Capitolo 25

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Salii in macchina di Paolo, mentre lui era ancora davanti al portone di casa per chiuderlo.
Dovevo sapere cosa si celava dietro quel libro e quella rosa, volevo sapere di più.
Lui entrò in macchina, la accese e partimmo.
"In che ristorante andiamo?" domandai mostrandogli un sorriso cercando di allentare la tensione.
"Un ristorante particolare, è al centro, sicuramente non ci sarai mai stata perché non è permesso l'accesso a chi non è socio." mi disse restando tranquillo e continuando a guidare.
"Allora dovrei essere onorata che tu mi stia portando lì" dissi ridendo.
"Si molto, è un ambiente molto selezionato." rispose guardandomi negli occhi.
Io iniziai a ridere, ma nello stesso tempo ero contenta che mi stesse portando lì, voleva dire che qualcosa per lui valevo, che ci teneva.

Arrivammo davanti un grande portone, era di legno scuro con delle rifiniture in oro. Non sembrava un ristorante.
"Ma è questo?" domandai incerta.
"Si, ora vedrai" disse lui, suonando il campanello posto al lato.
Un signore alto ci venne subito ad aprire, e Paolo mi prese la mano per trascinarmi dentro.
Lo seguii, e insieme percorremmo un lungo corridoio con il pavimento in mattonelle nere e le pareti anch'esse nere lucide al di sopra delle quali erano posti solamente dei quadri ed erano incastonate delle piccole lucette colorate che ci facevano strada.
Arrivammo alla fine di questo lungo corridoio ed una porta scorrevole nera lucida si aprì di fronte a noi.
Vidi subito il bianco delle pareti in contrasto con il nero del corridoio.
All'interno della sala vi erano tutti tavoli di cristallo con al centro una grande mazzo di fiori di rose rosse.
Una donna alta, vestita di nero si avvicinò a noi.
"Prego, il tavolo è pronto" disse rivolgendosi a Paolo mostrando una certa freddezza.
Seguimmo la donna che ci portò in una stanza chiusa al cui centro c'era solo un grande tavolo.
Paolo mi fece accomodare, sedendosi poi anche lui di fronte a me.
"Molto particolare" esclamai, riferendomi al ristorante da lui scelto.
"Si, qui di solito ci facciamo molti incontri e a volte anche delle sfilate" mi disse mostrandomi un sorriso.
Io ricambiai, ma mi sentivo leggermente a disagio, fortunatamente avevamo una stanza solo per noi.
"Ho già ordinato io per te." disse guardandomi negli occhi.
"Quando scusa?" dissi ridendo visto che non era arrivata nessuna cameriera a portarci il menù o a prendere l'ordinazione.
"Oggi pomeriggio quando ho prenotato" disse ridendo.
"Bene, ora decidi anche su cosa devo mangiare oltre a tenermi chiusa dentro casa" esclamai con tono serio.
"Beatrice, lo faccio per te" disse in modo delicato, prendendomi una mano e intrecciandola alla sua.
Io mi abbandonai a quel tocco delicato e scacciai via tutta la mia ira del momento, non volevo litigare, non con lui.
"Allora dimmi della rosa" esclamai con tono dolce.
"Sai Eveline adorava leggere, quei libri li avevo comprati per lei, tranne quello che hai trovato te oggi. Non sapevo che le piacesse Baudelaire, quindi non sapevo neanche di averlo. Quando ho rivisto Eveline qualche giorno fa, oltre a presentarmi sua figlia, disse di aver
lasciato tempo fa un indizio, una dedica, che mi avrebbe fatto capire che mi avrebbe amato sempre. Ed ora tu me l'hai fatta ritrovare, ed io non posso altro che ringraziarti." disse mostrandomi un leggero sorriso.
"Perché hai scelto me ora?" domandai, stanca di essere ai suoi occhi l'unico mezzo che gli facesse ricordare Eveline.
Lui esitò un attimo, i suoi occhi si fecero cupi e divenne serio, evidentemente non si aspettava questa domanda.
"Io, non ti ho scelta Bea, sei tu che hai scelto me." disse ora fissando i miei occhi.
"Che vuoi dire?" domandai mentre il mio cuore iniziava a frantumarsi, a sentirsi stanco.
"Che sei capitata per caso e con i tuoi occhi mi hai scelto perché volevi qualcuno da amare, ed io anche volevo amare di nuovo, e forse ci sto riuscendo." disse stringendomi forte la mano.
"Tu non ci stai riuscendo. Tu mi vedi come Eveline, ma io non sono lei. Chiaro?" dissi alzando il mio tono e alzandomi dalla sedia per andarmene.
Forse era meglio così, forse lui non mi avrebbe mai amata, forse ero solo un'immagine sfocata di quello che avrebbe voluto. Non ero io la sua donna e non lo sarei mai stata.
"No Beatrice, rimani." disse prendendomi di colpo il polso per farmi tornare indietro.
"No Paolo, chiarisciti le idee, non sono Eveline e non lo sarò mai." urlai togliendo la mia mano dalla sua forte presa.
Uscii dalla stanza e lui mi seguii.
Poi la vidi, ero sicura che fosse lei. Era alta, perfetta, con gli occhi azzurri e i capelli lunghi biondi.
Paolo sussurrò il suo nome e andò da lei: Eveline.

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Nota autrice:

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