«hamlet and horatio» "george russell"

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[Si, l'ho scritta principalmente perché mi è stato difficile uscire da "If We Were Villains". Si, non sono ancora uscita]
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aries casadores
[1 aprile 1996, Manchester]

Un viso, una voce, un abito e due persone! Una macchina d'illusione creata dalla natura, che è e non è.

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Quella mattina era iniziata bene. Fin troppo, visti gli standard della nostra gente.

Lewis Hamilton non si era ancora presentato in quei appena due giorni che avevano passato al circuito del Bahrain. Non che volessi la sua presenza, anzi. C'è un po' più di calma in sua assenza.

«dimmi un po'» mi tolse il libro dalle mani avendo almeno la decenza di tenere un dito come segno. Io, che avevo accavallato le gambe per stare più comoda, ritornai in una posizione "da combattimento".

«cosa ti dovrei dire?» «come mai una patita di Shakespeare, che sembra più legata al teatro che a casa sua, è finita a fare la pilota di Formula 1?»

Aries Casadores. Sarebbe dovuto essere Ariel, ma sono nata il primo di aprile, sotto (di conseguenza) al segno dell'ariete. Nonna finge di essere una patita di astrologia per riuscire a strappare un chiacchiera in più con le comari del paesino dove abita.

Preferisco però Aries a quell'ipotetico Ariel. Più inusuale. Non che conosca effettivamente qualche Ariel, se non la principessa Disney e il cane di un mio compagno delle medie.

«sul palco la competizione sarebbe stata noiosa» i miei genitori sono dei fruttuosi finanziatori del Globe Theatre di Londra quello che, se non fosse stato distrutto due volte nella storia recente, avrebbe avuto impresse le orme di un certo William Shakespeare.

Si, potrei decisamente creare un culto e venerarlo come un dio.

«non sei una divinità a recitare» «voi però pensate che io sia sempre sincera» «mi stai dicendo di iniziare a dubitare di ogni parola che esce dalla tua bocca?» «ti sto dicendo che le uniche cose che dovresti ritenere certe sono le citazioni che vengono da uno qualsiasi dei suoi libri» indicai ciò che aveva in mano: Amleto, decisamente il mio preferito (una delle poche cose che si può ritenere scontate nella mia vita).

George William Russell è l'unico pilota che mi viene a parlare. Non perché fosse il più coraggioso, anche perché guidare una macchina a 300 km/h ha bisogno di una proficua dose di coraggio. Lui era l'unico con un po' di acume da riconoscere ciò di cui parlo e vuole vedere quanto avanti mi posso spingere.

«Il pensiero della morte è come uno specchio, in cui la vita è apparenza, breve come un sospiro. Fidarsene è errore.» «è questa la risposta? Volevi del brivido?»

«a dieci anni quando ho deciso di fare kart non volevo rincorrere la morte, volevo rincorrere la sfida e la consapevolezza di fare qualcosa di diverso» il suo sguardo non si staccava da me. C'era qualcosa nei suoi occhi celesti che li magnetizzava ai miei castani.

I miei genitori sono attori e registi e i miei nonni prima di loro. Ho vissuto la mia infanzia tra le quinte di teatri o nei camerini di sale cinematografiche. Ho chiamato zio e zia attori venerati da chiunque, ma ho cambiato strada.

A mr e mrs Casadores non è mai importato cosa facessi nella vita, se quello mi permettesse di avere un tetto sopra la testa, qualsiasi esso sia, e che mi facesse avere il sorriso sulle labbra. Il secondo lo so fingere molto bene, ho imparato dai migliori a farlo.

«ogni gara può rovinarmi la carriera, come ogni spettacolo può rovinarla ai miei» «anche se non completamente» «anche se non completamente»

Mi ripassò il libro, a cui riuscii finalmente a mettere un segnalibro degno di questo nome, e poi mi offrì il suo aiuto per alzarmi.

«Sei tu sicuro che siamo svegli? Mi sembra che ancora dormiamo, sogniamo.» dissi mentre decisi di accettare il suo aiuto. «sogno di una notte di mezza estate?» «era semplice indovinarla questa» «solo se hai un minimo di cultura su Shakespeare» lui ridacchiò.

«dici che non tutti ce l'hanno» «di sicuro non come la tua»

Era giornata di qualifica e l'aria si sentiva. Era si calda, con i quasi trenta gradi che si sentivano sulla pista del Sakhir, ma si respirava quella tensione che rendeva tutto un po' più macabro.

George e io facemmo il nostro ingresso insieme, come al solito. Come due ragazzini alla ricerca di quelle attenzioni che ci spetterebbero, se solo non ci fossero eroi più grandi da adulare, quali Leclerc, Verstappen o Norris.

«dimmelo che siamo ridicoli» disse lui quando scoppiammo a ridere una volta entrati nell'hospitality Mercedes. Ci eravamo appostati nella sua stanza.

«Ciò che brami ardentemente tu vorresti ottenerlo santamente: non vuoi barare, ma accetteresti di vincere con l'inganno.» dissi, sdraiandomi sul divanetto, mentre lo guardavo cambiarsi.

«l'inganno è che oggi tu mi aiuterai a fare la pole?» Nessuna macchina aveva ancora mostrato il proprio vero potenziale era chiaro. Noi non avevamo neanche mostrato il dieci per cento delle nostre possibilità.

Io non avevo particolari ambizioni, almeno per quella stagione. Avevo la voglia di impegnarmi per quelli che la Formula 1 me l'avevano servita su un piatto d'argento e sono sicura che quello coincidesse con l'aiutare George, al meglio delle mie opportunità.

«può essere anche il nostro essere straordinariamente forti» «o il nostro essere straordinariamente deboli, non lo sappiamo ancora»

Ci guardammo intensamente prima di scoppiare a ridere. Si, penso abbiate capito quanto spesso accada questa cosa.

«Dei miei falli io voglio fare uno strumento d'arte, e scegliere il momento di redimermi quando la gente meno se l'aspetti. Potrei anche dirla al plurale effettivamente, anche perché al singolare dovrebbe indicare soltanto te» dissi guardando il soffitto.

Lui si sedette e mi fece appoggiare la testa sulle sue ginocchia. «tu sei Amleto e io sono Orazio» «Amleto muore alla fine, però» accennai un sorriso per quella mini conversazione.

«tutti muoiono, tranne Orazio, ma non so quanto il suo destino sia migliore: il suo migliore amico è morto davanti ai suoi occhi e dovrà, almeno ipoteticamente, comandare l'esercito danese contro la Norvegia in una guerra che non potrà mai vincere»

Mi stava accarezzando i capelli e mi rilassai. Pensai al trend di Tik Tok "dove il corpo riposa e l'ansia scompare" e a quanto ci starebbe bene esattamente quel momento lì. Sorrisi e chiusi gli occhi.

«che ore sono?» chiesi, senza sforzarmi di fare nessun movimento. «quasi le nove» «le prove sono a mezzogiorno?» non disse nulla, quindi lo presi come un "si".

Ci furono un paio di attimi di silenzio. Potrei definirlo il mio peggior nemico, soprattutto in occasioni come queste.

Stavo pensando a un'altra citazione da dire per spezzare il momento, quando lui poggiò le labbra sulle mie. Fu un bacio impercettibile, pauroso da entrambi i lati.

Aprii gli occhi e gli sorrisi. In pochi istanti mi portai a sedere accanto a lui a baciarlo. Il secondo bacio era la sicurezza di quel momento.

«Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore» ridacchiai alla sua frase.

«oh, hai sempre detto che Amleto è il tuo preferito» «ho anche detto di essere il tuo Orazio»

Gli accarezzai una guancia con la mano. «tu cosa diresti?» non mi ha dato modo di pensarci, quindi decisi di non parlare di Amore precisamente, ma di chi ne è il capo.

«Cupido non è privo di arguzia, colpisce o con le frecce o con l'astuzia.» «noi con l'astuzia, sicuramente»

Alzai un sopracciglio. «perché ne sei così sicuro?» «sei nella mia mente da quando hai vinto la Formula 3, Aries. Da quando sei entrata in fabbrica la prima volta. Colpire con le frecce è colpire alla spalle, a sorpresa. Non è stato così per me.»

Sospirai. Anche con me è stato così. «Chi mai amò che non abbia amato al primo sguardo?»

Gli diedi un ultimo bacio. Era dolce, pregno di tutto il sentimento che proviamo entrambi.

Mi alzai. «dove vai?» «Ho speranza di vivere e mi preparo a morire»

Gli lanciai un bacio con la mano e uscii. Sentii le sue risate e risi anche io, entrando nella mia stanzetta, trovandoci mia sorella che mi guardava.

«l'imitazione è la forma più sincera di adulazione, sorellina» dissi mentre notavo che mi aveva rubato jeans e scarpe. «sai già,  quanto io ti aduli Aries»

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virginia casadores
[6 settembre 2000, Manchester]

Io considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ognuno deve recitare la sua parte.

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«darei tutta la mia fama per un boccale di birra» mormorai sedendomi accanto a lei.

«vuoi che te lo porti?» «potrei riuscire a guidare più veloce di Leclerc e Verstappen da sbronza» «succedono tante cose strane quando sei ubriaca, effettivamente»

Sospirai. «devo aiutare George» «sei cotta a puntino, sorellona» «e questo l'ha capito il mondo intero»

×××

Venne da me e mi diede un bacio pochi minuti prima della qualifica. Aveva una mano sulla mia schiena e mi teneva a sé.

«so che vuoi dire qualcosa. Virgi mi ha detto che ti sei preparata» roteai gli occhi.

«Ah, per me, dico, datemi la guerra! È meglio cento volte della pace, come il giorno è migliore della notte; la guerra è cosa viva, movimento, è vispa, ha voce, è piena di sorprese. La pace è apoplessia, è letargia: spenta, sorda, insensibile, assonnata, e fa mettere al mondo più bastardi che non uccida uomini la guerra.» «bel modo di iniziare la stagione»

Ci mettemmo in macchina e le prime due trance di qualifica passarono come il vento, senza nessuna sorpresa.

«George, Verstappen, Leclerc, Norris, Sainz, Perez, Ricciardo, Albon, Alonso e tu, ovviamente» mi disse Bono, come se non lo avessi visto sul giga schermo, rientrando ai box.

Non era detto in fila, in verità. Verstappen e Leclerc erano davanti a grande distacco, io, George e Norris eravamo attaccati dietro di loro e tutti gli altri staccati da noi.

«quante gomme abbiamo?» «una rossa usata un giro, due rosse nuove e vorremmo usarne una domani» «okay, esco con l'usata?» «si»

Riuscii a fare il primo giro dietro a Max. Guardai esattamente come lo faceva lui. Non sono brava come i mini campioni di questo sport (non più così tanto mini), ma apprendo molto facilmente e la mia memoria è una perla rara.

«bingo» «bingo?» «come dici tu? Tombola?» sentii la risata del mio ingegnere. «sono anche io inglese, Aries» «allora hai capito» risi anche io.

«rientra, Aries» «posso fare un altro giro?» «no» «daiii, altri cinque minuti» «cosa hai bevuto prima di salire in macchina?» ridacchiai, ascoltando Peter e tornando ai box.

«vuoi dire qualcosa prima dell'ultimo giro?» mi chiese, mentre cercavamo di centrare il tempo giusto per uscire.

«Buona notte, dolce principe. E voli d'angelo t'accompagnino cantando al tuo riposo» «e cosa vorrebbero dire?» «George lo sa» «glielo diremo»

Io sorrisi. Riuscimmo a essere la coppia che usciva per ultima. Dietro di me di un paio di secondi c'era solo George.

Feci il mio giro e nessuno parlò. «...and the rest is silence» ridacchiai. Sinceramente di me non importava. Volevo sapere George com'era arrivato.

«George?» «primo» sorrisi. Era un sorriso sincero.

«tu seconda» «COSA?» alzai la testa e guardai il mega schermo. Ero anche inquadrata e sorrisi.

«per cinquanta millesimi non avresti fatto tu la pole. Sei felice?» «sono sempre felice. Sapete il perché? Perché non mi aspetto niente da nessuno. Le aspettative feriscono sempre»

Arrivai al parco chiuso. Un luogo mistico in cui non mi sarei mai aspettata di mettere piede. È come se fosse di qualcun'altro.

So già che Virginia apparirà nella mia testa a dire che non è di Shakespeare o dei suoi personaggi, ma capirà.

Balzai fuori dalla macchina e battei il cinque a Norris. «un triello tutto inglese» gli sorrisi. Avevo un sorriso per tutti in momenti come quello.

Arrivato poi George, aspettai che si fosse tolto il casco prima di saltargli addosso.

«Oh meraviglia, meraviglia, meraviglia delle meraviglie! E poi ancora meraviglia, e infine tutto ciò che la meraviglia può provocare in fatto di esclamazioni!» mi strinse a sé, prendendomi in braccio.

«non te l'aspettavi» «certo che non me l'aspettavo. Avevo preparato questa citazione per dopo, infatti avrei potuto dirla meglio»

Mi diede un bacio sulla fronte. Mi tenne a sé con un braccio attorno le spalle mentre guardavamo Lando che veniva intervistato.

«e adesso la nostra principessa» Naomi Schiff mi aveva steso la passerella e, prima di fare la mia intervista, abbracciai pure lei.

«hai qualcosa da dire?» «è qualcosa che oggi mi è stato chiesto tante volte e potresti mettermi in difficoltà» «sarebbe la prima volta nella mia vita» ridacchiai e mi presi un paio di secondi per pensare.

«Io sono costante ed immutabile come la Stella dell'Orsa Minore alla cui fissità nessuna stella è pari, nell'intero firmamento.» «tessi le tue lodi?» «le ho sempre tessute»

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La gara passò in fretta. Riuscii a mantenere la mia promessa di aiutare George, ma nel farlo non arrivai al podio. Lo vidi sfilare davanti a me per una macchina rossa e una blu scuro.

Il fumo di una sigaretta mi volava davanti, io che ero sul balcone della mia stanza d'hotel.

Due bussi alla mia porta me la fecero spegnere sul posacenere che era sopra al piccolo tavolino in mezzo a due divanetti.

«delusa?» volevo ripetere la frase che avevo detto il giorno precedente, ma non avevo la forza di mentirgli in quel momento.

«una donna disonesta non è una donna. Si, sono molto delusa» lui la gara l'aveva vinta ed era felice. Speravo che per osmosi trasferisse un po' di felicità anche a me, ma nella solitudine della mia stanza niente è stato possibile.

«ma mancano ancora ventidue gare alla fine, quindi finché possiamo dire: "quest'è il peggio", vuol dir che il peggio ancora può venire.» accennai un sorriso, perché volevo evitare di attaccargli la malinconia.

«mi sei mancata» «fare il sottone con me non attacca, buon uomo. Non sono in vena di nulla stasera» lui alzò le mani prima di buttarsi sul mio letto.

Mi infilai tra le sue braccia in pochi attimi. «Prendi l'aspetto del fiore innocente, ma sii il serpente sotto di esso.» «bravo William, solo Macbeth mancava. Me lo sono dimenticata»

Lui ridacchiò. «Orazio lo hai fatto bene» «peccato che da piccola sempre e solo Amleto mi veniva bene»

«sempre l'eroe?» «sempre la protagonista»

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