Capitolo 26

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Era lei, era Eveline, era la donna che lui ha sempre amato, era la donna dai mille ricordi, la donna dalle mille lacrime che inondavano il suo viso.
Era l'amore e la morte nello stesso tempo. Ho visto lui, Paolo, lasciare la mia mano per correre da lei. Un cuore frantumato era diventato il mio, ad ogni suo passo un piccolo pezzo si sgretolava. Avevo pensato di non amarlo, non così tanto, ma quando i suoi occhi hanno smesso di guardare i miei per andare da lei tutto quello che avevamo creato insieme è andato perso. Ora ci sono solamente mille frammenti di quell'ipotetico noi sparsi lungo i miei piedi. Io non facevo altro che guardare il mio unico amore andare verso il suo unico grande amore e non si poteva fare nient'altro che guardare da lontano.
Esplodevo di dolore dentro, piangevo dentro, e nulla usciva sul mio volto: ero un'insieme di dolore incastonato nel mio cuore.

Ora sapevo di amarlo.

Lo lasciai lì che guardava la sua amata, ed io ora ero solamente una spettatrice di quello che l'amore aveva creato fra loro due. Ero una misera e illusa donna che ci aveva creduto troppo.

Uscii di corsa da quel ristorante, ora con le lacrime che sgorgavano dai miei tristi occhi, ora con la rabbia nel cuore per essermi illusa, ora per la paura di essere sola, di nuovo.
Mi fermai sul marciapiede della strada e seduta strinsi la mia testa fra lacrime e singhiozzi. Avrei sperato che lui fosse tornato indietro, che fosse venuto a prendermi ed invece non lo fece.
Feci fermare un taxi che passava di lì e salii di corsa cercando di asciugarmi il prima possibile le lacrime.
''Dove la porto?'' domandò il ragazzo.
''Via Bianchi, per favore'' risposi senza neanche guardalo, continuando ad asciugare le mie lacrime.
''So che non dovrei essere inopportuno, ma come mai una bella ragazza come lei sta piangendo?'' domandò voltandosi verso di me e mostrandomi un sorriso.
''Si faccia i fatti suoi e mi porti dove le ho chiesto senza fare più domande per favore'' gli risposi con tono sgarbato.
L'unica cosa che ora volevo fare era stare in silenzio, tra i miei pensieri, distruggermi con le mie stesse mani. Avevo ormai toccato il fondo.
Lui rimase in silenzio per tutto il viaggio e lo stesso feci io guardando fuori dal finestrino e vedendo l'intera Milano passare sotto i miei occhi. Una Milano dalle mille luci accese, dai mille passanti, dai marciapiedi grigi e dal cielo scuro, una Milano che era il mio stato d'animo.

Mi lasciò davanti casa, pagai e scesi giù dal taxi.
''Buona serata signorina.'' disse lui con tono gentile, ed io gli sorrisi lasciandolo andare via.

Entrai dentro la mia casa, ancora in disordine per quello che aveva fatto Valerio. Ora ero sola, non ero più protetta da nessuno, ma non me ne importava più niente, ora poteva anche prendermi non avevo più nulla da perdere. Ero nell'abisso più profondo. Lasciai tutto come era e non risistemai nulla, andai solo in camera mia e mi buttai sul letto, piangendo perché ogni volta che chiudevo gli occhi vedevo l'immagine di Paolo andare verso di lei.
Senza di lui, senza più me stessa, un misero punto nell'universo.
Tra le lacrime mi addormentai, ormai stanca di pensare, stanca di piangere, stanca di soffrire, stanca per quel dolore che era troppo forte ora sopportare.

******

Il giorno seguente mi svegliai e la pelle del mio viso era tutta irrigidita a causa delle lacrime che si erano depositate. Avevo un forte mal di testa e nonostante la lunga dormita mi sentivo ancora stanca. Presi il telefono e vidi un messaggio, era Paolo. Il mio cuore ricominciò a battere, era inevitabile.

''Dove sei?''

Il messaggio risaliva alle 3 di notte, io già ero a dormire e quindi decisi di non rispondergli, in fondo era meglio per entrambi sparire, io dalla sua vita e lui dalla mia. Lanciai il cellulare sopra il comodino e mi alzai dal letto dirigendomi in bagno. Arrivai davanti lo specchio e iniziai a fissarmi, avevo il trucco tutto colato, il nero scendeva lungo le mie guance ed i miei occhi erano tristi e gonfi, ancora rossi per aver pianto troppo. Feci un profondo respiro e mi tolsi il vestito della sera precedente e mi buttai dentro la vasca riempiendola con acqua bollente. Rimasi lì dentro per ore fissando un punto bianco sul soffitto, l'acqua iniziava poco a poco a raffreddarsi ed io ero immobile, e l'unico suono che si sentiva era quello del mio cuore che batteva ritmicamente. Mi svegliai dal mio stato di trans non appena il telefono squillò, lo lasciai suonare, non avevo la forza di uscire dalla vasca.

E' strano come il destino ti metta davanti delle persone di cui poi tu ti innamori e loro ti gettano via, per gli occhi di un'altra, per l'amore di un'altra e tu rimani solamente la seconda scelta, rimani il ''dopo di lei'', rimani il nulla per lui, mentre tu vorresti vedere ogni giorno quegli occhi, toccare i suoi capelli, perderti in un suo abbraccio, posarti sulle sue labbra, ma non si può, non più, non ora.

Poco dopo decisi di uscire dalla vasca per rimettermi sul letto. Presi un accappatoio bianco e me lo infilai, uscii dalla porta e mi buttai nuovamente sul letto. Presi il telefono per vedere di chi fosse la chiamata ed un unico nome era scritto su quello schermo: Paolo, seguirono poi altri messaggi.

''Dove cazzo sei Beatrice?''

''Rispondi, ti prego, sono preoccupato''

''Vai al diavolo'' urlai gettando di nuovo il telefono dall'altra parte del letto. L'amore non era mai stata roba per me, ed ora ne riuscivo a capire pienamente il motivo, basta così poco per farti scendere nell'abisso, per sentire dolore, basta poco, veramente poco.

Il telefono squillò nuovamente lo presi solamente per vedere chi fosse, ma questa volta non era Paolo, bensì Davis. Rimasi con il telefono in mano per qualche secondo indecisa se rispondere o meno, ma alla fine risposi.

''Pronto'' dissi con tono scocciato.

''Beatrice, tutto bene? Dove sei?'' rispose Davis preoccupato.

''Sto bene'' risposi fredda cercando di chiudere subito il discorso, non avevo proprio voglia di starlo a sentire.

''Dove sei?'' mi domandò.

''Non ti deve interessare e ora ciao'' risposi e chiusi la chiamata.

Davis, si lui, la persona che mi aveva detto che mi amava ed io sono scappata nelle braccia di Paolo. Amiamo sempre chi ci sfugge, pensai, era inevitabile, desideriamo le cose che non possiamo avere e disprezziamo sempre quelle che abbiamo, le più care forse, procurando dolore nel cuore di chi non se lo meriterebbe. Siamo così sbagliati, tutti a inseguire un amore impossibile, un amore che volta le spalle, un amore che tradisce, un amore lontano, ma una cosa ci accomuna: ognuno di noi segue l'amore a prescindere da quale sia la sua natura.

I miei pensieri furono interrotti dal suono del campanello. Mi alzai dal letto per andare a vedere chi fosse, aprii la porta ed i suoi occhi si incastonarono nei miei: era Paolo.

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