Capitolo 5 - Electra (Pleiadi)

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*PLEIADI*
Capitolo 5 – Electra

(ambra, risplendente)

È ancora più bello di quanto ricordassi. Questo pensiero non mi sorprende più della sua presenza, ma l'insieme delle cose accadute nel corso dell'ultimo minuto sono in grado di pietrificarmi. La stanza si colora di bianco, come una gomma che cancella dei disegni su un foglio, e le persone svaniscono. Una dopo l'altra, le sento divenire trasparenti e non mi è difficile sorvolare sulla stranezza della cosa. Perché, mentre tutto questo accade, i miei occhi sono già incatenati ai suoi. Li ricordavo perfettamente: un castano scuro, quasi misterioso, pieno di emozioni che giocano a nascondino. La camicia gli calza a pennello, la cravatta è allentata e tiene la giaccia nera in mano. Non lo ho mai visto vestito così elegante, fattore che contribuisce a prolungare la mia momentanea paralisi. Non sono certa del silenzio che percepisco, forse questo non è che un attimo che, per puro divertimento masochistico, il mio cervello sta prolungando. Non sento niente e mi sembrano ore, ma non sono che secondi. Secondi rapidi, in cui il suo sguardo indugia insistente nel mio e sembra non riuscire a staccarsene. Mi guarda come se non credesse ai suoi occhi, le labbra sottili dischiuse, le sopracciglia aggrottate in modo quasi doloroso. Ed io sono ferma, seduta, voltata verso di lui e paralizzata. Lo vedo sbattere ripetutamente le palpebre, deglutendo. Distoglie lo sguardo con un sospiro, ancora evidentemente scosso da quella che deve sembrargli una situazione assurda tanto quanto lo sembra a me. E, lentamente, il bianco cola dalle pareti come pittura fresca, restituendomi i colori. E non siamo più io e lui, come mi piacerebbe che fossimo. Le voci tornano, i rumori improvvisi mi fanno sobbalzare ed una mano sulla spalla mi riporta alla realtà.

Le ore che ho passato a fissarlo non erano altro che un istante in cui il tempo ha cessato di esistere.

-Vi... conoscete?- la voce di Beverly è sottile, curiosa.

Non ho smesso per un attimo di fissare Mat. È più forte di me, come se il tempo non avesse fatto che incrementare un sentimento già forte di suo. E mi chiedo se sia così anche per lui, o se non provi niente, adesso, a rivedermi dopo quattro anni. L'ultima volta che l'ho visto è stato all'Osservatorio, tappezzato di stelle e di ricordi. Credevo seriamente di non rivederlo più, ma a quanto pare devo fare i conti col passato. Beverly però, per fortuna, fissa lui. Mat fissa lo sguardo nel mio per un attimo, prima di guardare di nuovo a terra. Si irrigidisce, respirando piano. Capisco che è nervoso, combattuto. Anni fa ho imparato a leggere ciò che prova nei suoi occhi, attraverso i suoi gesti, mentre per gli altri è semplicemente un ragazzo strambo, ma geniale.

-No.- dice infine, ma pare costargli una fatica immane –No, non ci conosciamo.

Il mio cuore cade in mille pezzi.

Non so cosa mi aspettassi, è chiaro che non avrebbe senso raccontare ai presenti cosa c'è stato fra di noi, visto che al cento per cento insisterebbero per saperlo. Ma, allo stesso tempo, ho desiderato per un folle istante che lui annuisse, ammettendo che in tutto questo tempo ha pensato a me quanto io a lui.

Mat prende posto, sedendosi accanto a Beverly, di fronte me e Flick.

Beverly mi si rivolge con un sorriso allegro.

-Lui è Mat Rivers, viene dalle tue stesse parti!- dice entusiasta.

-Oh.- dico, cercando di riprendermi.

Mi sento calpestata, sopraffatta da qualcosa che mi ha inevitabilmente sconfitta. Proprio ora che mi ero convinta a cambiare vita, ad accettare quello che ho raggiunto. Proprio adesso che ho conosciuto Chad, che non è poi così male, ed ho accettato di darmi una possibilità. Lui è di nuovo qui. Chiudo per un attimo gli occhi, simulando un leggero battito di ciglia. Quando li riapro, sono decisa ad essere forte.

-Davvero?- chiedo, con un gran sorriso -È un vero piacere conoscerti, io sono Ellison Moore.

Mat sussulta, evidentemente confuso dal mio comportamento. Mi stringe la mano, cercando di prolungare il momento il più possibile. E mi sembra assurdo che ora siamo qui, l'uno di fronte all'altra, fingendo di non conoscerci. Fingendo di non aver condizionato l'uno la vita dell'altra, con un sentimento talmente forte da portarmi a dubitare di tutto. Una volta Mat mi ha detto che conta quello che facciamo prima di andare a fuoco, che bisogna brillare più che mai ed avere il coraggio di andare avanti. È stato lui ad insegnarmi a non cedere, a non scoraggiarmi. E vorrei riuscire a dirglielo, ma davvero non riesco a capire se sono più arrabbiata con lui o più felice di rivederlo. Di vederlo qui.

-Deve avere una mente brillante, signor Rivers.- la voce di Flick mi riporta alla realtà.

Lui non conosce Mat, ma capisco immediatamente che invece Mat si ricorda di lui. Gli lancia uno sguardo diffidente, quasi di sfida, prima di rispondere.

-Ho solo avuto fortuna.- risponde noncurante.

-Occorre più che fortuna, se le voci su di lei sono vere.- conosco il professor Flick abbastanza bene da aver capito che sta solo cercando di fare conversazione –Dov'è che ha studiato?

Mi irrigidisco, consapevole che Flick conosce il liceo che ho frequentato e sicuramente assocerà gli sguardi di poco prima a questo dettaglio, senza contare che mi conosce abbastanza bene da percepire il mio disagio.

-Alla Sparrow School.- a rispondere è Beverly –Ma ha lasciato gli studi subito dopo, io lo ho beccato per caso.

Ancora una volta, per quanto cerchi di evitarlo, il mio sguardo si posa su Mat. Lui sembra fare di tutto per non guardarmi, fissa ostinatamente il tavolino e solo di tanto in tanto alza lo sguardo per rispondere alle domande dei presenti. Alle parole di Beverly, cerco di ricollegare il tutto. Dopo la scuola Mat non ha potuto lasciare l'officina, senza contare le condizioni di suo padre ed i soldi che dovevano essere ben impiegati. Mi chiedo, effettivamente, come si arrivato fin qui. Percepisco la curiosità dei presenti –me compresa-, ma nessuno si azzarda a chiedere di più. Come Mat abbia incontrato Beverly sono affari privati, che non trovano riscontro in ambito scientifico.

-Un caso decisamente fortuito, a quanto pare.- annuisce Flick, posando sul tavolino il bicchiere di brandy.

-Decisamente, sì.- annuisce la scienziata –Pensa, John, che Mat non ha neanche finito la scuola. Si è ritirato prima dell'ultimo anno.

Spalanco gli occhi, ma senza farmi vedere. Mat non ha completato gli studi, non ha portato a termine l'ultimo anno, a differenza di Ros e Denny. Non lo sapevo, ma mi chiedo per quale motivo. No, mi rimprovero mentalmente, appuntandomi di non interessarmi a lui.

-Notevole.- Flick sorride, colpito –Decisamente notevole, signor Rivers.

Lo sguardo di Mat sembra accendersi, come se volesse aggredire Flick, ma si limita a chinare leggermente il capo in segno di rispetto.

-La ringrazio, professore.

Mi sento stupida, sono l'unica che non sta partecipando alla conversazione. Ma proprio non so cosa dire, né sono sicura che la mia voce possa essere ferma. In questo momento avrei solo voglia di correre via, il più lontano possibile da qui, per dimenticare qualcosa che ricordo troppo bene. Il suo viso si stava appena sbiadendo, il mio cuore era riuscito a riassemblare i pezzi. Ma il destino è davvero crudele, perché ha fatto sì che me lo ritrovassi davanti in una tale circostanza. Il sogno di entrambi si è realizzato, ma io mi chiedo cosa pensi lui ora di me. Le lacrime mi pizzicano gli occhi, la gola comincia a bruciarmi ed ho una disperata voglia di piangere. Volevo solo stare tranquilla, poter ricominciare. Volevo che tutto fosse perfetto nel mio mondo immaginario, costruito con carte che stanno a malapena in piedi. Ce la ho messa tutta a rialzarmi, ma è bastato un suo sguardo per ributtarmi giù. Mi alzo, arrabbiata con me stessa e con lui.

-Scusatemi.- dico, cercando di rassicurare Flick con lo sguardo –Sono molto stanca, il volo di questo pomeriggio mi ha sfinita. Credo che tornerò in camera.

Beverly si alza e mi stringe la mano, sorridendo comprensiva. Gli altri due professori mi rivolgono un saluto, con annesso sguardo inquisitore nel caso di Flick. Stringo le labbra, cercando di apparire rilassata. Miracolosamente riesco a non guardare Mat, mentre gli volto le spalle per allontanarmi. Non mi ha neanche salutata, non ha avuto la decenza di fare neanche quello.

No, non ci conosciamo.

Perché l'ha detto? Nonostante una parte di me voglia continuare a credere che sia stato un modo di ripararci da domande invadenti e fuori luogo, temo che sia vero. Ho paura di essere questo, per lui. Meno di una conoscente, un semplice puntino nero nei suoi ricordi. Una delusione che, a differenza mia, non ha faticato a dimenticare. Un deja-vu mi colpisce, facendomi sentire come quella volta in cui tutto cominciò. Io che mi allontanavo dal fuoco caldo, sulla spiaggia, per andare a dormire. Tutto spento, monotono e terribilmente noioso; fino a che una voce, ferma e bassa, non mi richiamò. La sua voce mi aveva impedito di andarmene, allora, come me lo impedisce adesso. Infatti, mentre mi allontano lentamente avverto delle voci.

-Quel bolero è tuo, Beverly?- chiede Flick.

-No, non è mio.- risponde la donna.

Mi fermo un attimo, notando di aver dimenticato sul divanetto il mio coprispalle. Accidenti.

-Deve averlo dimenticato Ellison, allora.- dice il professor Flick.

Sono a pochi passi dal tavolo, ma con tutta questa folla e poiché sono voltati Beverly e Flick non possono vedermi. Sospiro, voltandomi per tornare indietro e recuperare il coprispalle; mi dico che, in fondo, mi basterà evitare ancora una volta gli occhi di Mat.

-Con permesso.

Ho appena il tempo di sentire quella voce, mentre mi volto per riavvicinarmi al tavolo, che mi trovo davanti Mat. È davanti a me. Lui è davvero qui e mi sta realmente rivolgendo quello sguardo. Tiene in mano il mio bolero e me lo porge, senza dire una parola e senza sfiorarmi. Ma io rimango immobile, senza prenderlo, intrappolata nel suo sguardo.

-Ellison...- la sua voce mi riscuote, provocandomi una specie di scossa elettrica.

Sobbalzo, afferrando il bolero e mettendomelo sulle spalle senza guardarlo. Poi alzo lo sguardo.

-Grazie.- dico fermamente, pronta ad allontanarmi.

Ma, dopo tanti anni, delle dita gentili si chiudono attorno al mio polso e quasi lo accarezzano.

-Io...- Mat mi guarda, ma non sembra essere in grado di continuare.

-Perché?- gli chiedo, guardandolo e lasciando trasparire questa volta tutta la mia sofferenza.

È una domanda piuttosto restrittiva, ma sono certa che lui abbia inteso perfettamente. Perché ora, perché qui, Mat, perché hai scelto proprio Pisa? Pisa era il mio sogno, te lo ricordi? La mia città nel mondo; e tu dovevi scegliere una città tra più di quaranta, allora... perché proprio Pisa?! I suoi occhi si chiudono per un istante, ma non mi lascia andare. La Sala è invasa dalla musica e piena zeppa di gente, nessuno fa caso a noi.

Mat è sul punto di dire qualcosa, glielo leggo negli occhi, nella stretta attorno al mio polso che si fa sempre più forte e nella labbra leggermente dischiuse; ma veniamo interrotti.

-Signor Rivers!- urla qualcuno in lontananza –La ho trovata, finalmente!

È lui il protagonista di questa conferenza. E io... non resisto più, non riesco a stargli così vicina.

-Scusami.- dico soltanto.

Riesco a sfilarmi dalla sua prese e, prima che l'uomo che ci ha interrotti si avvicini, mi volto per allontanarmi. Qualcosa di molto forte sembra stordirmi, ovattando il mondo, chiudendomi a chiave nel mio cuore e costringendomi ad affrontarne i mostri. Ho bisogno di uscire da qui.

-Ellison!- affretto il passo solo quando mi accorgo che Mat mi sta seguendo, e che è proprio dietro di me.

Cammino velocemente in direzione dell'ascensore. Tengo la testa bassa, nascondendo le lacrime che mi inondano il viso. So che dovrei voltarmi ed affrontarlo, dirgli tante cose ed ascoltare quello che vuole dirmi lui, ma sento di non averne la forza. Non adesso. Non stasera. Ho solo bisogno di fare il punto della situazione, per ritrovare la forza ed il controllo che è riuscito per un attimo a portarmi via. Devo elaborare uno schema, capire come affrontarlo. Devo essere pronta ed è per questo che, quando finalmente mi raggiunge, entro nell'ascensore affollato, dove non c'è posto per un'altra persona. Il sipario dell'ascensore si chiude sulla sua figura trafelata, sul suo viso stravolto, lasciandomi scontenta del finale dello spettacolo.

Temo quasi di trovarmelo di fronte, quando l'ascensore si riapre, ma non c'è. Mi do' della stupida, probabilmente ha ritenuto il seguirmi pura cortesia, forse si è solo trattato di istinto. Rientro in camera, sospirando pesantemente. Mi metto a letto di malavoglia, consapevole che non riuscirò a dormire ed ancora cercando di metabolizzare quanto è appena accaduto. Elaboro mille teorie su come Mat possa essere arrivato qui, a Pisa, con una scoperta importante tra le mani. E mi chiedo di cosa si tratti.

Una volta mi ha detto che gli piacevano i paradossi.

Li trovava accattivanti, misteriosi al punto giusto. Gli piaceva l'idea che ci fosse una soluzione a tutto, anche alle cose apparentemente più complesse. Sosteneva che tutto stesse nel trovare la giusta corda da tirare, non importava quanto fosse intricato il nodo. Ed il suo paradosso preferito, semplice quanto impossibile, era il paradosso di Olbers. Mi mordo le labbra, chiedendomi se non sarà proprio di questo che parlerà domani. Vorrei sapere così tante cose che non gli chiederò mai, che lui non mi dirà mai, poiché ho timore persino che si avvicini. Ho paura di soffrire ancora. Perché a lui piacciono i paradossi e le cose complicate, ed ha abbastanza coraggio per sostenere che ci sia sempre una soluzione.

Tu sei un paradosso, Ellison Moore.

***

Sono stanca morta. Stanotte, neanche a dirlo, non ho chiuso occhio. Non posso credere di essere di nuovo al punto di partenza, con le mani a coprirmi il viso ed il cuore che batte all'impazzata. Sembro una ragazzina e, forse, lo sono davvero. Mi sfioro leggermente il collo, fino a toccare il ciondolo che mi regalò Mat per il mio compleanno. È incredibile come, in questi anni, io l'abbia custodito quanto un tesoro prezioso. Un piccolo brillante, capace di emanare una luce davvero forte. Ho creduto che mi portasse fortuna, o forse mi sono semplicemente rifiutata di abbandonare del tutto il passato.

L'alba è vicina, qualche rumore comincia a rompere il quieto silenzio della notte e l'ansia si impossessa di me. Sono rimasta immobile a fissare il soffitto, ma queste ore sono passate in un attimo. Il solo pensiero che Mat sia da qualche parte in questo edificio, magari a pochi metri di distanza da me, mi destabilizza. Con gesti meccanici, mi alzo e vado in bagno. Impiego molto tempo a pettinare i capelli –che alla fine decido di lasciare sciolti- ed a guardarmi allo specchio. L'immagine che vedo riflessa mi lascia incerta, quasi timorosa. Mi sento piccola, insignificante, nonostante fino a poche ore prima mi sentissi invincibile. Mat è stato capace di destabilizzarmi, più per le emozioni che ho provato che per la sorpresa di rivederlo. Cerco di sorridere davanti allo specchio, senza che la mia espressione si trasformi in una smorfia.

-Buongiorno.- mormoro, poco convinta.

Le sopracciglia si inarcano, le mani stringono con forza il bordo della vasca.

-Buongiorno!- ripeto, con tono eccessivamente isterico.

Buongiorno, Mat.

So che oggi dovrò parlargli, forse addirittura complimentarmi con lui per il discorso a cui prenderò parte. Un tempo, quando eravamo ancora a Staithes, sognavo questo momento. Desideravo essere al suo fianco, quando avrebbe realizzato il suo grande sogno. Ma ora vorrei solo correre via, perché non sono più nulla per lui e desidererei essere qualcosa.

Torno in camera e comincio a vestirmi, sentendomi più inadatta che mai. La camicetta è troppo spiegazzata, i capelli non vogliono sistemarsi e le occhiaie sono accentuate a causa della notte che ho passato in bianco. Sospiro pesantemente, consapevole che comunque non mi resta che scendere ed affrontare la giornata a testa alta.

Come per tradizione, prediligo le scale all'ascensore.

La sala del Serve Service è piena, i tavoli affollati. Resto in coda per una ventina di minuti prima che arrivi il mio turno, ma alla fine prendo solo una tazza di latte caldo ed un pacchetto di biscotti confezionati. Mentre cerco un tavolo libero, il mio sguardo incontra quello di Beverly, che mi sorride gentilmente. Accanto a lei è seduto Mat, che sposta immediatamente lo sguardo nel mio. Sobbalzo, voltandomi ed affrettando il passo. Nella foga del momento non mi accorgo di urtare un cameriere, rovesciando del latte per terra.

-Oddio!- dico imbarazzata –Mi scusi!

Ma non attendo una risposta, gli volto le spalle e mi guardo freneticamente intorno, alla ricerca di un tavolo abbastanza lontano da quello di Mat e Beverly. Nel farlo, però, il mio sguardo incrocia accidentalmente quello della donna e lei riesce a farmi segno di avvicinarmi prima che possa distoglierlo. Prendo un respiro profondo, facendomi strada fino al tavolo; quando il cameriere di prima mi vede tornare indietro, si fa da parte e quasi alza le mani in segno di resa, per paura che lo travolga di nuovo. In un'altra occasione, sarei scoppiata a ridere, mentre ora ho il cuore in gola. Tuttavia, non appena prendo posto di fronte a Beverly, mi accorgo che Mat non è più seduto accanto a lei. Rimango perplessa, ma riesco comunque a sorridere alla donna e dirle che ho dormito bene, che Pisa mi affascina moltissimo e che sono curiosissima di sentire il discorso di "Rivers" nella tarda mattinata. Beverly distoglie presto l'attenzione da me, continuando a conversare con gli altri occupanti del nostro tavolo. Qualche minuto più tardi, quando mi coglie a fissare assorta la tazza di caffè ancora piena, con annessi biscotti immacolati accanto, sorride e si sporge verso di me, in atteggiamento confidenziale.

-Mat è uscito in terrazza, poco fa ha detto di non avere molta fame.- fa una smorfia assorta –Che strano. Aveva fatto una fila lunghissima per prendere quel caffè...

-Oh.- non riesco a dire altro, abbassando lo sguardo.

Sono certa che, vedendo il modo in cui l'ho guardato e mi sono allontanata immediatamente, avrà pensato di non crearmi problemi. Si sarà alzato quando Beverly ha voluto farmi segno, per non costringere entrambi in una situazione imbarazzante quanto, se non più, di quella di ieri sera. O magari aveva solo voglia di guardare il panorama, forse mi sto dando troppa importanza. Sospiro, quasi delusa. Fino ad un attimo prima scappavo da lui, ora mi rammarico perché è stato lui ad allontanarsi. Mi sto ammattendo. Chiudo gli occhi, finendo il mio latte e sorridendo a Beverly.

-Grazie, Beverly.- dico, premurandomi di sorriderle gentilmente –Io vado a cercare il professor Flick.

-Oh, va bene, cara.- risponde –Ci vediamo dopo in sala, allora, la conferenza è tra due ore.

Tra due ore Mat avrà una quarantina di occhi puntati addosso.

Annuisco, sorridendo a Beverly ed uscendo dalla sala. La conferenza è tra due ore. Lui non ha neanche fatto colazione, probabilmente sarà nervoso, magari ha paura di sbagliare qualcosa o è preoccupato ed io... io non sono stata per niente d'aiuto, sicuramente non ho fatto che dargli altri problemi. Mi fermo nel bel mezzo del corridoio, notando alla mia destra la porta che da sulla terrazza. E lui è oltre quella porta.

Quasi senza rendermene conto, mi avvicino alla porta grigio scuro e l'accosto alle mia spalle, trovandomi sulla terrazza. La vista è senza dubbio spettacolare: ci troviamo molto in alto e si vede gran parte della città, illuminata dal sole appena sorto e da una giornata che si prospetta senza dubbio serena. Le case di Pisa sono quasi tutte verniciate di bianco, o comunque con colori molto chiari, dandomi l'impressione di trovarmi in cima al paradiso. Gli occhi mi fanno lucidi, pensando a quanto ho sognato, per tutta la vita, di trovarmi qui, e mi ritrovo a sorridere. Poi, il mio sguardo si sposta lungo la terrazza: è molto semplice, completamente vuota e caratterizzata dalla semplice balaustra in lontananza. Mat si trova proprio lì, rivolto verso l'orizzonte, e mi da le spalle. Mi prendo qualche istante per osservarlo bene, cercando di calmare il mio cuore. Nonostante io sia leggermente cresciuta, è ancora più alto di me ed ha lo stesso fisico alto e slanciato di qualche anno fa. I capelli, tuttavia, sembrano essere meno ribelli e la giacca nera che indossa gli conferisce un'aria molto più seria. Il mio cuore, invece di rallentare, comincia a battere forsennatamente.

Muovo qualche passo avanti, titubante, facendo rumore di proposito per farmi notare da lui. Mat volta di poco il capo, il tempo di registrare la mia presenza ed irrigidirsi appena, ma torna a fissare il mare in lontananza quasi immediatamente. Mi affianco a lui, ma evito di guardarlo e resto in silenzio; tanto che, ad un certo punto, è lui a rompere il ghiaccio.

-Beverly ti ha detto che ero qui.- è una semplice e piatta constatazione.

Ma mi ha praticamente passato la palla, ed io ora non so come tirare. Alex, al mio posto, saprebbe certamente come muoversi.

-Non hai fatto colazione.

Mi sento una stupida, non riesco neanche a mettere in fila delle parole banali.

-Non voglio che scappi a causa mia.- dice, senza guardarmi –Ti starò lontano, se lo desideri.

Quelle parole, ma soprattutto il tono leggero che ha usato, mi feriscono. So di essere stata io a scappare da lui, ma non volevo che lo dicesse, che me lo rinfacciasse, avrei preferito ricominciare daccapo. Chiudo gli occhi, sentendomi una codarda, e mi dico di seppellire le emozioni e tirare fuori un minimo di cervello.

-Non voglio questo.- dico, talmente a bassa voce che se non fossi al suo fianco neanche mi sentirebbe –Non voglio che tu mi stia lontano.

Lo sento emettere una specie di verso strozzato, pericolosamente simile ad una risatina sarcastica.

-E allora cosa vuoi, Ellison?- mi chiede –Non sono mai riuscito a capirlo. Non è così?

In un attimo, tutte le frasi che ci siamo detti quattro anni fa, a Staithes, mi ritornano alla mente e al cuore.

Devi accettare le proposta della Dumont.

Non lasciare che gli altri decidano per te, Ellison, non farlo mai.

Non è quello che vuoi.

Non posso lasciarti andare senza dirti che... Cristo.

Guardami.

Resta. Resta con me.

Chiudo gli occhi e serro forte le palpebre, cercando di calmarmi. Mat è così vicino, a pochi centimetri da me, ma devo assolutamente reprimere questa voglia assurda di gettarmi tra le sue braccia. Mi sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio, profondamente a disagio; Mat mi vede con la coda dell'occhio e lo vedo sorridere appena, probabilmente ricorda che è un gesto che faccio quando sono a disagio. Accidenti.

-Non avrei mai immaginato di incontrarti qui.- dice dopo un po', assorto –Quando ti ho vista, ieri sera, non credevo ai miei occhi.

Ridacchio.

-Dovrei essere io a dire così.- gli faccio notare –Non avrei mai immaginato che... il ragazzo che aveva fatto una nuova, incredibile scoperta fossi tu.

Lui chiude gli occhi, come se qualcosa nelle mie parole gli avesse ricordato qualcosa di doloroso.

-Non lo avrei immaginato neanche io.- dice.

Il silenzio ricade fra noi, ma questa volta non si tratta di qualcosa di opprimente, forzato e terribilmente imbarazzante. Ci affianchiamo in un mondo senza parole, vuoto di sguardi, sostenendoci con la sola e semplice presenza.

-Sei... sei nervoso?- mormoro ad un certo punto, sempre con lo sguardo puntato ostinatamente all'orizzonte.

Il gomito di Mat sfiora il mio, ma senza approfondire il contatto, ed anche il suo sguardo è puntato in lontananza, verso il mare.

-Sto bene. Solo...- fa una pausa, esita -Non distogliere lo sguardo, per favore. Quando parlerò, dopo... tu guardami.

Sussulto appena, cercando di rallentare i battiti del mio cuore impazzito. Non so che cosa dire, sono letteralmente ammutolita. Non ricevendo risposta, Mat sembra riscuotersi; si volta verso di me, facendo incontrare i nostri occhi per la prima volta da quando siamo qui, e fissandomi intensamente.

-Scusami, io-

-Te lo prometto.- lo interrompo, regalandogli uno sguardo deciso e rassicurante.

Solo perché lui ne ha bisogno, posso dimenticare i miei sentimenti.
Solo perché me lo chiede, posso farmi del male.

Mat spalanca gli occhi, sorpreso dal mio cambiamento repentino. Continua a guardarmi, in assoluto silenzio, con uno sguardo che riconosco e scopro essermi mancato. Mi guarda e sembra mettermi a fuoco con il cuore, dimenticando di definire il resto dei particolari. Nei suoi occhi, in questo preciso istante, ci sono soltanto io. E sono così felice, ogni crepa sembra sanarsi ed il vuoto dentro di me si riempie fino a traboccare. Sembra che, dopo un lungo blackout, stia finalmente tornando la corrente: il mio cuore si sta riaccendendo. Ma dura poco, solo il tempo di illudermi. Mat si riscuote, allontanandosi da me e sospirando.

-Scusami.- dice –Devo andare a prepararmi.

Manca poco alla conferenza.

Colpita da quella consapevolezza finisco per rimanere in silenzio e, prima che me ne accorga, Mat si sta già allontanando in direzione della porta della terrazza. Stringo i pugni e mi faccio coraggio, prima di parlare.

-Mat!- lo chiamo, facendolo voltare –Manterrò la mia promessa.

Mat sorride, annuendo leggermente.

Quando, qualche istante dopo, sono finalmente sola, mi volto ancora verso l'orizzonte. Contemplo la bellezza di Pisa, la magia dell'Italia e del cielo di un azzurro brillante. Sono davvero qui.

E, finalmente, lascio cadere le lacrime.

Spazio Autrice:
Buonasera e buon martedì a tutti <3 !
Mi sono appena resa conto che esiste il proverbio "di Venere e di Marte non ci si sposa e non si parte"... ed io ho fissato gli aggiornamenti proprio il martedì ed il venerdì .-. ... ma okaaaaaay, noi fingeremo che io non sia uno scaccia-gioie umano xD
Anche perchè voi siete ancora qui, il che significa che questa cosa non porta affatto sfortuna *-* .

Passando al capitolo... che ne dite? Mi è venuto più lungo del previsto, spero che la cosa non vi dispiaccia ): ... ma abbiamo una nuova pleiade: Electra! Ambra, risplendente, come qualcosa che torna a lampeggiare nella vita di Ellie... Cosa accadrà adesso? Ma, soprattutto, cosa sarà successo in questi quattro anni? Attendo teorie! *-*
Come sempre non posso fare a meno di ringraziarvi, grazie di cuore per essere qui a leggere nonostante tutto. <3
Un abbraccio forte, a martedì!

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