Capitolo 4 - Una proposta assurda

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Duncan

Dopo diversi squilli, finalmente, Diego risponde al cellulare.

«Ehi, amico!» trilla a gran voce, dall'altro capo del telefono.

Ho bisogno di lui per sfogarmi. Devo raccontargli dell'assurdo casino in cui sono invischiato.

«Allora, già conosciuta la donna che ha fatto battere il cuore a tuo padre?» chiede con un tono leggero, come a cercare di smorzare il momento. Sa bene quanto è stato complicato, per me, decidere di conoscerla, così come tutta la sofferenza che porta dietro la vita senza mamma alla quale ci siamo dovuti abituare io e papà. Crede che lo chiami per questo, per raccontargli come mi sento e sviscerare con lui i miei sentimenti. Ma adesso, onestamente, Amelia è l'ultimo dei miei pensieri. È sua figlia che se non si dà una calmata diventerà una bella gatta da pelare.

«Non ti chiamo per questo. Sto bene, se te lo stai chiedendo, ma... indovina un po' tra miliardi di persone che potevo incontrare qui da mio padre di chi ho fatto la conoscenza?»

«E io che ne so. Dai, non mi piacciono gli indovinelli. Sputa il rospo» si lamenta il mio amico.

«La ragazza della discoteca, quella che ha fatto quella assurda scenata. Quella che mi ha fatto la doccia con la birra!»

«Non ci posso credere!» fa lui e lo sento ridere. «Aspetta... ma che c'entra lei con tuo padre?»

«È la figlia della sua nuova compagna, capito che culo?»

«No! Troppo forte!» Lo sento ridere ancora, mentre io vado avanti a raccontare.

«Si è trasferita qui da pochi giorni, viveva all'estero. Credo che resterà a vivere da loro per un po'. Dio, tu non riesci nemmeno a immaginare quanto è insopportabile!» ringhio, ripensando al nostro battibecco.

«Ha raccontato tutto a tuo padre e sua madre? Ti ha messo in imbarazzo?»

«No, per fortuna no. Quando ci hanno presentato ha finto di non avermi mai visto prima, ma dopo siamo rimasti soli e mi ha fatto una scenata degna delle più ridicole soap opera. Sembra una ragazzina di sedici anni. Si è lamentata per le mie avances in discoteca come se le avessi davvero messo le mani addosso! Ero ubriaco, d'accordo, ma non così tanto da non ricordarmi ciò che ho fatto.»

«Va bene, capito. Ma adesso ricordati che, in qualche modo, fa parte della tua nuova famiglia allargata, ok? Quindi... cerca di chiarire e provate ad andare d'accordo.»

«Sarebbe un miracolo andare d'accordo con una come lei. Ma abbiamo deciso insieme di ignorarci e cercare di stare qui in momenti diversi, così non saremo costretti a incontrarci.»

«Che esagerazione! Non siete mica due bambini.»

«Io no, ma lei lo è eccome, fidati. Una bambina sciocca e viziata. Mi ha trattato come un maniaco sessuale. Dio, mi ha fatto venire su un nervoso che...»

«Sta' calmo, bello. Prendi un bel respiro e non pensarci, ok? È solo un pranzo. Ignorala e vedrai che andrà bene.

Adesso devo lasciarti, ma... quando torni a casa mi racconti com'è finita, chiaro? Voglio ogni anteprima di questa ridicola soap opera» dice, scimmiottando la mia frase di prima.

Fingo di ridere, facendogli il verso, mentre lui scoppia in una risata genuina e liberatoria.

«A dopo, Dun.»

«Ciao, Diego.»

Chiudo la chiamata e ripongo il cellulare nella tasca dei pantaloni, preparandomi ad affrontare un pranzo da cui, onestamente, vorrei solo scappare.

***

Arrivati quasi all'ultima portata, tiro un sospiro di sollievo senza dare troppo nell'occhio. Il pranzo è andato bene, scorrendo, stranamente, in maniera tranquilla.

Io e Belle ci siamo ignorati e, per fortuna, il litigio di prima non ha lasciato strascichi tali da farci punzecchiare per ogni stupidaggine.

Papà e Amelia hanno raccontato un po' di loro e del nuovo arredamento di casa, e adesso la conversazione si sta spostando su Belle e i suoi anni come modella all'estero.

Ascolto attentamente, notando lo sguardo d'orgoglio della madre, la gioia di mio padre nel vederla così e, invece, l'imbarazzo di sua figlia che, da come sembra, non ama essere adulata.

«E questo è quanto. Adesso, invece, la mia bambina perfetta cerca un posto non troppo caro dove stare da dividere con una ragazza. Ha deciso di conservare un bel gruzzolo per comprarsi casa» dice Amelia quasi in un bisbiglio, ma sempre con quella luce negli occhi che sembra riservare solo a sua figlia.

«Mamma, ti prego, smettila di chiamarmi bambina. E, comunque, sono tutto tranne che perfetta» ammette con un'alzata di spalle.

Non potrei essere più d'accordo, carina!

Adesso sembra un angelo. A sentirla parlare non sembrerebbe che questa ragazza è lo stesso mostro a tre teste che in discoteca, e poco fa, voleva mangiarmi vivo.

«Belle, guarda che per noi non ci sono problemi. Non c'è bisogno che ti sfianchi nella ricerca di un appartamento. Sono due settimane che sei qui e hai già smosso mari e monti per trovare un posto. Ma, come avrai visto, non è così semplice. Puoi restare qui tutto il tempo che vuoi» dice mio padre con fare accogliente e io alzo gli occhi al cielo al pensiero che ogni volta che vengo qui potrei ricontrarla.

«Ti ringrazio, Liam, ma vorrei un piccolo posto al centro, vicino a dove è l'azienda di moda in cui lavoro. La maggior parte degli shooting saranno lì, in studio, e quando ci sposteremo sarà sempre con auto pagate dalla produzione. Io non guido, quindi qui è molto fuori mano, per me» commenta gentile lei.

«Tesoro, il problema è che di questi tempi non è facile trovare qualcosa. L'hai visto anche tu, no? O sono posti troppo cari o delle topaie dove chissà quali malattie potresti prenderti.»

«Mamma, dai, non esagerare! Ho visto posti orribili, ok, ma addirittura parlare di malattie.»

«È così. Non li guardi i reality?» chiede e Belle ride di gusto, scuotendo il capo.

Ha una risata bellissima, una di quelle che ti incantano. Mostra la sua dentatura perfetta ad ogni accenno di sorriso e giuro che potrei morirci per quanto è bella.

Scuoto il capo piano, maledicendomi mentalmente per i miei folli pensieri.

Frena, idiota, torna in te! Puoi resistere a una bella ragazza, ne hai conosciute a migliaia. Ricorda il suo carattere a dir poco insopportabile! Questa ragazza è una vera spina nel fianco.

«Ad ogni modo c'è tempo per organizzarti. Nel frattempo resti qui con noi e...»

Belle non permette alla madre di terminare il discorso, perché subito la interrompe.

«Domani Sarah mi ha promesso che mi avrebbe accompagnata per un nuovo giro al centro. Ho trovato solo un appartamento che potrebbe fare al caso mio, però... vorrei almeno vederlo da vicino. Non è proprio nella zona dove lavorerò, ma meglio di qui. Cioè... voglio solo dire che la vostra villa è in una posizione molto isolata. Non passano autobus e, visto che voglio risparmiare soldi, non mi sembra il caso di prendere un taxi ogni volta che ho bisogno di muovermi.»

«In queste due settimane, però, la tua collega Dorothy ti ha sempre dato un passaggio, no? E poi... domani? Di nuovo? Che fretta c'è, non capisco» fa la madre, come se non se lo aspettasse.

Sua figlia mi dà una strana impressione, come se volesse scappare via da questo posto.

Belle annuisce, non continuando su questo discorso.

«Dio, che sciocco. Sono due settimane che sei qui e non te l'ho ancora chiesto. Belle, per curiosità, dove si trova esattamente l'agenzia di moda dove lavori?»

«Al Wilshire Bulevard, Beverly Hills.»

«Wilshire Bulevard non è vicino a dove hai casa tu, figliolo?» domanda mio padre, rivolgendosi a me.

Mi rigiro il bicchiere tra le mani e, con lo sguardo fisso su di esso, annuisco.

«Sì, molto vicino. Casa mia affaccia su Crescent Park.»

«Ottimo!» fa lui, con entusiasmo, mentre io porto il bicchiere alla bocca per fare un bel sorso di vino rosso. «Allora, finché non troverai un posto dove stare, Duncan potrebbe ospitarti a casa sua.»

Il vino mi va di traverso e tossisco come un matto, mentre Amelia, seduta a capotavola, vicino a me, mi dà qualche colpetto sulla schiena.

Mi giro a guardare mio padre che, come se nulla fosse successo, va avanti, mentre io lo fulmino con lo sguardo.

«L'appartamento di Duncan non è enorme, ma ha due camere per gli ospiti, quindi non sarebbe un problema, no?» fa, rivolgendosi poi a me.

«In realtà, io...»

Come essere gentile e dire allo stesso tempo che non se ne parla? Nemmeno sotto tortura, nemmeno morto, nemmeno se venisse Gesù Cristo in persona a chiedermelo.

Spero che Belle sia dalla mia parte e inventi una scusa per dire di no, così la guardo, in cerca d'aiuto, ma il suo sguardo è cambiato e fissa mio padre con aria compiaciuta.

«Per me sarebbe fantastico» dice con entusiasmo e io sgrano gli occhi.

Che? È per caso impazzita? Cos'è uno scherzo? È il suo modo subdolo e assurdo per vendicarsi di quanto accaduto in discoteca?

«Insomma... sarebbe proprio a due passi da dove lavoro e... potremmo dividere l'affitto e le spese. Se... se per Duncan non è un problema, chiaro.»

Finalmente mi guarda e i miei occhi la dicono lunga su quanto vorrei ucciderla in questo momento.

Vorrei poter dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma, di nuovo, mio padre parla per me.

«Oh, ma nessun problema. Mio figlio è un ragazzo molto ospitale. E, nessun affitto, quella casa è sua. Poi penso che tua madre sarebbe tranquilla a saperti con una persona di cui potersi fidare, no?» dice, chiedendo appoggio in Amelia.

«Beh, certo, per il lavoro che fa sto sempre molto in ansia per i suoi spostamenti, le persone che frequenta, gli orari tardi in cui potrebbe rincasare. Con Duncan come coinquilino, seppur momentaneo, sarei di sicuro più serena.»

Perfetto, alla grande, davvero, sono tutti d'accordo. Mi hanno incastrato!

Incrocio lo sguardo di mio padre, vorrei fulminarlo, strozzarlo. Poi guardo Belle. Ha uno sguardo carico di scuse e mi manda ancora più in confusione.

Dovrei dire di no, dire che sono tutti matti, confessare che io e questa ragazza ci siamo già conosciuti e che tra noi non scorre buon sangue, sarebbe un disastro, una follia, un completo fallimento, un...

«È un piacere» dico, fottendomi con le mie stesse mani. «Se posso aiutare... insomma... è una cosa momentanea, no?» dico, guardando Belle in maniera decisa. Incazzato, direi. Incazzato nero.

«Sì, assolutamente momentanea» conferma.

Ho bisogno d'aria. Ho bisogno di fuggire da questa bolgia infernale di diavoli che non sanno ciò che fanno.

Mi alzo, scostando la sedia.

«Se volete scusarmi, però, adesso io andrei.»

«Di già?» fa mio padre con aria dispiaciuta. «Non abbiamo ancora mangiato il dolce.»

«Sono sazio, papà, ma grazie. Come avessi accettato, ok?»

«Se mi aspetti vengo con te.»

La voce di Belle ci sorprende, portando sia me che sua madre, in coro, ad esclamare un sonoro...

«Eh?»

«Sì. Nemmeno io prendo il dolce. Devo pur mantenere la linea, no?» dice ridacchiando.

«Scusami, tesoro, andare dove?» domanda sua madre, spaesata.

«A casa sua, no? Prendo le mie cose e andiamo. Ho le valigie ancora fatte, in pratica. Devo solo riporre un paio di cose.»

Uccidetemi, vi prego. Uccidetemi subito!

«Amore, non ti sembra di correre un po' troppo? Dà il tempo a Duncan di sistemare la tua stanza e...»

«Posso farlo io. Duncan è stato già così gentile ad ospitarmi. Non voglio creare ulteriori fastidi.

Prendo le mie cose, allora.»

Scappa di sopra senza dar modo a nessuno di replicare oltre.

Io sono incazzato nero, sua madre sotto shock, mentre quel cretino di mio padre continua a sorridere come un'ebete.

Dio, ma nessuno qui capisce in che razza di guaio mi hanno messo?

«Approfitto per andare un attimo in bagno» dico, rompendo il silenzio, e mi precipito di sopra per parlare con quella pazza.

Devo vederci chiaro in questa storia!

***

Trovo la porta aperta di una camera e la vedo accanto al letto, piegata per terra a riporre delle cose in valigia.

Entro senza permesso e chiudo la porta.

Il rumore del mio movimento la fa voltare e i nostri sguardi si incrociano. Di fuoco e arrabbiato il mio, dolce e carico di scuse il suo.

«A che gioco stai giocando? Mi spieghi?» dico, indicando l'esterno con una mano, riferito all'assurda proposta di mio padre e al suo averla accettata senza batter ciglio.

«Nessun gioco. Verrò sul serio a stare da te» risponde, rimettendosi in piedi.

«Ma davvero?» esalo con una risatina isterica. «Credevo che mi odiassi, che non volessi vedermi nemmeno in cartolina, e adesso che fai... accetti di venire a vivere con me finché non trovi un posto dove stare? Ma che problemi hai?»

«So quello che ho detto e... forse ho esagerato, ok? Ti chiedo scusa» fa con tono remissivo, mostrandomi qualcuno che fatico a riconoscere.

«Certo, beh, ovvio, adesso che ti serve un posto dove stare mi chiedi scusa!»

«Senti, puoi accettare le scuse e farla finita? Fidati, è già tremendamente difficile per me.»

«Per te? Per te? E no, cara mia, ora non venirmi a dire che è difficile. Mio padre mi ha messo in una posizione scomoda, ma visto che sapevo quanto ci tenessi a starmi lontana speravo che gli dicessi che era infattibile, come cosa. Invece no, affermi che è un'idea fantastica. Io, davvero, non ti capisco.»

Gesticolo come un matto, nervoso all'idea di dover dividere il mio tempo con questa donna.

«Ascolta, so quello che ho detto quando ci siamo visti. Sono impulsiva, ok? Ho esagerato. Ma... davvero qui è lontano, per me, e ho realmente bisogno di un posto dove stare che sia vicino a dove lavoro.»

«Sì, d'accordo, ma perché da me? Perché tutta questa fretta?» sbraito e lei socchiude gli occhi, sospirando forte.

Poi li riapre, si inumidisce le labbra e mi guarda.

«Se... se ti confesso una cosa, prometti che mi ascolterai in silenzio senza giudicare e, soprattutto, non riderai di me?»

«Che...»

«Lo prometti, Duncan?»

Alzo gli occhi al cielo, sbuffando un po', ma poi annuisco.

«Bene. Io... vedi, la realtà è che... tuo padre è un uomo fantastico, ma... vederlo accanto a mia madre mi fa troppo male. Papà è morto da tre anni, lo so, dovrebbe essermi passata, eppure...eppure non riesco ad abituarmi a vederla accanto a un altro uomo. Vederli mentre si abbracciano, o ridono, o si sbaciucchiano... insomma... vederli felici insieme.

Sono contenta per loro, davvero, solo che... che fa...»

«Male» finisco per lei, riconoscendo in ogni cosa che ha detto i miei stessi sentimenti.

«Già» annuisce, in imbarazzo.

«È per questo che vuoi letteralmente scappare via?»

Annuisce ancora, a capo chino, mentre coi denti continua a torturarsi il labbro.

«Non ha nulla a che fare con tuo padre, però. È una cosa mia, un problema mio, lui è...»

La fermo, alzando una mano.

«Non devi giustificarti con me, Belle. Io... ti capisco. Tua madre e mio padre stanno insieme da un anno e mezzo e ho sempre accampato scuse, pur di non conoscerla. La mia ferita non è fresca come la tua, certo. Ero solo un bambino quando mia madre ci ha lasciati, però...»

«Però è dura comunque» finisce per me e stavolta sono io ad annuire.

Restiamo per un istante di più in silenzio, finché non sono io a parlare.

«Come hai resistito due settimane?» chiedo, molto incuriosito e lei ridacchia.

«Sono stata più fuori che in casa, con la scusa del lavoro o delle amicizie ritrovate. Sono uscita spesso, anche di sera.

Meno ero qui, meglio stavo. Meno li vedevo insieme...

Ho fatto solo un paio di giri, finora, in cerca di appartamenti. Non se ne trovano molti da dividere. Ma quelli che ho visto erano dei veri tuguri. Voglio risparmiare, certo, ma nemmeno vivere in posti dove non c'è neanche la doccia calda.»

«Beh, in effetti non è facile. La zona di Beverly Hills è molto cara, e dubito ci siano tanti appartamenti da dividere. Sono perlopiù famiglie ricche o single in carriera. Mentre non troppo lontano da lì trovi qualcosa, ma... spesso sono dei posti orribili senza luce e acqua calda. È incredibile il divario sociale che si respira lì intorno.»

«Già. Me ne sono accorta. Ad ogni modo, scusa, davvero, mi spiace di averti messo in una situazione scomoda.

Ti prometto che mi impegnerò al massimo per trovare un posto dove stare nel più breve tempo possibile e togliere il fastidio.»

«Tranquilla, a casa mia c'è abbastanza spazio per tutti e due. Ma... ad una sola condizione» dico, guardandola dritto negli occhi.

«Quale?»

«Tregua?» chiedo, allungando una mano.

Belle la guarda, alza la sua e poi la stringe.

«Tregua» annuisce, scuotendola. Poi mi lascia e incrocia le braccia al petto, guardandomi. «Anzi, direi che... vista la situazione potremo provare ad iniziare da capo, no? Stavolta col piede giusto.»

«Mmh, mi sembra un buon modo. Quindi... niente più Mister Maniaco o Pippi Calzelunghe?» domando, osservandola con fare guardingo.

«Niente Miss ce l'ho solo io?» ribatte, di rimando.

Rido e scuoto il capo.

«No, promesso.»

«Bene, allora affare fatto.» Mi allunga di nuovo la mano e, stavolta, sono io a stringerla.

Rimaniamo fermi in quel gesto un po' troppo a lungo, i nostri sguardi si cercano, si... si perdono.

Poi è lei a distogliere il suo e a riprendersi la mano.

«Se mi dai altri due minuti, finisco qui e ti raggiungo di sotto.»

«Sì, d'accordo. Ci vediamo giù.»

Le do le spalle e vado via, lasciandola sola, con addosso una strana sensazione. È come se il fastidio si mischiasse al piacere, qualcosa di così ossimorico da sembrarmi impossibile.

Eppure con questa donna qui, questa donna dalle mille sfaccettature, che ancora non conosco... anche l'impossibile diventa possibile.

SPAZIO AUTRICE:
Questo è stato il mio regalo di San Valentino per voi, la pubblicazione anticipata di un nuovo capitolo di "My unbearable step sister".
Spero vi faccia piacere e che il capitolo vi soddisfi.
Non so se domani, in serata, ne uscirà uno nuovo. Se riesco, sì. Ma ve ne prometto uno in più in questa settimana (quindi oltre oggi ci sarà un altro aggiornamento).
Grazie a tutti voi ❤️

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