Capitolo 7

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Erano sempre più frequenti gli incontri di Peter e Edith, dopo le lezioni. Si incontravano in un bar frequentato solo dalle persone che abitavano vicino e non era troppo lontano dall'Università. Parlavano di tutto. Lei gli raccontava dei suoi studi, di cosa voleva fare dopo la laurea e Peter gli raccontava di ciò che succedeva sul posto di lavoro, ogni mattina. Erano entrati in confidenza, così tanto che ormai, il poliziotto, poteva varcare tranquillamente la soglia del cortile della casa della ragazza. E ovviamente lei non poteva risparmiarsi dal rispondere alle mille domande di sua sorella, quando metteva piede nella sua dimora.

Da quando Kara lavorava dal dottor Garrett, però, era diventata molto più tollerante, comprensiva e se ritardava di qualche minuto per tornare a casa non ne faceva una tragedia. Mr. Colvin non aveva detto una parola circa la notizia che sua figlia frequentava l'agente Wright. Gli era sembrato un tipo con la testa sulle spalle, visto anche il ruolo che ricopriva.

<< Solo... cerca di fare attenzione. >> E gli aveva strizzato l'occhio. L'unico consiglio che era uscito dalla sua bocca era stato quello.

La cassa di famiglia tornò quella di un tempo, non ricca ma abbastanza colma da poter permettere a loro anche il più piccolo degli sfizi. Ed Edith era tornata a comprare le sue amate bambole di porcellana, cercando di completare la collezione di sua madre. La sua preferita era una riccioluta dama dal visino dolce, bruna e con un vestito bordeaux con ricami bianchi e un adorabile cappellino dello stesso colore. Si divertiva a vederle sulla mensola e ogni tanto a spazzolare i loro capelli. Se si guardava allo specchio poteva vedersi ancora bambina, eppure gli piaceva quel gradevole passatempo. Anche quando ne aveva parlato a Peter, lui non l'aveva presa in giro. Il suo preferito era, appunto, realizzare modellini di navi da guerra. Si poteva dire che avevano trovato qualcosa in comune: il collezionismo in generale.

Quando quella mattina le lezioni terminarono, Edith stava raccogliendo le proprie cose per recarsi al bar. Fuori dalle mura della scuola, l'incessante rumore della pioggia, faceva da sottofondo alla sua uscita dall'aula. Nel corridoio principale intravvide Tessa e la salutò con la mano. Non voleva far tardi all'appuntamento quotidiano con Peter e quindi si apprestò a varcare la soglia della grande porta principale dell'Università. Ma si ritrovò la chioma corvina della ragazza a sbarrarle la strada.

<< Tony ha detto che voleva parlarti. Dice che è urgente. Ti aspetta nell'aula di musica. >>

<< E non potrebbe dirmelo domani? Ho un impegno. >>

<< Dice che se aspetterà ancora diverrà matto a furia di pensare. >>

<< Ma in cosa dovrei aiutarlo? Nell'ultima verifica è andato benissimo. >> Rispose la giovane, lasciandosi scappare un leggero sospiro sconsolato.

Tessa scrollò le spalle. << Non credo si tratti di quello. Ti prego, aiutalo. Non c'è la faccio più a sentire le sue lamentele. >>

Del resto non si poteva dire di no ad un amico. Edith si strinse nel suo cardigan rosa pastello di maglina e annuì.

<< Va bene. Ci vediamo. >> La salutò, avviandosi verso le scale che conducevano al secondo piano verso l'aula di musica.

Giusto il tempo di sapere di cosa si trattava e sarebbe andata da Peter al bar, scusandosi un'infinità di volte per il suo enorme ritardo.

Tony lo conosceva da moltissimo tempo e negargli un favore non era da lei. Edith aveva sempre pensato al bene degli altri e poi, se rimaneva tempo, al suo. Era molto altruista e su questo non si discuteva. Qualcuno, magari, le rimproverava che era troppo buona, che aveva un cuore d'oro ed era gentile con tutti, anche con chi, magari, non se lo meritava. Ma era fatta così e non ci poteva fare nulla. Più passavano e gli anni e più c'era sempre qualcosa di Mrs. Colvin in lei.

Aprendo la porta dell'aula di musica costatò che era vuota, apparte il suo amico seduto su uno sgabello, lo sguardo perso in un punto indefinito nella stanza, e la chitarra tra le braccia nella classica posizione di meditazione. Edith manifestò la sua presenza chiudendo la porta e ticchettando con il tacco basso delle sue insolite scarpe verde scuro. Corine continuava a ripeterle che aveva un pessimo gusto nel vestire, come se il suo fosse meglio. Le calze nere coprivano le gambe intere e la gonna, di colore marrone, le arrivava al ginocchio.

Solo quando gli arrivò davanti, Tony, alzò lo sguardo per osservare l'amica e i suoi occhi si illuminarono come se avesse avuto, in quel momento, un'illuminazione.

<< Sono contento che tu sia qui. >>

<< Sì, Tessa mi ha detto che è urgente. E' successo qualcosa? >>

Il musicista si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più. Sembrava a disagio e indeciso, non era da lui. << Il mio capo mi ha detto di trovare una nuova canzone. Altrimenti verrò licenziato. Ormai la clientela è stufa del solito repertorio. >>

Edith sbarrò gli occhi. << Ma tu non sei un cantautore a tutti gli effetti. Insomma.. cosa farai? >>

<< Il punto è questo. Ho bisogno di qualcosa che attiri e possa piacere. Il capo mi ha consigliato qualcosa di forte, di ossessivo, di erotico, ma con classe. Onestamente non so cosa voglia dire. >> Detto ciò, riabbracciò nuovamente la chitarra, posizionando le dita sulle corde.

<< Ed io che centro in tutto questo? >>

Tony sorrise. << Tu dovrai farmi da modella. >>

<< Modella? >>

<< Sì. Da musa ispiratrice. Insomma... dovrai stare ferma mentre io dovrò spremere le meningi per trovare qualcosa che possa piacere. >>

Edith scoppiò a ridere, decisamente divertita. Di tutti i piaceri che poteva chiedergli quello le sembrava il più stupido, onestamente. Lei una modella? Una musa ispiratrice per un musicista principiante? In quei giorni accadevano cose sempre più strane. Non vedeva, poi, come poteva essere lei la persona più indicata per un ruolo simile. Avrebbe potuto chiedere a Corine, decisamente più graziosa di lei, o a Tessa, dallo stile rocchettaro e sfacciato. Perché proprio a lei?

Quando vide che Tony era del tutto serio e non la prendeva in giro, smise di ridere gradualmente. L'osservò. << Non stai scherzando. >>

<< No. >> Poi le indicò una sedia di fronte a lui. << Siediti, per favore. Dammi una mano. >>

Quello richiedeva più tempo di quanto avesse immaginato. Peter la stava aspettando e, costatando l'ora sull'orologio della cattedra, doveva essere già lì. Magari avrebbe potuto chiamarlo una volta arrivata a casa e scusarsi per la sua assenza. Non poteva lasciare un amico nei guai, anche se dubitava fortemente che sarebbe stata di alcun aiuto.

Si sedette, senza dire nulla. Tenne lo sguardo piantato su Tony, che partì con un infuso di note miste. Do, Re, Fa, Sol... assemblate all'improvviso stavano dando il via ad una composizione non ben chiara. E infatti, poco dopo, lo stesso musicista cambiò l'ordine delle note. Fa, Mi, Sol, Re... ma anche questo non andava bene. Il suo viso si contraeva in smorfie irritate ogni qual volta si accorgeva che qualcosa non quadrava. Edith credette che, prima o poi, avrebbe perso le staffe e avrebbe sbattuto quella chitarra a terra solo per pentirsene pochi minuti dopo. Prima di allora non aveva immaginato che fosse così difficile trovare la musica, se non le parole, adatte per una canzone. Da lì sarebbe dipeso il suo posto di lavoro alla rosa negra e ad un tratto maledì mentalmente il suo capo. Lo stesso uomo che Edith aveva incontrato e che, ogni volta che ci pensava, gli dava i brividi. Paura e mistero si mischiavano nel ricordo che aveva dello zingaro. Ancora doveva scoprire come aveva fatto ad introdursi in casa sua. Senza volerlo, il suo cuore iniziò a battere all'impazzata e dovette cambiare più volte posizione sulla sedia per riassumere il pieno controllo del suo equilibrio mentale. Accavallò le gambe, poi, voltando la testa verso la porta chiusa. Gli sembrava di essere osservata, ancora.

<< Niente. Ci vuole il costume. >> Esordì Tony, alzandosi dalla sedia e posando lì la sua chitarra, allontanandosi in fondo alla stanza, vicino alla libreria degli spartiti.

<< Costume? >> Edith l'osservò con la coda dell'occhio fino a quando non tornò dinanzi a lei con una scatola in mano. A giudicare dal fiocco assemblato male era stato già aperto. Un incartamento di fogli bianchi, che Tony levò con noncuranza, mostrò ad Edith il costume in questione.

Un corsetto senza spalline, con pizzo su i bordi e di colore nero con disegni in oro che formavano delle aquile e dei rovi di foglie, decorati con diamanti bianchi di piccole dimensioni. La parte inferiore del costume non era altro che una mutanda nera di pizzo, con delle autoreggenti con giarrettiera nera legata a delle calze color carne.

Per un istante, Edith era rimasta a contemplare il corsetto. Era simile a quello che le ragazze della rosa negra indossavano nei loro spettacoli. Era una meraviglia proibita, almeno per lei. Si chiese se le sarebbe stata bene come ad una di quelle ballerine. E mentre con un dito sfiorava il pizzo nero al bordo della forma del seno, Edith poteva risentire nelle orecchie le note di Diamonds are girl's best friend. Poteva vedersi di nuovo appoggiata a quel palo, che volteggiava come una libellula e che si lasciava andare coraggiosamente al ritmo improvviso di una danza senza musica.

<< Indossalo! >> Esclamò Tony, passandole la scatola sulle ginocchia.

<< Che cosa? Io? E' fuori discussione! >> Sbatté le palpebre, facendo ricadere, senza volerlo, lo sguardo su quella magnifica lingerie.

<< Edith, per favore. Senza una musa vestita come si deve, come faccio a trovare la musica e le parole adatte?! E' l'unico favore che ti chiedo. >> E inutile dire che, a quelle parole, si susseguì un'espressione da cane bastonato. L'unico modo per non ricevere un altro secco no. E non servì neanche sviare lo sguardo.

Edith sospirò rumorosamente. << Va bene. Ma solo questa volta. E voltati, non posso cambiarmi con te che mi guardi. >>

Tony sorrise, quasi con le lacrime agli occhi e, dopo averla ringraziata infinite volte, si voltò verso la cattedra, dando le spalle all'amica.

Edith si alzò, posando la scatola sulla sedia dov'era seduta e iniziò a levarsi il cardigan, sbottonarsi la camicetta bianca e, in seguito, il resto degli indumenti, rimanendo nuda. Fortunatamente non vi era nessuno per i corridoi, a quell'ora. E poi nessuno andava nell'aula di musica se non l'orchestra della scuola per fare le prove, e quel giorno erano tutti in giardino a parlare tra loro. Anche se in lontananza si ponevano udire le porte che venivano chiuse pesantemente, quella sensazione di paura ed eccitazione di venire scoperta davano quel pizzico in più di vitalità. Un'altra regola che veniva infranta.

D'un tratto si immaginò di essere osservata per davvero, dall'uscio della porta, e sorrise tra se, nascondendo le labbra incurvate tra le ciocche di capelli che ricadevano sul suo volto. Posò una gamba sulla sedia, accanto alla scatola del costume, e in modo teatrale iniziò ad infilarsi le calze nere, legandole poi alla giarrettiera nera. Per concludere, si infilò il bustino, facendolo passare sotto le braccia e chiudendolo con qualche difficoltà. Fece risalire il seno, sistemandolo all'interno delle coppe. Erano un po' troppo grandi per la sua taglia, ma del resto doveva fungere da modella e non esibirsi su un palcoscenico.

Spostò la scatola sul pavimento e si risedette comodamente sulla sedia, tossendo nervosamente per far capire al suo amico di essere pronta.

Tony si voltò, restando leggermente a bocca spalancata per ciò che vedeva. Non aveva mai visto nessuna delle sue amiche in un frangente simile. Non poté fare a meno di sorridere, risedendosi a sua volta e riprendendo la chitarra in mano, posizionando le dita sulle corde, pronto a far volare la sua fantasia e a comporre qualcosa di nuovo.

<< Sei fantastica. >>

Edith ignorò quel complimento, limitandosi a sorridere in modo nervoso, mentre le sue gote si coloravano di porpora. Le note miste nell'aria la fecero rimettere a sua agio, irrigidendosi un poco per gli spifferi freddi che entravano dalle finestre non chiuse bene. Tony interruppe all'improvviso la composizione, tornando a guardare l'amica.

<< Potresti alzarti e danzare? >>

<< Non basta farmi indossare una cosa del genere, adesso vuoi anche che mi metta a ballare?! >>

<< Ho bisogno di verificare con i miei stessi occhi. >>

E quando si fa trenta, come non si può fare anche trentuno? Edith si alzò e, superando la sedia, si mise dietro di questa. Era rigida quando si trattava di danzare. Lei lo faceva sì, ma in casa sua quando non la guardava nessuno. Salvo quella volta alla rosa negra. Iniziò a muovere i fianchi, quasi senza accorgersene, tornando nuovamente con la mente a quel palo e alla libertà che aveva sentito nel fare qualcosa che aveva sempre ritenuto immorale. Le note non definite di Tony, prodotte dalla sua chitarra, accompagnarono movimenti improvvisi, scoordinati di logica, ma in sintonia con la melodia che si espandeva per la stanza.

Edith chiuse gli occhi, volteggiando con la testa in movimenti lenti e circolari. Immaginò di essere sola, in quell'aula, di riprovare la sensazione di freschezza e goduria avuta nel locale. La goduria per non avere freni, di essere libera di fare un passo senza dover chiedere l'ordine a nessuno. Le dita scorrevano sul suo corsetto, protendendo quel piccolo seno in avanti, spalancando la bocca come se un'energia sconosciuta l'accarezzasse. Una sensazione di calore la pervase. Respirò a pieni polmoni, abbracciandosi e lasciandosi andare di continuo.

Tony iniziava a canticchiare un motivetto carino, disperato e triste. Ad Edith parve di sentire nuovamente un io interiore che non conosceva, un fantasma che abitava in lei e che fino ad allora aveva tenuto sempre a bada. Ma quando si sentiva libera di ogni indumento e padrona della propria vita, tornava a farsi sentire, a manifestarsi. Come a dire: << Io sono qui. >> E implorava di essere liberata, di fuggire da quel corpo così perfetto e immacolato di incenso e acqua santa.

Quando non sentì più le note ad accompagnare il suo ballo, Edith si fermò, sentendo un improvviso freddo al petto. Nel riflesso di un pianoforte nero, posto in fondo alla stanza, si rese conto di essere nuda. Il suo piccolo seno era esposto agli spifferi della corrente che trapassava le finestre. Il bustino era a terra, aperto. Così presa dalla sua presenza interiore che non aveva neanche sentito il lieve tonfo del tessuto che cadeva a terra e faceva compagnia ai vestiti della ragazza per bene che, suo malgrado, indossava ogni giorno.

Si coprì con le braccia, deglutendo, e voltandosi verso Tony. Quest'ultimo la fissava con insistente e un sorriso divertito sul viso.

<< Ho trovato! >> Esclamò felice. In seguito la sua espressione cambiò e le sue guance si colorarono di rosso, come se si fosse accorto solo in quel momento che Edith era nuda. Sviò lo sguardo, tossendo nervosamente. << Puoi andare. >>

La ragazza si chinò a raccogliere i suoi indumenti, iniziando a rivestirsi. Con la coda dell'occhio, però, osservava sempre l'amico e lo vedeva ancora imbarazzato. Dandogli le spalle, le labbra si incurvarono in un sorriso soddisfatto. Sembrava che lei e il suo fantasma fossero ben contente che a provocare quel rossore sulle gote del giovane e quel imbarazzo improvviso, erano state loro. Era stata Edith Colvin. Ma solo quando risentì addosso la freschezza della camicetta bianca e le calze nere carbone, tornò come alla ragione. Tony ora la guardava e, anch'egli, sembrava tornato alla normalità. Ma ben presto tornò con l'attenzione alla canzone che stava preparando.

Edith allora infilò nel cardigan il bustino che le era caduto a terra e, avvolgendolo per bene su se stesso, lo portò con se senza indossarlo.

<< A presto, Tony. >> Lo salutò, quasi troppo velocemente, con la stessa rapidità con la quale uscì dall'aula, con la musica della chitarra come sottofondo.

Nel corridoio deserto, Edith poté respirare a pieni polmoni l'aria nuova autunnale, con la vista di una finestra aperta e delle foglie arancioni che cadevano da un albero nel cortile. Si passò una mano sul viso, mentre con l'altra teneva stretto il cardigan arrotolato. Si sentiva come una ladra, in quel momento, ma mentre camminava a passo spedito verso il bagno della scuola, pensò di essere una ladra maledettamente fortunata.

C'era stupore sul viso di Corine quando questa gli aprì la porta della sua immensa residenza, in quella scorciatoia che Edith stessa prendeva per tornare a casa prima. La padrona di casa era vestita in comodi abiti, maglioncino verde pistacchio e una gonna bianca che le arrivava fino al ginocchio. Le gambe coperte da calze color carne e ai piedi aveva dei sandali marroni.

<< Vieni, entra. A cosa devo l'onore della tua visita? >> Le chiese la bionda, respirando una boccata di fumo dal suo lungo bocchino nero con alla punta un cerchio bianco. Ancora si chiedeva del perché non fumasse un sigaro, molto più moderno rispetto a quell'oggetto anni '20.

<< Sono stata da Tony. Aveva bisogno di aiuto con la nuova canzone. >> Rispose, seguendo la bionda su per le scale che conduceva al secondo piano, e alla camera da letto della Hamilton.

<< Oh si. Meno male che l'hai aiutato. Ci ha fatto due scatole grosse con la storia della nuova canzone e del licenziamento. >> Commentò, un poco irritata, Corine, entrando nella sua stanza e chiudendo la porta. Mr. e Mrs. Hamilton erano in riunione e non sarebbero rincasati prima di sera ma c'era sempre la servitù che non mancava mai di attizzare le orecchie in conversazioni che non le riguardavano, magari per sparlare poi con le altre delle insolite abitudini dei ricchi.

<< E' andata bene. Ci abbiamo impiegato un po' ma, alla fine, ha trovato la musica giusta. >> Edith portò le mani ai bottoni del cardigan, che aveva rindossato una volta uscita dal bagno dell'Università. << Ma sono qui per mostrarti qualcos'altro. >>

<< Cosa? >> Chiese curiosa la bionda.

In tutta risposta, Edith sbottonò il cardigan del tutto e lo lasciò cadere sulla panca, colma di vestiti, e in seguito levò anche la camicetta bianca, mostrando all'amica il costume –o almeno parte di esso- che aveva esibito davanti al musicista pochi minuti fa.

Corine fece un fischio di visibile apprezzamento. << Wow! Dimmi, ragazza casa e chiesa, dov'è finito il saio da suora e la crocchia della nonna? >> Ironizzò, ridendo poco dopo.

<< Credo di sentirmi meglio con questo addosso. >> Rivelò, mostrando solo un sorriso sulle labbra.

La giovane Hamilton tornò seria per un istante. << Mica vorrai indossarlo per andare a scuola, sotto i vestiti. >>

<< Perché no? Non eri tu quella che non aveva regole?! >>

<< Un conto è non avere regole, un altro è esibire una lingerie così sfacciata. Mi auguro che tu non voglia metterla Domenica per andare in chiesa. >> Corine posò il suo bocchino sulla scrivania in legno scuro della sua stanza. Le pareti rispecchiavano i gusti della proprietaria, in fatto di colori e dipinti. Carta da parati blu cobalto con disegni in oro di prisma e linee di tipologie di fiori non ben chiare. Alla testata del letto a baldacchino vi era un Monet, e vicino all'armadio, un paesaggio di Cézanne di alto valore.

<< E' così sbagliato? >> Si ritrovò a chiedere Edith, davanti all'espressione seria –e un poco preoccupata- della sua amica. Se non sbagliava era lei che l'aveva convinta ad andare alla rosa negra, settimane fa, a sentire il loro amico cantare. Ed era stata sempre lei a convincerla ad accettare il lavoro come cameriera, tralasciando poi la durata di tale impiego.

<< Pensavo che non ti piacessero certe... cose. >> Si limitò a risponderle, forse ignorando la vera domanda posta. << Ma se va bene a te, chi sono io per dirti di non farlo?! >> Le sorrise, abbracciandola di colpo.

Edith ricambiò l'abbraccio, sentendola nuovamente vicino. Ora tutto le era più chiaro: non doveva più soffocare quel fantasma che viveva in lei, perché per un attimo era stata un'altra, era stata in una realtà differente. E sembrava che parlasse, quello spirito prigioniero, tramite un semplice tessuto di un bustino. Era stupido, quasi da pazzi a dire il vero, ma in realtà, Edith pensò di non essersi mai sentita così bene come quel giorno. 



Wolf's note:

Mi scuso per il ritardo con la quale doveva essere aggiornata la storia, ma purtroppo ho avuto un contrattempo.. poi mettiamoci anche che non mi convinceva l'ultima parte del capitolo e l'ho riscritto da capo e questo è quello che ne è venuto fuori.

Via via Edith inizia a sentire sempre più quella sorta di fantasma interiore e non ci resta che scoprire dove la porterà e se gli darà retta per davvero. Tutto ciò... nei prossimi capitoli. 

Se il capitolo vi è piaciuto un commento o una stellina mi fanno sempre piacere. <3 Vorrei inoltre ringraziare voi lettori, perché ogni giorno mi arrivano voti, commenti (anche in messaggi privati) della storia e dei vostri pareri. Ne sono contentissima, credetemi. 

Se tutto va bene, il prossimo aggiornamento è previsto per Venerdì. Come sempre cercherò di rispettare i tempi ma per qualsiasi cosa o avviso, vi invito a seguire la pagina delle mie storie su facebook: Le memorie di Wolfqueens. Potete trovare il link nella mia pagina d'autore qui su Wattpad.

Un grazie ancora e appuntamento a Venerdì! 

Un abbraccio,

Wolfqueens Roarlion. 

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