acqua," mi dice, scivolando fuori dal letto e infilandosi i boxer. "Ne vuoi uno anche tu?"

"No, grazie," mugugno, sentendo già la stanchezza chiudermi gli occhi.

Mi rigiro tra le coperte, troppo assonnata per preoccuparmi della mia totale nudità. Osservo il buio della città oltre la portafinestra, quando l'illuminarsi del mio cellulare sul comodino attira la mia attenzione. Se è un'altra mail delle associazioni sportive dell'università, penso, rimettendomi dritta e prendendo il telefonino, giuro che... fortunatamente no, è un messaggio di Cece. Sblocco la tastiera, corrugando le sopracciglia.

Eravate troppo belli per essere ignorati, anche da una stronza come me. Ti voglio bene Holls.

2014

"Oh let me die where I lie, neath the curse of these lover's eyes."

(Mumford and Sons - Lover's eyes)

"Ridimmelo," chiedo, "... per favore."

Cammino avanti e indietro nel piccolo spazio del suo ufficio, tra le sedie e il tavolino basso davanti al divano. Ho ancora la tazza da tè in mano, anche se è vuota da un pezzo. Mi fermo al centro della stanza, passandomi la mano libera tra i capelli e resistendo all'impulso di mordicchiarmi le unghie.

Kevin è seduto al suo posto dietro la scrivania, i gomiti poggiati sul legno scuro e i fogli della mia prova scritta aperti davanti a sé. Mi guarda, e con pazienza ripete quello che ho bisogno di sentirmi dire di nuovo.

"La correzione delle prove scritte viene fatta per metà da me, per metà dalla professoressa Morris," ricomincia, e il suo tono basso ed estremamente calmo mi scivola addosso come un balsamo.

Faccio un respiro profondo, rilassando il ritmo del mio respiro, e torno a sedermi, appoggiando la tazza vuota sulla scrivania.

"... ho soltanto fatto in modo che il tuo compito capitasse nella sua metà, Olivia, niente di più. Le correzioni," si interrompe un istante, e un sorriso orgoglioso si affaccia sulle sue labbra, "... quelle poche che ti ho fatto vedere prima, voglio dire, sono tutte opera di Louise. È rimasta veramente impressionata, è venuta a farmi vedere la prova..."

"Okay," balbetto, "... quindi non- non è per-"

Scuote energicamente la testa e si spinge in avanti per appoggiare le sue mani sulle mie. Lo guardo, mordendomi il labbro. Ho gli occhi velati di lacrime, e mentre la sua presa sulle mie dita si stringe appena, riesco solo a pensare che non abbiamo imparato niente.

"Assolutamente no, Olivia," dice, deciso. Ripete spesso il mio nome, e mi chiedo se gli faccia piacere avere così tante vocali sulle labbra come fa piacere a me sentirle uscire dalla sua bocca. "... tu hai un talento naturale per la mia materia, naturale..." Separa la sua mano sinistra dalla mia e se la passa brevemente sul viso, l'espressione sconfitta, "... ed è solo colpa mia se stai mettendo in dubbio le tue potenzialità. Mi dispiace."

"Non è..." mi fermo, cercando di raccogliere le parole. "... voglio dire, non credo che questa materia mi sarebbe piaciuta allo stesso modo se non ci fossi stato tu." Arrossisco, e le sue dita si stringono appena sulla mia mano mentre mi sforzo di continuare, "... e penso che questo sia buona parte del problema." Cosa stiamo facendo? Sciolgo la nostra stretta a mi copro per un istante il viso con le mani. "... è stata colpa mia, non avrei dovuto dire quello che ho detto, quella sera."

Quale, delle mille cose?, mi chiedo. C'è che tu sei decisamente un uomo da whiskey. Un'altra parte di me ricorda con particolare e disperata chiarezza quel violento perché lui non è te.

La sua reazione è inaspettata: una mezza risata, amara, e le sue mani che si stringono a pugno, sulla scrivania. "Tu?" chiede, esasperato. C'è rabbia, nel suo tono di voce, eppure so che non è diretta verso di me - è rabbia verso sé stesso, e questo mi rende ancora più difficile reggere il suo sguardo. "Io sono l'adulto in questa situazione, si suppone che io sia responsabile-" non finisce la frase e spinge la sedia indietro, alzandosi in piedi e iniziando a camminare avanti e indietro davanti alla libreria con l'irruenza di un leone in una gabbia.

"Non sono esattamente una ragazzina, nel caso non te ne fossi accorto," ribatto d'istinto, seguendo i suoi movimenti.

Spinge appena più in su una manica della camicia e si ferma, la replica altrettanto rapida sulle sue labbra, "Oh, credimi, me ne sono accorto," ribatte, la voce più bassa di un'ottava. Se uno sguardo potesse bruciare, succederebbe a me. Ora. Una fitta di desiderio mi attraversa, mentre Kevin mi guarda così e io riesco solo a pensare a tutti i modi che avrei per provargli definitivamente quanto io non sia una ragazzina. Proprio qui. Si passa le mani tra i capelli, "... questo non cambia la realtà dei fatti," prosegue. "Sono troppo vecchio per te-"

"Questo non-"

"... tu eri ubriaca-"

"Non ero ubriaca!"

"Sono un professore, e tu sei una mia studentessa, ho approfittato della-"

"No!" urlo. Mi alzo in piedi, spingendo indietro la sedia con forza. E se qualcuno ci sentisse gridare, fuori dall'ufficio? Seguo l'istinto e aggiro la scrivania, avvicinandomi a lui. Deve saperlo. Mi guarda, il respiro affannoso e gli occhi lucidi.

"Ti prego," dico piano. Ho la voce rotta, così debole e sottile se ripenso al mio urlo di prima. Gli appoggio le mani sulle braccia, stringendo le dita appena sopra i suoi gomiti. Mi viene da sorridere se ripenso a tutte le occasioni in cui lui ha compiuto questo gesto per tenermi in piedi. "... io non ho idea di cosa questo voglia dire, ma..." faccio un respiro, sentendo il tessuto morbido della camicia sotto le dita. "... non dubitare neanche per un istante che io non l'abbia voluto," distolgo lo sguardo mentre il rossore si dilata sulle mie guance. "... perché a dirla tutta, credo di averlo desiderato da prima, da quel giorno in caffetteria."

"Livia."

Alzo la testa, ritrovando nei suoi occhi quello stesso desiderio. Desiderio e disperazione.

"Kevin," pronuncio il suo nome piano, un sussurro deliberatamente lento, osservando rapita la reazione sul suo viso.

Tutto in lui è aspro e forte, solo ora riesco a capirlo davvero - la sua voce, il suo corpo, la sua materia. Il suo nome. Eppure, ora che assaggio delicatamente quei suoni con la bocca, sento soltanto il miele sulle mie labbra.

"Ti prego," ripeto in un respiro.

Per cosa sto pregando? Lo guardo: i suoi occhi indugiano sulle mie labbra dischiuse, le sue mani scivolano sui miei fianchi, attirando appena il mio corpo verso il suo. Piega la testa, quanto basta per appoggiare la fronte sulla mia, e quando ripete di nuovo il mio nome, con sacrale riverenza, io so per cosa sto pregando. Toccami, stringimi, amami.

Molto spesso le preghiere restano senza risposta. Altre volte una risposta arriva, e non è quella che volevi.

"Ho una moglie e due bambini."

Questa è decisamente una di quelle altre volte.

*

"Your name is

the strongest

positive and negative

connotation in any language

it lights me up or

leaves me aching for days"

(Rupi Kaur - Milk and Honey)

*

"Non porti la fede," osservo, con voce vuota.

È una debole obiezione a questo punto, ma ho davvero poco a cui aggrapparmi. Il suo sguardo si abbassa verso la sua mano sinistra, libera da ogni anello, e io riesco solo a pensare che ho baciato un uomo sposato.

"Il mio matrimonio..." trascina quella parola, e riesco quasi a percepire fisicamente il dolore nella sua voce. "...è finito da molto tempo. Senza figli, ci saremmo arresi molto tempo fa."

Inclino appena la testa. "Come si chiamano?"

Mi guarda, meravigliato dalla mia domanda, prima di lasciarsi sfuggire un lieve sorriso, perso per un istante in qualche ricordo che non mi appartiene. "Samuel e Lucinda. Sam e Lucy."

Tutto si spezza, mentre lo guardo e riesco solo a pensare a quanto, in una vita non mia, lui sia sicuramente un ottimo padre. Il mio sorriso, il mio corpo. Il mio cuore.

Mi muovo rapidamente, prendendo la giacca dalla sedia e raccogliendo lo zaino da terra. Kevin fa un passo esitante verso di me, alzando appena una mano, "Livia, aspetta-"

Oh, cosa c'è nel nome? (*)

Ho già la mano sulla chiave sotto la maniglia, quando lo guardo un'ultima volta. Desiderio e disperazione. "Non c'è davvero nient'altro da dire," mormoro. "Arrivederci, professore."

Ho girato la chiave e sto per abbassare la maniglia, quando le sue mani mi afferrano le spalle, voltandomi senza troppe cerimonie. La giacca mi cade dalle braccia e lo zaino scivola sul pavimento, mentre la mia schiena aderisce alla superficie della porta e lui è così vicino da togliermi il respiro.

"È questo il punto!" dice in un sussurro arrabbiato, mentre le sue dita scavano sulla mia pelle e nei suoi occhi danza ogni emozione. "È lo stesso per me, ricordi?" mormora.

È chino su di me, e le sue mani strette sulle mie spalle mi tengono prigioniera contro il legno freddo e scuro della porta dell'ufficio.

"È il modo in cui mi guardi, Livia," dice lentamente, la bocca a un soffio dalla mia. Sento il suo respiro sulle mie labbra e vedo il fuoco che danza nelle sue iridi. Mi vuole, tanto quanto lo voglio io. "I tuoi occhi mi fanno sentire vivo."

Le mie mani si stringono sul suo petto, increspando il tessuto della camicia.

Sto camminando a piedi nudi in un incendio.

Appoggia nuovamente la fronte sulla mia, e a me non resta che perdermi nella sua vicinanza. Guardo la sua bocca, bevendo avidamente ogni sua parola. Sotto il mio palmo, sento il battito frenetico del suo cuore.

"Il mio matrimonio è un fallimento, ma io ho sempre provato, ogni giorno, e sono sempre stato fedele..." I nostri nasi si sfiorano, e io vorrei solo inclinare appena la testa poter sentire di nuovo il sapore della sua bocca sulla mia. "... e poi sei arrivata tu, con il tuo caffè sempre in mano, Tristano e Isotta aperto sul cuore, e io-"

Si interrompe e io schiudo le labbra, mentre la sua mano sinistra sale appena, una carezza ruvida sul mio collo, dal lobo dell'orecchio e poi giù, di nuovo fino alla spalla. Kevin osserva la mia reazione, e io riesco a cogliere quell'onda di desiderio che annebbia i suoi occhi per un momento, quando mi inarco appena sotto il suo tocco. "È lo stesso per me."

Fa un profondo respiro, come se quella confessione gli provocasse dolore. Penso a sua moglie e ai suoi bambini, e so che deve essere così.

(*) Shakespeare - Romeo e Giulietta, atto 2.2

2017

Quando Kevin torna in camera da letto e si infila tra le coperte, io sto ancora osservando, rapita, la fotografia che Cece mi ha inviato insieme al messaggio.

"Chi ti scrive?" mi chiede, invadendo con il suo corpo e il suo profumo il mio cuscino.

"Mia sorella, Cece," dico piano, lo sguardo ancora concentrato sullo schermo del cellulare, "Ha scattato questa fotografia, al ricevimento, e ha pensato che fosse un gesto carino mandarmela."

I suoi occhi si concentrano sul telefonino, e sulla mia immagine in abito lungo color malva, stretta a un ragazzo dalla pelle olivastra e dai ricci folti e scuri. Stiamo ballando, e le sue mani mi circondano i fianchi e la mia guancia è appoggiata sul suo petto - ci siamo amati, grida ogni gesto. Di un amore delicato e disperato come solo il primo amore sa essere.

"Keeran?" mi chiede, anche se non ha davvero bisogno di domandarlo per esserne sicuro.

Annuisco, persa in ricordi che appartengono solo a me stessa.

Per la prima volta, non vedo l'ombra di dolore che attraversa i suoi occhi mentre mi guarda.



Così, eccoci! La bomba è esplosa, e Kevin nel 2014 ha confessato a Holly di avere moglie e figli al seguito - le cose si complicano, ulteriormente. Nel presente, invece, Holly ha fatto ritorno ad Oxford, dopo qualche capitolo trascorso in Irlanda tra le braccia della propria famiglia e di amori lontani mai dimenticati (Aidan Turner, amami come ti amo io)

Nel prossimo capitolo, nel 2017, Holly e Kevin trascorrono un paio di giorni a Glasgow, a un convegno, mentre nel passato, Holly deve fare i conti con le conseguenze dei propri sentimenti. Mi raccomando, se vi va, fate un salto a leggere le altre storie scritte su questo profilo, Piper e Vicky vi aspettano con Us against the world e Victoria's state of mind.

A venerdì prossimo! ;)

Holly

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