Il cappello parlante

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Armando Dippet era un mago d'altri tempi, quando misi piede alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts per la prima volta aveva più di 200 anni e ai miei occhi di bambina proveniente da un piccolo villaggio babbano era quanto più anacronistico potesse esistere. Portava un buffo cappello marrone coperto di pelo a punta e una lunga tonaca blu con una stola dorata sulle spalle che mi ricordava un po' i paramenti che usava mio padre durante le funzioni. Aveva lunghi capelli bianchi che arrivavano fino oltre le spalle e una lunga barba folta. Nel corso degli anni ebbe modo di modernizzare il suo aspetto , ma quando vedo nel mio ufficio il suo ritratto ecco penso che quella sera che lo vidi per la prima volta fosse del tutto rispondente a quell'immagine. Noi bambini eravamo oltremodo intimiditi dalla sua presenza in realtà era un preside abbastanza comprensivo che raramente puniva e ancor più raramente allontanava studenti. Quando ci condusse davanti al cappello parlante quella sera credo di aver strabuzzato gli occhi. Mi madre mi aveva parlato delle case di Hogwarts , lei al tempo era appartenuta alla casa Corvonero e ne era oltre modo orgogliosa, ma si era dimenticata di parlarmi del cappello parlante.

«Forse pensate che non son bello, ma non giudicate da quel che vedete: io ve lo giuro che mi scappello se una migliore ne troverete.» — Il Cappello Parlante.

Era proprio un gran chiacchierone quel cappello. Si inventava nuove filastrocche ogni anno, non deludeva mai. Quel vecchio cappello apparteneva originariamente a Godric Grinfondoro, uno dei fondatori della scuola, e tutt'oggi durante l'anno scolastico viene conservato nell'ufficio del preside. Smistare gli studenti nelle case non è affare semplice e in tutta onestà non lo invidio. Nessun bambino sa già l'adulto che sarà e in più ogni mago ed ogni strega ha in sé stessa tanti aspetti di una complessa personalità. Ho visto Serpeverde lasciarmi il passo lungo le scale: il professor Piton lo faceva spesso, è sempre stato un galantuomo e un amante di certe usanze. Ho visto Corvonero bocciati a tutti i loro esami: gli elisir d'amore sono proprio una brutta cosa, poveretti, ho visto Tassorosso che non si alzavano mai prima dell'orario delle lezioni o si addormentavano sul banco a scuola e ho visto tanti di quei Grifondoro fuggire dai fantasmi della scuola. Non è che il capello sbagli è che lui guarda oltre, nel cuore, nell'anima del mago e della strega che si trova sotto di lui in quell'istante e a volte vede ciò che i bambini ancora non vedono. E poi c'è la scelta: penso che ogni mago ad un certo punto della sua vita sia chiamato a scegliere chi vuole essere e quella scelta a volte conta più della propensione.

Il cappello parlante me lo racconta spesso: io fui una delle bambine più difficili da piazzare. Ci mise cinque minuti e mezzo. Abbot chiamava bonariamente quei bambini che mandavano in tilt il cappello "Testurbanti" e devo ammettere che il mio fu quasi un record. Cinque minuti e mezzo per decidere se mandarmi sotto Corvonero, come mia madre, o sotto Grifondoro. In realtà io non avevo una predilezione, mi bastava stare lontano da Serpeverde: avevo sentito sul treno raccontare che i più grandi maghi oscuri erano tutti di Serpeverde e dopo quello che mi aveva detto Olivander sulla mia bacchetta , un po' di paura mi era venuta. Alla fine, decise per Grinfondoro. Sentire tutti quei maghi e quelle streghe applaudire come se avessero vinto ad una partita di Quiddich per avermi tra le loro fila in un certo senso mi stupì e colmò di grande responsabilità. Quel leone su sfondo rosso significava coraggio, lealtà, gentilezza e determinazione, tutte doti che non pensavo affatto di avere, io che ero sempre sola, chiusa sui miei libri, ma devo ammettere che il cappello parlante mi fece il più grande favore della mia vita. Non tutti nascono leoni, ma tutti possono trovare la forza in sé stessi di affrontare le grandi sfide della loro vita.

La prima volta che vidi Sir Nicholas mi si gelò il sangue nelle vene. In scozia avevamo una discreta tradizione di storie di fantasmi che circolavano a scuola: molti bambini giuravano di averli sentiti nel castello o nel vecchio faro abbandonato che sorgeva sulla punta rocciosa al limitare del mio paesello. Avevo sempre pensato che fossero i venti a causare tra gli anfratti di pietra quei rumori. Trovarmi di fronte ad un fantasma in carne ed ossa fu molto spaventoso: non chiusi occhio per tutta la notte, poi feci ciò che avevo sempre fatto per affrontare le mie paure. Andai in biblioteca e cercai la sua storia. Scoprii che avevamo molto in comune. Era stata un mago alla corte di re Enrico VII Tudor e aveva vissuto tra i babbani per quasi tutta la sua vita, salvo poi diventarne vittima: nel 1492 fu ucciso durante una caccia alle streghe.

Venne privato della sua bacchetta e quindi era impossibilitato a scappare dalle segrete nelle quali era rinchiuso. La sua morte avvenne a causa di 45 colpi di ascia, che non riuscirono però a mozzargli interamente la testa, che rimase attaccata al collo da un centimetro e mezzo di carne. Quasi tutti i fantasmi del castello lo prendono in giro per questo. Da quel giorno l'ho sempre salutato con un cenno del capo e un inchino come si confà ai maghi di corte: so che ha sviluppato un certo debole per me negli anni, da ben prima che io entrassi nel corpo insegnanti. Veniva a cercarmi in biblioteca se facevo troppo tardi o mi sgridava se saltavo la cena perché bloccata sui libri. Non avevo molti amici tra gli altri bambini del mio anno, ero una solitaria, come ero sempre stata, ma Sir Nicholas c'era sempre. Con una biblioteca del genere come potevo sprecare tempo a fare amicizia: era un vero peccato non poter usufruire di tanta conoscenza così a portata di mano. Unica distrazione che mi concedevo era il Quiddich.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro