Capitolo 3 - Keid

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Capitolo 3- Keid
(guscio d'uovo rotto)

-Ti ripeto, è stato fantastico! Mi ha baciata a mezzanotte e, quando ci siamo staccati, ho visto una stella cadente! Ti rendi conto?! È destino, Ellie, questa volta è proprio destino! Ti ripeto, non ci posso credere! Adam è fantastico... a proposito...-

Sbadiglio, metto il cellulare in viva voce e comincio a trafficare con il caffè. Intanto, la mia amica continua a blaterare, convinta che le stia prestando tutta la mia attenzione. Era così, un tempo, ma le cose sono cambiate. Siamo sempre state così noi, lei parla ed io ascolto. Lei agisce ed io le sto accanto. E, ormai, la cosa è diventata quasi meccanica. Pamela è sempre stata la più coraggiosa tra le due, ma non la classica amica che ti presta i suoi vestiti ed insiste per truccarti. C'è una freddezza nei suoi movimenti, nei suoi sorrisi e nei suoi gesti,  che sembra scemare soltanto quando si trova vicino ad Adam. E lui, il conte bello e dannato di una favola diversa, si addolcisce accanto a lei. Nonostante non lo sopporti, credo che sia l'unico in grado di tenere testa a Pamela.

Pamela.

Niente soprannomi, non gliene ho mai dato uno. Ha un nome bizzarro, o forse semplicemente così pulito da non aver bisogno di accorgimenti. Come i suoi capelli biondi, gli occhi azzurri e le labbra carnose e curate. Perfetto come le sue parole, come quello che le è capitato. Perfetto e che stona irrimediabilmente con me. Pensandoci, la cosa più emozionante che mi sia accaduta è stata portare un ragazzo dai capelli impossibili in un edificio vecchio e dalle pareti scrostate. Nonostante di solito sia sempre lei a parlare, sento il bisogno di raccontarle di ieri sera. Forse voglio solo dimostrarle che anche io ho conosciuto qualcuno, ho fatto amicizia, che non sono da dare per scontato, che può perdermi. O magari ho soltanto bisogno di parlarne con qualcuno.

Afferro il cellulare e tolgo la funzione di vivavoce, portandomelo all'orecchio. Pamela è ancora persa nel suo racconto, che mi sembra abbia addirittura ricominciato, quando mi faccio forza e mi preparo a parlare.

-Anch'io ho una novità.- dico esitante, versando il caffè nella mia tazza blu.

Ma la mia amica continua a parlare, come se non mi avesse sentita. La interrompo nuovamente, questa volta più forte, più decisa. Si blocca, fischia di sorpresa e mi intima di raccontare, Sorrido contenta, sorpresa dalla sua disponibilità.

-Ieri sono andata in spiaggia per vedere le stelle...- comincio, divertita, ma lei mi interrompe quasi subito.

-Ellie, oddio!

-Sì?- chiedo perplessa, un po' infastidita.

-Ho una chiamata di Adam sull'altra linea, non lo sento da ieri!- brontola tristemente, come se ventiquattro ore fossero anni luce –Ti dispiace?

Vorrei dirle che, sì, mi dispiace. Che sono settimane che resto in casa perché mi dà buca all'ultimo momento, mentre prima non mi lasciava parlare con nessuno per paura che fossi io a farmi altre amicizie ed allontanarla. Sono felice per lei, ma sono anche stanca di essere messa da parte. Come una cosa vecchia, come una stella piccola e poco luminosa. Vorrei dirglielo, ma la sento gongolare e non riesco a non alzare gli occhi al cielo sorridente.

-No.- rispondo, per poi addolcire il tono –Non mi dispiace, vai tranquilla.

Lancia un urletto felice, promettendomi che mi racconterà tutto per filo e per segno (aiuto!) e riaggancia.

Sospiro, alla fine non dovevo dirle nulla di importante. Mi siedo al tavolo della cucina, sgranocchiando qualche biscotto assieme al caffè. Di estate la mancanza di mia madre si sente molto di più, senza la distrazione dello studio e dei corsi serali. Mio padre lavora in un ristorante, è sempre via tutto il giorno. In compenso, parliamo di uno dei ristoranti a cinque stelle più famosi della periferia, di cui siamo i proprietari. Raramente sono andata a dargli una mano, cercando di mostrarmi interessata, ma sappiamo entrambi che non è questo che farò dopo la scuola. Ho coseguito l'anno scorso i miei GCSE (n.a.*), con il massimo dei voti. Mi mancano ancora due anni, ma conto di farne soltanto uno; presto mi sottoporrò a degli esami che potrebbero portarmi a proseguire fuori i miei studi. Non so ancora dove, ovunque mi prendano. Esistono delle associazioni che finanziano dei ricercatori e li invitano a formare dei veri e propri gruppi di studenti da portare con loro. Le selezioni sono molto dure, ma è sicuramente la strada meno tortuosa per raggiungere quello che è da sempre il mio obiettivo: voglio fare la ricercatrice. Come mia madre. Fin da piccola mi hanno incoraggiata a questo, ed io ho deciso definitivamente che avrei fatto di tutto per farcela alla morte di mia madre. Avevo solo sei anni, quando abbiamo scoperto del cancro al polmone; e otto quando siamo stati certi che non sarebbe avvenuto alcun miracolo.

Mi ha cresciuta mio nonno, tra libri di astronomia e racconti di un passato glorioso. Mi ha raccontato tutto quello che volevo sapere, a differenza di mio padre. Mi ha confessato che mia madre era davvero un genio, risolveva qualsiasi problema in pochi minuti ed era una calcolatrice umana. Aveva studiato a Pisa, in Italia; e conosceva tre lingue. Era così brava che, all'arrivo di mio padre, mio nonno si è subito messo in allarme. Aveva paura che la distraesse, e gli chef non gli erano mai piaciuti. Invece, alla fine è stato proprio lui a renderla la donna più felice del mondo. Si sono innamorati subito, sposati un anno dopo e... be', quella stessa notte sono nata io.

Mi piacerebbe avere una vita come la sua, regalando a quella storia bellissima il lieto fine che non ha mai avuto. Sto studiando per essere brava quanto lei proprio per questo; e pare che tutti abbiano puntato su di me. Tutti tranne me, a quanto pare.

Persa tra i miei pensieri, non mi sono accorta di essere in ritardo. In realtà sono praticamente sempre in ritardo, nonostante faccia di tutto per apparire precisa ed in ordine. Afferro la borsa e mi dirigo al centro per il corso avanzato di fisica.

***

Poggio stancamente lo zaino a terra, crollando sfinita sulla sedia. In pieno agosto, questi corsi sono una vera e propria tortura (oltre che una sauna involontaria!). Chiudo per un attimo gli occhi, cercando di non pensare a niente. Vorrei potermi svuotare di ogni preoccupazione, dimenticando tutto ciò che ho da fare. I miei pensieri diventano frivoli, vagano fra mille fantasie. Ripenso persino al ragazzo dell'altra sera, mi chiedo chi sia veramente, e se gli parlerò mai di nuovo. La vita a volte è davvero strana, si lascia dietro i pezzi di un mosaico ambiguo, senza una forma apparente, ma finisce per sorprenderci come alla fine tutto combaci.

Salgo in camera, afferrando un libro e buttandomi di peso sul letto. Tiro un sospiro di sollievo, finalmente un po' di tempo per me.
Neanche il tempo di pensarlo, che il cellulare squilla. Sbuffo sonoramente, osservando la foto di Pamela incorniciata di bianco. Lo afferro e metto via il libro.

-Pamela?- rispondo stancamente.

-Ellie!- la sua voce mi giunge stridula, ovattata dalla confusione che deve evidentemente circondarla –Stanca?

Come minimo, mi conosce e deve aver riconosciuto il mio tono fintamente accondiscendente. Annuisco, ricordandomi soltanto dopo che siamo a telefono e lei non può vedermi.

-Distrutta.- borbotto, stordita dalla musica che mi giunge attraverso il cellulare –Ma dove sei?!

-Festa.- dice divertita –Ed Adam è con un amico che ci sta alle calcagna...

Conosco quel tono, ma mi affretto a declinare la sua richiesta tramutata in invito. Sono troppo stanca e non ho voglia di conoscere nessuno, né di fingermi simpatica o cose del genere. Per di più, fuori diluvia. Il clima inglese è sempre stato altisonante, ma tutta questa pioggia ad agosto non si era mai vista.

-Non posso, Pam.- comincio, con voce carezzevole –Devo studiare. E diluvia.

-Adam sta venendo a prenderti, a dopo!

Mi attacca praticamente il telefono in faccia, facendomi urlare dalla frustrazione. Io ed Adam non siamo mai andati troppo d'accordo, ma ultimamente per il bene di Pamela abbiamo raggiunto un tacito accordo: ignorarci. Lui è il classico ragazzo bello e dannato, capelli color della sabbia e sguardo verde smeraldo. Gioca a basket e sono anni che prova a soffiare il posto di capitano ad Alex Wilkins (il ragazzo dell'altra sera). Naturalmente non ci è ancora riuscito, né credo ci riuscirà mai. Alex è bravissimo, gentile ed anche carino.

Pochi minuti più tardi sono fuori casa mia, tentando disperatamente di ripararmi sotto il minuscolo ombrello che ho portato. Irreparabilmente, mi sono accorta di aver dimenticato le chiavi in casa solo subito dopo essermi chiusa la porta alle spalle, e mio padre tornerà tra qualche ora. Di Adam e della sua detestabile auto neanche l'ombra.

Dopo una decina di minuti, afferro il cellulare e chiamo Pamela. Non vorrei farlo bagnare, così mi stringo ancora di più sotto l'ombrello, maledicendo mentalmente la mia amica. Inutile precisare: non risponde. Un'ora e cinque telefonate più tardi sono ancora qui, immobile. Mi sembra evidente che non verrà nessuno e, poiché Pam non mi ha detto il luogo della festa, non posso andarci in ogni caso. Non posso neanche entrare in casa, senza chiavi. O andare da mio padre e farmi prestare le sue, poiché il ristorante è piuttosto lontano. Opto per l'osservatorio. Mi fa sorridere pensare che sia la mia ultima spiaggia, l'unico posto dove andare. Mentre cammino, cercando di evitare le pozzanghere, mi accorgo di non essere arrabbiata con Pamela. Forse dovrei, anzi quasi sicuramente. Eppure, la conosco da così tanto tempo e sono talmente abituata a questo comportamento che ormai non mi tocca più. Avrei solo dovuto pensarci prima ed accertarmi di avere con me le chiavi.

Mi chiudo la porta alle spalle, dimenticando di richiudere il lucchetto. Il legno dei gradini scricchiola sotto il mio peso, anche se leggero, e l'umidità profuma questo posto di polvere bagnata. Non posso far scorrere la cupola, l'acqua bagnerebbe me e tutte le preziose apparecchiature di questo posto. Così mi lascio cadere su una sedia e comincio a sfogliare un vecchio manuale di astronomia. Stranamente, mi sento a casa. Al sicuro, protetta e nascosta al mondo intero.

È come se le stelle fossero nella stanza, come se le parole si sollevassero dalle pagine e mi accarezzassero il viso.

Il volume mi assorbe totalmente e, accarezzandone le pagine, posso quasi toccare le stelle che ne sono descritte. Il mio sguardo si sofferma sulla costellazione del Toro, il mio segno zodiacale e, coincidenza piuttosto strana, la preferita di quel ragazzo. Penso quasi ad uno scherzo del fato, quando un rumore mi fa sobbalzare. Sento la porta al piano di sotto cigolare e chiudersi di scatto, ricordando con puro terrore di non averla chiusa bene. Scatto in piedi, afferrando un vecchio ferro arrugginito e rimanendo immobile. Ho paura che, a quest'ora, possa essere qualche malintenzionato.

I passi si avvicinano, le scale scricchiolano sonoramente. Improvvisamente tutto il mio coraggio svanisce, stringo il ferro tra le mani e corro a nascondermi dietro una specie di stampante enorme. Magari, quando l'intruso si sarà distratto, potrò sgusciare per le scale ed uscire da qui. Sbircio oltre la superficie di plastica rigida, osservando la sagome che è appena entrata. È molto buio e non vedo quasi nulla, ma sembra bagnata fradicia. Si toglie il cappuccio della felpa, rivelando dei capelli fittamente intricati.

Un momento... capelli intricati?! Che sia...?

Il sollievo mi travolge, nonostante mi chieda cosa sia venuto a fare qui in una serata del genere. Il ragazzo si siede, sospirando rumorosamente. Sfiora il libro che stavo leggendo un momento fa, ancora rimasto aperto sul tavolo, senza voltare pagina. L'imbarazzo mi colora le guance, al pensiero che il libro sia rimasto aperto proprio alla pagina della costellazione del Toro. Sono ancora indecisa sul se farmi vedere oppure no.

Alla fine, opto per un'entrata ad effetto.

Mi rimetto in piedi silenziosamente, nascosta dall'oscurità, ed incrocio teatralmente le braccia al petto.

-Com'è che quando ci incontriamo sei sempre bagnato fradicio?

Lui sobbalza, scattando in piedi. La sedia finisce sul pavimento ed io noto la sua camicia nera completamente bagnata, come il resto dei suoi vestiti ed il viso.

-Sei...- prova a dire, ansimando –Ellison, mi hai spaventato.

-Anche tu hai spaventato me.- faccio spallucce –Te lo meritavi!

Lui aggrotta le sopracciglia, prendendo di nuovo posto. Mi avvicino, sedendomi accanto a lui come se fosse la cosa più naturale del mondo. Eppure, ci conosciamo appena.

-Com'è che sei qui?- gli chiedo, sperando di non sembrare invadente.

Lo vedo stringere le labbra in una linea sottile, come a volersi trattenere. Subito dopo, però, il suo sguardo torna concentrato e comincia a fissare un punto imprecisato nell'oscurità della stanza.

-Avevo bisogno di un posto tranquillo.

-E ti è venuto in mente questo?- chiedo sorpresa, poiché è la stessa cosa che è accaduta a me.

Si alza come se si fosse ustionato, cercando di ricomporsi. Ovviamente è impossibile, sembra un pulcino bagnato ed i capelli gli si stanno gonfiando. Nonostante questo, non riesco ad impedirmi di considerarlo innaturalmente bello.

-Non credevo che tu... mi dispiace averti disturbata.- dice -Scusami.

Fa qualche passo verso le scale, mentre io lo fisso, sbalordita e confusa al tempo stesso. Mi alzo in piedi, raggiungendolo.

-Scusarti per cosa?- chiedo, stralunata –Mi fa piacere che tu sia venuto qui.- dico sinceramente, sorridendogli.

Lui assottiglia le labbra e, dopo un po', torniamo a sederci, non con poco imbarazzo da parte di entrambi.

-Mi chiedevo solo... come mai sei arrivato fin qui con questo tempo.- voglio fargli capire che non mi ha dato fastidio che sia venuto qui.

-Ero nei paraggi.- chiude gli occhi per qualche secondo, riaprendoli subito dopo –E tu?

Titubante, gli racconto brevemente di quello che mi è successo. Faccio attenzione a non farmi scappare nomi, non so se conosce Pamela o Adam, ma in ogni caso non è importante che sappia di chi sto parlando. Ride quando gli dico di aver dimenticato le chiavi e mi ascolta con attenzione, facendo una smorfia alla fine del mio racconto.

-Dovresti essere arrabbiata.- dice seriamente, guardandomi.

-No, probabilmente non è colpa della mia amica.- non so neanche perché la stia difendendo –Adam è fatto così, si sarà dimenticato di-

-Adam? Adam Jackson?- mi interrompe allarmato.

Mi dò immediatamente della stupida, mi sono lasciata sfuggire il nome di Adam. Praticamente tutti lo conoscono a scuola, quindi non è sicuramente una novità che Mat abbia individuato subito il soggetto della nostra storia.

-Sì,- sospiro –Adam.

-Lui doveva venirti a prendere? Siete amici?

Strabuzzo gli occhi, sorpresa dalla sua voce improvvisamente tesa. Vorrei chiedergli spiegazioni, ma lui si è alzato e mi sta guardando accigliato. Mi rimetto in piedi a mia volta, soppesando con calma le parole. Io ed Adam siamo amici? Forse apparentemente, ma ci detestiamo.

-Approssimativamente sì.- rispondo titubante –Lo conosci bene?

-No, non tanto.- nega, avviandosi all'uscita –Adesso devo andare.

Resto un attimo immobile, elaborando quello che è appena accaduto. Mi chiedo cosa lo abbia allarmato tanto nel mio racconto, o nel nome del ragazzo della mia amica.

-Perché?- chiedo al vuoto, non ricevendo alcuna risposta.

Torno bruscamente alla realtà, accorgendomi di essere sola nella stanza. Mi precipito per le scale, chiamandolo.

-Mat!- finge di non sentirmi, uscendo in strada –Mat, aspetta!

Fuori piove ancora e lui si sta bagnando di nuovo, ma trovo stupido ed avventato uscire anch'io soltanto per inseguirlo. Così torno dentro, confusa e stordita dall'accaduto. Penso che Mat sia la persona più strana che abbia mai conosciuto, ma anche la più interessante. Quel suo modo di guardare le cose da una prospettiva nuova, di studiarle e soppesarle. Il desiderio pungente di scoprire, di sperimentare e sapere. Lo sento simile e legato a me come non ho mai sentito nessuno, ma ci conosciamo appena. Il suo comportamento di poco prima è stato piuttosto ambiguo e mi chiedo cosa effettivamente l'abbia bruciato del nostro discorso. Il nome di Adam torna prepotentemente a ronzarmi in mente, ma davvero non capisco cosa possa essere accaduto fra i due. Forse dovrei chiedere a Pamela, ma sento che non mi ascolterebbe. O, comunque, non capirebbe. Sospiro, rimettendomi a leggere: sì, la costellazione del Toro è davvero molto bella.

*N.a.: mi sono attenuta al sistema scolastico inglese, il GCSE è una certificazione che si consegue a 16 anni, dopo i quali è facoltativo proseguire gli studi per altri due. Anche per quanto riguarda i corsi pomeridiani (capitolo successivo) mi sono basata su questo.

Spazio Autrice:
Buonasera (o forse dovrei dire notte? xD)!
In questo capitolo viene nominato un nuovissimo personaggio: Adam Jackson. Coloro che avevano letto la vecchia versione avranno già una vaga idea di chi può trattarsi, ma presto potrete di leggere di lui presente in carne ed ossa. Chi sarà? E cosa avrà a che vedere con Mat? Teorie?

Ebbene... posso finalmente annunciarvi che, con il prossimo capitolo, entreremmo pienamente nella storia! Vedrermo all'azione la nostra Ellison, che ci rivelerà davvero molto di lei! E, soprattutto, tutti i personaggi saranno presentati meglio. Non vedo l'ora di sapere quale sarà il vostro preferito!
Intanto io vi ringrazio per tutti i commenti e le stelline, che aumentano continuamente e mi rendono molto felice! *-* Vi chiedo di commentare anche questo capitolo, facendomi sapere se la storia vi sta piacendo e cosa secondo voi dovrei migliorare! Il ritmo dovrebbe essere più veloce o va bene così? Attendo vostre notizie!
Il prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare in settimana, sono già al lavoro nel revisionarlo!
Un bacio, a presto!

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