29.2

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Jasper Hale, lampeggia sul mio schermo e che mi venga un colpo, ma questo nome mi sembra di averlo già sentito.

Decido di accettare la sua richiesta d'amicizia, e subito cominciamo a scriverci.

Mi scrive spesso, reclamando le mie attenzioni, e più le conversazioni aumentavano, più il mio tormento per il suo ricordo affievoliva.

Jasper è il fratello della mia migliore amica Angel, è un ragazzo gentile, molto sicuro di sé, si piaceva e ci sapeva maledettamente fare con le ragazze, sapeva affascinarti con le parole e con i suoi modi di fare sfrontati.

Non aveva peli sulla lingua.

Dopo due settimane decise che era finalmente arrivato il momento, ne aveva le scatole piene dei nostri messaggi, voleva vedermi.

Mi colse alla sprovvista, cosa mi aspettavo che a un quasi trentenne sarebbe piaciuto sottostare ai miei giochetti limitandosi a flirtare con degli stupidi messaggini come due adolescenti.

Così ho accettato.

"Ti passo a prendere fra un'ora, ti porto al mare."

Nessun punto interrogativo, non era una domanda.

Mi preparo, fingendomi serena, ma in realtà ero molto agitata per quel semplice pomeriggio al mare.

Dopo un'ora esatta era già sotto casa, come se fosse possibile aspettarsi un ritardo da un tipo come lui.

Indosso il mio amato bikini rosa, un vestitino leggero che cade morbido al ginocchio ed i miei adorati sandali color oro.

Raccolgo la mia borsa da mare già pronta, ed urlando un «Mamma esco.» mi affretto a raggiungere la porta di casa.

Il nostro primo incontro, eppure non so spiegare il motivo, forse a causa delle lunghe settimane a conversare, mi sentivo come se lo conoscessi da più tempo.

Salgo in auto con il cuore incastrato in gola, sorrido una volta aperto lo sportello.

Prendo posto di fianco a lui, la radio trasmette una famosa canzone dei gemelli diversi.

Estate 2010, sarei diventata maggiorenne quell'anno, nel mese di luglio.

Jasper osserva con sguardo famelico il mio corpo, con discrezione, senza mettermi in imbarazzo, e per stemperare un po' il disagio causato da questo primo incontro, mi sorride. Un sorriso che coinvolgeva gli occhi, mettendo in mostra i suoi denti bianchissimi. Raggiungiamo la spiaggia più vicina, quella che ero solita frequentare insieme a Chris.

Chris, chissà se anche quell'estate sarebbe tornato a fare visita ai suoi nonni.

«Parlami un po' di te, cosa ti piace fare?» Una voce profonda interrompe il flusso dei miei pensieri.

Siamo seduti sotto l'ombrellone in spiaggia, difronte al mare.

Non era una splendida giornata di sole, faceva quasi freddo ed il cielo era molto nuvoloso.

Sorrisi.

«Non ho delle passioni particolari.» Dico: «Mi piace la musica, danzare, ho frequentato qualche corso di danza in passato, studio, ho la stessa età di tua sorella, ma questo lo sai già... parlami un po' di te invece!» Sorride.

«Non ti piace stare al centro dell'attenzione Riley?» Si prende gioco di me continuando a fissarmi con sguardo famelico.

«Sei soltanto tu che mi imbarazzi, e non guardarmi così!» Borbotto coprendo i suoi occhi con la mano, riuscendo a staccare finalmente quello sguardo da me.

Sorride ancora di più, una risata allegra, spensierata.

«Non prenderti gioco di me!» Mi lagno assumendo l'espressione di una bambina dispettosa.

«Non vuoi che ti guardi Riley?» Chiede accennando un sorriso dolce, e non uno di quei sorrisi strafottenti che si sporgevano su un solo lato che ero ormai abituata a guardare.

«Puoi guardarmi, soltanto se la smetti di mangiarmi con gli occhi.» Scherzo.

«Vuoi farmene una colpa se ho desiderato posare le mie labbra sulle tue, sin dal momento in cui hai messo piede sulla mia auto.» Sussurra avvinando il suo corpo al mio.

Sussulto.

Mi stava solo sfiorando, senza invadere il mio spazio, rispettandomi.

«Respira Riley, non proverò a baciarti... E non perché non lo desideri, ma aspetterò che sia anche tu a volerlo.»

Ammirazione, questo era ciò che provavo, non avevo mai frequentato un uomo, e lui lo era e mi rispettava.

Lui mi rispettava.

Mi ritrovai a sfiorare le sue mani con le mie, lievi e dolci carezze che salivano fin su le sue braccia.

Studiavo il suo corpo.

Ed aveva una strana voglia marrone sul braccio.

A fine giornata, quando il sole non era più alto nel cielo, mi riaccompagnò a casa.

Quel giorno entrai in casa con uno stato d'animo tutto nuovo.

«Sei raggiante.» Si complimenta con me mia madre non appena misi piede in casa.

Raggiante.

E se questo era l'effetto che Jasper aveva su di me, beh allora credo che forse avrei dovuto cominciare a farne uso più spesso.

Le settimane volano, e Jasper desidera sempre più mostrarmi ai suoi amici, fiero di avere una ragazza come me al suo fianco, una bimba da stringere e accudire tra le sue forti braccia.

Inizio a frequentare la sua comitiva, usciamo quasi tutte le sere, con Brianna ci sentiamo sempre più spesso telefonicamente, dedicavo me stessa al nuovo ragazzo al mio fianco, e alla mia voglia continua di rimuovere ogni singola traccia di Lui dalla mia mente.

A volte la sera mentre stavo in auto per raggiungere i suoi amici, la mia mente cominciava a vagare, e guardando fuori dal finestrino, concentrandomi sul mondo là fuori, vagava così tanto fino a perdersi in luoghi nascosti che credevo non mi tormentassero più.

Jasper mi confessava spesso di nutrire un sentimento per la ragazzetta insicura che ero e ne andava fiero, così fiero che voleva mostrarlo al mondo e a tutte le persone a lui care.

E se con Ben impiegai anni per mostrarlo alla mia famiglia, con Jasper, dimostrando il controsenso che ero, dopo solo due mesi avevo iniziato ad invitarlo persino alle cene di famiglia.

E non so se me ne convincevo o meno, ma il mio cuore stava realmente cominciando a battere per quel ragazzo moro dagli occhi verdi, dal naso importante e con una strana voglia marrone sul braccio.

Sorrisi per i miei pensieri.

Jasper era il ragazzo perfetto, quello che tutte le ragazze desiderano.

Ero la sua principessa, mi viziava portandomi a cena fuori, le serate al bowling, mi portava a danzare in riva al mare e mi amava...

Mi amava come i veri uomini sanno fare, con anima e corpo.

Con anima e corpo, e caspita se facevamo scintille come un cielo ricoperto di stelle durante una notte piena di fuochi d'artificio.

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