12. LA FESTA (PRIMA PARTE)

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La festa di Sylvie White era l'occasione ideale per cercare di scoprire chi mi avesse mandato la lettera. E magari anche di rivedere Ethan. Al solo pensiero il mio cuore fece un triplo salto mortale. Sarebbe stato bello se Ethan e il mio misterioso corteggiatore fossero la stessa cosa. No, non sarebbe stato solo bello, ma semplicemente perfetto. Nella mia vita avevo però imparato che quando le cose sono troppo belle per essere vere probabilmente non lo sono. Sospirai. Avrei certamente scoperto che Ethan non era interessato a me e che il ragazzo misterioso era solo il frutto di un crudele scherzo. Ci eravamo già passate con Lauren in fondo. Lauren. Mi ritrovai a pensare alla mia amica. Chissà dov'era in quel momento. Chissà se era ancora... no, non dovevo pensarci.

Trovai mio padre intento a riparare il suo modellino di barca, seduto nel suo studio, i capelli brizzolati che gli ricadevano sulla fronte. Avevo preparato il discorso, certa di riuscire a convincerlo. Lui in fondo era più permissivo di mamma. Bussai alla porta aperta.

-Vicky, entra, scricciolo-

Sospirai. Era un soprannome vecchio, creato per una bambina che passava i pomeriggi in giardino e sognava un futuro da grande scrittrice. Una bambina che non esisteva più. Scacciai i pensieri dolorosi e feci un passo avanti.

-Come procede il restauro?- chiesi, il tono allegro. Dovevo rabbonirlo.

-Bene, bene- abbassò gli occhiali da vista e mi fissò, gli occhi chiari arrossati.

Mi avvicinai ancora di più. -Posso chiederti una cosa?- mormorai, giocherellando con i capelli.

-Non saprei, l'inizio non è promettente-

-Papà!- protestai.

Lui rise. Una risata bassa e roca. -Va bene, ti ascolto-

-Vorrei andare alla festa di Sylvie- lo dissi tutto d'un fiato, prima di ripensarci. Ormai avevo deciso. Attesi, lo sguardo basso, le dita che stringevano una ciocca di capelli. Un secondo. Due secondi. Tre...

-Va bene- la risposta di mio padre riecheggiò nello studio.

Alzai lo sguardo e gli sorrisi. -Grazie-

-Coprifuoco alle undici-

-Le undici? Cenerentola doveva rientrare per mezzanotte- protestai.

-Cenerentola non era mia figlia e soprattutto non doveva rendere conto a tua madre-

Sospirai e annuii. Meglio di nulla. -Una volta però mi permettevi di stare fuori più a lungo-

-C'era Lauren una volta-

Un momento di lungo silenzio. Certo, Lauren. In un certo senso però lei c'era ancora. Scacciai il pensiero della figura spettrale che ogni tanto mi girava intorno. Lei non era più Lauren. Ed era molto meglio che mio padre non lo sapesse.

-A proposito, sai cos'è un ghosting?- mi chiese mio padre aggrottando la fronte.

-Beh, si dice di quelli che prima ti corteggiano e poi spariscono nel nulla... dove l'ha sentito?-

-L'ho letto su Internet, un termine curioso, ai miei tempi queste cose non succedevano-

-I tempi cambiano- risposi.

-Ghosting... muoversi come un fantasma... ti ricordi quando da piccola ti nascondevi nel vecchio armadio della soffitta?-

Iniziavano i vecchi racconti nostalgici. -Ricordo bene che una volta mi ci sono addormentata dentro e non mi trovavate più-

-Quella volta io e tua madre ci siamo davvero spaventati-

Conoscevo quella storia praticamente a memoria. -Beh, ogni tanto perfino la bambina più dolce fa qualche danno-

Mio padre rise. -Sì, hai ragione... va bene, vai alla festa, ma torna entro le undici, ricorda-

Annuii. -Grazie, papà- mi lanciai in avanti e lo abbracciai da sopra la scrivania, il braccio che sfiorava pericolosamente il modellino.

-Attenta!- esclamò lui.

-Ops- mi tirai indietro, sfiorando il modellino che per poco non cadde. Goffa, ero sempre così goffa!

La casa di Sylvie distava solamente un paio d'isolati a piedi. Non appena uscii da casa mia potei sentire la musica in lontananza. Una festa esagerata. Feci una smorfia. Avrei dovuto restare solo il tempo necessario per giungere ai miei scopi... e poi alle undici la mia carrozza si sarebbe trasformata in una zucca. M'incamminai lentamente, persa nei miei pensieri. Non andavo a una festa da moltissimo tempo. Era Lauren che voleva sempre festeggiare, come se ci fosse qualcosa da festeggiare. Io non avevo mai amato quei luoghi caotici.

-Vicky-

Mi bloccai, il cuore che improvvisamente mi balzava nel petto, perché avevo riconosciuto quella voce. Un attimo dopo comparve davanti a me Ethan. Indossava una felpa grigio scuro, lo stesso colore dei suoi occhi, e un paio di jeans. I capelli gli ricadevano sul viso ovale. Era bellissimo. Mi sforzai di scacciare quel pensiero. Non in quel momento, non con lui davanti, non con il rischio di fare una brutta figura.

-Ehm, ciao- dissi, stringendo le braccia intorno al mio petto. Il vestito di taffetà che avevo indosso mi sembrava improvvisamente troppo stretto.

-Non dirmi che vai alla festa- mi rispose Ethan, passandosi una mano tra i capelli.

-Te lo dico invece- gli risposi, cercando di non balbettare.

Lui annuì, poi si strinse nelle spalle. -Vengo con te-

Lo fissai sorpreso. -Ti piacciono le feste?- chiesi, curiosa. Ethan non aveva fama di essere un festaiolo, per cui... possibile che stesse venendo per me? Oppure gli piaceva Sylvie. Sapevo che lei aveva un debole per lui.

-Non particolarmente- rispose -però ho voglia di accompagnarti-

Il mio cuore fece un balzo. Cercai di calmarmi. -Allora andiamo-

Camminammo fianco a fianco, la luce dei lampioni che ci illuminava. Notai parecchia gente davanti alla casa di Sylvie. Probabilmente Izzy e Michael erano già dentro. Avrei fatto bene a non farmi vedere insieme a Ethan. Non volevo litigare.

-Aspetta- dissi.

Ethan si bloccò e mi guardò, evidentemente perplesso.

-Meglio entrare dal retro, così andiamo nel salottino, dove c'è meno gente-

Ethan mi fissò dubbioso. -La porta sul retro è aperta?-

-Sempre durante le feste- spiegai -quando sono abbastanza ubriachi si buttano in piscina-

-Sai molte cose- commentò Ethan, seguendomi.

Mi strinsi nelle spalle. -Sono un'ottima osservatrice- forse questo era il momento buono per dirgli il perché osservavo invece di agire. No, troppo presto.

-Davvero?- pareva divertito.

Annuii, precedendolo.

-Saprai moltissime cose- disse.

-Solo qualcosa-

Notai che in piscina si era già lanciati degli invitati. Riconobbi un paio di giocatori della squadra di football del liceo. Uno aveva in mano una bottiglia di birra vuota. Uno degli sciocchi amici di Michael. Spinsi la porta ed entrai. Ethan era un passo dietro di me. La sua presenza mi faceva sentire sicura. Stranamente sicura. Dentro il salottino c'erano già alcune persone. Li conoscevo tutti di vista, anche se non avevo mai parlato loro. Dalla stanza vicina proveniva una forte musica. Mi fermai, il cuore in gola. Perché all'improvviso mi sentivo così nervosa? Avrei solo voluto voltarmi e andarmene. Perché ero sempre sbagliata? Un groppo mi strinse la gola. Volevo solo voltarmi e correre via.

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti!

Cosa pensate di questo capitolo? Secondo voi come andrà la festa?

A presto!

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