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Passava le notti in casa di Hideko e Yumi, le donne che le avevano offerto il tè il giorno che era arrivata. Dormiva su un materasso sottile appoggiato direttamente sul pavimento. Rose lo trovava strano, ma pensò che doveva adattarsi alle abitudini della Terra.

Ogni mattina le preparavano quel tè verde amaro che ormai aveva imparato ad apprezzare. Hideko e Yumi le sorridevano sempre. Le chiedevano come stava andando con lui. Rose rispondeva che era dura, ma se la sarebbe cavata.

Dopo il tè Rose passava a salutare Daisuke, l'anziano che si prendeva cura del giardino interno. Daisuke bagnava le azalee con un innaffiatoio di rame, estirpava i bambù secchi vicino al laghetto, oppure sistemava le rocce dei camminamenti. Le raccontava di come ogni elemento del giardino fosse importante. L'acqua rappresentava la vita, le rocce la fermezza della pace interiore. Rose sarebbe stata ad ascoltarlo per ore. Ma non poteva rimanere per sempre in quel giardino. Lui la stava aspettando sulla collina.

Percorreva la strada del villaggio salutando tutti. Rideva con i bambini che prendevano l'acqua alla fontana per portarla nei campi. "Yoshi, non è troppo grosso quel secchio per te?", chiedeva a un bambino per canzonarlo. Tutti per lei facevano mostra di essere forti e di non provare fatica. Erano così orgogliosi di aiutare la loro famiglia.

Aveva la sensazione di conoscere ognuno da sempre. Era così diverso da Siebengrade. Qui Rose usciva di casa e aveva la sensazione di fare parte di qualcosa.

Poi veniva la parte più dura. La collina. Giorno dopo giorno, aveva imparato a non provare disgusto alla vista delle spade imbevute del suo sangue. Cercava di non pensare ai ripetuti tagli che si procurava in ogni scontro: Mercury li avrebbe curati con uno schiocco delle dita. E aveva imparato a concentrare abbastanza le nano per parare i colpi, come se anche lei manovrasse una katana.

Anche oggi Mercury la attendeva in meditazione sotto l'albero. Rose attraversò l'erba alta, mentre avvertiva sulla pelle i propri abiti trasformarsi. Quando arrivò al suo cospetto, indossava già la divisa da combattimento.

"Buongiorno, Mercury Rose" disse lui con una voce che vibrava come lievi colpi su un tamburo profondo.

"Non mi chiedi mai come sto", lo sfidò lei.

"Perché lo so già. Non ricordi che le mie nano vivono nel tuo cervello?"

Mercury si alzò. Rose ormai aveva imparato non farsi ingannare dalla sua somiglianza con Duke. Eppure doveva stare in guardia: a volte, con una lieve vertigine, vedeva in lui il ragazzo di cui era ancora innamorata. In lei qualcosa tornava a sanguinare. E questa ferita Mercury non l'avrebbe mai curata.

Rose sentì alle sue spalle un fruscio nell'erba. I samurai erano già lì per lei.

"Hai fatto molti progressi" disse Mercury. "È ora di ascendere a un nuovo livello."

"Ah. Devo combattere bendata o qualcosa del genere?" chiese Rose acida.

"No. I samurai ti attaccheranno insieme. Li dovrai affrontare tutti contemporaneamente."

I cinque samurai sguainarono le loro spade all'unisono.

"Ok, ora ne sono sicura" pensò Rose, guardando Mercury di sottecchi. "Ti piace vedermi fatta a fettine".

"Ti assicuro di no" udì Rose, anche se le labbra di Mercury non si erano mosse. Lui continuava a rivolgerle il suo sorriso, sereno e imperturbabile come il corso della luna nel cielo notturno.

"Se vivo nel tuo cervello, posso ascoltare i tuoi pensieri, no?" disse ancora lui senza emettere parola.

"Ci mancava solo la telepatia" sibilò Rose.

"Se vuoi, ti guiderò durante il combattimento" disse Mercury. Rose non sapeva se trovarlo rassicurante o inquietante.

"Bene", disse Rose portandosi al centro della radura. "È un bel giorno per essere sbudellati. Perché aspettare?"

Alzò le braccia, e appoggiò la mano destra chiusa a pugno sul palmo della mano sinistra aperta. I samurai la circondarono.

Rose liberò le nano. Doveva pensare velocemente. Concentrò le nano in cinque punti nello spazio. Formò cinque spade ricurve, nere come la notte, rivolte ciascuna contro uno dei samurai. Attese l'assalto.

Urlarono e si avventarono su di lei. L'inizio fu semplice. Attaccarono tutti e cinque con un fendente sopra la sua testa. Rose li parò tutti all'unisono, e li respinse facilmente.

Si allontanarono da lei. Cominciarono a girarle attorno come tigri. Rose vedeva i guerrieri passarle davanti agli occhi. Si sforzava di percepire con le nano quelli che camminavano alle sue spalle.

Il samurai davanti a lei urlò come una belva, e la attaccò con un altro fendente dall'alto. Rose lo parò, mentre cercava di capire quale fosse la mossa degli altri quattro. Parò altri tre colpi. L'ultimo la raggiunse al braccio sinistro, appena sotto la spalla.

Il braccio si staccò di netto e si perse nell'erba alta. Rose guardò il moncherino sputare sangue. Si trattenne dall'urlare, ma cominciò ad ansimare veloce.

"Dov'è l'errore, Mercury Rose?" udì nella sua mente.

"Oh, non c'è nessun errore. Sono io, la piccola Rose, contro cinque samurai assetati di sangue. Mi faranno a pezzettini."

"Ti sei concentrata solo sul guerriero davanti a te. Se la tua mente si ferma, tu ti fermi. La tua mente non deve essere catturata dalla visione della spada dell'avversario."

"Non sarebbe ora di schioccare le dita?"

"Non ti servono due braccia per manovrare le nano."

I samurai ricominciarono a girarle attorno.

"Pensa all'avversario, e la tua mente sarà prigioniera dell'avversario. Se la tua mente è trattenuta da un solo uomo, potrai parare il suo fendente, ma il fendente di un altro uomo ti ucciderà."

Rose girava la testa a destra e a sinistra, per cercare di tenere d'occhio tutti. Uno dei samurai si avvicinò tenendo la katana al livello del busto. Rose capì che si preparava ad attaccare il suo braccio destro. Posizionò la spada di nano appena in tempo per parare il colpo. Ma sentì un'altra lama raggiungere la sua schiena.

La katana penetrò la pelle, le tagliò le costole sotto la scapola e continuò la sua strada giù fino al fianco. Per il contraccolpo, Rose cadde sulle ginocchia.

"Rose ha paura. Rose cerca di concentrarsi e Rose si fa trattenere in ogni azione. Devi liberarti di Rose. Devi essere una non-Rose. Solo così la tua mente sarà ovunque."

Nell'erba alta, Rose lottava contro lo shock.

"Aiutami, Mercury."

"Lo farò."

Rose sentì che qualcosa accadeva alla sua mente. La paura, che prima permeava ogni angolo del suo essere, si trasformò. Divenne un oggetto, come se qualcuno l'avesse chiusa in un barattolo di vetro con l'etichetta: "PAURA". Ora lei osservava il barattolo, e si domandava: perché prima questa cosa aveva tanto potere? Perché mi dominava? Era come un dente cariato che le fosse stato tolto, e che adesso si trovava nel palmo della sua mano. Che diritto aveva una cosa così piccola di farmi così male?

Poi accadde di più. Altri parti di se stessa divennero oggetti che si allontanavano. La sua rabbia per dover affrontare un combattimento così ingiusto. Il rancore verso Miki che l'aveva tradita. Il rimpianto per la perdita di Duke. Tutti finirono in altrettanti barattoli di vetro.

"Se mi togli tutto, non resterà niente di me!" protestò.

"Fidati, Mercury Rose".

Ora la sua mente era nuda. Per un istante credette di essere totalmente indifesa. Poi accadde qualcosa di meraviglioso. Divenne assolutamente presente. Era libera di percepire senza ostacoli tutto ciò che la circondava. Per tutta la vita, aveva lasciato che il caos della sua mente oscurasse l'energia di fondo che permeava ogni cosa. Ora finalmente questa energia si era risvegliata... No, l'energia era sempre stata lì. Era lei a essersi risvegliata.

Si alzò in piedi. Fu assolutamente consapevole della luce del sole, dei guerrieri che tornavano ad avvicinarsi, del vento che muoveva l'erba alta. Lei stessa era diventata vento, era diventata erba che si piega senza resistere, era diventata sole che splende su ogni cosa. Non le importava più delle ferite, di perdere o di vincere, di vivere o morire. Non sarebbe stata più prigioniera di una singola idea. Era libera.

La attaccarono di nuovo. Non aveva più bisogno di guardare: percepiva tutto attraverso le nano. Intuì ogni colpo che i samurai stavano preparando per lei. Davanti e a sinistra ancora fendenti dall'alto. A destra, un altro attacco al braccio superstite. Alle spalle, un nuovo fendente diagonale discendente e... una stoccata? Sì, una stoccata.

Manovrò le spade di nano con estrema facilità. Nella sua mente erano leggerissime, dure come l'acciaio e inarrestabili. Pararono ogni colpo all'unisono. Le braccia di quelle scimmie non potevano nulla contro la forza delle nano. Quattro samurai su cinque furono disarmati. Le loro spade rotearono in aria brillando nel sole, e si conficcarono a terra di punta nel mare di erba.

Con le nano, spinse i guerrieri disarmati a inginocchiarsi e a rimanere immobili. Restava l'ultimo samurai. Era davanti a lei. Arretrava rivolgendole la punta della katana.

Lei avanzò tranquilla, puntandogli contro tutte e cinque le sue spade mentali. Vide la paura negli occhi del guerriero. Le venne da sorridere. Ma come, non hai capito che la paura è superflua? Che si nutre solo di se stessa? Non sei stato risvegliato?

Il samurai attaccò con una stoccata disperata. Lei la parò usando tutte le sue spade contemporaneamente. La katana del samurai andò in mille pezzi.

Costrinse in ginocchio anche quell'ultimo guerriero. Poi volse lo sguardo verso Mercury. Le era grata per averla spinta a superare i suoi limiti. Il suo maestro sorrise e annuì.

"Ora puoi procedere, Mercury Rose."

Lei osservò il samurai. L'uomo stringeva i denti. Sembrava attendere il colpo di grazia.

Mercury Rose alzò il braccio superstite e aprì la mano. Dal palmo rivolto al cielo, fuoriuscì un dardo di luce rossa. Appoggiò il palmo sull'ampia fronte rasata del guerriero. Il dardo penetrò senza fatica.

Lei vide. Un codice di onore opprimente. La vergogna per la sconfitta subita. La risoluzione ferrea di suicidarsi, se fosse stato risparmiato. Vide una mente che era cresciuta pensando che nel mondo non ci fosse amore, ma solo dovere. Vide la dedizione alla violenza più spietata.

Ma vide anche cose buone. Il senso della giustizia, la determinazione nel perfezionarsi, il desiderio di difendere i più deboli. Lei prese tutto ciò e lo portò al centro di quella mente. Poi si occupò del senso dell'onore, rendendolo meno soffocante. La mente era incredula. Davvero posso ancora volermi bene, dopo aver subito questa sconfitta? Lei la convinse di sì.

Infine la cosa più difficile. Prese l'abitudine alla violenza, che era la legge stessa di quella vita, e la trasformò in repulsione per l'idea di spargere il sangue. La mente protestò. Se non sarò un guerriero, non sarò nulla! Lei fu inflessibile.

Fu soddisfatta della sua opera.

Staccò la mano dalla testa del samurai. Questi si alzò, e le sorrise felice. La salutò con un inchino.

Riscrisse gli altri quattro samurai allo stesso modo. Tutti lasciarono la radura tranquilli.

"E ora, non vuoi più che schiocchi le dita?" disse Mercury avvicinandosi attraverso l'erba.

Lei si guardò. Era un disastro. La sua tunica era diventata più rossa che bianca. Dal moncherino colava ancora sull'erba un liquido rossastro.

"Non mi servono due braccia" rispose lei in tono di sfida. Rise. Credette di sentire ridacchiare anche Mercury.

Senza preavviso, un vento gelido cominciò a tormentare l'erba. Dall'orizzonte, prese ad avanzare verso di loro un fronte compatto di nubi nere.

Rose sentiva freddo. "Prima questo posto era più piacevole" disse.

"Non dipende da me" rispose Mercury.

"Non dipende da te? Ma questo non è un tuo sogno?"

La coltre di nubi occupò con una velocità spaventosa lo spazio azzurro del cielo. Il sole fu presto oscurato. Tutto accadeva con una rapidità innaturale: sembrava che qualcuno avesse steso di colpo una coperta soffocante sul mondo. Infine, lampi accecanti intervallarono l'oscurità.

"Rose, adesso dovrai essere forte" disse Mercury. Era la prima volta che lei lo vedeva preoccupato.

"E adesso cos'altro..."

In un attimo, non fu più lì.

Un dolore atroce le attraversò il petto, per diffondersi in ogni angolo del suo corpo.

Aprì gli occhi. Era sdraiata in una capsula aperta. Su di lei, uomini vestiti di bianco con il volto coperto da una maschera la stavano osservando. Uno di loro appoggiò due piastre sul suo petto. Di nuovo il dolore la attraversò, le fece inarcare la schiena, le aprì violentemente i polmoni.

"Ok, il cuore ha ricominciato a battere" disse uno degli uomini.

Rose non riusciva a muoversi. Ogni singolo respiro le provocava fitte intollerabili. Cercò di dire qualcosa, ma invece boccheggiò con la lingua che si muoveva a vuoto.

La presero di peso e la sistemarono su una sedia a rotelle, come se giocassero con una bambola. Rose compì uno sforzo tremendo per alzare la testa. Vide poliziotti con il fucile puntato su di lei.

"Il collare, forza! Cosa aspettate?" gridò qualcuno.

Le fecero scattare qualcosa attorno al collo.

"Bella addormentata pronta per il viaggio" annunciò un poliziotto parlando in un comunicatore.

Poi il poliziotto si chinò su di lei. Aveva il volto completamente coperto da una visiera ottica. Le disse: "svegliati strega. È giorno di interrogatori".

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