²¹. 𝘚𝘰𝘳𝘷𝘦𝘨𝘭𝘪𝘢𝘯𝘵𝘦

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L'afa di quel primo pomeriggio gli stava incollando la divisa addosso. Da quando il suo turno in centro città era terminato, Willas si era rispostato verso la sua area di competenza, nella periferia della zona B. Rispetto a ciò che aveva dovuto vedere sino a quel momento, si trattava di una vera a propria vacanza.

Se ne stava seduto sulle piccole scale di marmo di un palazzo, circondato dai suoi colleghi. Joanne si era appoggiata sul cofano anteriore di una delle due auto, mentre gli altri Sorveglianti se ne stavano ritti in piedi o accasciati alle mura dell'edificio, ognuno su un ritaglio di terreno diverso. Come posto di blocco non era un granché, ma sapevano che da quelle parti non sarebbe passata anima viva.

Nessuno tra loro aveva voglia di socializzare. Venivano tutti dal "fronte", come lo aveva chiamato Riley, il Sorvegliante di circa quarant'anni che gli aveva fornito la sua dose di Easy qualche ora prima.

– Cresci, ragazzo – era stata l'unica cosa che Riley gli era riuscito a dire, quando Willas gli aveva chiesto di cosa si trattasse. La compressa era piccola e molle, di un colore fucsia tenue. Solo dopo averla assunta, Willas aveva iniziato a comprendere.

Sollevando gli occhi sul collega, aveva notato che il suo viso gli appariva leggermente sfocato. I contorni erano ancora definiti, ma labbra, occhi e naso erano parzialmente invisibili. Si era allontanato di un paio di metri, spaventandosi. Riley gli aveva fatto un sorriso tirato.

– Così non avrai più problemi – gli aveva detto.

Qualche minuto più tardi Willas aveva iniziato a sentirsi euforico e rabbioso allo stesso tempo: un altro effetto della pillola. Sapeva che Riley, Meir e Joanne non l'avevano assunta. Meir aveva continuato a guardarlo di sottecchi, saggiando le sue reazioni come se stesse osservando un animale in gabbia.

– Secondo te la reggerà? – aveva chiesto alla Caposquadra Joanne.

– Deve farlo – aveva risposto lei. – Altrimenti ci metterà nei guai col Capitano. –

Le pillole di Easy erano rimaste in dotazione al Corpo Sorveglianti dal post-Espiazione. I Caschi Rossi più anziani non ne avevano bisogno: sapevano come gestire le sommosse. Tuttavia quelli più giovani, come Willas, non avevano mai testimoniato nulla del genere.

Quando si era trovato di fronte alla prima persona da dover colpire col manganello elettrificato, durante la carica, Willas era sgusciato di lato. E aveva fatto allo stesso modo anche con la seconda, e con la terza.

Una volta passata la calca, tra i corpi riversi a terra, il Capitano Stanford lo aveva tirato dal colletto del giubbotto, infischiandosene della differenza di altezza che aveva col ragazzo, alto quasi due metri.

– Dresner, cosa cazzo stai facendo, la corsa ad ostacoli?! – gli aveva urlato in faccia.

Willas gli aveva rivolto uno sguardo ferito da sotto il casco, e il Capitano gli aveva lasciato il colletto strattonandolo ancora più forte.

– Qui non c'è spazio per i tentennamenti. Martinez, dagli un Easy, porca puttana! – aveva urlato, sputando a terra. Si era allontanato a grandi passi, lasciando lì il Sorvegliante Riley Martinez a raccogliere le espressioni turbate di Willas. Riley lo aveva guardato quasi con compassione, e gli si era avvicinato per parlargli a bassa voce.

­– Dresner, tu sei troppo giovane, non hai vissuto il post-Espiazione. Non devi esitare. Quelle persone non sanno neanche quello che fanno. Sono solo dei disperati che vanno rimessi in riga. È questo quello che facciamo: ristabiliamo l'ordine, niente di più, niente di meno. Lo hai promesso il giorno del tuo Giuramento. Ora tienigli fede – aveva concluso, allontanandosi per prendergli la pillola.

Un paio d'ore dopo, in periferia, l'effetto dell'Easy stava finalmente passando. Willas continuava a fissarsi le mani sporche di sangue e graffiate dal terriccio. In corpo sentiva ancora quella sensazione sgradevole di rabbia non propria, e i suoi ricordi erano terribilmente confusi.

A tratti gli sovvenivano dei flashback di un volto senza espressione che aveva premuto sull'asfalto, oppure di una figura che si accasciava sulle ginocchia dopo che gli aveva dato un colpo alla testa. Con queste mani.

Quelle immagini sfocate gli stavano facendo perdere il senno. Si chiese come stessero i suoi colleghi attorno a lui. Anche le loro mani erano tumefatte, e le loro divise non sembravano più quelle corazze tirate a lucido che gli avevano sempre dato l'idea dell'efficienza del Corpo Sorveglianti.

Solo Meir Auerbach, il loro nuovo collega, sembrava essersi genuinamente divertito durante le sommosse. Willas ricordava poco, ma aveva chiaramente visto un sorriso soddisfatto sul volto di Meir, appena questi si era tolto il casco. Pazzo sadico.

Si era chiesto perché solo lui fosse stato l'unico a opporsi al trattamento disumano riservato alla folla, ma soprattutto si era posto mille domande sulla natura dell'Easy e sulla sua assunzione, che immaginava essere stata massiccia nei periodi attorno all'Espiazione, quando lui aveva poco più di tre anni e ancora neanche un pensiero sul voler diventare un Sorvegliante.

Aveva scelto quel mestiere appena compiuti diciott'anni. Sapeva di non potersi recare nelle Città come manovale, dovendo rimanere a Malthesia per assistere suo padre. In famiglia c'era stata una grande festa quando era riuscito a passare le selezioni, e Willas si era sentito capace, appartenente a un luogo. Ma ora gli sembrava che quelle sensazioni fossero state sepolte dagli eventi.

"Sono prima un Sorvegliante, e poi una persona" recitava una delle linee che aveva dovuto ripetere durante il Giuramento. Willas guardò ancora una volta le sue mani incrostate di sangue, e si disse qualcosa a bassa voce, inconsapevolmente.

– Sono prima una persona. –

Aveva parlato in un soffio, ma notò comunque la testa di Riley girarsi verso di lui. Negli occhi del suo collega vide una dura consapevolezza, unita a un rimprovero silenzioso.

– Vedi di non parlare da solo, ragazzo. –

Willas lo guardò colpevolmente, cercando di evitare che i suoi occhi verdi si facessero acquosi.

Poco dopo sentì il trillo delle comunicazioni via radio. La Caposquadra Joanne, la più alta in grado, si portò un dito all'orecchio per rispondere. – Ho capito. Arriviamo – disse poco dopo.

– Signori, torniamo al fronte – annunciò, nascondendo col casco rosso i capelli tagliati corti che le si arricciavano sulle orecchie.

Willas iniziò a sudare. Non di nuovo, pensò.

Joanne notò l'oscillazione irrequieta del ragazzo, e continuò a parlare. – Mi hanno chiesto di lasciare una unità di piantone qui in periferia. Rimarrà Dresner. –

Willas sentì una bolla di sollievo farsi strada nel suo petto. Rilassò le mani, che aveva tenuto strette tra loro sino a quel momento. – Certo – si affrettò a dire. – Nessun problema. –

Con la coda dell'occhio notò Meir spostarsi rapidamente dal luogo in cui si era accasciato.

– Così non crescerà mai. Sarebbe meglio se tornasse con noi in città – disse a Joanne. Willas avrebbe giurato di aver visto un ghigno malefico calcargli la faccia.

– Non era un ordine discutibile, Meir. E poi credo che il ragazzo per oggi abbia visto abbastanza. –

Willas la ringraziò silenziosamente, ignorando Meir. Si piazzò nuovamente sulle scale di marmo logore, vicino a dove aveva parcheggiato l'auto di servizio. I suoi colleghi salirono sull'altra auto e ripartirono in fretta. Willas vide Riley scoccargli un ultimo sguardo preoccupato, prima di sparire sotto al suo casco.

Si trovò finalmente da solo. Senza altro da fare, si rimise a rimuginare. Sentiva di non aver ancora razionalizzato tutta quella situazione. Aveva l'ordine di fermare e condurre in centrale chiunque avesse visto passare, essendo quella una zona candidata a fornire rifugio ai sovversivi.

Dopo il problema del Quadrante le persone erano come impazzite. La sera prima aveva dovuto semplicemente sfollarle col gas Joy, ma quel giorno avevano ricevuto ordini differenti. Quelle "unità produttive", com'erano state chiamate nel comunicato diramato da Abramizde, avrebbero dovuto essere in primis neutralizzate, nel caso si fossero rivelate troppo violente, e in seguito condotte negli ospedali preposti a compiere le Riforme Avanzate. Grazie alla terapia elettro-convulsivante sarebbero tornate in società come cittadini nuovi e perfetti, privi di quei "malfunzionamenti" nella loro condotta.

Mentre continuava a chiedersi quante di quelle persone avesse mandato al macello, Willas vide una piccola sagoma farsi strada all'orizzonte. Ebbe un sussulto e si alzò in piedi di fretta, accovacciandosi per accendere il rallentatore laser che aveva spento in precedenza per far passare i propri colleghi.

La sottile striscia rossa si illuminò dispiegandosi sino all'altro lato della strada, scoraggiando a forzare il posto di blocco chiunque si stesse avvicinando, a meno che non avesse voluto ritrovarsi tagliato a fette.

Willas strizzò gli occhi per cercare di carpire i volti di chi occupava l'abitacolo, ma i vetri oscurati non gli permisero di osservare bene all'interno, e inoltre si sentiva ancora intontito dall'Easy. Il modo in cui era saltato in piedi come una molla e la sottile rabbia immotivata che si sentiva addosso gliene diedero conferma.

Una volta avvicinatasi abbastanza, l'auto arrestò la propria corsa, e Willas fece cenno al guidatore di scendere. Fu stupito di trovarsi davanti Florian Herward, il bibliotecario che lavorava in zona.

Willas sentì la testa girare: con l'ordine di portare in centrale chiunque avesse incontrato, sapeva che un Attenzionato come lui non avrebbe evitato una Riforma Avanzata tramite elettroshock. "Cittadini nuovi e perfetti".

Vide Florian avvicinarglisi, camminando con fare incerto. – Sei tu, Willas? – gli sentì dire.

Suo malgrado annuì, e l'uomo gli si avvicinò ancora, fermandosi di scatto. Aveva notato le sue mani annerite dal sangue secco, e le stava fissando come se fossero state corpi estranei.

Sul suo viso si dipinse un'espressione spaventata, nella quale Willas vide anche una punta di delusione. In uno spasmo di ingenuità, pensò a come discolparsi. Eppure sapeva che niente al mondo lo avrebbe mai giustificato delle sue azioni, neanche quella pillola fucsia che lo aveva facilitato a compierle.

Willas sollevò le mani, parandole di fronte a Florian. Sapeva che in quel modo il sangue sarebbe risultato ancora più visibile, ma aveva bisogno di fermarlo.

– Va' via da qui, Florian. Se fai un altro passo sarai registrato dal rilevatore, e non potrò fingere di non averti visto – si sentì dire, prima ancora di rifletterci su. Nella sua mente balenarono le immagini di un possibile licenziamento, o delle cure a base di Easy per un Sorvegliante che si era rivelato un ingranaggio rotto.

Florian lo guardò dubbioso, ma sembrò iniziare a capire. – Che ordini hai ricevuto? – chiese.

Willas sospirò. – Fermare e arrestare chiunque, soprattutto gli Attenzionati. Vi stanno facendo sparire tutti – disse. Vi stiamo facendo sparire tutti.

– Va' via. Se scansiono la tua ID, una RA non te la toglie nessuno. E oggi ho già fatto abbastanza. –

Florian gli sembrava teso come una corda di violino. Willas non aveva mai scoperto cosa potesse aver portato quell'uomo a ricevere lo status di Attenzionato, ma si era fatto da tempo qualche idea. Non lo aveva mai visto a maniche corte, neanche d'estate.

Negli ultimi due anni lo aveva fermato innumerevoli volte sulla strada per la biblioteca, e probabilmente anche in quel momento aveva deciso di andare in quel luogo sicuro, lontano dal fervore della città. Alcune volte era anche passato a trovarlo, in sala lettura, per consultare qualche manuale di Legge utile a ricevere una promozione. Anche se alla fine non aveva superato il test, ricordava quei pomeriggi con tepore, tra i libri polverosi e il caminetto a legna, due cose che gli avevano sempre ricordato Florian stesso, e l'aura tranquilla che sembrava emanare attorno a sé.

– Come faccio con l'auto? – gli chiese Ian, distogliendolo dai suoi pensieri.

Willas ci rifletté un attimo. – Fai inversione e parcheggia in vico dei Caduti della Quarta Guerra. Poi prosegui a piedi, ci sono le intercapedini che passano attorno all'isolato. Non affacciarti più sulla strada principale, non so quando potrebbero tornare i miei colleghi. –

Florian stette in silenzio a processare le informazioni. – Va bene, ti ringrazio – disse. Lo vide esitare un attimo. – Che tipo di ripercussioni ci saranno per te? – gli chiese infine.

Willas sorrise al pensiero che Ian si stesse incredibilmente preoccupando per lui, e non per sé stesso. – Sta' tranquillo. Io oggi non ti ho mai visto. E ora fila via. –

Florian gli lanciò un ultimo sguardo e camminò nuovamente verso la propria auto, posando i piedi per terra come se stesse evitando delle mine antiuomo. Lo vide ingranare la retromarcia e poi ripartire. Gli sembrò quasi di intravedere un'altra figura all'interno dell'auto, ma non ne fu molto sicuro.

Willas strabuzzò gli occhi, sperando che l'effetto dell'Easy sparisse presto. In qualche modo, aver fatto voltare Florian lo fece sentire più leggero. Si rimise seduto sulle scalette di marmo, lasciando che il rosso vivo del rallentatore laser gli ferisse la vista.

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