Capitolo 3 (terza parte)

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Seguo Colucci in una delle stanze che usa come ufficio. Il tavolo centrale è sparpagliato di fogli con appunti su schemi, percentuali, gioco degli avversari, ipotesi su come sono cambiate le altre squadre e, mi pare di vedere, giocatori che mancano per completare il nostro roster.

Richiude la porta alle sue spalle e si gratta la nuca con fare pensieroso. «Teo mi ha parlato delle vostre preoccupazioni.»

«Immaginavo.»

«Allora, Mike, mettiamo in chiaro un paio di cose. L'ho già fatto con lui e lo faccio anche con te. Primo: siamo io e la società a prendere le decisioni, voi dovete adeguarvi di conseguenza. Dovete solo pensare al campo e a rendere al massimo in ogni allenamento e partita. Secondo: dovete fidarvi del nostro giudizio, perché non può esserci un rapporto sano se manca la fiducia. Ter...»

«Io mi fido» lo interrompo. «Ma se volete che vada via, dovete dirmelo chiaramente. Non vi serve una terza ala grande.»

«Terzo» riprende a dire Colucci, con il sopracciglio alto e l'aria di chi vorrebbe fulminarmi sul posto per non averlo lasciato finire almeno la parola. «Ci serve una terza ala grande. Con staff e società abbiamo pensato che uno dei problemi della scorsa stagione era la rosa corta, che ci ha fatto arrivare stanchi alle fasi cruciali del campionato. Vogliamo rendere al massimo in Serie A e in Eurocup, quindi non tutti giocheranno tutte le partite, ma ci servirà unire le forze e fare squadra. Tu non vai da nessuna parte, io ti voglio qui. Sempre che tu non voglia andartene.»

«Cosa? Io... no!» farfuglio, preso alla sprovvista. «Io voglio restare.»

Colucci mi posa una mano sulla spalla. Ha ancora la sua solita espressione dura. «Mi fa piacere sentirlo. Ho bisogno di gente come te, di veterani che sappiano guidare la squadra. Vorrei affidarmi di più a Niko e Pala, ma sono ancora giovani. Tu sei qui da diversi anni, conosci l'importanza della Vulnus, di ciò che rappresenta per i suoi tifosi e hai abbastanza esperienza da trasmettere agli altri. Quest'anno vorrei che tu, Teo e il Fabbro foste dei punti di riferimento per tutto il gruppo. Prima o poi quei due, e forse anche qualcun altro, prenderanno questo ruolo, ma per ora è vostro. Per arrivare a vincere, bisogna fare affidamento su dei ruoli chiave all'interno della squadra. Posso contare su di te?»

«Certo.»

Il suo discorso mi ha esaltato. Avrò dei compiti diversi, sarò uno di quelli che dovranno suonare la carica per tenere su i ragazzi quando si farà dura, perché ci sarà sempre una fase della stagione in cui incontreremo delle difficoltà. Villafiore ormai è la mia seconda casa, per non dire addirittura la prima. Sono un paio di anni che penso che vorrei concludere qui e non andare via fino al termine della carriera. Conosco l'importanza che ha la squadra per i tifosi e per la città, non voglio deluderli.

«Quest'anno vogliamo puntare in alto» riprende a dire Colucci. «Voglio arrivare a vincere lo Scudetto e l'Eurocup. Non mi interessa quanto sia difficile, la costruzione della squadra è in funzione di questi obiettivi. Ai piani alti lo sanno, e mi stanno sostenendo. Ora ci mancano solo un paio di giocatori, stiamo aspettando delle occasioni importanti.»

«Ci serve un italiano, coach.»

«Arriverà, siamo in trattative con Claudio Stoppani.»

Stoppani? Quello che gioca al Real Madrid? Perché dovrebbe lasciare una squadra di Eurolega per venire qui? Perché dovrebbe lasciare una squadra come il Real Madrid? Non ha senso.

«Penso che sia difficile il suo arrivo, è uno che gioca ad altissimi livelli.»

«Ed è per questo che lo vogliamo e che ci stiamo parlando. Ma stiamo andando fuori argomento.»

«L'argomento è chiaro: saremo in tanti ma ognuno avrà il suo ruolo» riassumo in breve.

«Ti ritroverai a fare panchina, se non tribuna, parecchie volte durante l'anno» dice Colucci. «Ma ho bisogno che, quando ti schiererò in campo, tu darai il centodieci per cento. E che lo farai anche fuori dal campo. Mike, questo è il tuo quinto anno da noi. Molti giocatori lasciano una squadra ben prima di arrivare a questo punto. Non parlo degli americani, ma anche degli stessi italiani. L'attaccamento alla maglia sta diventando sempre più raro.»

«Lo so.»

«Per questo confido sul tuo legame con la Vulnus e con l'ambiente. Questa società è vecchia maniera, crede nei legami umani e negli uomini che ne fanno parte. Dovrai essere importante in questo ruolo, con i nuovi e con i vecchi. Io da allenatore posso arrivare fino a un certo punto, mi serve la certezza che qualcuno all'interno dei giocatori capisca l'importanza di tutto questo.»

«Può contare su di me.»

Colucci mi fa cenno di andare, come a dirmi che abbiamo finito. Me lo lascio alle spalle e tiro un enorme sospiro di sollievo. Non vuole mandarmi via, vuole solo rielaborare il mio ruolo all'interno del roster. L'idea mi piace e la condivido: voglio contribuire a far raggiungere traguardi importanti alla Vulnus.

Nel corridoio trovo Teo, che fissa un punto nel vuoto con le braccia che gli ricadono stanche accanto al busto. Si riscuote appena mi vede e mi affianca camminando verso lo spogliatoio. Mi stava aspettando.

«Ci hai parlato anche tu, giusto?» gli chiedo, anche se conosco già la risposta.

Infatti, annuisce.

«E la spiegazione... era quella che volevi tu?»

«Sì. Andiamo a vincere.»

Le sue poche parole riescono a essere addirittura più corroboranti di tutti i discorsi del coach.

Può essere l'anno giusto, me lo sento.

Spazio autrice
Lo so, vi avevo promesso che ci sarebbero state altre spiegazioni sul basket... ma visto che uso le stesse note di spiegazione anche per un altro sito su cui carico le storie (e lì i capitoli sono interi e non spezzettati), mi sono detta che tanto potrò farlo in un altro punto ;)

Ci stiamo avvicinando sempre di più al primo incontro tra Mike e Lavinia. Siete pronti?

Baci a tutti e passate uno splendido finesettimana,
Snowtulip.

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