Capitolo 2 - Achernar

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Capitolo 2 – Achernar
(foce del fiume)

Mi volto, sentendomi chiamare. Dietro di me, una maglietta addosso ed un sorrisetto a mezze labbra, c'è il ragazzo dai capelli ricci di poco fa. Aggrotto le sopracciglia, confusa: non sembrava che gli fossi particolarmente simpatica, ma mi dico immediatamente che deve esserci un altro motivo per cui mi è corso dietro.

-Sì?- gli dico.

Registro indirettamente che questa situazione è assurda quanto esaltante. Ci troviamo su una spiaggia, immersi nell'oscurità, circondati da falò e gruppetti di ragazzi che si divertono.

Mat mi guarda per qualche secondo, incerto, come se si rendesse conto solo adesso di avermi seguita. Poi si mette lo zaino in spalla e si decide a parlare.

-Parlavi di un osservatorio.- la sua voce è calma, dal tono non traspaiono emozioni.

Rimango stupita, di tutti i miei discorsi lui ha colto la frase, agli occhi degli altri, meno importante. Il vecchio osservatorio di Staithes, a pochi passi da casa mia. A causa della sua posizione non più propizia e delle condizioni in cui è l'edificio, non so esattamente cosa dire.

-Più o meno.- rispondo alla fine.

Ormai non potrebbe più definirsi tale, a causa del deterioramento avvenuto nel corso degli anni. I muri sono pieni di scritte, imbrattati dalle bombolette spray dei vandali, e le porte di legno rovinate al punto da essere crollate. Un tempo, mio nonno era il guardiamo dell'Osservatorio e l'edificio era molto curato; poi però, quando lui si è dovuto ritirare, nessuno se n'è più occupato. Le macchine si sono rotte, attaccate dagli ubriachi tutte le notti.

A chi importa delle stelle?
Forse, allo strano ragazzo che mi sta di fronte.

-Perché più o meno?

-Ho detto vecchio osservatorio.- distolgo lo sguardo, intristita –Ormai non è più in funzione.

-Non lo sapevo.- sembra sinceramente sorpreso –Dove si trova?

Siamo ancora fermi sulla spiaggia, come due statue di ghiaccio.

-Vuoi che ti ci accompagni?- dico di getto, poi sento di dovermi giustificare per quell'audacia improvvisa -È sulla strada di casa mia, poco lontano da qui.

Esita un attimo, prima di acconsentire con un cenno del capo. Automaticamente, mi volto e riprendo a camminare, ma molto più velocemente di prima. Lui sembra stranito, ma sta al passo. In effetti, mi sento nervosa e non so neanche perché. Non pare esattamente simpatico, ma è interessante. È diverso dai suoi amici, questo mi è chiaro, conosce Hawking e sono sicura che sappia molte altre cose non necessarie alla nostra istruzione scolastica. Chissà se non mi sia venuto dietro proprio per questo motivo, forse anche lui ha sentito in me qualcosa di famigliare.

-Hai detto che sei venuta a guardare le stelle.- mi dice, incrociando le braccia al petto e camminandomi di fianco. Non mi fermo, ma decido di rispondere.

-È San Lorenzo.- dico semplicemente, guardandolo perplessa.

-Ma non sei venuta per questo.- aggiunge lui.

Mi volto a guardarlo, sempre più confusa.

-È una semplice deduzione.- fa spallucce –Saresti andata a questo osservatorio, altrimenti.

-Mi piace anche il mare.- ammetto, stringendomi nelle spalle.

In realtà, all'osservatorio posso andarci sempre. Quasi tutte le sere o, almeno, quando desidero un po' di tranquillità per scrivere o leggere e non ho da studiare. Da qualche mese ormai ho chiuso il portone principale con un lucchetto e nessuno entra più a rovinare quel luogo paradisiaco. Ma stasera, essendo San Lorenzo, ho voluto fare qualcosa di particolare, nel suo piccolo.

Intanto, abbiamo già superato la spiaggia e mancano pochi gradini alla strada principale. Cala di nuovo il silenzio, così mi sento in dovere di dire qualcosa.

-Quindi ti piacciono le stelle...- osservo incuriosita.

-Non solo le stelle,- risponde, mi rendo conto solo in questo momento che ha un tono di voce profondo ed allo stesso tempo tenero quanto quello di un bambino -mi piace tutto ciò che ha a che vedere con l'universo.

Annuisco, perfettamente d'accordo con lui sulla grandezza e la magnificenza del cosmo. Alzo lo sguardo e lo punto in alto, tra le stelle, dove da qualche parte si sta perdendo anche quello di Mat: chissà che non riesca a vedere qualche altra stella cadente...
Qualche attimo dopo, pare quasi che il ragazzo dalla capigliatura impossibile mi abbia letto la mente.

-L'hai vista?- chiede di punto in bianco, facendomi sobbalzare. Siamo fermi sul marciapiede di una stradina strettissima, ancora relativamente lontani da quella che è divenuta la nostra meta.

-No!- esclamo, risentita -Accidenti, stasera ne avrò vista a stento una! Dov'è caduta?!

-Caduta?- Mat smette di guardare le stelle e posa lo sguardo su di me.

Rimane in silenzio, nonostante la sua sembrasse una domanda retorica. Mi sento arrossire appena, così sottraggo il mio sguardo dal suo e lo riporto in alto. Ho sempre pensato di essere una ragazza comune, e lo sono davvero. Non come le protagoniste dei romanzi, con l'autostima a zero, eppure una ventina di ragazzi al seguito. Io sono comune nel senso proprio del termine, poiché non ho alcun tratto peculiare che possa distinguermi. I capelli castani e gli occhi marroni sono la cosa, credo, più ordinaria al mondo. Ma, ora, qui, mi sento come se il suo sguardo su di me li rendesse unici.

-Non è caduta nessuna stella.- prosegue dopo un po', quando torno a guardarlo, interrogativa -Io parlavo di Asterope, le stelle non devono per forza cadere per essere guardate con attenzione.

In un primo momento strabuzzo gli occhi e sono sul punto di scoppiare a ridere, ma poi guardo Mat e noto una scintilla luminosa attraversargli gli occhi, come se fossero anche questi due stelle bellissime.

È proprio un tipo strano, questo è assodato.

Non si trova spesso un ragazzo di diciassette anni che, anziché cercare di abbordarti, si mette a chiamare per nome le stelle ed a farti discorsi filosofici. Eppure, mi sembra un'occasione imperdibile, essere finalmente capita da qualcuno. Uno sguardo che non è superficiale, che sa scavare, studiare la realtà, mi sembra un dono bellissimo. Quasi un desiderio mai espresso, eppure realizzato.

-Qual è?- chiedo semplicemente.

Lo vedo esitare, come sorpreso e soddisfatto contemporaneamente. Evidentemente, non è abituato ad essere assecondato in questo tipo di conversazioni. Magari, mi dico sorridendo, come me sente il dovere di contenersi per conservare un immagine che non gli si addice; e che, a mia detta, sarebbe invece un peccato se gli si addicesse.

-Quella.- mi indica la stella di poco prima - Il suo nome significa "scintillante", o anche "ostinata". Non è affascinante?

Mi viene da sorridere.

-È sicuramente un bel nome per una stella.

Rimaniamo a fissarci per un attimo, poi riprendiamo a camminare.

Dopo solo pochi minuti ci troviamo davanti casa mia, gliela indico e gli comunico felice che l'osservatorio è a soli pochi passi da lì. Cerco di essere il più precisa possibile nell'indicargli l'edificio, che già si intravede in lontananza. Lui mi ascolta attentamente, ma alla fine mi sorprende con una domanda.

-Vieni con me?- mi chiede, incerto.

Lo guardo, sorpresa da quella sua proposta. Sono quasi sul punto di rifiutare, quando le sue successive parole mi forniscono una motivazione quanto meno valida.

-Insomma, sai come entrare e tutto il resto...- sembra quasi giustificarsi, mi viene di nuovo da sorridere.

-Okay.- soggiungo titubante, raggiungendolo nuovamente.

Lo vedo sorridere allegramente. Mi affianco a lui per i pochi metri che ci separano dalla nostra meta in rigoroso silenzio, chiedendomi cosa mai potrà averlo incuriosito di un vecchio osservatorio in rovina. È un tipo bizzarro, sempre immerso nei suoi pensieri. È stranamente distratto in quasi ogni cosa che fa. Mi incuriosisce il suo essere così avido di sapere, di immagazzinare più informazioni possibili: emana una strana energia. Scuoto il capo, risvegliandomi dal torpore dei miei pensieri senza senso.

Ben presto le palazzine si diradano, lasciando spazio ad una zona pianeggiante essenzialmente spoglia. Raggiungiamo l'edificio in pochi passi, fermandoci a contemplarne la facciata massiccia.

Naturalmente, è a pianta circolare e piuttosto alto, ma i muri sono orribilmente imbrattati di scritte fatte con bombolette spray e, se non si alza lo sguardo per ammirare la meravigliosa cupola che sormonta i pilastri, sembra semplicemente un edificio in rovina ed abbandonato.

In effetti, la cupola è l'unica cosa che si è conservata per bene, senza essere rovinata dal tempo o dalle bande di adolescenti che in piena notte si rifugiavano in questo edificio. Di giorno, invece, non ci entra mai nessuno.

Mi avvicino alla porta di legno marcio e traffico con il lucchetto, fino ad aprirla e spostarmi per cedere il passo al ragazzo.

-Non è messo benissimo...- mi sento in dovere di premettere -Ma dentro è molto meglio! Vieni!- e, così dicendo, entro.

Mat mi segue, accostando la porta alle nostre spalle. Intanto, io comincio a salire le scale a chiocciola, che ci condurranno nel vero e proprio cuore dell'osservatorio. C'è polvere ovunque e sembra che nessuno metta piede qui da molto tempo, ma sento che lui saprà andare oltre lo strato di sporcizia ed abbandono che nasconde tutte le cose belle di questo posto.

-Sembra abbandonato da anni...- la sua voce mi riscuote, mentre saliamo gli ultimi gradini.

-Sì, in effetti è un po' così.- sorrido, una nota triste seminascosta tra le parole -Nessuno guarda più le stelle oggi.

-È un vero peccato.- mentre lo dice sposta lo sguardo nel mio, due pozze castano scuro che luccicano nel bagliore della notte.

Ci troviamo in una stanza circolare, piena di apparecchiature coperte da pesanti teli polverosi. L'ambiente è molto buio, poiché la cupola è attualmente chiusa. Mi avvicino alla postazione di comando (anch'essa coperta da carte di plastica piuttosto spesse), alla nostra destra, e comincio a trafficare.

Mat fa un giro della stanza, facendo scorrere la mano su alcune apparecchiature e chiudendo gli occhi. Lo guardo, curiosa, lasciandomi sfuggire un sorriso.

-Tutte queste apparecchiature...- sussurra, tornando di fronte a me -Quindi nessuno le usa più?

La luce della Luna gli solletica il viso, facendogli brillare gli occhi color cioccolato. Mi scappa un sorrisetto nervoso, e mi sposto pragmaticamente i capelli dietro le orecchie.

-No, sono due anni che questo posto è abbandonato, eppure funziona ancora tutto benissimo.- e, così dicendo, immetto un codice dal tastierino numerico. Subito dopo, premo un pulsante blu ricoperto di polvere e la grossa cupola comincia a scorrere lentamente, fino ad offrirci la vista dell'intera volta celeste. Di sottecchi, osservo lo sguardo ammirato di Mat. Emozionata, mi avvicino a due telescopi e tiro via la plastica, liberandoli.

-Conosco il codice.- spiego intanto -Non è mai cambiato, da quando mio nonno me lo ha rivelato.- parlo piano, come se gli stessi confidando un segreto.

Lo vedo avvicinarsi lentamente ad un telescopio, chinandosi ad azionarlo con una semplicità che mi stupisce.

-Li ho studiati a lungo.- dice soltanto lui, come per spiegare.

Si China ancora e guarda attraverso la lente. In complice silenzio, mi affianco a lui e guardo dentro l'altro telescopio.

-Da qui si vedono le Pleiadi.

-Il Toro?

-Sì, sono le mie preferite.- si stacca dall'apparecchio, rimettendosi diritto e tornando a guardarmi –Conosci le costellazioni?

-Abbastanza.- annuisco, intuendo che anche lui deve conoscerle bene. Mi chiedo solo cosa lo abbia spinto a studiare l'astronomia.

Di lì in poi, la serata scorre così velocemente che neanche me ne rendo conto. Cominciamo a sbizzarrirci, quasi fossimo già due astrofisici che studiano il comportamento dei corpi celesti. Facciamo teorie, giochiamo a darci del voi ed addirittura fingiamo che un meteorite enorme ci colpirà da un momento all'altro se non troveremo la soluzione (unica e complessa) per deviare la sua traiettoria.

Mi accorgo, con non poca sorpresa, che, a dispetto della prima impressione, Mat sa essere davvero divertente. Ma quello che più mi stupisce di lui è che sa capirmi. Qualsiasi cosa dica, qualsiasi riferimento faccia, lui riesce a coglierlo. Passiamo la serata così, ad osservare le stelle e chiamarle per nome, a ridere dei nomi buffissimi di alcuni pianeti e discutere sull'insensata o meno esistenza di forme di vita nel nostro universo. Ci divertiamo con cose che sarebbero risultate noiose a chiunque altro.

Alla fine, esausti, ci lasciamo cadere su due vecchie sedie di legno decrepito. Mi ritrovo a sorridere, senza neanche conoscerne il motivo. Credo di essermi fatta un nuovo amico.

-Non hai mai pensato di rimetterlo in sesto?- mi chiede d'un tratto il ragazzo in questione, alludendo all'osservatorio.

-Be'...- faccio di nuovo un sorriso nervoso -Fino a qualche anno fa era il mio sogno, ci tenevo davvero tanto. Poi però ho capito che tra la mia fantasia e la realtà c'era un abisso. Insomma, molte apparecchiature sono rotte ed altre sono state portate via. Servirebbero dei soldi per-

-Dovresti provarci.- mi interrompe –È un posto così bello, sarebbe un peccato lasciarlo così.

-Sai, un tempo era il luogo più meraviglioso al mondo.- racconto con voce sognante, lasciandomi trasportare dal ricordo di questo posto quando ero bambina e ci venivo con mio nonno –I muri erano blu scuro, tappezzati di mappe del cielo e foto di galassie. Il pavimento era... era lucido e pulito, tiepido nonostante fosse di marmo, ed io mi stendevo sempre per terra ad osservare le stelle: mio nonno mi rimproverava ogni volta.

Lui non risponde, evidentemente rapito quanto me dalle mie stesse parole.

-E le macchine funzionavano, erano veloci ed efficientissime.- proseguo - C'erano dei divanetti, e dei tavolini sempre pieni di stuzzichini. E poi i libri...

Lascio cadere la frase, così come il racconto. Non ho voglia di parlargli della fine di questa favola, di come tutti i preziosissimi volumi di questo posto siano stati sequestrati e le cartine strappate, da quando mio nonno ha lasciato il posto e questo mondo. Mat sembra intuirlo, non chiedendomi come le cose possano essere poi precipitate fino a tal punto.

-Ti aiuterò a realizzare il tuo sogno un giorno.- dice, invece, dopo un po' -Tutto tornerà esattamente come hai detto tu, con le pareti blu scuro ed il pavimento lucido.

Sorrido, consapevole dell'avventatezza di quelle frasi, ma anche del fatto che voglia solo rallegrarmi.

-Grazie.- dico sinceramente.

-Vuoi fare la ricercatrice?- mi chiede, riferendosi alla conversazione avuta con i suoi amici in spiaggia.

-Mia madre era una ricercatrice.- rispondo automaticamente.

-Ora non lo è più?

Chiudo gli occhi per un attimo e faccio un respiro profondo.

-È morta.

-Cavolo.- sussulta, boccheggiando –Mi dispiace, io-

-Non è niente.- lo interrompo, cercando di sorridergli –Studiava teoremi matematici irrisolti, è stata piuttosto brava. Vorrei riuscirci anche io.

-Quando lo hai deciso?

Mi blocco, aggrottando le sopracciglia: a dire il vero non me lo ricordo.

-Non credo di averlo mai deciso.- rifletto ad alta voce –L'ho sempre saputo.

Mat annuisce senza dire niente; ed io ne approfitto per provare a saperne di più di lui.

-Vuoi fare il ricercatore anche tu, a quanto ho sentito.

-Più o meno.- sorride –Io vorrei diventare astrofisico.

Spalanco gli occhi, è una facoltà molto difficile da intraprendere. Guardandolo, non si può dire che il ragazzo che mi sta di fronte non abbia un volto intelligente, o un'espressione determinata, ma la curiosità delle sue parole mi sorprende.

-Anche se probabilmente non ce la farò mai.- si risponde da solo, poiché io sono rimasta in silenzio.

-No!- dico immediatamente, forse con troppa enfasi –Cioè... è ambizioso... ma ce la farai!

È il suo turno di distogliere lo sguardo, sorridente ed incerto. Annuisce appena, per poi alzarsi ed iniziare a girare per la stanza, curiosando in giro. Lo sguardo mi cade sul mio orologio da polso (non me ne separo mai) e quasi non lancio un grido: è tardissimo!

Scatto in piedi, raccogliendo le chiavi e la borsa. Lui si volta a guardarmi, confuso dalla mia fretta ed incrocia le braccia al petto, preoccupato.

-Devo andare.- mi giustifico, ancora trafelata.

-Oh.- pare a disagio –Okay, allora...

In tacito accordo, ci avviamo di sotto e sigilliamo per bene la piccola porta dell'osservatorio. Una volta chiuso il lucchetto, mi stringo nelle spalle e gli lancio un'occhiata di sottecchi. Sono stata bene, e la cosa mi sorprende. È stato piacevole parlare con lui, come se mi capisse, senza filtri o secondi fini, volesse soltanto ascoltarmi. Ma, se gli chiedessi di vederci ancora, probabilmente fraintenderebbe. Così mi limito a sorridergli, salutandolo.

-Allora... ciao?

-Credo proprio che ci rivedremo in giro, per quanto è piccolo questo posto...- dice divertito.

In effetti, nel peggiore dei casi ci rivedremo a scuola a settembre. Chissà, magari potremo diventare addirittura amici. Sicuramente non rimarrei sola ogni volta che Pamela sta con Adam, ed anche tutti i suoi amici sono simpatici. Persa tra i miei pensieri, non mi accorgo che Mat si è allontanato e se ne sta andando. Mi riscuoto, avviandomi nella direzione opposta, casa dista solo pochi passi da qui.

Spazio Autrice:
Buonasera! Ecco a voi il secondo capitolo o, come preferisco chiamarlo io, il vero inizio di tutto! Le cose cominciano a svilupparsi e finalmente sappiamo qualcosa in più sulla nostra Ellie, mentre l'identità di Mat resta un mistero (per ora... eheh). Spero che non vi infastidisca questo andamento leggero, forse un po' lento: prometto che le informazioni arriveranno presto, già nel prossimo capitolo! Devo dirvi alcune cosette, che non ho potuto inserire nello spazio autrice precedente.

Come starete notando, ogni capitolo porta il nome di una stella, con annesso (tra parentesi) il significato di quel nome... ovviamente la scelta non è casuale, poiché le stelle giocano un ruolo importante in questa storia. La stella scelta ha a che fare con quello che succederà nel capitolo e, come vedremo più avanti, anche con i personaggi! Un vero e proprio alfabeto crittografato che, molto presto, potrete riuscire a tradurre! *-*
(Vi consiglio di ricordarvi di Asterope...)

Devo inoltre precisare che tutte le informazioni scientifiche inserite all'interno della storia sono vere, frutto di una ricerca molto appassionata. Per quanto riguarda i luoghi, Staithes esiste davvero, e corrisponde alla descrizione che ve ne ho fatto... mentre l'osservatorio che vi ho collocato, come la sua descrizione, è frutto della mia fantasia.

Ora una cosa veramente, veramente importante.
Io non so che cosa dire. Vi ho ringraziati tante volte, ma davvero in questo momento non trovo le parole giuste. Questa storia, uscita da poco più di 24 ore, è già entrata nella classifica ed è #859 in storie d'amore. Poco più di 24 ore. Solo prologo e primo capitolo. Aiuto. Inutile specificare che ho sclerato in 394 lingue quando me ne sono resa conto. Ed è un'emozione che mi avete regalato voi e soltanto voi.

Temo che mi dovrete sopportare in tutti gli spazi autrice, poiché non mancherò una sola volta di ringraziarvi per tutto il sostengo che mi date. Quindi... grazie davvero di cuore ed un ufficiale benvenuto a tutti voi, che commentate, stellinate, o anche solo visualizzate tutto questo. Grazie, grazie... grazie.
Un abbraccio!

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