SPRING 11 - Il Tè di matti

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Aveva scelto una giornata di fine maggio perfetta. Il cielo era quasi del tutto sgombro e il giardino riluceva di verde intenso. Swan aveva disteso la stessa, vecchia tovaglia di sempre, che ormai era lisa e rovinata, ma cambiarla era fuori discussione. Le tazze erano la metà di quelle del servizio iniziale, ma i muffin erano i più buoni di sempre, dal momento che Swan aveva avuto tutto il tempo per imparare finalmente a usare il forno per bene.

I ragazzi stavano tutti e tre distesi scompostamente tra il prato e la tovaglia, a godersi il sole sul viso dopo aver fatto il conto di quanti dolci erano riusciti a divorare. Swan li osservava con un sorriso, seduta poco distante tra le radici di un grande albero. La sua pelle lattea e lentigginosa le faceva sempre cercare il riparo dell'ombra. Da quella posizione, poi, aveva una visione privilegiata di quello spettacolo tanto inusuale. Erano rilassati e sorridenti, e persino Raven e Phoenix sembravano aver momentaneamente deposto le armi. Avevano parlato a lungo di film, serie tv, musica rock e sport, come qualsiasi gruppo di amici che si gode una giornata di vacanza. Avevano preso in giro Swan e i suoi muffin, e l'avevano fatta ridere fino alle lacrime. Fino a farle sperare che quello potesse davvero essere un riflesso di felicità.

"Non riesco a immaginare come dev'essere stata la vita qui da bambini", commentò Phoenix d'un tratto.

"Se è per questo, non riesci a immaginarla nemmeno adesso, una vita qui", ridacchiò Raven.

Eagle gli tirò addosso una pallina di carta colorata, tutto ciò che restava dei dolcetti che aveva mangiato, poi si girò su un fianco a guardare Phoenix.

"In realtà, come vedi, non è poi così terribile. Penso solo che dovresti trovarti un lavoro o qualcosa del genere. Se avessi anche tu un'attività per riempirti le giornate, ti sembrerebbe tutto più... normale".

Phoenix strabuzzò gli occhi e il suo viso assunse un'espressione di buffo stupore.

"Voi lavorate?".

Si mise a sedere con uno scatto e passò uno sguardo sugli altri tre.

"Ingegnere meccanico", dichiarò Raven senza scomporsi e limitandosi a sollevare la mano destra.

"Io studio", rispose Swan. "Biochimica".

"Anch'io studio ancora", aggiunse Eagle.

"Tu non studi", lo canzonò Raven, a distanza. "Tu guardi le nuvole".

"Studio i cambiamenti climatici", spiegò il ragazzo con un sorriso imbarazzato.

Phoenix continuava a fissarli come se gli avessero appena confessato di essere alieni venuti da un altro pianeta.

"Mi dite a che cazzo vi serve?".

"Uh?", replicò Raven con la sua solita espressione indecifrabile.

"Cioè, avete tutto quello che volete, non avete bisogno di soldi, e nemmeno di una professione o di una posizione sociale. Potreste stare in vacanza per la vita, a occuparvi solo di... di quello di cui vi occupate, e voi studiate e lavorate? L'ho detto subito che siete matti!".

Dopo quell'esclamazione di Phoenix, su quell'angolo di prato calò un silenzio freddo e improvviso, come la sera appena il sole scompare all'orizzonte. Solo Eagle ebbe il coraggio di rispondere, dopo un'eternità.

"Forse perché..." scandì con voce esitante, lievemente incrinata, "è l'unico modo per sopravvivere all'attesa. Ai giorni che non passano mai".

"Sei qui da troppo poco", gli diede man forte Raven, restando sempre a occhi chiusi, come se fosse altrove. "Con il tempo capirai. E per allora è meglio che tu ti sia trovato qualcosa da fare, se non vuoi impazzire del tutto".

L'atmosfera, di colpo, era cambiata. Phoenix ne avvertì tutta la pesantezza. Guardò Swan, che non aveva più parlato, e si accorse che i suoi occhi si erano fatti tristi. Un po' gli dispiacque, perché lei gli era sembrata talmente felice di organizzare quello stravagante picnic, che lo stesso Phoenix si era fatto coinvolgere senza chiedere troppe spiegazioni. Si affrettò a cambiare argomento, annaspando tra le sue idee confuse e cercando di tirarne fuori qualche domanda che potesse far ripartire la discussione.

"Pigeon, tu sei stato il primo, vero?".

Il ragazzo non si scompose e assentì, mentre il vento, che si era levato di colpo, gli spettinava i capelli scuri.

"Sì. Quando avevo cinque anni. Dopo un po' è arrivato anche Eagle".

"E tu, Swan?".

"Oh, io avevo sette anni", rispose lei con un sorriso mesto, come se stesse rammentando qualcosa di spiacevole.

Chinò lo sguardo con un moto così repentino che riempì Phoenix di triste stupore. Non riusciva a capire cosa avesse chiesto di sbagliato e Eagle andò in suo soccorso.

"È successo molto dopo. E Swan non ha ricordi lucidi di quel periodo", spiegò, quasi a volerla giustificare.

La sua voce aveva assunto un accento stranamente dolce, come se il suo ricordo di quel momento fosse di natura del tutto opposta a quello di lei. Raven colse al volo quel mutamento e si tirò su dalla sua posizione, puntellandosi su entrambe le mani.

"Ed è stata una vera fortuna", considerò con aria di celia, guardando Eagle divertito. "Così almeno non ti sei dovuto masturbare con i poster delle attrici".

Eagle ebbe uno scarto all'udire quella provocazione e si girò a fulminare l'altro con un'occhiata di fuoco.

"Che diavolo dici?".

Raven incrociò le braccia sul petto e sorrise con aria supponente, come faceva sempre.

"Vuoi dirmi che, in tutto questo tempo, non hai mai fantasticato su Swan?".

Eagle non rispose. Swan era rimasta di sasso, a osservare la scena dal suo angolino senza riuscire a far nulla. Non capiva perché Raven avesse detto una frase simile e non capiva perché Eagle taceva. Phoenix, invece, aveva compreso immediatamente il senso di quella conversazione, ma allo stesso tempo aveva realizzato che era troppo tardi per intervenire. Poteva solo irrompere a forza, ma in quel modo sapeva di non fare un gran favore a Eagle. Ed evidentemente lo sapeva anche Raven.

"Allora?", lo incalzò. "Davvero non ti è mai piaciuta Swan? Neanche un po'?".

Eagle si morse le labbra e respirò a fatica. I suoi occhi erano fissi su Raven e non li avrebbe spostati da lì per niente al mondo. Sentiva addosso lo sguardo di Swan. Sentiva che, per qualche strano motivo che lei stessa non comprendeva, la ragazza stava trattenendo il fiato in attesa della sua risposta.

"No, mai", dichiarò Eagle.

Raven sorrise, Phoenix imprecò interiormente e Swan, Swan sentì qualcosa di freddo che le pioveva addosso, come se le avessero lanciato contro dell'acqua talmente gelida da fermarle il cuore.

Eagle si alzò in piedi, facendo sollevare la tovaglia e traballare le porcellane, che tintinnarono per qualche istante, unica vibrazione nell'aria immobile.

"Fanculo a questo tè di merda!", esclamò tra i denti mentre si allontanava.

Phoenix si alzò subito dopo di lui e piombò addosso a Raven, tirandolo su per un braccio.

"Sei davvero uno stronzo", gli sibilò nell'orecchio. "Ora, se sei uomo, va' a chiedere scusa".

Gli diede una spinta, dalla quale l'altro svicolò con agilità. Allargò le braccia e sorrise, come a volersi giustificare che il suo era solo uno scherzo.

"Ok, ok", rispose. "Adesso vado".

Si mise sulle tracce di Eagle e scomparve dietro le siepi del giardino. Phoenix lo seguì con lo sguardo, poi si girò a cercare Swan. Erano rimasti solo loro due.

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