Capitolo 35 - Un Nuovo Inizio

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Il nostro viaggio è appena iniziato.

Il primo passo è stato compiuto.

Avete avuto modo di assistere alla mia meravigliosa infanzia.

Avete avuto modo di vedere come un solo momento, quella sera, sia stato capace di stravolgere la mia vita.

Avete avuto persino la possibilità di vedere il cambiamento della mia persona, in tutto e per tutto.

Avete avuto la possibilità di scorgere in me diverse emozioni, contrastanti tra di loro.

Mentre all'inizio sono riuscito a trasmettervi perlopiù emozioni positive, come felicità, spensieratezza, nostalgia, gioia... adesso state recependo tutt'altro. Le emozioni che sentite avvolgervi in questo momento non sono più così tanto belle, vero? Sembrano essere... tristezza, malinconia, rabbia, delusione, paura.

Adesso riuscite a capire perché ho deciso di parlarvi così accuratamente anche del mio passato?

L'ho fatto per farvi comprendere, nel vero senso della parola, i cambiamenti a cui ho assistito e di cui sono stato vittima.

Percepite lo stravolgimento?

Vedete la farfalla? Sì, proprio quella. È poggiata sulla vostra spalla, in questo momento.

State attenti.

Fate molta attenzione al suo battito di ali.

Si sta preparando.

Sta per farlo... spero siate pronti.

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Stravolgimento.otnemiglovartS
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Adesso che siamo stati coinvolti dallo stravolgimento, possiamo continuare.

In realtà, direi che stiamo per cominciare... proprio adesso.

È inutile provare a scappare. Non possiamo fuggire dalle sue grinfie. Avrete comunque il coraggio di andare avanti? Perché... sappiate che ce ne sarà bisogno. Ma io confido in voi. So che ce la farete. Anzi, ce la faremo tutti.

Insieme.

Insieme nasceremo. Insieme gioiremo.
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Preparatevi. Andremo un altro po' più avanti nel tempo.

Era il pomeriggio del 20 Agosto del 2014, quando io ed Amelie, ormai diciassettenni, ci stavamo dirigendo verso il nostro centro commerciale preferito, il Westminster's Crown, per andare a comprare delle cose che servivano ai nostri genitori e... qualcos'altro.

Inizialmente avevo chiesto a mia madre se potevo recarmi lì da solo, senza nessuno a cui badare, ma lei si oppose alle mie parole e senza lasciarmi il tempo di parlare urlò a squarciagola il nome di mia sorella per farla scendere.

- Cosa c'è, madre? - sbuffò Amelie affacciandosi dalla sua camera.
- Tu e Jacob dovete scendere al centro commerciale. Mi servono alcune cosine per cucinare, siamo a secco qui.
- Merda, ma non può andarci solo lui?
- No, scendi.
- Non posso neanche andarci solo io?
- Ho detto no, Amelie! Dovete andarci entrambi, insieme. - rispose nostra madre con tono arrabbiato.

Amelie si mise ad osservare mia madre per capire perché lei fosse così tanto nervosa. Neanche io riuscivo a capire il motivo della sua irritazione momentanea, così provai a chiederglielo io, avvicinandomi a lei con cautela.

- Ehm, madre...

Mia madre mi fermò alzando la mano e rivolgendola verso di me.

- Jacob, no. Non ti conviene lamentarti, stavolta.
- Volevo solo capire...
- Jacob, te lo chiedo per favore. Non dire un'altra parola. Non sono dell'umore giusto. - disse lei non permettendomi di parlare.

Decisi di annuire alle sue parole e mi allontanai dirigendomi verso la porta d'ingresso, vicino alla quale si trovava la mia giacca nera.

- Jacob. - mi chiamò mia madre.
- Sì?
- Io...
- Tu...? - cercai di capire cosa volesse dirmi.
- Argh, niente. Lascia stare. Ricorda di prendere le medicine.
- Mh, va bene... non le scorderò, tranquilla.

Che mia madre volesse dirmi qualcosa d'importante, in quel momento? Chissà. Fatto sta che alla fine lei non disse nient'altro e io aprii la porta, mettendo le chiavi di casa nella mia tasca, dentro la quale avevo già inserito il mio telefono.

Proprio mentre stavo uscendo, Amelie mi fermò buttando un urlo e l'aspettai per fare i primi passi verso il Westminster's Crown.
Una volta pronta, si recò da me e cominciò ad avviarsi per il centro commerciale, senza proferirmi parola.

- Cioè, io ti aspetto e tu mi ripaghi così? - le dissi prendendo passo.
- Ripagarti... aspetta, e per cosa dovrei ripagarti?
- Pensi di stare trattando tuo fratello nella maniera corretta, Amelie? - la sgridai.

Mia sorella si fermò di scatto e mi lanciò un cattivo sguardo.

- E tu, invece? Pensi di stare trattando bene tua sorella, che ha cercato di fare di tutto pur di darti una mano?!

Abbassai lo sguardo e ripresi a camminare, mantenendo la bocca cucita. Purtroppo, non avevo come giustificarmi. Amelie aveva di nuovo ragione.

- Proprio come pensavo. - bisbigliò lei.

Nonostante fosse Agosto, quella era una giornata davvero buia. C'era un vento fortissimo e il freddo avvolgeva la nostra pelle, riuscendo a ghiacciare persino i nostri animi.

Mentre camminavamo, il silenzio continuava a regnare. È assurdo pensare come il nostro rapporto fraterno si sia sgretolato in questa maniera. Lei faceva finta che io non ci fossi, sembrava quasi che mi trattasse come un completo sconosciuto.

Cercai spesso di iniziare un discorso, ma non riuscivo ad aprire bocca. Mi vergognavo troppo a parlare con lei, dopo averle distrutto il cuore in questa maniera nel progredire degli anni.

Scusami, Amelie. Te lo dico con le lacrime agli occhi. Se riesci a sentirmi... scusami davvero tanto.

Finalmente, dopo circa quindici minuti, arrivammo davanti all'entrata del Westminster's Crown.

- Wow... è vuoto. C'è pochissima gente, oggi. - affermai, cercando di dialogare con mia sorella.

Niente. Silenzio totale. Amelie continuava a non calcolarmi, ed io non facevo altro che rimanere giù di morale.

Ma perché la mamma desiderava così tanto che scendessimo al centro commerciale noi due insieme, sapendo le condizioni del nostro rapporto? Forse perché pensava che fossero troppe le cose da trasportare per una singola persona? O forse... stava cercando di farci stare insieme il più possibile, per ricostruire il nostro legame ormai andato in frantumi?
O magari... voleva restare a casa da sola? Ma perché mai l'avrebbe dovuto fare?

Troppe domande, vero? Suppongo ne abbiate pieno il cervello. Tranquilli, ricordate la mia promessa. Le risposte arriveranno.

Appena entrammo dentro il centro commerciale, cercai la lista delle cose da comprare nella tasca della giacca, ma non riuscivo a trovarla. Allora provai a cercarla nelle tasche degli jeans, ma neanche lì la trovavo.

- Merda, l'ho persa!

Amelie capì subito che stavo andando nel panico e, dopo aver sbattuto una mano sulla sua faccia, mi tranquillizzò facendomi notare che la lista della spesa l'aveva presa lei, e non io.

- Jacob, guarda che la lista ce l'ho io.
- Oh, giusto. Io ho le chiavi di casa... mi ero confuso, scusa. - replicai balbettando.

Mia sorella roteò gli occhi e mi diede le spalle, cominciando a dirigersi presso il reparto del supermercato e controllando le cose che dovevamo acquistare.
Subito dopo aver esaminato la lista, Amelie si mise a sbuffare, infastidita dal fatto che dovesse rivolgermi la parola.

- Ehm... devi dirmi qualcosa? - le domandai.
- Argh, sì. Io vado al supermercato per comprare le cose da mangiare, altrimenti stasera non si cena. Tu devi farmi il favore di andare in farmacia a procurarti quelle cazzo di medicine che ti ha raccomandato il dottore. - ribattè lei.
- Potresti dirmelo in maniera un pochino più cortese. Sai com'è, non è roba da poco la situazione che io sto passando.
- Non me ne frega un... dannazione, hai ragione. Scusami. Adesso vai, vorrei fare in fretta e tornare a casa il prima possibile.
- Okay... ci incontriamo all'uscita. - affermai guardandola negli occhi, cercando di farle capire che avevo bisogno di affetto da parte sua.

Lei fece comunque la strafottente e, senza darmi una risposta, andò a procurasi un carrello su cui mettere gli alimenti di cui avevamo bisogno.

Io... volevo solo riuscire ad aggiustare il nostro rapporto che ormai, col passare del tempo, non avevo fatto altro che demolire pesantemente. Ma lei non me lo permetteva. Forse non me lo meritavo, per quanto l'avevo fatta soffrire ingiustamente.

Oh, giusto.

Avrete fatto caso alle medicine che mi aveva raccomandato il dottore, e probabilmente non avete idea di cosa io stia parlando.
Ecco... da qualche mese, più precisamente da Gennaio di quello stesso anno, non riuscivo a respirare molto bene. Spesso mi mancava l'aria ed ero persino vittima di svenimenti improvvisi.

Visto che giorno dopo giorno la mia salute sembrava aggravarsi, i miei genitori decisero di contattare il medico e di farmi sottoporre ad alcuni controlli, per comprendere meglio il motivo del deterioramento della mia salute.

Così, dopo varie visite mediche, il dottore mi sottoscrise delle medicine adatte a risolvere il mio problema.

Beh, in realtà non riuscirono mai a risolverlo definitivamente, bensì lo allievarono, in quanto continuavo ancora a stare molto male.

Certi dolori non possono essere fermati.
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Nonostante ciò, anche quando avevo bisogno di aiuto... beh, non lo chiedevo. Nè ai miei genitori, nè a mia sorella.
Uhm, figuriamoci se mi sarei dovuto affidare ad Amelie. Ormai a lei... non importava più niente di suo fratello.

Perchè dovresti affidarti a loro?
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In sintesi, oltre ai problemi emotivi, cominciavo ad essere travolto anche dai dolori fisici, come se le sofferenze dalle quali ero tormentato prima non fossero ancora abbastanza.

"Wow, Jacob. Bella merda, amico."

State pensando questo, non è vero?

Beh, vi risponderei che... sì, pensate bene. Bella merda.
Una situazione in continuo peggioramento, che sembrava non trovare fine.

Sembrava non essere presente una luce in fondo a quel terribile tunnel. E se c'era, la strada per raggiungerla sarebbe stata ancora molto lunga.
Ma... se quella fosse stata soltanto una luce illusoria? Forse ero davvero condannato a restare rinchiuso in quel tunnel, intrappolato in quella sofferenza e in quel dolore che sembravano essere ormai interminabili.

Mi diressi quindi verso la farmacia e lì trovai il solito commesso, al quale riuscivo stranamente a trasmettere una certa simpatia.

- Ehilà, guarda un po' chi si vede. Jacob Johnson! - asserì lui.
- Ciao... come andiamo? - domandai per mostrare un minimo di gentilezza.
- Beh, qua procede tutto a gonfie vele. Sto bene, dal punto di vista della salute. Ma anche da quello dell'economia, in realtà, non sono messo affatto male. - rispose lui mostrandomi un sorriso e cominciando a prendere le medicine per me.
- Oh, mi fa piacere. Vedo che ormai hai già le medicine che mi servono scritte in testa. - commentai.
- Già, ormai me le sogno pure la notte! - replicò mettendosi a ridere - E tu, invece? Come stai?

Prima di rispondere alla sua domanda, pensai nuovamente al rapporto infranto tra me e mia sorella e sospirai.

- Potrebbe andare meglio, ma... senti, non importa. Sono davvero felice che tu stia bene.
- Oh, e a me fa piacere che tu me l'abbia chiesto! Sai, non capita tutti i giorni di trovare qualcuno con cui scambiare qualche parola. Posso chiedere cosa sta succedendo? Scusa, forse è meglio se mi faccio gli affari miei...
- Tranquillo. Sto solo avendo un particolare conflitto con mia sorella...
- "Solo"? Beh, Jacob... chiedile di ricominciare da capo, no? - propose lui, cercando di aiutarmi.
- Ricominciare...? - dissi a bassa voce guardandolo negli occhi.
- Sì, esatto. Ricominciare. Un nuovo inizio, in modo tale da poter ricostruire il vostro rapporto da capo e rimediare a tutti gli errori commessi. Oh, eccole qui. Finalmente le ho trovate.

Il commesso si recò da me e, dopo aver afferrato la mia mano, ci posò sopra le medicine che mi aveva sovrascritto il medico.

- Ed eccole qui! Mi raccomando, fanne buon uso. Ricorda che non sono caramelle. - annotò lui.
- Tranquillo, tranquillo. Quanto ti devo? - domandai intrufolando la mani nelle tasche.
- Mi devi...

Mentre lui stava preparando lo scontrino, cercai i soldi che mia madre aveva messo nella tasca della mia giacca. Ma quando mi vide uscire qualcosa dalla tasca, il commesso si mise a ridere e si allontanò dalla cassa.

- Non devi pagare niente, giovanotto. - affermò lui sorprendentemente.
- Ma cosa... no, non se ne parla! - esclamai imbarazzato.
- Li rifiuto. - continuò lui ad insistere.
- Merda... ma ne sei sicuro?
- Jacob, stai tranquillo. Mi ha fatto piacere parlare con te, e non mi può mica cambiare la vita avere qualche soldo in meno. I soldi non fanno la felicità, ricordalo. - mi rassicurò.
- E va bene... grazie mille, davvero. Sei troppo gentile.

Rimasi stupefatto dalla bontà di quel signore e, dopo averlo ringraziato e salutato, cominciai a recarmi presso l'uscita del centro commerciale, dove io ed Amelie ci saremmo dovuti incontrare.

I soldi non fanno la felicità.

So che mi stai ascoltando. Hai capito? Riesci finalmente a comprendere?
.orevvad oserpmoc reva non a olleuq ut ies ...aivattuT .otipac oh osseda ,ìs ...E. otnes iT

Appena arrivai fuori, notai che Amelie non era lì. Probabilmente non aveva ancora finito di fare la spesa. Nel frattempo, riflettei su ciò che il commesso della farmacia mi aveva detto. Dovevo ricostruire il nostro rapporto fraterno... ma come avrei potuto farlo, considerando tutto l'odio che mia sorella stava provando per me?

Mi sedetti su una panchina che si trovava in quei dintorni ed osservai profondamente il cielo. Le nuvole... quelle nuvole grigie sembrava quasi che mi stessero osservando.

Chiusi lentamente i miei occhi, e nelle mia mente cominciarono a riaffiorire i vecchi ricordi del passato. Più precisamente, quelli ricollegati al rapporto fraterno tra me e Amelie durante la nostra infanzia.

Tenendo sempre gli occhi chiusi, ripensai ai bei momenti che passammo insieme io e lei sia da soli che insieme ad Henry e Sarah, ed effettuai un solare sorriso.

Una cosa piuttosto rara, ormai.

La felicità, la gioia, la spensieratezza, il divertimento, il gaudio... la fiducia verso gli altri.

Tutte queste ormai non c'erano più. Si erano frantumate, dissolvendosi nel nulla cosmico.

Il dolore, la rabbia, la tristezza, la delusione, la paura... le bugie raccontate per nascondere la verità.

Adesso c'è questo, al posto di quelle cose elencate poco prima.

Tutto questo è a dir poco... straziante.

Proprio in quell'istante, aprii gli occhi e notai mia sorella dirigersi verso di me, mentre spingeva il carrello pieno di varia roba dentro.

- Oh, eccoti qui. - dissi alzandomi dalla panchina afferando il sacchetto con dentro le medicine.
- Hai con te le medicine che ti servono? - domandò lei frettolosamente, buttando una chewing gum in un cestino della spazzatura che si trovava lì vicino.
- Sì, non le vedi? - alzai il braccio destro per fargliele notare. - Ehm, ascolta...
- Perfetto, possiamo andare. - rispose senza farmi finire di parlare.

Tuttavia, nel momento in cui lei stava cominciando a muovere il passo, l'afferrai per la mano e la bloccai.

- Ma che diamine... cosa c'è, Jacob? - domandò mia sorella irritata - Non ho tempo da perdere.
- Amelie, io... vorrei chiederti una cosa.
- Ne parliamo a casa. - ribattè lei.
- No, no! È davvero molto importante, ho bisogno di dirtelo adesso.

Mi avvicinai ad una panchina che si trovava lì vicino e mi appoggiai su di essa, deciso di ciò che avrei dovuto dire a mia sorella.

- Allora, Amelie... so già che il nostro rapporto non è dei migliori.
- Beh, direi che il nostro rapporto si è proprio disintegrato. - commentò mia sorella.
- Già. Tu ormai mi odi, non mi vuoi più bene. Ed hai tutte le ragioni di questo mondo, è vero. Però... pensa a come eravamo più di dieci anni fa. Non ti mancano quei tempi?
- Arriva al punto, Jacob. - disse Amelie seccata.
- Quello che voglio chiederti è... che ne dici di ricominciare da capo? Sai... un nuovo inizio, per tutti e due.

Amelie scoppiò a ridere e mollò la presa dal carrello.

- Non capisco cosa ci trovi di così tanto divertente.
- Ahahah... merda, sei serio! Ma ti senti quando parli? Io e tu, ricominciare? Dopo quello che hai fatto? Dopo tutta la sofferenza che mi hai fatto sentire?! Non se ne parla, cazzo. Ed è inutile che mi fai la ramanzina su come eravamo da piccoli. È vero, prima andava tutto per il verso giusto ed eravamo tenerissimi e molto legati tra di noi. E poi... non sei neanche riuscito a mantenere la promessa.
- La promessa...? - domandai confuso.
- Cazzo, non ci posso credere. Ricordi quando mi avevi promesso che non ci saremmo mai separati l'uno dall'altro? O anche di quando avevi detto che io avrei trovato sempre affetto e conforto da te? Beh... tutto quello che io riesco a reperire da te, Jacob, è solo sofferenza, dolore, tristezza, rabbia... e, soprattutto, delusione.

Riattaccai a parlare ma lei mi fermò, continuando ad innervosirsi e ad impedirmi di concludere una mia singola frase. Non riusciva a dimenticare le mie scorrette azioni del passato. E non le era possibile neanche perdonarle.

- Jacob, il nostro è stato un passato fantastico. Ma... lo sai già. Non tutte le storie hanno un lieto fine.
- Ma possiamo ancora rimediare, Amelie. Siamo ancora in tempo.

Mia sorella si voltò verso di me, e con sguardo malinconico mi diede una risposta agghiacciante.

- No, Jacob. Il tempo è scaduto. È troppo tardi, ormai.

Subito dopo aver enunciato quella fredda frase, Amelie si dileguò e mi lasciò lì, da solo, con le medicine in mano. Cominciai a buttare molte lacrime dagli occhi, così alzai il cappuccio della mia giacca per coprirle e per non farmi vedere ridotto in quello stato da nessuno.

L'unica cosa che mi faceva compagnia in quel momento era la pioggia, assieme alla quale bagnavo dolcemente la terra per mezzo delle mie lacrime di dolore.

Come poteva non trascurare tutto ciò? Come faceva a non trovare la forza di perdonare il suo povero fratello? Io l'avrei fatto? Se fossi stato io, al posto suo... l'avrei perdonata?

Era questa la domanda che circolava nella mia testa, alla quale non riuscivo a trovare una maledetta risposta.

Improvvisamente, sentii il telefono che si trovava nella tasca dei miei jeans vibrare.
Pensavo fosse Amelie, che magari si era ricordata di me... ma purtroppo, non fu così.

La persona che mi stava chiamando era Beatriz. Chissà stavolta cosa voleva da me quella ragazza. Tuttavia, mi ritrovai cinque chiamate perse, tutte da parte sua.
Aveva anche lasciato un messaggio, dopo aver tentato in tutti i modi possibili di contattarmi.

{Beatriz Hernández}

JACOB, MA SI PUÒ SAPERE DOVE DIAMINE SEI FINITO?
COSA DEVE FARE UNA PERSONA PER RIUSCIRE A CONTATTARTI, DEVE MANDARE I FUOCHI DI SEGNALAZIONE?!
HO BISOGNO DI PARLARTI URGENTEMENTE.
MA TIPO... ADESSO!
RICHIAMAMI SUBITO!
15:35

Il suo messaggio mi lasciò col fiato sospeso. Ero frastornato, non riuscivo a capire.

Cosa diamine stava succedendo? Perché Beatriz sembrava essere così agitata? Che stessero per accadere altri casini?

Perché non riuscivo a trovare la pace, in mezzo a tutto quel caos?

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