Capitolo 8

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Lavdor aveva appena superato il privè della rosa negra, una stanza grande quanto il salone principale collocata dietro il palcoscenico, divisa da un muro e una porta con le tende scure quasi sempre tirate. Le persone passavano attraverso come fantasmi e tutti loro avevano sempre gli stessi visi. La loro puzza di soldi si poteva sentire a chilometri di distanza ed era quello a far sorridere il proprietario. L'unico suo business era quello e stava andando alla grande, prendendo la nomina di locale notturno più frequentato.

Il preferito dei malavitosi, dei milionari e di tutti coloro che volevano bearsi della bellezza posseduta dalle sue ballerine e dei loro balli scandalosi. Era un locale per chi, come lui, voleva avere compagnia durante la notte, qualcuno alla quale rivolgere le proprie attenzioni. E con una somma fattibile, quegli uomini, potevano avere tutto ciò.

Le sue ragazze, oltre che eccezionali ballerine, erano tutte con ottime qualità e, a loro scelta, potevano fungere da prostitute. Non venivano obbligate, solo persuase magari, che era la scelta giusta da fare.

Nel passare dritto per il suo ufficio, lo zingaro notò gli sguardi dei suoi clienti più abituali su di lui. Fece un cenno del capo, prima di proseguire e lasciarli al loro divertimento con i balli privati di due ballerine. Quando aprì la porta del suo ufficio, Keler era lì e si stava servendo del brandy in un bicchiere. E anche quando lo sentì arrivare oltre la scrivania, non alzò gli occhi su di lui, si limitò solo a bere.

<< I nostri clienti non sono assetati stasera? >> Un modo gentile e come un altro per chiedergli che diamine ci faceva lì, invece di compiere il lavoro per la quale veniva pagato.

<< C'è il buttafuori a tenerli calmi. >> Rispose, poggiando il calice vuoto sul legno massiccio della scrivania, ordinata da i fogli fuori posto che vi erano solo due giorni fa. << Brutte notizie. >>

<< Del tipo? >> Odiava le brutte notizie e benché meno se erano lavorative.

<< Madame Pussy ha inviato una lettera da Parigi. Chiede i servigi di Penny, la nostra ballerina. >>

Lavdor ghignò. << E non si può dire di no, giusto? Accordale tale permesso e scrivile che presto gliela manderemo. Il tempo di trovare una degna sostituta. >> Onestamente pensava che fosse qualcosa di peggio per brutta notizia.

<< Lascia fare a me, capo. >> Con un'occhiata del suo principale, Keler si avvicinò nuovamente alla porta dell'ufficio per tornare al suo lavoro. Al di là si poteva sentire la musica provenire dalla sala principale, violenta e dolce allo stesso tempo, e la voce delle ballerine, oltre agli applausi e il rumore dei bicchieri di vetro. Fra questo mix di vita notturna, si poteva distinguere anche la voce del possente buttafuori.

<< Non si entra senza un appuntamento! >>

<< Che diamine sta succedendo? >> Ma prima ancora di poter aprire la porta, si ritrovò questa spalancata e il buttafuori che cercava di fermare il tipo che aveva un'aria minacciosa. Sembrava che potesse far tremare la terra con un solo sguardo.

<< Non potrò venire tutte le sere, però. >>

Solo quando udì quelle parole, Keler riconobbe che non era un uomo ma una donna. Anzi... una ragazza. Le guance arrossate, la fronte sudata e i capelli arruffati. Quando il barista si voltò verso lo zingaro, lo vide sorridere soddisfatto. La ragazza che aveva fatto irruzione nell'ufficio era quella cameriera che si licenziò dopo il primo giorno solo perché un cliente le aveva palpato il sedere.

<< Lasciatemi solo con lei. >> La voce seriosa e incolore dello zingaro arrivò alle orecchie dei suoi dipendenti che, scambiandosi un'occhiata, se ne andarono senza dire una parola.

Quando sentì la porta chiudersi dietro di se, Edith pensò per una frazione di secondo di aver fatto un errore correre all'impazzata alla rosa negra. Il posto dove si era ripromessa di non tornare più. Le due forze interiori in lei continuavano a contradirsi a vicenda, ritrovandosi sempre più confusa e spaventata. Il cuore iniziò a batterle violentemente soprattutto quando vide la figura dello zingaro alzarsi dalla sedia e venire verso di lei. Le mani in tasca, lo sguardo glaciale e le labbra increspate in un cenno di sorriso. Il luccichio della soddisfazione era visibile nei suoi occhi.

<< Cosa ti ha fatto cambiare idea? >> Le chiese, mentre una mano scivolava verso un cofanetto sulla scrivania e veniva aperto, mostrando una fila di sigari ben ordinati.

<< Credo che possa concedermi una prova. >> Il vero motivo lo tenne solo per se. Non sarebbe andata a dire i suoi fatti personali ad un estraneo.

Nel breve momento di silenzio, lo zingaro aveva preso un sigaro, intrappolandolo nelle sue labbra e accendendolo, estraendo un accendino dorato dalla tasca dei pantaloni scuri. Respirò una boccata di fumo, aspettando che questa si dissolvesse nell'aria, dandole un'immagine più chiara e limpida della sua ospite.

<< Sei negata nel servire ai tavoli e adesso vorresti provare ad esibirti in un palcoscenico davanti a degli conosciuti? Sei veramente pronta? Perché non tollererò fallimenti o rinunce all'ultimo momento. >> Serio, freddo, senza alcuna emozione nella voce. I suoi occhi chiari sembravano voler incenerirla con il solo sguardo. Onestamente non era quello che voleva fare, non voleva incuterle timore, ma Lavdor per gli affari aveva un codice ben preciso: serietà e fedeltà, erano qualità che rientravano nei contratti che faceva firmare.

Edith pesò quelle parole su una bilancia immaginaria, la sua. Se anni addietro, qualcuno, le avrebbe detto che avrebbe accettato l'opportunità di diventare una spogliarellista, in uno dei quartieri più pericolosi di Chicago, probabilmente gli avrebbe riso in faccia. Ora, magari, un po' meno. Quando aveva sentito il tessuto di quel corpetto premuto contro il petto, quel seno troppo piccolo per delle coppe così grandi, aveva sentito qualcosa in lei. Era stato un richiamo lontano, distante, con una voce che era la sua ma non riusciva a controllare ne lei e ne le parole che pronunciava quella bocca che riconosceva essere ancora una volta la sua. Era come se ci fosse qualcun altro a parlare per lei, una seconda personalità rinchiusa nel medesimo corpo. Era da pazzi, crederlo, lo sapeva benissimo. E se solo l'avesse confessato a Don Long, quest'ultimo avrebbe già inviato una richiesta di esorcismo al Vaticano.

Forse era proprio quello il suo problema. Non parlarne con nessuno. Per timore di un giudizio o di un etichetta che non avrebbe levato facilmente e che, inevitabilmente, ne sarebbero stati vittime anche i suoi famigliari. Kara era così soddisfatta del suo lavoro che non poteva immaginarla di nuovo sul divano, con una tazza di thè fumante tra le mani, e delle silenziose lacrime che rigavano il suo pallido ma grazioso viso. E non voleva neanche pensare a ciò che avrebbe letto nello sguardo di suo padre: la delusione. No, non poteva dare un dolore ai suoi famigliari. Non ancora, avevano già sofferto abbastanza. Sarebbe stata un'egoista, ma sarebbe apparsa ugualmente in quella maniera se non dava sfogo a quella vocina interiore che si stava creando una seconda identità nel suo corpo. Un'invisibile entità che stava prendendo sempre più possesso di lei.

Edith, quindi, nel fronteggiare lo sguardo dello zingaro, fece un cenno d'assenso. << Sì, sono pronta. >> Recitò solennemente. Sembrava che avesse appena stretto un patto con il diavolo e forse la fantasia non era così lontana dalla realtà.

Lo zingaro respirò un'altra boccata di fumo. L'odore nauseante del sigaro iniziò a tempestare la stanza e a circondare chi c'era al suo interno. << Bene. >> Girò i tacchi e tornò alla sua scrivania, aprendo un cassetto ed estraendo un foglio. << Il contratto prevede un anno di assunzione. Ogni mese riceverai una cifra che si adatti al tuo lavoro svolto. Ovviamente, se non potrai venire tutte le sere, non aspettarti una grande somma. >>

<< Non importa. >> Rispose la giovane, avendo piena attenzione verso il suo interlocutore.

<< Di conseguenza, dimmi. Quali sono i giorni dove puoi lavorare? >> Chiese, in seguito, spostando lo sguardo dal foglio per osservare Edith.

<< Il Lunedì, il Mercoledì e il Venerdì. Altri giorni non posso. >> Anche perché sarebbe sembrata poco convincente anche per i suoi famigliari. Avrebbe detto loro di essere tornata a lavoro presso gli Hamilton. Non avrebbero fatto domande.

<< Perfetto. >> Prese una penna e cancellò alcune cose sul foglio, probabilmente i giorni dove Edith non sarebbe stata disponibile. Poi lo fece scivolare verso la giovane, seguita dalla penna. << Una firma lì. >> E indicò un punto alla fine del foglio.

La giovane firmò senza esitazione, esitando per un istante inizialmente, ma dopo aver scritto la prima lettera fu facile fare il resto. Lo zingaro riprese il foglio, guardandolo per un istante, per poi farlo sparire nel cassetto da dove era uscito. << E' solo una garanzia per me. >>

<< In che senso? >>

<< Non ha importanza, sul serio. >> Si riavvicinò di nuovo alla sua nuova ballerina. << Dunque... avremo molto su cui lavorare. Ti pregherei di aspettare fino alla fine dello spettacolo. Devo presentarti qualcuno con la quale lavorerai a stretto contatto per i prossimi mesi. >> Ad una vicinanza così, il cuore di Edith riprese a battere. Talmente forte che sembrava non avesse sentito neanche una parola pronunciata dal suo principale, solo la sua bocca d'ebano muoversi. << Mi stai ascoltando? >>

<< Qualcuno? >> Chiese distrattamente. Cosa avrebbe dovuto fare con chi?

<< Sì, voglio presentarti qualcuno. Aspetta fino alla fine dello spettacolo, per favore. >> Ripeté con un tono infastidito. Non era un tipo alla quale piaceva ripetere le cose molte volte. Edith ne prese nota mentalmente, guardandolo con un cenno della sua stessa sfida negli occhi.

<< Bene. E fino alla fine dello spettacolo che faccio? >>

<< Puoi andare a bere qualcosa al bar, lo scalerò dalla tua paga. >>

Tirchio! Pensò istintivamente la giovane, riducendo già i suoi due occhi a due fessure minacciose.

<< Oppure... >> S'interruppe, mentre un luccichio malizioso brillò nelle sue iridi glaciali. Era pressoché lo stesso sguardo che Edith vide riflesso nello specchio, mentre amoreggiava con quella ballerina, toccandola in ogni punto del suo corpo. Deglutì, ricordando distrattamente la scena. << Stai qui con me e mi fai compagnia. >> E per compagnia, ovviamente, intendeva un'altra cosa che le classiche chiacchiere.

Prima ancora che potesse allungare una mano per afferrarla per un braccio e costringerla a restare, Edith aprì la porta dell'ufficio dietro di lei ed uscì. << A dopo. >> Riuscì solamente a dire, richiudendola senza aspettare la risposta da parte del suo nuovo capo. Era sicura di aver chiuso la porta in faccia ad un sorriso accattivante e un'espressione da schiaffi.

Solo quando camminò in direzione della sala principale, gremita di gente e con la musica alta, il suo cuore riprese a battere regolare. Al bar colse la figura di Keler scrutarla. Non gli stava troppo simpatica e quella simpatia era reciproca. Edith osservò per un istante la clientela della rosa negra. Quegli applausi, quegli sguardi sognanti e maliziosi, presto sarebbero stati per lei. Era veramente pronta a tutto ciò? Ad un cambiamento così radicale? L'entità dentro di lei annuì, costringendo il corpo in cui era imprigionata a fare lo stesso.

Gli spettacoli seguirono il classico can-can e l'esibizione di quella che doveva essere la ballerina di punta del locale, la bionda perfetta e anche la preferita del capo da come la toccava. Ogni volta che la guardava provava una sorta di imbarazzo. La guardava nei movimenti, nel togliersi i vestiti con quella lentezza e maestria della quale lei non sarebbe mai stata capace. La sua io abituale iniziava fortemente a dubitare della decisione che aveva preso. Ma ormai non poteva tornare indietro. Aveva firmato un contratto con il diavolo e doveva rispettarlo.

Nel guardare la bionda andarsene oltre il sipario, dopo aver fatto un rispettoso inchino ai suoi spettatori, provò una certa invidia nei suoi confronti. Ma solo un minimo. L'invidia era intesa come un peccato, anche se dubitava che sarebbe scampata all'inferno dopo una sera intera lì dentro.

Passarono una o due ore, e poi ci fu l'ultimo spettacolo con l'esibizione di un'altra ballerina. Quando i clienti iniziavano a posare la mancia per i camerieri su i tavoli e prendendo i loro soprabiti andavano verso l'ingresso, Edith poté tornare a respirare, anche se incamerò solo fumo tossico. E infatti tossì un paio di volte, nelle quali le sembrò di sputare fuori anche l'anima.

Quando i clienti abbandonarono il locale, la luce che illuminava il bar si spense. Keler si manifestò davanti ad Edith con tutta l'arroganza e ironia che possedeva.

<< Credevo che non avresti più rimesso piede qui dentro, ragazza casa e chiesa. >> La prese in giro, prendendo il suo chiodo e avviandosi verso l'uscita.

<< Non chiamarmi così! >> Gli urlò dietro, ma era già uscito con un'espressione da idiota stampata in viso, che veniva solo voglia di picchiarlo a sangue.

Anche le luci del salone si spensero e, rimanendo nel buio, Edith vide solo una luce restare accesa: quella del palcoscenico, dove apparì lo zingaro, poco dopo.

<< Vieni qui. >> Le ordinò in tono autoritario.

Edith si fece strada tra i tavoli e il buio, fino a quando non toccò nuovamente il pavimento illuminato e salì sul palcoscenico con agilità, benché non fosse proprio una sportiva con il fisico adatto. Quando fu davanti a lui, lo guardò per un momento, nella speranza che parlasse. Si guardò attorno ma non vedeva altre persone oltre a loro.

<< Chi dovrei conoscere? >>

Lo zingaro sfoderò uno dei suoi migliori ghigni sfrontati e le indicò il palo affianco a se. << Lui è pôle. Sarà il tuo nuovo amico per i prossimi mesi. >> Era una battuta o diceva sul serio? Era il primo pensiero che attraversò la mente di Edith quando le presentò pôle, il palo. Non le sfuggì un accento francese quando chiamò lo strumento della danza. Eppure avrebbe pensato qualsiasi altro posto ma non la Francia. Il mondo era veramente bizzarro.

<< Stai scherzando? >> Mise le mani su i fianchi in una posa di osservazione, mentre il ghigno sparì dal viso del suo principale.

<< No. Sarà uno dei principali strumenti con la quale avrai a che fare, forse anche di più che dialogare con le altre ragazze. >>

<< Altre ragazze? >>

<< Non mi dirai che avevi pensato di lavorare da sola, vero?! Le altre ballerine ti insegneranno come muoverti. Quindi, se dopo le lezioni, trovi del tempo per venire qui e allenarti, fai un favore a te stessa e al tuo lavoro. >>

Non aveva calcolato l'ipotesi di stare a stretto contatto con quelle meravigliose donne che sembravano uscite da una rivista di moda. La sua personalità primaria iniziava a vacillare circa la decisione presa da quell'entità che, silenziosamente, agiva nell'ombra e alle sue spalle. Sembrava che stesse parlando di una cosa paranormale, era ridicolo! Al solo pensiero di ritrovarsi nuovamente quella bionda davanti, le gote si colorarono di porpora dalla vergogna. Non sarebbe mai stata brava come lei.

<< Lo farò. >> Rispose, deglutendo silenziosamente. Guardò in basso per un istante. << Dovrò spogliarmi? >> Quella domanda era uscita in modo così spontaneo dalle labbra che a stento era riuscita a controllarsi.

<< No, se non vuoi. >> Quella risposta la stupì e la spinse ad alzare il volto per incontrare lo sguardo di lui. << Insomma... le altre ballerine fanno tutto ciò che le viene chiesto ma sono esperte. Tu puoi cominciare benissimo con il palo, non sarai vestita come adesso, indosserai della lingerie particolare ma almeno non sarai nuda. >>

Sentire pronunciare quella parola dalle sue labbra, nuda, fece crescere la vergogna che Edith già provava e desiderò profondare la testa nel sontuoso parquet chiaro del palcoscenico. C'erano ballerine che ballavano anche senza veli, in quella sala dove vi erano almeno quaranta occhi puntati addosso, se non di più.

<< Ti vergogneresti a spogliarti? >> Il tono calmo, più riflessivo e caritatevole, le arrivò alle orecchie, distogliendola da i pensieri delle ballerine che ballavano nude. << E' una domanda. Rispondi sinceramente. >>

<< Certo che sì. >>

Lo zingaro le si avvicinò di nuovo, stavolta con un passo più lento. Mise le mani in tasca, osservandola. Era un po' più alto di lei ed era per questo che Edith si sentiva ancora più insignificante quando lo fronteggiava. Sembrava che ogni barriera crollasse e che ogni muscolo delle gambe tremava, facendole diventare molli. Le incuteva timore, questo non era nuovo, ma il modo con la quale cambiava espressione e tono di voce era sorprendente e non faceva che confonderla. Non gli dava mai una giusta e completa visione di com'era. Ma quel fascio di mistero che si portava dietro, le diceva che forse non avrebbe mai scoperto la personalità di un uomo che si faceva chiamare lo zingaro.

Lavdor increspò le labbra in quello che sembrava un sorriso di circostanza, forse di incoraggiamento. << Non dovresti. In fondo non è una cosa così nuova o scandalosa. Si nasce nudi, in fondo. E' qualcosa di naturale. Se ci pensi bene, c'è una parte di noi che è sempre nuda e messa davanti agli occhi di tutti. >>

Edith sgranò gli occhi. La prendeva di nuovo in giro? << E quale sarebbe? >>

Vide il suo viso avvicinarsi pericolosamente al suo, così tanto che per un attimo aveva creduto che potesse baciarla. E il solo pensiero le creò dei brividi lungo la spina dorsale. Si rilassò appena quando lo vide mancare il bersaglio delle sue labbra, ma andare dritto al suo orecchio. Con voce più bassa, come se stesse per confidarle un segreto, le sussurrò: << Il viso. >>

Il padiglione del suo orecchio avvertì un respiro caldo, che lo riscaldò per un istante. Ma fu questione di poco, prima di tornare alla temperatura normale. E non appena il viso dello zingaro si allontanò da lei, sembrò tornare ad essere padrona delle proprie azioni e, soprattutto, della propria voce.

<< Non è lo stessa cosa. >>

<< Naturalmente. Ma se ci pensi è vero. >>

Il cenno di una risata uscì dalle labbra di Edith. Una cosa che fece sorridere –o ghignare- lo zingaro che la guardava. Non aveva visto male, quel giorno. La ragazza che aveva davanti poteva essere in grado di farli fruttare un sacco di soldi, più di tutte le sue ballerine e addirittura più di Fatmir, se ci metteva un briciolo di impegno.

<< Non mi deluderai, vero? Io credo molto in te. >> Continuò lui.

Edith lo scrutò in viso nel minimo movimento dei muscoli. Stava dicendo sul serio? Credeva in un'emerita sconosciuta saltata fuori dal nulla? Era ammirevole come quell'uomo aveva fiducia nel prossimo, non l'avrebbe mai detto.

<< Non ti deluderò. >> Rispose la bruna, avvicinandosi poi al palo. Ricordò la sera in cui si era concessa un momento fuori da i binari e aveva volteggiato intorno ad esso come una libellula, sentendosi libera. Vi posò una mano sopra e, proprio come quella sera, fece volteggiare il corpo in senso orario.

<< Bene. Mentre tu approfondisci meglio la conoscenza con pôle, io devo tornare al mio lavoro. Ho alcune faccende da sbrigare. Domani puntuale, dopo le lezioni, intesi?! >> E si avvicinò a lei, facendola fermare per un istante. Solo per il gusto di poterle dare un buffetto sul naso e poi voltarle le spalle per scendere dal palcoscenico. Aveva visto quell'espressione di stupore dipingersi sul suo viso e, poteva scommettere metà del suo denaro, che aveva anche sorriso.

Edith restò con la mano appoggiata al palo per qualche minuto, osservandolo sparire per il corridoio e il suo ufficio. Era strano sentire così tante emozioni tutte insieme, come voci affollate. No vi era un ritmo, non vi era un tempo. La sua personalità principale, di brava ragazza e buona cattolica, aveva tirato un sospiro di sollievo quando se ne era andato, limitandosi a darle solo un buffetto sul naso. L'entità che viveva in lei, quella più selvaggia, che trasgrediva le regole e che aveva la passione di girare intorno ad un'asta metallica, mettendo alla mercé dei ricchi la visione del suo corpo mezzo nudo, aveva sperato in un bacio. Fino all'ultimo.

Edith sapeva benissimo di essere la sua ballerina, una delle tante. Da una parte ringraziò il suo Dio, se ancora ce ne era uno ad ascoltarla, se lo zingaro si era rivelato più calmo rispetto al loro ultimo incontro. Certo, doveva sempre tener conto di una cosa: aveva appena firmato un contratto con una persona che aveva fatto irruzione in casa sua, aveva messo nel giradischi un disco che recitava la canzone Diamonds are girl's best friend e che, in qualunque modo, riusciva ad essere ovunque. Ma del resto la mente sceglie quello che vuole vedere. E nel suo caso, stava decisamente esagerando. 



Wolf's note:

Con un pò di ritardo, lo so, ma eccovi il nuovo capitolo!

Sono successe un pò di cose ultimamente e non ho trovato il tempo materiale per stare al computer, elaborare le idee e buttare giù questo. Spero sia di vostro gradimento e che la storia continui a piacervi. I ringraziamenti vanno sempre a voi che continuate a seguirla. Come sempre, vi ricordo che un voto o un commento per un vostro parere, anche una vostra critica, sono ben accettati! <3

Prossimo appuntamento con il capitolo 9 è Sabato 8 Ottobre. Questa data è massima, ovvero che il capitolo potrebbe arrivare anche prima, dipende dal tempo che ci impiego, ma la data massima della pubblicazione è, appunto, la settimana prossima.

Detto ciò, vi lascio! Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento.

Un abbraccio a tutti voi, lettori e follower! 

Alla prossima,

Wolfqueens Roarlion. 

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