Capitolo 33 - Andare Avanti

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Adesso, miei cari ascoltatori, è tempo di spostarci ancora nel futuro. Dobbiamo andare avanti, non c'è tempo da perdere. Ma allo stesso momento... non c'è fretta. Faremo tutto con calma, nella maniera più confortevole possibile.

Più precisamente, ci trasportiamo al 12 Aprile del 2013.

12 Aprile.
Vi è familiare questa data?
Se sì, siete molto attenti. Vi ammiro.
Se no, beh... ci sono io qui per voi, non preoccupatevi. Nessuno verrà lasciato indietro.

Il 12 Aprile è la data in cui la mia vita venne completamente stravolta.

Non sentite ancora la campanella suonare dentro la vostra testa? Beh, ve la farò sentire immediatamente io.

12 Aprile 2008.
Quella sera.

Bell, Bell, Bell.
Din, don, dan.

Adesso la sentite?
Riuscite a udire la campana che suona e vi distrugge la testa, torturandola?
Io sì. Ed è davvero insopportabile.
Quando si fermerà?

Erano passati cinque anni da quella maledetissima sera.
Erano passati cinque anni da quando Henry, la nonna Kate e Sarah mi avevano abbandonato.

Henry e Kate non potevano più tornare. Erano ormai saliti in cielo, e non avrebbero mai più potuto fare ritorno sulla nostra terra.

Sarah, invece...

Sarah era ancora qui, nella nostra terra. Non se n'era ancora andata. O almeno, così pensavo.

Ho pensato più volte alla possibilità che sarebbe potuta passare a vita migliore, visto che di lei non c'era più traccia... ma io mi rifiutavo di crederci. Anche se non la vedevamo da un sacco di anni, lei era ancora lì. Non poteva essere andata tanto lontano.

Ma non siamo qui per parlare di lei.

Non ancora.

Arriveremo da lei molto presto... forse.

Era il 12 Aprile del 2013, io e mia sorella Amelie avevamo ormai compiuto sedici anni. Eravamo sempre più grandi.

Negli ultimi due anni la situazione non era assolutamente cambiata, era sempre la stessa.

Bugia.

In realtà, la situazione non faceva altro che peggiorare.

I continui litigi che avevo con mia sorella, i disturbi che mi venivano dati da Zach ed Erik... io non ce la facevo più. Non avevo più la forza di andare avanti.

Fortunatamente, Beatriz era ancora rimasta lì con me.

Sì, perché a differenza di qualcun'altra, lei era una persona buona, che comprendeva seriamente e che dava supporto a chi ne aveva bisogno. E soprattutto, non era scomparsa così dal nulla, bensì era rimasta. Ma stavolta... era rimasta per davvero.

Mi hai sentito, Sarah? Insomma, possiamo dire che Beatriz ha fatto tutto ciò che tu non hai fatto e che avresti dovuto fare con me.

Il giorno che vi ho riferito poco prima, sarebbe stato il quinto anniversario di morte di nonna Kate. Già... erano già passati cinque anni da quando la nonna ci aveva lasciati.

Quella giornata avremmo celebrato e ricordato la nonna tramite una messa, che sarebbe avvenuta in una Chiesa che si trovava a pochi minuti da casa nostra. Subito dopo saremmo invece andati al cimitero, a piangere sulla sua lapide.

Erano le 11:00, ma io ancora dormivo come un ghiro e la messa avrebbe avuto inizio alle 15:00.
La notte prima di quel giorno, feci un altro sogno. Uno dei tanti.

Mi trovavo su un balcone, in una casa dispersa in mezzo alla natura.
La vista da lì era mozzafiato, ma non ero solo. Accanto a me c'era qualcuno. Così, girai lo sguardo verso la mia destra e vidi che c'era mia nonna che mi stava guardando e che sorrideva.

- Ehi, Jacob.
- Nonna... sei davvero tu? Sei qui con me?
- Sì, sono io. E sono qui con te.

Alzai lo sguardo verso il cielo che era di uno strano color giallo e una lacrima scivolò sulla mia guancia destra. Appena la nonna lo vide, passò una sua mano su di me per farla asciugare.

- Grazie, nonna... - le sussurrai sorridendole.
- E di cosa, caro?
- Beh... per essere qui.

La nonna fece un altro sorrisino e si avvicinò a me, abbracciandomi.

- L'hai già enunciata a qualcuno questa frase, vero? E forse... te l'hanno pure detta.
- Sì. Ma come fai...

La nonna mi fermò tappandomi la bocca.

- Io sono e sarò sempre con te, Jacob. Ricordalo.
- Sì, lo so. Grazie di tutto, nonna.
- Adesso... butta quella sigaretta, avanti.
- Argh... e va bene. - risposi sbuffando e tirando la sigaretta nel prato verde che si trovava dieci metri sotto il balcone in cui, durante quel sogno, mi trovavo.

Negli ultimi due anni avevo pure cominciato a fumare. Per essere più precisi, in realtà, iniziai a fumare proprio quando compii quindici anni.
Amelie provò pure, ma in quei due anni avrà fumato sì e no un paio di sigarette, niente di che. A lei il fumo non piaceva, la faceva stare male, causandole spesso una forte tosse.

A me invece fumare rilassava, e anche tanto. Vedevo ciò come una via di fuga dal mondo in cui vivevo, anche se in realtà non mi portava a niente di buono. Non a caso, cominciavo anche a sentirmi a volte male fisicamente, oltre che emotivamente, tossendo quasi sempre. Fumavo davvero troppo per l'età che avevo.

Beatriz era rimasta la solita ragazza solare e armoniosa di due anni fa. Era riuscita a non farsi influenzare dalle persone che popolavano la High School e continuava a rimanere al mio fianco, tanto da non farmi neanche più sentire la mancanza di Sarah.

Adesso basta, sto dicendo troppe idiozie.

In realtà, la mancanza di Sarah la sentivo sempre, solo che Beatriz stava riuscendo a renderla meno dolorosa. E questo significava tanto per me, considerando la mia situazione emotiva di quel periodo.

- Jacob... il tempo è finito.
- Che cosa...?
- Apri gli occhi. - sussurrò la nonna Kate alle mie orecchie.

Alzai lo sguardo verso il cielo e vidi una farfalla venire verso di me. Appena questa si avvicinò a me, venni investito da un ampio fascio di luce e sentii un telefono squillare.

Vi consiglio di ricordare la presenza di questa farfalla.
Questa... dice molte cose, anche se all'apparenza sembra non trasmettere niente.

Non sottovalutatela. Promettetemi che seguirete il mio consiglio. Forse non potrò avere una vostra risposta, ma... vi prego. Datemi retta.

Cosa c'è, adesso ti fa paura?
.enoiznetta ùip elrad otuvod itservA

Ho ragione?
.enoigar oh etnemlibaborp ...ìS

Aprii gli occhi sobbalzando in aria dal letto e vidi che qualcuno mi stava chiamando al telefono.
Quel "qualcuno" era ovviamente Beatriz.

Allungai dunque il braccio destro verso il comodino su cui era poggiato il mio telefono e risposi immediatamente alla chiamata.

- Pronto... - asserii assonnato.
- Ma buongiorno, bello addormentato! - rispose Beatriz urlando davanti al telefono.
- Merda, ma c'era davvero bisogno di gridare? Mi hai rotto un timpano...
- Bene, che ti sia da lezione. È tardissimo, sono le 11:00!
- Hai ragione, infatti adesso mi corico di nuovo e mi riposo un altro po'...
- Jacob! Non rischiarti a farlo, o vengo lì a squartarti.
- Addirittura! Wow, è cattiva la ragazza spagnola. - replicai facendo un esotico sorriso.
- Già, posso esserlo anche quando meno te lo aspetti. Comunque... quando è la messa per tua nonna Kate?

Beatriz mi fece ricordare della messa a cui sarei dovuto andare quel pomeriggio e al solo pensiero andai giù di morale.

- Oh, giusto... la nonna...
- Scusami se ti ho fatto ricordare di lei, volevo solo assicurarmi di quando sarebbe cominciata la messa...
- Argh, stai tranquilla. Comunque, la messa è alle 15:00. - le dissi sbuffando - Stanotte l'ho sognata, sai? Mia nonna Kate.
- Oh, davvero? Ma era un incubo, o...
- No. Strano, ma vero. È stato un sogno abbastanza tranquillo. Ho parlato con lei, ci trovavamo su un balcone, e poi... sono stato accecato da un bagliore di luce, dopo che una strana farfalla si è avvicinata a me. Subito dopo, mi sono svegliato e ho notato che mi stavi chiamando.
- Capisco. Non dev'essere stato un caso il fatto che tu abbia avuto questo particolare sogno proprio in questa giornata...
- Già, lo penso anch'io.

Mi alzai dal letto e mi diressi verso la scrivania, dove c'era una foto della nonna, risalente a qualche anno fa.

- Beatriz... ascolta, è meglio che vado. Ci sentiamo dopo, va bene?
- Sì, certo. Avevo intenzione di venire anch'io alla messa, oggi...
- Beh, a me farebbe solo un grande piacere, sappilo. Anzi, mi renderebbe davvero molto felice.
- Allora vengo volentieri, Jacob. Dai, ci sentiamo dopo. Hola!
- Bye. - dissi alla fine, terminando la chiamata con Beatriz.

Dopo aver salutato Beatriz, raccolsi la foto di nonna Kate e la osservai attentamente, notandone tutti i particolari e i dettagli.

In quell'immagine c'eravamo io, mia sorella e lei.
Nella foto io ed Amelie avevamo dieci anni... anzi, adesso mi ricordo. Quella foto la scattammo proprio il giorno dopo in cui io e Sarah ci eravamo fidanzati.

Nello scatto avevamo tutti e tre il sorriso stampato in faccia. Dopotutto... cosa poteva mai andare storto, essendo abituati ad una vita così serena e felice?

Beh... tutto.

Era ed è ancora questa la risposta esatta.

Proprio tutto.

I ricordi mi sopraffecero e scoppiai in lacrime, bagnando la vecchia fotografia a me molto cara.

Sentii la sofferenza ritornare dentro di me, così girai la fotografia e la nascosi sotto il mio computer, in maniera tale da ricordarmi la sua posizione.

Subito dopo cominciai a vestirmi per andare a fare una passeggiata fuori casa, così mi recai presso l'armadio e tirai fuori la mia maglietta color nero preferita e un paio di jeans scuri, insieme alla cinta.

Sì, il nero era decisamente diventato il mio colore preferito. Mi donava anche molto, probabilmente perché abbinato coi miei capelli nero corvino mossi e i miei occhi color castano.

Dopo essermi vestito mi diressi verso il bagno per mettermi un po' di profumo addosso e per sistemarmi leggermente i capelli, che erano completamente per i fatti loro. Beh, dopotutto, mi ero svegliato da poco e di conseguenza avevo ancora gli occhi che non riuscivo a tenere completamente spalancati.

Dopo essermi preparato, indossai una delle mie giacche nere e scesi le scale dirigendomi verso la porta d'ingresso, portando con me tutto il necessario: chiavi di casa, telefono, sigarette.

Mentre stavo per aprire la porta, mi ricordai che non avevo ancora avvisato Amelie. Tuttavia, lasciai stare e uscii fuori di casa.

Io e Amelie... non parlavamo più tra di noi. Dopo lo scontro che avevamo avuto due anni prima, lei non voleva più rivolgermi la parola.
Questo mi faceva soffrire davvero tanto, ma dopotutto... era ciò che mi meritavo.

Lei era una sorella d'oro, che aveva cercato di fare tutto pur di aiutare il suo povero fratello. Ma, come ben si sa, tutto ha un limite.

Era tutta colpa mia, cazzo.
Tutta colpa mia.

Una volta fuori, mi venne in mente l'idea di andare a visitare il nonno Sam. Molto probabilmente l'avrei trovato distrutto, sapendo anche che giorno importante era quello che stavamo vivendo. E infatti, pensavo correttamente.

Appena giunsi a destinazione, suonai al citofono di casa sua, che distava da casa mia quindici minuti a piedi.

- Chi è? - affermò mio nonno con voce rauca.
- Sono io, nonno.
- Argh... "io" chi?
- Ah, merda. Nonno, sono Jacob. Tuo nipote! Ma non mi riconosci dalla voce? - replicai.
- Oh, sì. Scusami, Jacob, ma questo citofono fa brutti scherzi.
- Oppure sei tu che non ci senti...
- Cos'hai detto? Parla più forte!
- Niente, niente. Avanti, apri.
- Un attimo... okay, aperto. Puoi entrare.

Il nonno riuscì finalmente ad aprire il cancelletto di casa sua ed io feci il mio ingresso al suo interno. Dopo neanche un secondo, il nonno Sam aprì la porta e, appena mi vide, s'incamminò verso di me e venne a darmi un forte abbraccio.

- Nipotino mio... sono felice che sei venuto a trovarmi, prima della messa.
- Era il minimo che potessi fare, nonno. - risposi dirigendomi insieme a lui verso il salone di casa sua.
- Lo apprezzo davvero tanto, Jacob. Siediti pure sul divano, corro a farti un bel caffè.
- Va bene, nonno. Grazie.

Così, mio nonno si precipitò in cucina per accendere la macchina del caffè. Io invece mi buttai sul suo gigantesco divano bianco, super confortevole e morbido.
Il divano perfetto, oserei dire.

Dopo che passarono due minuti, ricevetti un messaggio da Beatriz.

{Beatriz Hernández}

Ehi, dormiglione! Sei riuscito ad alzarti dal letto, o devo venire a svegliarti per bene io?
11:45

Visto che il nonno sembrava essere sparito, approfittai del momento e mi apprestai a risponderle.

{Jacob Johnson}

Sì, stronza. Non sono mica dormiglione come pensi tu...
11:46

La sua risposta fu immediata.

{Beatriz Hernández}

Certo, come no. Sei proprio uno stronzo, Jacob. Comunque, hai più parlato con Amelie?
11:46

Arrivato a quel punto, non sapevo proprio come risponderle. Tuttavia, alla fine decisi di dirle la verità.

{Jacob Johnson}

No. Io e lei... non abbiamo più parlato. Si ostina a non rivolgermi la parola... certe volte non vuole neanche rivolgermi lo sguardo.
11:47

Improvvisamente, sentii una voce urlante provenire dalla cucina.

- JACOB!
- Nonno! È successo qualcosa? - domandai allarmato.
- Nah, niente di che. Volevo solo chiederti... il caffè lo preferisci zuccherato o amaro?

Zuccherato come le bugie.
Amaro come la verità.

- Cristo, per un attimo mi hai fatto prendere uno spavento. Comunque... direi zuccherato.
- Va bene! - rispose lui accendendo la macchina del caffè.

Ripresi nuovamente il telefono che era caduto sul divano quando ero sobbalzato per la chiamata del nonno e riaprii la chat con Beatriz.

{Beatriz Hernández}

Cazzo, Jacob. Io penso che voi due avreste assolutamente bisogno di parlare e risolvere la questione, da veri fratelli gemelli. Voi siete i gemelli Johnson, ricordi?
11:48

Beatriz aveva ragione. Io e mia sorella avevamo bisogno di chiarire, una volta per tutte. Non potevamo continuare a convivere in questa maniera. Solo che... io non riuscivo a trovare neanche il coraggio di parlarle.

{Jacob Johnson}

Sì, forse hai ragione. Spero che riusciremo a chiarire, prima o poi... adesso vado, che sono a casa di mio nonno. Ci sentiamo dopo, va bene?
11:50

La risposta di Beatriz non si fece attendere molto.

{Beatriz Hernández}

Certo, Jacob. Oh, e saluta tuo nonno Sam da parte mia. Digli che ci sarò assolutamente alla messa di tua nonna Kate. A più tardi, Jacob! <3
11:51

Proprio mentre stavo per posare il telefono nella tasca degli jeans, vidi mio nonno recarsi da me tenendo in mano un grande vassoio con sopra una marea di biscotti e una tazza di caffè zuccherato.

- Nonno...
- Sorpresa, Jacob! - esclamò mio nonno poggiando il vassoio sopra il tavolino che si trovava vicino al divano.
- Ma non dovevi...
- Non puoi rifiutare. Ci rimango male, sennò!

Gli mostrai un grande sorriso e mi alzai leggermente dal divano per prendere e mangiare un biscotto, e notai qualcosa di particolare.

- Oh, ma questi... sono i biscotti che faceva sempre la nonna Kate, quando io e Amelie eravamo bambini.
- Sì, esatto. Lei mi ha insegnato a farli, ma... penso proprio che quelli che faceva lei stessa rimarranno per sempre imbattibili e unici. - affermò mio nonno levandosi gli occhiali e asciugando una lacrima che gli stava scivolando su una guancia.
- ... ma ciò non toglie che sono comunque buonissimi, nonno. - dissi dandogli conforto.
- Dici davvero, Jacob? - chiese il nonno alzando lo sguardo verso di me.
- Certo. - risposi cercando di sorridere ancora, anche se la cosa non andò a buon fine.

Mio nonno si avvicinò e si sedette sul divano accanto a me, afferando per le mani un biscotto.

- Si sente davvero tanta la sua mancanza. - affermò il nonno Sam con voce distrutta.
- Lo so, nonno. Manca tanto anche a me.
- Già. Come mai Amelie non è venuta?

Cominciai a fissare la tazza del caffè e vidi il mio riflesso, pensando alla risposta che avrei dovuto dare al nonno.

- Amelie... in realtà, non sa che sono qui.
- Continuate ancora a non rivolgervi la parola?
- Esatto... non vuole neanche più vedermi. - replicai sofferente.

Lui si avvicinò ancora di più a me e mi strinse la spalla.

- Sono sicuro che risolverete, Jacob. Esiste una soluzione per tutto. Bisogna solo... andare avanti.

Già, nonno.

Bisogna solo andare avanti.

Esiste una soluzione per tutto.
.ativ aut al rep non aM

- Lo spero tanto, nonno.

Con la chiacchierata che stavamo facendo io e il nonno si erano già fatte le 12:50, e io a quell'ora sarei dovuto già essere a casa.

- Scusami nonno, ma è tardi. Devo tornare a casa, il pranzo sarà quasi pronto. Devo correre!
- Va bene, Jacob. Mi ha fatto davvero molto piacere parlare con te, stamattina. Nonostante il tuo strano comportamento, che molti potrebbero criticare... tu sei un bravo ragazzo. Sono davvero fiero di te.

Nonno... come facevi ad avere il coraggio di dire una cosa del genere?
Ma soprattutto... adesso saresti ancora così fiero di me?

Io non saprei...
Ma loro presto lo capiranno.
Sì, sto parlando proprio di voi, che in questo momento mi state ascoltando.

- Mi fa davvero piacere, nonno. Ma non so se mi merito questo complimento da parte tua. Adesso devo scappare. Ci vediamo in Chiesa per la messa, nonno! Oh, giusto. Viene anche la mia amica Beatriz... ti saluta.
- Oh, davvero? Mi fa un grandissimo piacere. Allora non vedo l'ora di vedervi più tardi, tutti insieme. Ciao, Jacob! - disse mio nonno mandandomi un saluto con la mano, mentre io mi dirigeva verso il cancelletto per uscire fuori dalla sua dimora.

Mancavano esattamente due ore e dieci minuti alla messa dedicata alla nonna Kate. Alle 15:00, tutti noi ci saremmo diretti in Chiesa, e ovviamente, come avrete ben capito, anche Beatriz sarebbe venuta.

Ma proprio lì, durante la messa... sarebbe accaduto qualcosa di davvero strano e preoccupante.

Non mi sarebbe stato concesso di ritrovare quella pace tanto da me auspicata.

Non tutto sarebbe andato com'era previsto.

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