«little women»

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sara

. . . . .

chiara

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«lo sai che è strano nel 2023 ricevere lettere da un destinatario che non sia lo stato, l'ASL o la Tim»

Sara roteava gli occhi ogni volta che sentiva cose del genere. Non aveva forza e neanche voglia di controbattere.

«si, okay, va bene»

Guardava il foglio e le cose scritte a mano e non prestava neanche attenzione alle parole la prima volta che la guardava.

Sapeva già tutto della vita di Chiara e ogni volta che le arrivava una lettera immaginava quali particolari avesse deciso di inserire.

L'ultima è uno dei suoi classici: una recensione da esperta dell'ultimo film che ha visto al cinema (evitando scrupolosamente tutti gli spoiler), ritagli di alcuni articoli di giornali o riviste, stickers, poster, polaroid. Insomma, potrebbe assomigliare piú a un pacco che a una lettera.

Il suo particolare preferito è un post It, anzi due: una citazione di Shakespeare e l'evento più entusiasmante della settimana.

Chiara era fatta così: la tecnologia non faceva per lei. Non che non la sapesse usare, anzi. Spesso e volentieri a lei venivano chiesti tutti i consigli.

Diciamo però che la carta, la pellicola e il vinile sono tre dei suoi più grandi amori.

«vieni giù in Sardegna?» «non posso amore, ho l'esame» non fraintendete nulla: Chiara usa quel nomignolo con tutti quelli a cui vuole bene. Quelli che disprezza li chiama tesoro, invece.

«sarà solo per due giorni e poi una che non sa minimamente di cosa tu debba parlare in quell'esame è il miglior giudice» l'emiliana ridacchiò.

«storia della drammaturgia» «che figata!!» per una che era ancora all'ultimo anno di liceo, i racconti di una che è al primo anno di università sono come sentire racconti di mondi paralleli.

Chiara aveva cambiato totalmente strada: dal voler diventare ingegnere in Formula 1 al voler studiare cinema. O meglio, voler studiare al DAMS. Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo. A Bologna, la sua città.

«vengo, ma solo due giorni, okay?» «magnifico»

Chiara era sempre stata abituata a girare continuamente l'Italia, con i suoi che possiedono un circo e sono solo in Emilia quando hanno spettacoli lì.

Aveva conosciuto Sara alla prima tappa sarda, perché Chiara passava il suo tempo sulla spiaggia.

Studiava a casa da privatista. Non aveva mai avuto una classe e non aveva mai fatto uno sport. Sembrava conoscere la gente più di chiunque altro.

«papà mi ha insegnato a capire le persone. Se osservi bene riesci sempre a interpretare l'anima di un personaggio» «un personaggio?»

Sara, quando le due si sono conosciute aveva undici anni. Stava passeggiando sulla spiaggia e su un paio di teli incontrò Chiara e nonna Elena, da sempre professoressa.

Le due stavano discutendo su un brano della mitologia greca, dell'Iliade, da sempre la preferita della ragazza.

«come fanno a essere cugini quei due, nonna? Anche una ragazzina di dodici anni lo capisce» «piccola, ai tempi una cosa non escludeva quell'altra. Solo nel Novecento gli studi della genetica hanno proibito il matrimonio tra consanguinei, nell'antica Grecia spesso e volentieri accadeva il matrimonio tra cugini»

Sara aveva sentito il discorso, ma si era soffermata su una parola che non capiva appieno.

«cosa vuol dire consanguinei?» in quel momento le due si accorsero della presenza della ragazzina. «dello stesso sangue» le rispose Chiara sorridendo.

L'emiliana le allungò la mano facendo un ampio sorriso. Aveva sempre amato sorridere alle persone, perfino quando a diciassette anni le avevano messo l'apparecchio.

Sara la strinse. «posso sedermi?» chiese principalmente all'anziana. «come no»

Sara non aveva capito facilmente che quelle fossero delle vere e proprie lezioni, fino a quando quel sabato non si erano presentate.

Il giorno dopo quando Chiara si presentò da sola, Sara le andò a chiedere dove fosse il giorno precedente. «dovevo testare gli argomenti?»

La più piccola piegò la testa da un lato, non capendo le parole che le erano state dette. «studio da privatista, quindi ogni settimana o ogni quindici giorni devo fare una chiamata con un professore che mi fa delle domande per capire se in quel periodo di tempo ho studiato»

Poi le porse dei biglietti. «non sapevo quanti foste in famiglia, quindi ne ho presi sei»

Sara lesse cosa c'era scritto e si soffermò su una parola: circo.

«vivi in un circo?» «da tutta la vita»

Rimase lì per un mese e oltre che tra le due ragazzine, anche tra le due famiglie si creò un legame forte.

«Sara, non posso venire. Non ci sono voli a un prezzo normale» In quella chiamata calò un silenzio tombale.

«è il mio compleanno, Chiara» «eh, lo so. Ci dovevo pensare prima...Sara, ci sei?» no, aveva riattaccato.

«davvero non ci sono voli?» nonna Elena, l'unica con cui condivideva la casa, entrò in camera sua. Chiara stava preparando la valigia.

«Ryanair ha sempre dei voli assurdamente e lei è troppo arrabbiata con me per andare anche solo a controllare che io non abbia detto un'enorme cazzata»

«linguaggio» «chi sei? Captain America?»

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Chiara era entrata in casa di Sara solo per appoggiare la mini valigia con la faccia di Stitch che aveva preso pochi giorni da Primark, proprio per l'occasione. Era sicura che non fosse in casa.

«dov'è adesso?» chiese a sua madre. «secondo te?»

Chiara si strinse nel suo piumino e scese sulla spiaggia saltellando e ripetendo le parole delle canzoni presenti in Wonka, film che era andata a vedere solo il giorno prima.

Vide la sua amica in completa solitudine con le onde, che se avesse avuto molta meno fantasia l'avrebbe chiamata paragonandola a Vaiana, principessa Disney.

Invece lei era un'attrice, studiava drammaturgia e chi è stato il drammaturgo più famoso di tutti i tempi?

Chiara si avvicinò, senza farsi vedere, e spaventò la sua amica iniziando a recitare.

«Tutto il mondo è un palcoscenico,
e gli uomini e le donne sono soltanto attori.
Hanno le loro uscite, come le loro entrate
e nella vita ognuno recita molte parti.

Ed i suoi atti sono sette età.
Prima, l’infante che vomita e miagola in braccio alla nutrice.

Lo scolaro poi, piagnucoloso. La sua brava cartella, la faccia rilucente nel mattino, che assai malvolentieri striscia verso scuola a passo di lumaca.

E poi l’innamorato, che ti sospira come una fornace e in tasca ha una ballata tutta lacrime sopra le ciglia della sua adorata.

Poi un soldato, armato dei moccoli più strambi. Un leopardo baffuto, geloso dell’onore, lesto di mano, pronto a veder rosso. Pronto a cercar la bubbola della reputazione persino sulla bocca d’un obice.

E poi, il giudice. Con un bel ventre tondo, farcito di capponi. Occhio severo, barba ritagliata a regola d’arte, gonfio di sentenze e di luoghi comuni. E in questo modo, recita la sua parte.

L’età sesta ti muta poi l’uomo in magro pantalone in ciabatte. Le lenti al naso, la borsa sul fianco e quelle braghe portate da ragazzo, ben tenute, ma ormai spaziose come il mondo per i suoi stinchi rattrappiti. E il suo vocione da maschiaccio che ridiventa un falsetto infantile, un suono fesso e fischiante.

L’ultima scena infine, a chiuder questa strana storia, piena di eventi, è la seconda infanzia. Il mero oblio. Senza denti, senza occhi e senza gusto.

Senza niente.»

Sara si mise a ridere, prima di correrle incontro e infilarsi tra le sue braccia.

«e l'attrice tra le due saresti tu?» chiese Sara, con un paio di lacrime di commozione, mentre la maggiore continuava a coccolarla.

«ho esperienza, sicuramente più di te. POI. Tu vuoi esserlo, io mi sono ritrovata a interpretare parti su un palcoscenico. Tu vuoi vincere un Oscar, io voglio esibirmi al Globe Theatre di Londra, interpretando magari Lady Macbeth o Joe March»

Sara si mise davanti a lei, totalmente d'accordo con le sue parole.

«quello cos'era?» chiese riferendosi al monologo che aveva portato la ragazza. «Jacques di "Come vi piace", Shakespeare tra il 1599 e il 1600»

«tu se non trovi modo di citare Shakespeare non sei affatto contenta» Chiara, non ascoltando ciò che diceva la sua amica, la prese sottobraccio e iniziarono a tornare nel paese abitato.

«vieni che non vogliamo fare aspettare i tuoi amici fare provare a fare una festa a sorpresa, palesemente non riuscendoci, visto che è una settimana che mi dici che ti stanno preparando una festa a sorpresa»

Camminarono per un paio di metri poi Chiara si bloccò. «che c'è?»

«fai una faccia sorpresa» «sono un'attrice, la so fare» «si, poi la fai male e danno la colpa a me. Hai degli amici antipatici a volte»

«lo sai che ti stai insultando da sola, anche?» «sai quante volte mi è capitato, ma stare incazzata con me stessa durante la sessione è palesemente controproducente»

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«tu non mi hai fatto un regalo» disse Sara, quando la sua amica rientrò in camera sua completamente in accappatoio dopo essersi fatta una «anche troppo meritata doccia»

Chiara la guardò storta. «posso mettermi il pigiama o vuoi che mi risvegli con quaranta di febbre domani?» «no no, fai pure» «grazie, sua maestà»

Si mise uno dei suoi tanti pigiami della sua ormai infinita collezione. Poi aprì la sua valigia e prese tre buste.

«ci sono i numeri sopra»

La prima era una delle sue solite lettere. Dentro c'erano una quantità infinita di stickers aesthetic, la recensione di Wonka (troppo concentrata su Timothée Chalamet, a detta di Sara) e alcune polaroid di quella giornata.

«è quello il motivo per cui non me l'hai data con gli altri?» «se scomparivo, tu lo noti. Sono abbastanza ingombrante. E non lo dico perché sono alta un metro e cinquanta»

Sara trovò quella cosa una motivazione più che valida.

«manca la citazione di Shakespeare» «amore, ti ho letteralmente recitato un monologo. Vuoi qualcos'altro? Ti sei pure lamentata che cito sempre William»

La seconda busta era decisamente più morbida e decisamente più grande. E decisamente più Ferrari.

«leggi il biglietto» disse Chiara praticamente ridendo come una bambina di cinque anni.

"Luigi segue lo le Ferari"

«che inventiva, madonna, non so se darti tre anni, ma credo che sia un insulto per quelli che tre anni ce li hanno veramente»

Chiara era molto arrabbiata dopo quello. «ti ho portato una maglietta di Charlie firmata e tu mi dici questo»

«no aspetta, cosa?» «non l'avevi neanche vista, io non ho parole»

Il terzo pacchetto conteneva una scatola da scarpe con dentro un post It e una decina di goleador.

«ricorda a Chiara questo regalo» lesse la festeggiata addentando una caramella.

«cosa mi devi dire, tifosa spassionata di inglesi?» «che la potresti vedere dal vivo questa donna tifare appassionatamente due inglesi»

Sara alzò un sopracciglio. «si dà il caso che io abbia in possesso tre biglietti per il weekend intero alla Rivazza che mi sono costati un occhio, un rene e un polmone. Uno per ogni biglietto. Uno per me. Uno per nonna Elena. E...»

«uno per me?» «i tuoi si sono offerti di pagarti il volo, quindi si, uno per te»

Per la seconda volta in quel pomeriggio, Sara sfidò l'essere totalmente anaffettiva della sua amica infilandosi tra le sue braccia.

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«Avrei due domande»

Avevano ormai spento le luci e Chiara sarebbe stata vicina a essere nel mondo dei sogni, se non fosse stato per Sara.

«mh?»

«come hai fatto ad avere la maglia firmata da Leclerc?» «mio fratello si è fatto tre giorni a Montecarlo con la sua ragazza. Non fraintendere, dormivano a Nizza. E gli ho dato l'ingrato compito di cercarlo. Non gli ho fatto fare un videomessaggio, perché sono una fan normale e non pensavo si sarebbe fermato a lungo per poterlo fisicamente fare»

«e il terzo biglietto a chi lo avresti dato?» «a chi mi ha fatto l'ingrato compito. Adesso se vuole venire con noi se lo compra e non viene con i miei soldi»

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Sempre auguri Sara_world02

Quest'anno ragazze normali. Per quanto normali questa raffigurazioni di noi possa essere.

Ero partita sulla falsa riga di quello che avevo scritto l'anno scorso, facendo un seguito, ma le visioni di Wonka ieri al cinema e di Piccole Donne ieri sera su Netflix mi hanno fatto venire quest'idea. Da lì il titolo, se te lo fossi chiesto.

E nulla,
Manca sempre meno ai diciotto
(Giusto perché da sorella maggiore te lo devo dire, visto che è quasi quattro mesi che tutti lo dicono a me).

Io sono sempre qui.
Sparisco e appaio a intermittenze più o meno lunghe, ma sono qui.

Riri o Chicca
(o come mi volete chiamare)

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