VENTOTTO

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CAPITOLO 28 | THESE DAYS OF DUST WHICH WE'VE KNOWN WILL BLOW AWAY WITH THIS NEW SUN

"Lord, we know what we are, but know not what we may be."

(Amleto, atto IV, scena V – William Shakespeare)

*

NELLA luce tenue dell'appartamento, me ne sto in piedi davanti al divano, impegnata a far scorrere lo sguardo sui libri allineati sulla mensola.

Alle mie spalle, James mi circonda i fianchi con le braccia, il suo viso che affonda nell'incavo del mio collo.

"Holly, torna a letto..." dice, la voce bassa e roca mentre mi bacia con lentezza dietro l'orecchio.

La sua barba sfrega sulla mia pelle, e io so perfettamente che lascerà lì le stesse tracce rosse che mi segnano le cosce. Non posso dire di esserne dispiaciuta.

Inclino appena il capo all'indietro, appoggiando la nuca sulla sua spalla mentre la mia mano sale per accarezzarlo tra i capelli. Sento il suo respiro soddisfatto sul mio collo. Le sue mani si allargano sul mio addome, muovendomi quanto basta perché io sia totalmente cosciente della sensazione del suo petto nudo premuto sulla mia schiena.

Gli bacio una guancia, sfregando il naso tra la sua barba e poi accennando con il mento alla mensola davanti a noi.

"Sono terribilmente invidiosa dell'opera completa di Shakespeare," ammetto con un sorriso, lasciandomi coccolare dalle sue braccia. "Qual è il tuo preferito?" chiedo, incuriosita, continuando ad accarezzargli i capelli.

Mormora qualcosa di incomprensibile sulla mia pelle, e io non riesco a trattenere una mezza risata perché ho capito. "E' Macbeth, non è vero?"

"Sì." La risposta affermativa è accompagnata da un morso leggero sulla mia spalla e da un pizzicotto sul mio fianco. "Il tuo?"

Mi riaggiusto tra le sue braccia, quanto basta per baciarlo brevemente sulle labbra. La sua lingua cerca la mia e io mi lascio distrarre per un momento, prima di separarmi dalla sua bocca e di trovare i suoi occhi blu. "Anche il mio," ammetto con un lieve sorriso. "Anche se Amleto..."

Annuisce. "Anche La Tempesta."

"Otello."

"Re Lear."

Inarco un sopracciglio, la voce leggera. "Abbiamo intenzione di nominare tutte le tragedie ad esaurimento?" chiedo, ridacchiando quando piega il capo per mordermi scherzosamente il collo.

Torno a guardare la fila di libri, allungando appena la mano per accarezzare la costa di Espiazione con le dita. È l'ultimo, accanto a Cuore di tenebra, appena prima dell'inizio di una lunga sequenza di romanzi di fantascienza e fumetti.

"Posso prestartelo, se vuoi," mi dice, continuando a baciarmi l'incavo della spalla.

"L'ho letto," gli dico, sorridendo. "Anche se," - abbandono la mensola e mi volto, sistemandomi sul suo petto e cingendogli il collo con le braccia. – "... e non sai quanto mi costi ammetterlo, ho visto prima il film."

"Oh, no!" mi fa il verso, facendo scivolare le mani sulla mia schiena e guardandomi con un sorriso divertito.

"Oh, sta' zitto," roteo gli occhi, sbuffando e pizzicandogli una spalla. "E' che la mia politica è sempre il libro è meglio del film, ovviamente, no? Solo che... era il regista del mio Orgoglio e Pregiudizio preferito, le mie amiche volevano assolutamente andare a vederlo perché, beh, l'attore protagonista era davvero, davvero bello, e-"

Mi interrompo, sotto lo sguardo ancora divertito di James, e inclino appena la testa, corrugando la fronte.

"Cosa c'è?"

Mi copro la bocca con la mano, ridacchiando. "Ho appena realizzato!" ammetto. Le mani di James si stringono sui miei fianchi, e io proseguo mentre lui inizia a camminare lentamente all'indietro verso il letto, trascinandomi con sé. "Tu gli somigli! Somigli all'attore che interpreta Robbie! Dannazione, non riesco a ricordarmi il nome-"

"Non mi ricordo di alcuna somiglianza," mi dice, inarcando un sopracciglio.

"Hai visto il film? Davvero?" chiedo, incredula.

"Con mia madre," mi dice, gli occhi blu allegri sul mio viso. "Il suo Orgoglio e Pregiudizio preferito è quello con Colin Firth, credo, ma questo non l'ha fermata..."

Emetto un suono che può essere classificato solo come squittio, e chiudo le mani sulle sue guance per baciarlo sonoramente sulla punta del naso. "Dio mio, sei adorabile!"

Mi guarda, scettico. "Okay, Holly, mai più," mi minaccia, cercando di restare il più serio possibile, ma senza molto successo.

Rido, accarezzandolo tra i capelli. "Potrebbe consolarti sapere che le mie sorelle hanno sempre pensato che io somigliassi all'attrice che interpreta la piccola Briony?" propongo, conciliante. Il solo ricordo mi fa storcere il naso. "Fisicamente, intendo – certe volte ho il terrore che intendessero anche caratterialmente, ma-"

"Non mi stai aiutando particolarmente."

Mi sporgo in avanti, stringendo le dita tra i suoi capelli e baciandolo con entusiasmo. Geme sulle mie labbra, e le sue mani abbandonano i miei fianchi per afferrare i lembi della mia maglietta – il bacio si interrompe solo quando alzo docilmente le braccia per aiutarlo a sfilarmela, e ben presto sono davanti a lui soltanto in slip e reggiseno.

"Meglio?" chiedo con un sorriso.

Annuisce, ammiccando verso il letto ancora sfatto. "Coraggio, Holly, vieni qui e viviamo senza vergogna."

Scoppio a ridere, e la mia risata si trasforma in uno strillo contrariato ma ancora intriso di divertimento quando James mi solleva per adagiarmi – con non troppa grazia – sul materasso.

"Oh, James, ti prego!"

Si tuffa su di me, il sorriso ancora sulle labbra, mordendomi e baciandomi le cosce e l'addome mentre io mi contorco senza fiato sotto di lui, strappata a metà dalla mia risata e dall'effetto che la sua bocca e le sue mani hanno su di me.

Di quando in quando, in modo assolutamente involontario, arriva qualcuno e ti insegna qualcosa sul tuo conto. (*)

(*) Ian McEwan, Espiazione

*

"Holly."

Alzo lo sguardo dal fumetto, ritrovando la figura di James in piedi accanto al tavolo. "Mh?" chiedo distrattamente, sbattendo le palpebre e stiracchiando le gambe dalla mia posizione sul divano.

"Vieni a mangiare?" mi chiede con un accenno di sorriso.

Annuisco, schiudendo appena le labbra e mostrandogli la copertina dell'edizione unica di Watchmen che ho rubato dalla sua mensola. "Questo che potresti prestarmelo," gli suggerisco, alzandomi in piedi per risistemare il volume.

"Ti piace?" mi chiede, voltandosi per prendere i piatti.

"Molto," rispondo, stiracchiando anche le braccia mentre raggiungo il tavolo apparecchiato. "Avrei dovuto aiutarti, scusami," aggiungo, imbarazzata.

Sono quasi le due del pomeriggio, e oggi io non ho lezione. Ho marciato decisa fino a qui questa mattina, convinta che un bel po' di sesso mi avrebbe sicuramente aiutata ad anestetizzare la mia mente – missione compiuta, fino ad ora, anche se con risultati secondari del tutto inaspettati: non avevo previsto di chiacchierare con James di Shakespeare, meno che mai di sentirgli citare Espiazione tra le lenzuola e ancora meno di addormentarmi su di lui, stremata e soddisfatta, per poi risvegliarmi poco dopo mezzogiorno e lasciarmi convincere a fermarmi per pranzo. Allo stesso modo, non avevo previsto che varcasse per la prima volta la soglia di casa mia con Vicky ubriaca e abbarbicata addosso, o che finissimo per chiacchierare di Star Wars e delle nostre famiglie sul mio divano, lunedì.

Immagino che la vita sia piena di sorprese.

"Non importa." - Lui si volta, con i piatti in mano mentre mi sto mettendo seduta, e inarca minacciosamente un sopracciglio nella mia direzione. Tu ti scusi troppo, mi ha detto. - "Mi sembravi piuttosto concentrata."

"Quando leggo, tendo a- oh!" mi interrompo quando sistema il piatto davanti a me, guardando prima il mio pranzo e poi il suo viso con un largo sorriso. "... mi hai preparato un club sandwich!" esclamo, deliziata. "Adorabile."

"Ehi, che fine ha fatto quel sei praticamente il sesso personificato?" mi rimprovera, pronunciando l'ultima parte con una voce stridula che dovrebbe essere un'imitazione della mia.

Sistema il suo piatto e si siede al tavolo a sua volta, mentre io ridacchio, ricordando quella conversazione. A giudicare dal sorriso che si apre sulle sue labbra quando i suoi occhi incontrano i miei, so che stiamo rivivendo entrambi quell'assurdo momento.

Funziona, che funziona un po' come vuoi tu – e per un istante, sono davvero tentata di fargli sapere quanto siano state importanti per me quelle parole.

"Sei adorabilmente il sesso personificato?" provo, tornando leggera e non riuscendo a spegnere completamente la mia risata.

James chiude gli occhi per un istante, mordendosi il labbro, e si lascia sfuggire un lungo sospiro.

"Mangia, per favore," mi zittisce divertito, facendo un cenno con il mento al mio piatto. "Dopo pranzo ne riparleremo," conclude, e io so già quale genere di conversazione mi aspetta.

*

"Credo di dover tornare a casa," ammetto ad alta voce, chiudendo gli occhi quando la barba di James sfrega sulla mia spalla.

Tra le lenzuola, lui nasconde il viso nel mio collo, le sue mani che percorrono lentamente il mio corpo nudo. "Devo scendere ad aprire tra un paio d'ore," mi dice, stringendomi una coscia e sollevandomi la gamba per portarla sopra la sua. "Abbiamo ancora un po' di tempo."

Mugugno una preghiera incomprensibile, ancora troppo sensibile dall'orgasmo che mi è appena stato procurato con tanta furia – un modo come un altro per dimostrarmi di non essere solo adorabile, immagino – e appoggio le mani sul suo petto.

"Devo ancora preparare la valigia..." dico senza fiato, mentre James mi bacia appena sotto l'orecchio.

Le mie parole sembrano attirare la sua attenzione, perché si fa appena indietro con il viso, guardandomi interrogativo.

"Torno a Galway, questo finesettimana," gli spiego, senza riuscire a trattenere il sorriso.

La mia felicità deve essere davvero troppo evidente, perché lui finisce per avere la mia stessa espressione.

"E' da tanto che non torni?"

Annuisco, facendo un rapido calcolo e risistemandomi contro il suo petto. "Dalle vacanze di Natale." - Il suo braccio mi circonda le spalle sotto il cuscino, il palmo della mano che si allarga sulla mia schiena per tenermi vicina. – "Sai, con il lavoro, gli esami e tutto quanto certe volte è davvero complicato..."

James sfrega il naso sulla mia fronte, mentre io mi sistemo meglio su di lui e mi lascio coccolare lentamente.

"Ci sarà tutta la tua famiglia?"

"Quasi tutta," gli spiego. "Abitano ancora tutti a Galway, tranne mia sorella Cece-"

"Il chirurgo?" mi chiede con interesse, e io provo un istantaneo moto d'affetto nel realizzare che ricorda quello che gli ho raccontato durante la cena che abbiamo improvvisato a casa mia, lunedì.

Annuisco. "Sì, lavora a Dublino, e praticamente a casa ci vediamo solo per le feste e a volte neanche per quelle..." racconto, riprendendo a passare le dita sul suo petto in una carezza gentile. "Un paio di volte ho preso direttamente l'aereo per Dublino, da qui, ma anche quando vado da lei ha degli orari talmente assurdi che è davvero difficile riuscire a incrociarci," sospiro, "... Gli orari di Cece rimettono davvero in prospettiva i miei turni a La Libellula, questo è certo," ammetto con una mezza risata.

"Per me sarebbe già abbastanza," mi dice. La mano sulla mia schiena risale, affondando nei miei capelli e massaggiandomi la nuca con lentezza.

Chiudo gli occhi, rilassata, le labbra sollevate in un sorriso. "Voglio dire, alla fine i tuoi orari non sono male..." concordo, mentre le mie dita risalgono dal suo petto per grattargli appena il mento, attraverso tutta quella sua barba soffice. Riapro gli occhi giusto in tempo per vedere James chiudere i suoi, soddisfatto – certe volte ho l'impressione di trovarmi davanti un cane, non un uomo.

"La mattina libera lascia molto tempo per il sesso, quanto meno."

"È perfetto," mi prende in giro con sorriso, voltandosi sotto la mia carezza e tornando a guardarmi. "Lo userò nell'annuncio se mai dovesse servirmi un cameriere. Mattina libera, più tempo per il sesso."

"Dovresti, amico mio," rispondo, annuendo divertita.

Mi bacia, spingendo il mio viso verso il suo usando la sua mano sulla mia nuca, e io decido che in fondo, posso rimanere qui ancora per un po'.

*

Il venerdì sera, all'aeroporto di Galway, ad aspettarmi ci sono i miei genitori.

Mia madre mi stringe come se non ci vedessimo da secoli e io la lascio fare, perché in fondo – non poi troppo in fondo – anche io mi sento così, e mio padre mi bacia sulla fronte mentre mi prende il bagaglio dalle mani, solo per riempirle con un bicchiere di caffè fumante e una ciambella ricoperta di zucchero.

Mi faccio raccontare le loro ultime avventure e racconto le mie – non poi troppo nel dettaglio – mentre la sgangherata jeep di mio padre ci porta fuori dall'aeroporto, diretti verso casa.

Quella sera, mangiamo a casa di Esme e Dylan, tutti insieme: Amelia mi trascina nella sua stanza per raccontarmi tutti gli sviluppi della sua ormai duratura e probabilmente eterna storia d'amore con Connor Murphy, e cinque minuti dopo Dylan mi preleva senza troppi complimenti per cercare di estorcermi quelle stesse informazioni. Viene a sua volta trascinato via da una Esme imbestialita, che lo confina in salotto a intrattenere Alex, Charlie, Liam e nostro padre mentre io, lei e la mamma prepariamo una tisana in cucina.

Il sabato mattina porto la colazione a Keeran e Katie, che mi guardano neanche fossi un'apparizione divina e mi trascinano dentro casa, davvero desiderosi di conversare con un atro adulto – immagino che Kee non stesse poi così tanto scherzando, al telefono. A Katie brillano gli occhi quando scarta The sun and her flowers (*), e io cerco con tutte le mie forze di non sudare freddo quando Kee mi depone Abigail tra le braccia, spiegandomi come tenerla a pancia sotto senza farla cadere. Lei mi sorride – forse non è merito mio, ma decido che non importa – e basta davvero soltanto questo perché io sia sul punto di piangere dalla gioia.

(*) libro di poesie di Rupi Kaur

*

La vecchia jeep di mio padre si muove sicura tra le strade del Connemara.

È una giornata limpida, con il sole alto nel cielo di questo primo pomeriggio malgrado l'aria fredda di un inverno ormai agli sgoccioli.

Ho risalito la collina senza troppi sforzi, e dopo aver fermato la macchina a lato della strada ho tirato su il bavero della giacca e mi sono seduta su una roccia, a guardare il paesaggio che si allarga sotto i miei occhi, con tutti i suoi colori: distese di terra verde e arancio, fino all'orizzonte striato di nuvole bianche. Verde e arancio, come l'Irlanda. Casa.

Venivo sempre qui, prima: quando ero più piccola con i miei genitori, con Keeran, e poi anche da sola, a leggere, a pensare, o semplicemente a ricordare i colori di casa mia. Kevin mi ha chiamata Principessa d'Irlanda – la foto che gli avevo mandato l'aveva scattata mio padre, proprio in questo punto.

Il cellulare vibra nella tasca della mia giacca. Lo prendo, scacciando la malinconia quando leggo il nome del mittente.

Come te la passi, ragazza di Galway?

Il verde e l'arancio del Connemara mi riempiono gli occhi e il cuore, mentre compongo il numero di James e porto il telefonino all'orecchio, il sorriso ancora sulle labbra.

Ho voglia di raccontargli dell'Irlanda, ma soprattutto, ho voglia di sentire la sua voce.



Ciao amici!

Questa settimana Holly torna a casa in Irlanda, non prima di aver trascorso una giornata rilassante nell'appartamento di James - ed è in completa, totale e ovviamente non duratura fase di negazione di quello che è successo con Kevin, lunedì.

Mi sono divertita un sacco a scrivere il dialogo su Espiazione: il libro perché beh, è davvero uno dei miei preferiti, e il film perchè rotolavo da sola dal ridere allo scrivere di James che non trova nessuna somiglianza con l'attore che interpreta Robbie, o di Holly che racconta di essersi sentita dire di somigliare a Briony. Se qualcuno di voi non avesse visto il film di Joe Wright, vi lascio due ottime gif:

Allora, cosa dire? Ci vediamo la prossima settimana amici! Passate un bel weekend!

A venerdì,

Holly

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