FALL 5 - Crescere a Fulham ha i suoi vantaggi

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Se gli avessero detto che si sarebbe di nuovo affidato a Raven dopo tutto quello che era successo, Eagle avrebbe risposto che era assolutamente fuori discussione. Invece si stava ritrovando una volta ancora a dovergli dar retta senza grande possibilità di scelta. Perché, almeno quell'unica volta, Raven sembrava avere detto il vero: gli poteva essere ancora utile.

Rimasero a fissarlo, lui e Phoenix, mentre si spostava verso l'angolo opposto della libreria, dove la luce non era in grado di schiarire i contorni.

Raven fece scivolare lievemente le dita sui dorsi di una fila di libri. Sembrava saggiarne la consistenza con quella carezza, oppure semplicemente mettere alla prova la loro pazienza, chissà. Con Raven era, in quel momento più che mai, impossibile definire cosa fosse casuale e cosa intenzionale.

Quando parve soddisfatto, il ragazzo si interruppe e sfilò dallo scaffale una mezza dozzina di volumi, che sistemò nel ripiano vicino. Toccò il fondo del rivestimento di legno, poi fece scorrere un pannello poco più grande di una mano, che nascondeva una sorta di maniglia. Raven esercitò la pressione necessaria per sollevare la leva e la tirò verso di sé. L'intero scaffale che aveva di fronte prese a scorrere su dei binari e il ragazzo lo indirizzò alla propria sinistra, accompagnando il suo movimento fino a bloccarlo davanti alle mensole che gli si trovavano accanto.

Lo scatto metallico che si udì fu quasi cancellato dal rumore delle sedie che strisciavano sul pavimento. Phoenix e Eagle erano scattati in piedi nel momento in cui avevano chiaramente riconosciuto una porta nascosta dietro la libreria. Ancora confusi, si erano limitati a raggiungere Raven fermandosi alle sue spalle, mentre il ragazzo osservava con aria esperta i vertici di quell'ingresso che mostrava di non avere serratura. Si tese sulla punta dei piedi e tastò lo stipite superiore fino a quando le sue dita si strinsero su qualcosa di metallico. Tirò giù una specie di bastoncino dall'aspetto apparentemente inutile, lo mostrò un istante ai ragazzi, poi tornò a fronteggiare la porta, mentre Phoenix e Eagle continuavano a fissarlo con sguardo interrogativo. Raven inserì il bastoncino in una serie di fessure e fori che, a una prima occhiata, potevano essere scambiati per semplici decorazioni. Seguì senza esitazione una sequenza che sembrava avere una logica solo per lui, scegliendo ora uno, ora un altro ingresso, e ruotando con angolazioni diverse il bastoncino, fino a quando un clic improvviso rivelò a tutti che l'ingresso era stato aperto.

"Come diavolo hai fatto?", chiese Phoenix con sospetto.

Il suo dubbio, che si era fatto sempre più manifesto da quando il ragazzo aveva fatto il suo ingresso nella biblioteca, era che lui potesse aver mentito anche su qualcos'altro. Che non fosse solo un Custode, insomma. E Raven l'aveva capito benissimo. Pensò, suo malgrado, di dover dare loro qualche spiegazione. Quanto meno per non essere frainteso anche su quel punto.

"Ingranaggi e carrucole sono il mio pane quotidiano, ricordi?", rispose senza voltarsi, mentre cominciava a spingere la pesante porta fino ad aprirla. "Ho solo cercato di capire come potevano essere distribuiti i pesi che sbloccavano la serratura. Naturalmente non ci sono riuscito in un giorno".

Spalancò l'uscio e ne varcò la soglia, poi si girò verso gli altri due.

"Cellulare alla mano, signori. Purtroppo non ho ancora capito come funziona l'impianto di illuminazione".

Ognuno azionò la propria torcia, quindi proseguirono per non più di un paio di metri. Fu a quel punto che si ritrovarono in un'altra stanza del tutto simile a quella che avevano appena lasciato, sia per le dimensioni che per l'arredo. Le pareti, infatti, erano rivestite di scaffali pieni di volumi e talmente alte che le luci dei telefonini arrivavano a stento a svelarne il limite superiore.

"Questa è la vera biblioteca", esclamò Raven.

"Sì, ok, ma tu come ci sei arrivato?", lo interrogò nuovamente l'irlandese.

Raven si girò appena. Il viso di Phoenix era a una spanna dal suo e i suoi occhi vicinissimi sembravano pronti a bruciarlo in qualsiasi momento. Rimase calmo e freddo, perché a quel punto non aveva più nulla da temere. Non aveva più nulla da nascondere.

"Crescere a Fulham fin da piccoli ha i suoi vantaggi", rispose. "E anche mostrare di avere un precoce amore per la lettura. Nessuno fa molto caso a un bambino che vuole giocare in biblioteca. Nemmeno i Maestri".

Phoenix fece per dire qualcosa. Non era convinto. La sua fede oscillava tra ciò che vedeva e ciò che temeva. Raven rimase a osservare quella lotta interiore per qualche istante, con curioso e triste interesse, perché era lui che l'irlandese stava soppesando. Lui e la sua credibilità.

"È vero quello che hai detto prima, Phoenix", proseguì. "Noi siamo quelli che hanno il vero potere, non loro. Eppure i Custodi sono sempre stati relegati al mero ruolo di strumenti e le regole hanno rappresentato per secoli il modo migliore per controllarci. Ma le regole, si sa, possono essere aggirate, se le si conosce bene".

Phoenix annuì, e in quel gesto Raven lesse finalmente una sincera apertura.

Mentre questo scambio avveniva, Eagle passeggiava incuriosito lungo le librerie, cercando di studiare alla luce della torcia i volumi che le riempivano.

"Ma adesso che abbiamo trovato questi libri, che ne facciamo?", domandò d'un tratto. "Non abbiamo il tempo per leggerli tutti e trovare le risposte".

"Be', un po' di lavoro l'ho già fatto io", osservò Raven, abbracciando con uno sguardo le pareti ricolme, come se in qualche modo le sentisse familiari. "E comunque non è solo questo che dovete vedere".

Si spostò verso il fondo della sala, facendo segno agli altri di seguirlo. Nell'angolo più estremo, stretto tra due librerie, illuminò qualcosa sul pavimento. Era una botola, fornita di una pesante maniglia di metallo. Raven si curvò e la sollevò, rivelando i primi gradini di una scala. La illuminarono come poterono, poi Eagle e Phoenix si scambiarono uno sguardo perplesso. Non si erano detti una parola, ma a Raven non era comunque sfuggita quell'occhiata e la loro titubanza. Una volta ancora si disse che toccava a lui fare uno sforzo, che non esisteva un altro modo per gestire la faccenda.

"Andiamo", esclamò, "se avessi avuto intenzione di farvi fuori, avrei scelto un modo più comodo".

Eagle mugugnò qualcosa di incomprensibile che suonava comunque come un assenso. Phoenix non disse nulla e si limitò a fare un cenno con la testa, suggerendo a Raven di muoversi e fare strada, che non aveva molta voglia di perdere altro tempo in chiacchiere.

Il ragazzo si girò e cominciò a scendere le scale. Quella discesa angusta e cupa sembrava non dover finire mai. Era stretta, appena sufficiente al movimento di una sola persona. Le pareti di pietra dura erano soffocanti e trasmettevano la sensazione angosciante di essere in una prigione senza scampo. Giù e ancora giù. Nessuno osava chiedere a Raven quando quell'incubo asfissiante sarebbe finito, ma tutti sembrarono sollevati quando i loro piedi sfiorarono il piano e i loro occhi misero a fuoco le pareti di una nuova stanza. Era di forma quadrata, non troppo grande e dal soffitto basso. Qualcosa di strano e indistinguibile ne occupava il centro.

"Phoenix, ci sono delle torce lungo le pareti", suggerì Raven.

"Ardete!".

Lo zolfo prese fuoco e, una a una, le estremità crepitarono, diffondendo gradualmente attorno a loro un quieto bagliore dorato, sufficiente per illuminare lo spazio che li aveva accolti.

Raven fece scivolare il cellulare nella tasca e si avvicinò al centro, subito imitato dagli altri due. Si fermò sul limitare di quello che sembrava un pozzo.

"Questo cos'è?", chiese Eagle, osservando con sorpresa quella nera profondità.

"Non lo so", ammise Raven. "Provare a calarmi là sotto da solo, senza l'aiuto di nessuno, non mi è mai sembrata una grande idea".

"E nemmeno renderci partecipi delle tue piccole esplorazioni, a quanto pare", ribatté l'altro, lanciandogli un'occhiata feroce.

"Ok", si intromise Phoenix prima che la situazione potesse incendiarsi, e quella volta non per un suo ordine, "cosa pensi che possa essere?".

Raven osservò per qualche istante il bordo rialzato, perfettamente sferico, che era stato costruito attorno alla voragine, poi spinse lo sguardo nel buio e lo sottrasse un attimo dopo, come se avesse avuto paura di esserne attratto in modo irresistibile.

"A una prima occhiata, sembrerebbe scendere parecchio, ma in ogni modo non può essere più profonda di un paio di chilometri. Francamente non credo sia stata pensata perché qualcuno vi scendesse dentro. Penso piuttosto che serva ad amplificare le percezioni delle onde sismiche e del campo magnetico".

Si tese verso il pozzo, fece scivolare il braccio lungo la parete più vicina e vi lasciò aderire la mano aperta.

"Provate anche voi", li invitò, "e ditemi cosa sentite".

Eagle fu il primo a replicare il suo gesto. Rimase a indagare la superficie ruvida con la pelle, ma il suo sguardo diventò sempre più perplesso, fino a tornare su Raven quasi contrariato.

"Non sento nulla di particolare", disse.

"È abbastanza normale", rispose l'altro, calmissimo. "Più vai a fondo, meno Aria c'è. Là sotto gli Elementi sono presenti quasi esclusivamente in forma solida o magmatica".

Appena Eagle si fu ritratto, Phoenix prese il suo posto, ma l'espressione che assunse il suo viso fu del tutto diversa. Serrò le palpebre come se una fitta improvvisa gli avesse attraversato la spina dorsale, esplodendogli nel cervello. Interruppe il contatto con violenza e subito cercò gli occhi di Raven, che erano rimasti fissi e attenti su di lui.

"C'è l'inferno, laggiù!", esclamò con un'imprecazione, come se avesse appena rischiato di perdere la mano.

Raven annuì con gravità.

"Credo che, in qualche modo, questo posto sia stato costruito per noi due, Phoenix".

"E Eagle e Swan?".

Raven si passò una mano sul mento e scosse lievemente il capo.

"Non lo so. Forse esiste qualcosa di simile per loro da qualche altra parte, ma non saprei dire dove".

Tutti tacquero di fronte alla prospettiva di dover andare alla ricerca di un secondo luogo nascosto, quando già il primo sembrava sufficientemente pieno di segreti da scoprire.

Mentre continuavano a osservare in silenzio quel buco nero, così tranquillo all'apparenza e del tutto indifferente ai loro quesiti senza risposta, anche Phoenix cominciò a percepire una strana, svilente attrazione verso quella profondità e, come Raven, fu costretto a distogliere lo sguardo.

"Andiamo via", mormorò prima di soccombere a quella sensazione. "Per oggi abbiamo visto abbastanza". 

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