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Rose sentiva il dolore al fianco pulsare con un ritmo lento e costante. Acquattata in silenzio insieme agli altri, osava appena respirare. Clash, la bionda e il terzo ragazzo tenevano le pistole a impulso puntate verso l'alto. I loro sguardi erano freddi e bui.

Lei aveva le nano, certo. Ma era sfinita. In caso di scontro, sarebbe stata in grado di combattere? Una volta, molto tempo prima, era riuscita a deviare i proiettili di una pistola a impulso. Era stato quando aveva affrontato quei poliziotti insieme a Duke. Sembrava passato un secolo. Aveva anche immagini confuse di cinque samurai che tentavano di farla a fette con lunghe spade. Lei li aveva tenuti a bada. Ma quello era stato una specie di sogno.

L'uomo dalla lunga barba rossa varcò lo spazio della vetrina sfondata. Rose udiva i suoi passi calpestare i cocci di vetro sul pavimento. Seguì un silenzio insopportabile. Rose cominciò a temere di non riuscire a stare immobile ancora a lungo. Il dolore al fianco diventava sempre più intenso.

Di nuovo rumore di passi, molto vicini. Rose ne era certa, ora l'uomo si trovava al di là degli scaffali dietro i quali loro erano nascosti. Rose non osava girare la testa per guardare, ma ebbe quasi la sensazione di udire il suo respiro. Sarebbe bastato quel mucchio di stivali per nasconderli?

"Pensavate di sfuggirmi?" disse allegramente una voce cavernosa. L'uomo era a meno di mezzo metro da loro. Ci fu un movimento a circa venti centimetri dalla testa di Rose. Un paio di stivali fu rimosso dallo scaffale. Rose non resistette più. Girò la testa per guardare.

Attraverso gli scaffali, vide l'uomo. Ma il gigante barbuto non restituiva lo sguardo a Rose. Ammirava soddisfatto gli stivali che aveva afferrato. Un paio di stivali da cowboy, bianchi e squamosi.

"Sintopelle di serpente" mormorò il barbuto fra sé e sé. "Questo deve portare un uomo ai suoi piedi." Si sedette su uno sgabello, si tolse i suoi logori stivali marroni e indossò le sue nuove calzature pitonate.

Dall'esterno, qualcuno cominciò a suonare insistentemente il clacson dell'autocarro. "Arrivo!" urlò il barbuto, mentre passeggiava per il negozio per testare la comodità dei suoi nuovi stivali. "Stavo solo facendo un po' di shopping" aggiunse, mentre usciva passando di nuovo per la vetrina sfondata.

L'autocarro ripartì, portando lontano il suo carico di barbari e prigionieri. Rose appoggiò la testa sullo scaffale dietro di lei. Trasse un profondo sospiro di sollievo. Fu punita da un'acuta fitta di dolore al fianco. Poi girò la testa verso gli altri. A pochi centimetri dai suoi occhi, vide la canna di una pistola a impulso puntata contro di lei.

Era la bionda. Sembrava sconvolta. La sua espressione era dura, ma lasciava trasparire il terrore. Stringeva la pistola con mani tremanti.

"Smettila subito" sibilò. La voce le usciva a stento.

Rose non capiva. Poi vide un fumo nero lambire le braccia tese della bionda.

Aveva liberato le nano, senza accorgersene. Le volute di vapore nero si diffondevano nell'ambiente, strisciando fra le loro gambe.

Anche Clash e il compagno guardavano Rose impietriti. Continuavano a stringere i calci delle loro pistole, tenendole puntate verso l'alto. Erano pronti a entrare in azione.

"Scusate" biascicò Rose. Si sforzò di rilassarsi. Avvertì le nano ritornare al loro posto, da qualche parte dentro al suo corpo.

Appena il fumo nero si dissolse, la bionda scattò in piedi. Camminò avanti e indietro per il negozio, lisciando furiosamente con le mani i pantaloni e il trench nero. Sembrava volere scacciare delle formiche. Anche i ragazzi si alzarono. Apparivano sollevati per lo scampato pericolo. Rose si domandò se avessero avuto più paura delle Falangi o di lei.

"È stata solo una reazione alla paura" disse Rose. Subito si pentì di avere pronunciato quelle parole. Non doveva scusarsi. Non aveva fatto del male a nessuno.

"Volevi infettarci tutti?" urlò la bionda. "Quelle maledette nano mi sono entrate in circolo?"

Rose si sforzò di stare calma. "Non funziona così. Mercury sceglie i suoi ospiti." Dopo una pausa aggiunse: "E non sceglierebbe mai te."

"Ti assicuro che non ci tengo a diventare una strega" rispose la bionda. Si avvicinò minacciosa a Rose. Clash si interpose.

"Rimaniamo calmi." Il suo tono era tranquillo, ma non ammetteva repliche. "Da tutto ciò che sappiamo di Mercury, non c'è un pericolo immediato di contagio."

Poi si rivolse a Rose, abbozzando a un mezzo sorriso. "Però Rose ci promette di usare i suoi poteri solo in caso di emergenza, vero?"

Rose strinse i denti. Guardò Clash negli occhi. Capì che lui stava ancora domandandosi se poteva fidarsi di lei. Sospirò. Accennò a un sì con la testa.

Uscirono e si avviarono lungo Fraserstrasse. Lo schema era sempre lo stesso: i ragazzi aprivano il gruppo, la bionda lo chiudeva. Al centro, ben sorvegliata, Rose si sforzava di camminare veloce. Prima di arrivare a Hansaplatz, scesero delle scale che portavano a un seminterrato.

La porta di ingresso era stata forzata. All'interno la luce filtrava a fatica. Le piccole finestre che si affacciavano al livello della strada erano coperte da pesanti pezzi di cartone. Nella penombra, Rose credette di scorgere un grande soggiorno pieno di divani. Clash premette un grosso pulsante bianco su un muro. Dei neon lampeggiarono dal soffitto. Una luce bianca, fredda e spietata illuminò ogni angolo di quello spazio enorme.

Era un negozio di arredamento. Poltrone, divani e letti erano disposti per ricreare la parodia di stanze abitabili, come in una casa senza pareti divisorie. Sui tavolini, vecchie riviste cartacee di design che nessuno avrebbe mai letto. Sugli scaffali dei soggiorni, foto di dorsi di libri inesistenti.

"Accomodati pure dove vuoi." Clash mostrò con un ampio gesto il regno che avevano conquistato.

"E ci va di lusso." Il ragazzo alto con la pelle scura sorrise a Rose. "Su Lakatos 4 ho dormito per un mese sul nudo terreno. E gli steli d'erba erano duri come spine."

Tese la mano a Rose. "Soldato scelto Willem Rey. Per gli amici Bill".

Rose ci mise un attimo a capire che voleva presentarsi. Strinse la sua mano.

"Rose" mormorò incerta. "Per gli amici... Rose."

"Io sono la specialista di ricognizione Dakota Jang. Per gli amici, specialista di ricognizione Dakota Jang". La bionda aveva parlato da qualche metro di distanza. Era sdraiata su un letto matrimoniale a motivi floreali, e guardava il soffitto. Si era tolta il trench. Sotto indossava una canottiera nera.

"In realtà noi la chiamiamo Sweet Dakota" disse Willem, parlando piano a Rose. "Solo che non ti consiglio di usare quel nome in sua presenza. Conosco gente che è finita in infermeria per questo."

Clash aprì degli armadi a muro ed estrasse degli zaini grigio verdi. Poi si sedette su una poltrona a righe blu su fondo verde chiaro.

Rose fu assalita dalla stanchezza. Forse era l'illusione di trovarsi in un ambiente domestico, ma aveva la sensazione di potersi rilassare. Si sedette davanti a Clash, sul divano coordinato alla sua poltrona. Si appoggiò piano allo schienale, cercando di non destare il dolore al fianco.

Rose non sapeva da dove iniziare. Poi disse semplicemente: "Siete soldati."

Clash estrasse dallo zaino una scatola bianca con sopra una grossa croce rossa. La aprì, e ne estrasse delle bustine. Si avvicinò a Rose.

"Siamo contractor. Lavoriamo per la Lancewar. In missione per contro dell'Unione."

Strappò una bustina e ne estrasse una salviettina umidificata. "Forse è meglio se disinfettiamo quelle abrasioni."

Rose annuì. Si tolse la giacca in similpelle. Le sue braccia nude erano piene di segni rossi. Clash cominciò a pulire i graffi uno a uno.

"Siete qui per le Falangi" disse Rose.

"Missione di ricognizione. Dobbiamo raccogliere informazioni sul campo. Individuare dove tengono prigioniero Hendricks. Preparare un'estrazione"

"Hanno catturato il governatore? Ora comandano loro? Ma chi sono? Ahi!"

Nonostante la delicatezza di Clash, la salviettina bruciava sulla pelle di Rose.

"Scusa. Nessuno sa da dove siano sbucati fuori. Forse lavoratori delle miniere rivoltosi. E sì, hanno organizzato un colpo di stato. Ma più che altro, si comportano come barbari. Saccheggiano. Costringono la popolazione a unirsi a loro. Chi rifiuta fa una brutta fine."

"E l'Unione vuole aiutare il governatore?"

"Sì. Hendricks è diventato pappa e ciccia con l'Unione."

"Dev'essere successo mentre dormivo" mormorò Rose.

Estrassero dagli zaini delle scatolette argentate. Sintoporzioni autoriscaldanti. A Rose ne diedero una al gusto di pollo e peperoni. Rose esaminò la massa compatta, grigia e fumante, che doveva essere il suo pasto. Non aveva molta fame, ma l'unica cosa che aveva mangiato negli ultimi due anni era la mousse della Vanguardia, quella mattina. Doveva sforzarsi. Raccolse con la forchetta di plastica verde un boccone di sintoporzione. All'inizio ebbe paura di vomitare. Poi un sapore che ricordava vagamente la carne si diffuse per il suo palato. Non era poi così male. Inghiottì. Lo stomaco accolse tutto. Era stato molto più facile che con la mousse.

Terminata la scatoletta, Rose si distese sul divano. Era stanchissima, ma si domandò se sarebbe riuscita ad addormentarsi. Si era appena svegliata dopo due anni di sonno. Per quanto ne sapeva, forse avrebbe dovuto rimanere sveglia altri due anni per dormire di nuovo.

Il dolore al fianco si presentò di nuovo. Rose represse un gemito.

"Forse è una costola incrinata". Clash si sedette per terra, accanto al divano. "Se vuoi posso darti un antidolorifico. Mi dispiace che non ci siano ufficiali medici fra di noi".

"Beh, credo di avere un problema di salute un po' più grave di una costola incrinata." Ridacchiò da sola, come una stupida. Si stupì. Erano letteralmente anni che non rideva.

"È stato quel ragazzo alla festa, vero? Quello che hai baciato. Ti ha seguita sul pianeta."

Rose non disse nulla.

Clash continuò. "C'è stato qualcosa... fra di voi?"

Rose cercò di indagare l'espressione di Clash. "Perché vuoi saperlo, tenente Hamilton? Indagine ufficiale? Metterai tutto in un rapporto?"

Clash represse un sorriso. Poi chiese: "Com'è essere una Mercury?"

Rose sospirò. "All'inizio era forte. Ma alla fine, ti rimane un gran casino nel cervello."

"Lui... ti parla? Senti la sua voce?"

"No, non ho le allucinazioni. Però ho fatto dei sogni. Degli incubi, più che altro. Ehi, un momento. Prima che mi mettessero a nanna, nessuno sapeva niente di Mercury".

"Ora è di dominio pubblico. La Lancewar ci ha fornito un dossier. Credo tu abbia conosciuto Farida Marley, vero?"

Rose si alzò su un gomito, ignorando il dolore. "Certo. La dottoressa Marley."

"Ha subito un processo per avere creato Mercury. Ma è stata assolta. Credo che l'Unione abbia messo una buona parola".

Rose tornò ad appoggiarsi al divano. "E tu? Come sei diventato il tenente Hamilton?"

"Beh, dopo essere stato espulso dal pianeta non avevo molte alternative. Morire di fame, oppure arruolarmi. Cercano sempre contractor. Vita dura, ma vitto e alloggio assicurato."

"Cosa? Sei stato espulso dal pianeta?"

Sul volto di Clash si disegnò un mezzo sorriso. Raccontò brevemente cosa era successo quando aveva accompagnato Miki alla Torre Lang & Murnau.

"Miki voleva parlare col governatore? Per avere mie notizie?"

"Si sentiva in colpa per averti fatto catturare."

Rose sospirò. "Stupida Miki. Stupida sorellina."

Poi aggiunse: "E tu, ti sei cacciato in questo guaio per aiutarla. Ti sei rovinato la vita... per me."

"Beh, ora viaggio molto e conosco un sacco di gente nuova. Sempre meglio di stare alla cassa."

Rose guardò Clash, i suoi occhi grigio-verdi, i suoi capelli castani ora tagliati cortissimi. Ricordò il tempo in cui avrebbe voluto affondare le sue dita in quei capelli. Gli sorrise e gli disse: "grazie".

Lui accennò a un saluto militare toccandosi la fronte con le dita. "Sai, poco dopo la tua cattura, il governatore Hendricks disse a tutti che eri morta. Sono felice che non sia vero."

Clash sorrise. Poi cadde un silenzio strano, come se nessuno dei due sapesse come continuare la conversazione oltre quel punto.

"Tenente Hamilton, la sua presenza è richiesta al letto con i fiori rossi". Era stata Dakota a parlare. Era arrivata e si era messa sull'attenti davanti a Clash, ignorando Rose.

Clash apparve imbarazzato. Si alzò dal divano. Dakota allora ruppe l'attenti. Con un gesto rapido, intrecciò le sue dita dietro il collo di Clash, e avvicinò la sua bocca a quella di lui. Lo baciò, a lungo e con insistenza. Lui accompagnò l'impeto di lei, senza apparenti ritrosie. Fu chiaro a Rose che si trattava di uno schema collaudato. Dakota e Clash stavano insieme.

La ragazza bionda finalmente staccò le sue labbra da quelle di lui. Poi girò la testa, prese fiato e rivolse un'occhiata a Rose. Era uno sguardo che voleva dire: ho delimitato il mio territorio. Ci siamo capite.

Dakota prese la mano di Clash, e lo condusse via come un bambino. Lui ebbe appena il tempo di sussurrare velocemente "buonanotte" a Rose. Anche Dakota si girò verso Rose, e sibilò trionfante: "buonanotte, Mercury."

Rose si sdraiò piano, attenta a non risvegliare il dolore al fianco. Sprofondò la testa in un cuscino. Sarebbe riuscita a prendere sonno su un divano così morbido? Chiudendo gli occhi, pensò a Clash e Dakota. Perché avrebbe dovuto importarle qualcosa di loro due? Rose era stata assente dal mondo per due anni. Gli altri avevano continuato a vivere.

E poi Clash era storia vecchia. Rose aveva avuto Duke. E l'aveva perso per colpa di Mercury.

Capì di stare per addormentarsi. Pregò di non sognare.

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