4. Rivoluzione

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Ero felice di cambiare aria,

ma una nuova vita

non significa necessariamente

che sia migliore della precedente.

Quella sera cenai con tre amiche, ordinammo pizze da asporto e le mangiammo a casa mia.

Pensavo di continuo a James, era diventato un chiodo fisso come il ritornello di una canzone che non ti esce più dalla testa e che canti ripetutamente, senza pausa.

Continuavamo spesso a videochiamarci; i giorni passarono con rapidità, finché una mattina, come svegliata da un sogno premonitorio, mi venne un'idea assurda, estrema e coraggiosa.

Ne parlai prima con mia madre che a malincuore accettò e disse semplicemente:

«Fallo, se ti rende felice.»

Per capodanno lo andai a trovare, portando con me la sorpresa che non vedevo l'ora di confidargli.

Arrivai a Lipsia il 28 dicembre.

Appena lo vidi in aeroporto, corsi da lui e gli saltai al collo, ero felice, impazzivo di gioia.

Mai sentito quel calore che mi scaldava il cuore in quella maniera così vivida: mi ero innamorata.

Chi dice che siano necessari mesi o addirittura anni per riuscirci, mente. La notte stessa del mio arrivo, mi sdraiai accanto a lui, girai il volto verso di lui e lo guardai intensamente:

«Liby, io...» posai un dito sulle sue labbra e dissi:

«Fammi dire una cosa importante» annuì con la testa, restando in silenzio, ma senza slacciare i suoi occhi dai miei:

«Ad aprile mi trasferisco.»

«Dove?» aveva l'aria preoccupata, come se pensava volessi scappare da lui, non aveva ancora capito.

«Vicino a te, al tuo cuore così buono, mi trasferisco a Lipsia, Jamie»

Tenne gli occhi fissi nei miei, le sue palpebre non batterono più. Era congelato, era felice oppure no? Ovvio che lo era! O perlomeno così mi autoconvinco oggi.Una lacrima di gioia si sciolse dal suo occhio sinistro fino al collo, dove trovò riparo tra le pieghe della maglietta che indossava.

Fu il 30 aprile che mi trasferii e rimasi a casa sua per tre mesi, mentre la sua coinquilina era in Cina: avevamo casa tutta per noi.

Mi aiutò a cercare un appartamento, lavoro e a orientarmi in questa città così nuova per me.

Ci misi un mese per trovarli e ancora meno a sentirmi a mio agio lì. Iniziai a lavorare a metà maggio in una caffetteria e gelateria al centro, dove conobbi la ragazza che sarebbe diventata la mia migliore amica, Eileen.

I turni erano stressanti soprattutto quando divenni caposala e responsabile del negozio, ma rimasi lì per due anni, finché un giorno non feci il colloquio per uno nuovo in un negozio d'abbigliamento e accessori da donna proveniente da Amburgo, mi piaceva molto, era esattamente nelle mie corde.

L'estate la trascorremmo tra feste, amici e nuove conoscenze, andammo spesso al canale per bere una o due birre in compagnia e di tanto in tanto ci concedevamo del tempo solo per noi.

Il sesso funzionava a gonfie vele. Quando si è innamorati scoppietta sempre, per lo meno all'inizio.

A settembre partimmo insieme per Kos, in Grecia, e su quell'isoletta trascorremmo dieci giorni, tra mare, sole, spiagge e nuovi paesaggi, ci divertimmo molto.

Ma non facemmo mai l'amore: un segnale che avrei dovuto già cogliere, ma che per vigliaccheria non volli vedere seriamente.

Ero cieca dalla paura, avevo il terrore di aver commesso uno sbaglio del quale mi sarei pentita per tutta la vita: seguire il mio cuore a Lipsia.

Mi girai dall'altra parte per non osservare e capire. La paura spesso ci fa fare cose stupide, come il comprendere di aver commesso un errore.

A ottobre iniziai l'università nella facoltà magistrale di letteratura e lingua francese, mentre lui Management musicale, che era sempre stato il suo sogno.

Il sesso era raro tra noi, non voleva mai e io non capivo il motivo, pensavo il problema dipendesse da me, ma mi sbagliavo.

C'era qualcosa che non andava in lui.

Il tempo volò.

Cambiai lavoro e iniziai a gonfie vele nel negozio, dove lavorava la mia migliore amica Eileen.

Lei conviveva con il suo ragazzo e ogni tanto facevamo delle uscite a quattro, fin quando lei non mi confidò di volerlo lasciare perché non lo amava più.

Si separarono poco dopo. E su quella scia fece lo stesso anche James, tradendomi e poi abbandonandomi.

Mi lasciò una sera di giugno, faceva caldo, ma pioveva. Mi disse semplicemente:

«Non va più, Liby, voglio chiudere»

Cercai in tutti i modi di fargli cambiare idea, inutilmente, finii per piangere disperata tra le sue braccia, chiedendogli:

«Perché mi fai questo?»

«Non ti amo più, non riesco più a fingere» sapeva, sa mentire bene.

Scoprii del suo tradimento attraverso un amico, Florian: lo incontrai al canale e, senza peli sulla lingua, gli chiesi «Alla festa di due sabati fa, quando non sono venuta per via del lavoro, è successo qualcosa che non dovrei sapere?

«Cosa intendi Liby?» domandò accigliato.

«C'era una ragazza con James?» aggrottai le sopracciglia nervosa.

«Perché?»

«Lui è diventato strano da quella sera»

«Sì, c'era.» divenne serio tutto d'un tratto.

«E cosa hanno fatto?» chiesi, mentre lui mi guardava preoccupato, non voleva rispondermi.

Il mio sguardo si fece più intenso, ero più decisa che mai a scoprire la verità.

«Non ti piacerà, Liby» rispose risoluto.

«Lo so.» presi un respiro e cominciai a muovere la gamba nervosamente. Il discorso non mi piaceva affatto, ma era necessario.

«Si... baciavano in giardino, fuori dal locale»

«Che aspetto aveva lei?» mi guardò di sbieco, non comprendeva perché volessi farmi così tanto del male.

Il cuore mi esplodeva nel petto e le tempie pulsavano, una vampata di calore e rabbia mi avvolse completamente; divenni cieca.

Iniziai ad agitarmi talmente tanto che la gamba prese a tremare per il nervosismo. Avevo paura di scoprire cosa James mi nascondesse.

«Era minuta, capelli lunghi castani, molto magra»

La gelosia mi divorò. «Era carina?» continuai senza demordere.

Lui mi guardò in tralice e poi aggrottò le sopracciglia per capire se volessi saperlo per davvero.

«Dimmelo» ripetei con serietà.

«Be', sì, era molto carina» Florian aveva gli occhi tristi perché sapeva che quelle parole avevano il potere di ferirmi.

Non piansi, ma le lacrime bruciarono e mi pizzicarono gli occhi come uno starnuto intento a esplodere.

James mi lasciò qualche giorno dopo senza darmi una vera spiegazione, ma io conoscevo la verità e ai miei occhi era solo un fesso che credeva me la fossi bevuta, ma la rabbia divampava in me come fieno al fuoco.

Le fiamme della vendetta brillavano nei miei occhi. Peccato sia troppo buona per vendicarmi, ci casco sempre.

La mia vita senza di lui prese una brutta piega: cominciai a isolarmi, mangiare meno, lavorare troppo e di conseguenza concentrarmi solo su quello; Eileen mi era rimasta accanto, forse l'unica. Ci vedevamo spesso e ogni volta cercava di tirarmi su di morale. Mi abbracciava ogni volta che ci incontravamo, e io lo percepivo, sentivo il suo affetto.

Mi incontrai un giorno a pranzo con due amiche, Le raggiunsi a casa, portando della frutta fresca e una buona spremuta, comprata al negozio biologico proprio vicino alla loro casa. Il loro appartamento disponeva di un enorme terrazzo, ci sedemmo al tavolo in legno da campeggio e ci fumammo qualche sigaretta, sgranocchiando qualche chicco d'uva. Poi una di loro si fece una canna e me la offrì, feci giusto due tiri, uscendo di casa; avevamo intenzione di mangiare in un locale nella piazza di Plagwitz.

Appena seduta mi iniziai a sentire strana, qualcosa non andava in me.

«Ti senti bene?» mi domandò Petra, guardandomi il viso con occhi sorpresi.

«No, per niente, mi viene da vomitare»

«Sei bianca come la carta!» esclamò Anika preoccupata

Mi tremavano le mani ed ero agitata, non riuscivo a stare calma. Fu poco dopo che in preda alla paura e al non controllo del mio corpo, scoppiai in lacrime.

«Liberta, calmati, provaci, hai un attacco di panico, respira con me» disse Petra diplomaticamente, restando tranquilla.

Dopo un quarto d'ora arrivò il cibo ordinato. Divorai il riso al curry con tofu in poco tempo: avevo molta fame; dalla separazione non mangiavo più in maniera regolare e quella mattina non avevo fatto nemmeno colazione.

Cominciai a inspirare ed espirare lentamente per riprendermi. Con la pancia piena e concentrata sul cibo senza pensieri malsani, mi ripresi.

Fu circa due mesi dopo, ero seduta su una panchina in legno proprio in quella piazza. Avevo appena aperto una lattina di birra, la seconda, mentre ascoltavo della musica nelle cuffie, presi un primo sorso fresco e frizzante, poi un secondo e un terzo.

Successe poco dopo, presa da un'attacco di follia e forse anche perché fuori di me per via dell'alcol, mi precipitai a casa di James.

Povera sciocca. Chissà cosa pensavo di trovarci... ma lui era lì, in cucina, con lei. Li vidi dalla finestra e il mio cuore perse un battito, si fermò, mi sentii svenire, sudai freddo, la rabbia mi divorava strappando brandello dopo brandello la pelle. Perché ero stata così stupida? Cosa speravo di comprendere? Sono un'ingenua testarda che cerca sempre di farsi del male.

Ma lui uscì poco dopo dall'edificio e io corsi dietro una macchina parcheggiata dall'altra parte della strada per nascondermi; lui domandò ad alta voce e incredulo:

«Liberta?» Uscii dal nascondiglio, mostrandomi alla luce del lampione; lui mi sorrise giusto due secondi, cosa significava? Era felice di rivedermi?

La ragazza dai capelli castani lo raggiunse e gli chiese:

«Allora queste birre?» «Sì, andiamo.» Rispose fissandomi e mi voltò le spalle, andandosene con la tipa.

Scoppiò in una risata spontanea con lei e le pose una mano sulla spalla.

Lo seguii, poi mentre era ancora girato, lo chiamai, quando ero abbastanza vicina, il rancore mi aveva completamente logorata e stava offuscando la mia percezione della realtà.

Si girò verso di me, con il sorriso ancora stampato sulle labbra per la conversazione tanto divertente tenutasi con la miss sconosciuta. Non fece in tempo a parlare che la mia mano si impresse sulla sua guancia con violenza.

Si portò le dita sul punto appena colpito, reagendo con un:

«Ma sei matta?»

Ero sconvolta, che diavolo mi era preso?

Io non facevo questo tipo di cose!

Girai i tacchi e me ne andai, tenendo la testa alzata e orgogliosa.

Imboccai una stradina diretta verso casa, ma scoppiai in un pianto interminabile, non riuscivo a tenere il controllo su me stessa, avevo paura mi venisse un altro attacco di panico.

Appena superato l'angolo della stradina, mi appoggiai al muro dell'edificio e mi lasciai scivolare a terra.

Seduta sul pavimento in pietra, posai la testa tra le braccia poggiate sulle gambe, piegate ad angolo. Mi ricordai del suono della sua risata così limpida e rassicurante e mi venne la pelle d'oca perché, in realtà, in quel momento, ero sola, depressa e disperata.

Il passo successivo fu dedicargli una canzone cantata da me, postandola su internet

Jealous - Labrinth

I wished you the best of

All this world could give

And I told you when you left me

There's nothing to forgive

But I always thought you'd come back, tell me all you found was Heartbreak and misery

Gelosa - Labrinth

Ti auguravo il meglio di

Tutto ciò che questo mondo potesse dare

E ti ho detto quando mi hai lasciato che

Non c'è niente da perdonare

Ma ho sempre pensato che saresti tornato, dicendomi che tutto quello che avevi trovato era dolore e miseria

SPAZIO AUTRICE

Secondo voi la scelta di Liberta di trasferirsi da James è stata troppo affrettata? O per amore è giusto fare salti nel vuoto, come trasferirsi all'estero?

Cosa vi aspettate che succeda nel prossimo capitolo?

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