FALL 4 - Dove Phoenix stabilisce una tregua

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Phoenix sollevò il capo quando sentì il rumore della porta che si apriva.

La testa bionda di Eagle fece capolino nella biblioteca semibuia. La lampada accesa sulla scrivania, l'unica fonte di luce nella stanza, guidò il suo sguardo fino al viso del suo solitario occupante. Esitò prima di entrare, come se avesse voluto accertarsi di non avere scelto il momento sbagliato per interromperlo. L'irlandese, invece, parve accogliere quasi con sollievo quella pausa. Allontanò da sé il libro che stava analizzando, si sfilò gli occhiali che usava quando doveva leggere a lungo e li lanciò sopra le pagine aperte del vecchio tomo.

Eagle si sedette con calma su una sedia, dal lato opposto del tavolo, mentre l'altro abbandonava la schiena contro la spalliera di legno della propria seduta e distendeva le braccia sopra la nuca, stiracchiandosi con un mugugno.

"Come sta Swan?", chiese subito, senza curarsi di nascondere una vena di preoccupazione.

Eagle schivò il suo sguardo diretto e non rispose subito.

"Magari ogni tanto potresti chiederglielo di persona, invece di farmi fare sempre l'ambasciatore", commentò infine.

Phoenix sollevò le sopracciglia e fece una smorfia.

"Conoscendo il risentimento di cui è capace Swan", rispose piano, "immagino che in questo momento sia furiosa con me almeno quanto lo è con Raven, e francamente non ho nessuna voglia di replicare l'incontro ravvicinato con i suoi pesciolini d'acqua dolce".

"Be', almeno adesso sapresti come difenderti e non farti atterrare da una ragazza", ridacchiò Eagle.

"Ah, no, grazie! Swan mi fa davvero paura, più di voi ragazzotti", esclamò Phoenix strappando un sorriso a entrambi. "Mai sottovalutare una donna furiosa".

"Già...".

Il basso commento di Eagle si perse nel silenzio, mentre studiava Phoenix di sottecchi. 

Quel compito che gli era piombato addosso tra capo e collo, quel dover ricostruire tutto da zero, si stava rivelando una bella fregatura. Raven e Swan non si parlavano ed evitavano accuratamente di trovarsi nella stessa stanza nello stesso momento, com'era prevedibile che accadesse. Per la verità, sembrava quasi che non abitassero più in quella casa, visto che incrociarli era più difficile che vincere alla lotteria. Swan passava praticamente tutto il tempo chiusa nella sua stanza, limitandosi a ciondolare dal letto alla cucina, e solo di tanto in tanto. Raven, poi, sembrava aver definitivamente mollato gli ormeggi e inviato una cartolina di saluti a tutti, mandando bellamente al diavolo le famose regole con cui li aveva afflitti per anni. Prendeva la moto e spariva, nessuno sapeva dove, per intere giornate. Nei primi giorni che avevano seguito il grande show di Phoenix, come lo aveva definito Swan, tutti gliene erano stati profondamente grati, dal momento che nemmeno Eagle e Phoenix avevano troppa voglia di trovarselo tra i piedi. Con il passare del tempo, però, la sua assenza aveva cominciato a pesare, quando i due ragazzi si erano ritrovati completamente da soli a cercare di capire cosa fare di fronte alla minaccia che incombeva sempre più su di loro.

E io dovrei ricostruire l'unità di questo gruppo? Preferirei affrontare l'Apocalisse senza aiuto, piuttosto!, pensò Eagle, osservando senza vederli davvero i segni sulla pagina che era rimasta aperta tra lui e Phoenix. Quell'immagine che continuava a fare da sfondo ai suoi pensieri raggiunse infine la sua visibilità a livello cosciente.

"Trovato niente d'interessante?", cambiò discorso, accennando a ciò che l'altro stava leggendo prima del suo arrivo.

Phoenix spostò gli occhiali, avvicinò di nuovo il libro a sé e prese a sfogliarlo a ritroso, svogliatamente.

"Queste filastrocche medievali sono senza senso!", esclamò. "Il Quarto di noi è generato dal Terzo... ma che significa? Il Quarto potrei essere io, se consideriamo che sono arrivato qua per ultimo e non l'età anagrafica, ma il Terzo? Potrebbe essere Swan, dal momento che mi ha scelto lei? In ogni caso, anche stabilire un ordine tra noi non ci dice nulla su tutto il resto".

"Nemmeno chi di noi morirà?", ironizzò Eagle con amarezza.

Phoenix gli lanciò un'occhiata di traverso e decise di ignorare la domanda provocatoria. Prese un altro libro, che aveva messo da parte con un tagliacarte come segno, e lo aprì impilandolo sopra il primo.

"E comincio anche a pensare che la faccenda degli Amanti celesti potrebbe non riguardarci, in realtà. Noi siamo già elencati, in un modo o nell'altro, nella Profezia. Forse parla di qualcun altro".

"Comunque sia", commentò Eagle rassegnato, "mi pare evidente che al momento siamo piuttosto a corto di Amanti celesti, da queste parti. Qualunque cosa essi debbano fare".

A quell'osservazione, l'irlandese annuì e cercò un altro passo nella pagina successiva.

"Qua spiega che gli Amanti celesti genereranno un figlio speciale, che sarà più anziano di loro. Ma, a parte che non vedo come un neonato possa essere più vecchio dei suoi genitori, mi chiedo che cosa ce ne potremmo mai fare di un bambino durante la fine del mondo".

Eagle si lasciò sfuggire una smorfia di tristezza. Senza una parola, prese il libro tra le mani con deferenza, lo girò e cominciò a seguire i segni e le annotazioni scritte a margine.

"Non possiamo pretendere di capire quello che i Maestri hanno cercato di decifrare per secoli, Phoenix".

"E perché no?".

Eagle sollevò le ciglia di scatto e lo fissò sorpreso, come se avesse appena pronunciato una bestemmia o un'assurdità.

"È proprio questo l'errore, secondo me", proseguì l'altro, indifferente a quella reazione. "I Custodi si sono accontentati per secoli di essere solo degli strumenti. I Maestri erano quelli che capivano, i Maestri erano quelli che interpretavano, i Maestri erano quelli che sapevano, e voi non dovevate mai chiedere nulla!".

"Parla piano!", gli intimò Eagle, interrompendo il suo ragionamento quasi con terrore e guardandosi attorno, come se l'ombra agli angoli della stanza potesse celare qualche terribile pericolo.

Phoenix lo squadrò perplesso, ma obbedì. Si piegò sui gomiti e si avvicinò a lui, abbassando il tono della voce.

"Ma siamo noi quelli speciali, Eagle. Siamo noi che sentiamo gli Elementi".

"Allora dovreste cominciare a ragionare in maniera diversa".

Una voce li fece sobbalzare, diffondendo il panico nei loro pensieri. Phoenix levò il capo di scatto, mentre un brivido freddo fece arricciare la pelle di Eagle, che si girò lentamente sulla sedia per scrutare l'oscurità alle sue spalle.

"E soprattutto dovreste ricordarvi di chiudere la porta".

Raven fece un passo avanti, emergendo appena dal fondo. Chiuse l'uscio dietro di sé e diede un giro di chiave prima di fermarsi a distanza, sul limitare del flebile cono di luce. Nonostante vestisse di bianco, si portava appresso un'aria cupa da tempesta, da corvo da battaglia delle ballate norrene.

"Pigeon, che vuoi?", domandò Phoenix con tono palesemente seccato.

Quello storse la bocca, si portò una mano alla cintola e li fissò piegando lievemente il collo.

"So benissimo che non volete parlarmi", sentenziò, con un'inflessione che voleva apparire sicura, ma che non riusciva a non risultare risentita. "Ma il fatto è che posso ancora esservi utile".

Eagle ricacciò in gola una rispostaccia e si sforzò di dirigere lo sguardo lontano da lui. Doveva concentrarsi su Raven, solo su Raven, perché se avesse pensato a Swan anche solo per un attimo gli sarebbe saltato al collo o gli avrebbe tirato fuori tutta l'aria dai polmoni. Phoenix, invece, non fece assolutamente nulla, e il suo silenzio fu interpretato da Raven come una dichiarazione di tregua. Si avvicinò al tavolo, mentre gli occhi verdi dell'irlandese lo seguivano tenendolo sotto tiro, e lanciò una rapida occhiata ai volumi aperti.

"Sono testi medievali", disse, "non potete prenderli alla lettera. Nella maggior parte dei casi utilizzano allegorie, un termine comune di solito indica qualcos'altro. E sono anche testi esoterici, scritti a bella posta perché solo gli iniziati di livello superiore della Congrega potessero capirli, per questo non è così semplice".

"E tu come hai fatto a interpretarli, se non sei un Maestro?".

Raven si concesse un mezzo sorriso.

"Perché non sono in questi libri, le vere risposte".

Eagle, finalmente, si girò a squadrarlo, come se le considerazioni di Raven avessero finalmente catturato la sua attenzione.

"E dove?", chiese.

C'era del rancore celato nell'impeto di quella domanda. Raven lo avvertì senza ombra di dubbio. Era quasi un rimprovero per tutto ciò che gli aveva sempre nascosto. I libri, certo, e molto, molto altro. Cercò di sostenere il suo sguardo senza mostrargli le proprie debolezze.

"Adesso ve lo faccio vedere", rispose.

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