Capitolo 36 - Preparativi Rapidi

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Cos'aveva Beatriz di così importante da dirmi? Perché sembrava essere così tesa e irrequieta da quel messaggio che mi aveva inviato sul telefono? Che le fosse successo davvero qualcosa di grave?

Cominciai ad andare nel panico, come al mio solito, così mi preparai psicologicamente per ciò a cui sarei potuto andare incontro e la telefonai immediatamente, come richiesto da lei stessa.

Digitai frettolosamente il suo numero di telefono e riuscii finalmente a far partire la chiamata. Il telefono cominciò a squillare.

Drin, drin...
Drin, drin...
Drin, drin...

- Segreteria telefonica. Il numero chiamato è momentaneamente irraggiungibile.

Ci sei?
¿imregnuiggar a icseir noN

Notai di avere sbagliato, in quanto avevo digitato accidentalmente un numeretto in più, così ricomposi nuovamente l'intero numero di telefono e tentai nuovamentente a contattare Beatriz.

Drin, drin...
Drin, drin...
Drin, drin...

- Oh, merda, ma chi è che rompe il cazzo a quest'ora? Pronto?! - urlò un uomo con voce cupa.

- Dannazione. Mi scusi, signore. Devo aver sbagliato numero... - provai a giustificarmi.

- Riparare il telefono no, eh? Anzi, già che ci sei... aggiustati quel merdoso cervello che ti ritrovi.

- Vai a forti fottere. - risposi, chiudendo subito dopo la chiamata.

Non riesci più ad identificarmi?
.otattepsa iam ieras ol em non otseuq ,et aD

Stavolta avevo sbagliato a comporre il numero e mi aveva risposto un uomo molto... scontroso. Ma chi cazzo si credeva di essere? E pensare che mi ero pure scusato... comunque sia, non importa.

Provai nuovamente a chiamare Beatriz, con l'ansia dentro di me che non faceva altro che aumentare sempre di più.

Drin, drin...
Drin, drin...
Drin, drin...

- ...

- Ehm, pronto...? - bisbigliai.

- ...

Si sentivano dei forti rumori causati da alcuni pezzi di vetro che cadevano a terra e alcune urla, presumibilmente di alcuni adolescenti, a giudicare dalle giovane voci.

- Beatriz? Sei tu? - cercai di capire se avevo finalmente azzeccato il numero corretto.

- Ehw... beh... ouch...

- Ma che diamine... - continuai a non comprendere.

- Dammi qui, fattone di merda. Ehi, passami quel coso. Pronto... è il barista che parla?

- Il barista?! Perfetto, ho sbagliato di nuovo a digitare questo stracazzo di numero... scusate, pensavo di...

- No, no, no! Aspetta... sai... dove... posso trovare... ancora un po'... di... roba forte... eh, eh... no, no, voglio parlare io al telefono! Levati! No!

Sembrava che quei ragazzi si stessero continuamente passando il telefono tra di loro, e io stavo cominciando lentamente a perdere la pazienza.

- Ma che cosa cazzo sta succedendo? Avete bisogno d'aiuto? - domandai preoccupato.

- Lascia fare... a me. - disse un'altra voce - Ehi, amico... tu ce l'hai... un po' d'erba... vero? Sì, so che sei qui per... quella... roba lì... merda, sto crollando...

- Crolla pure, stronzo. - replicai freddamente, riattaccando sul momento.

Perché tutta questa serietà, Jacob?
.ut ehcna 'op nu itritrevid a eravorp itservoD

Stavolta ero riuscito a mettermi in contatto con quello che sembrava essere un gruppo di alcolizzati e drogati. Cazzo, cos'altro poteva ancora mancare all'appello?

Drin, drin...
Drin, drin...
Drin, drin...

- Pronto? - si sentì dire da una voce femminile.

- Beatriz! Sei tu? - affermai sorpreso, convinto di essere riuscito finalmente a mettermi a contatto con lei.

- Ehm, no... non so chi sia questa Beatriz, mi spiace. - replicò quella ragazza.

Rimasi molto perplesso. Inizialmente la voce sembrava essere identica alla sua, ma dopo averla sentita parlare ancora capii che non era la sua. Anche l'accento che usava non sembrava essere quello suo tipico spagnolo.

- Oh, va bene. Devo aver sbagliato ancora numero... ma che mi prende oggi? Scusa il disturbo, sembri molto triste dalla voce. Spero passi tutto, arrivederci...

- ... no, aspetta! - esclamò la ragazza che sembrava stesse piangendo.

- Cosa c'è? - domandai sbuffando.

- Ehm, ecco... mi faresti compagnia? Qui al telefono, intendo. Sai, ho perso una persona che era davvero importante per me...

- Oh... davvero? E... posso sapere di chi si tratta? - domandai tanto curioso quanto dispiaciuto.

- ... la mia dolce metà. - rispose lei con angoscia.

La vicenda di quella ragazza mi fece risalire alla mente il giorno in cui Sarah mi aveva abbandonato, in mezzo al dolore e quella dannata sofferenza.

- Ero davvero molto affezionata a lui, fin troppo. Ma adesso... mi ha abbandonata...

- Ehi, ehi! Smettila di piangere, non serve. Sii forte. - provai a darle conforto, nonostante la mia effettiva incapacità - ehm... come ti chiami?

- Io... dannazione... io mi chiamo Sara.

Nel preciso momento in cui sentii quel nome, sobbalzai in aria, rischiando di far cadere il telefono a terra.

- Che cos'hai detto?! - urlai rompendole molto probabilmente il timpano.

- Cosa, che succede?! - non riuscì lei a comprendere la mia strana reazione.

- Sarah, sono Jacob! Jacob Johnson! Aspetta, non ti ricordi di me?

- Ma che diavolo... un attimo, ma tu di dove sei? - chiese lei frastornata.

- Di Londra. Westminster, non ricordi? Ma poi... abiti anche tu qui! Che domande fai?

- Amico, devi esserti confuso. - ribattè lei.

Era davvero Sarah? O stavo semplicemente uscendo fuori di testa, come al mio solito?

- Ma... che intendi dire? - domandai confuso.

- Jacob. È così che ti chiami, giusto? Io non sono di Londra. Cioè, non sono completamente inglese.

- Ah! - esclamai sconvolto - E... di dove saresti?

- Io vivo in Italia. Più precisamente, abito in Sicilia. È un'isola che si trova al Sud del nostro Paese.

L'Italia... wow. Ho sempre voluto visitarla, sapete? Non che Londra mi faccia schifo, anzi... ma devo ammettere che sono sempre stato affascinato da questo particolare paese. A proposito della Sicilia... ricordo di aver visto una volta in televisione un documentario su quell'isola. Caspita, che spettacolo vivente. Il mare cristallino, il paesaggio unico. Più precisamente, parlavano di una città siciliana... dannazione, come si chiamava?

Perfetto, ho fatto una veloce ricerca su Internet. Eccola qui...
Palermo. Accidenti, che città incantevole. In molti l'apprezzano per il particolare cibo che si può trovare al suo interno e per le sue tradizioni. Io giustamente non ce ne capisco un emerito cazzo, ma...vorrei tanto andarci. Magari, un giorno riuscirò a farlo... chissà.

Forse lì potrei trovare una sorta di... altro me. Il mio alter ego.

Umpf, Jacob... ma ti senti quando parli? Perché stai sparando tali stronzate?

Aspetta... e se non fossero così tanto stronzate? E se tutto queste avesse una sua... importanza?

Voi cosa ne pensate? Ritenete che ne valga la pena dirigersi lì, alla ricerca di qualcuno... che assomigli davvero a me?

Esiste qualcuno come me? O magari... il mio esatto opposto?

Anzi, sentite qua... una persona che rappresenti una via di mezzo tra qualcuno come me e qualcun altro diverso da me.

Wow... se esistesse davvero, vorrei tanto conoscerlo.

- Oh. Che figura di merda... quindi suppongo che ti chiami "Sara" e non "Sarah". Cioè... vabbé, penso tu abbia afferrato il concetto. - affermai.

- Già... - rispose lei continuando a piangere.

Dopo alcuni singhiozzii e pianti, lei mi fece una domanda... abbastanza ragionevole.

- Aspetta, ma... se sei di Londra, come hai fatto a contattare un numero italiano?

- Non ne ho idea. Volevo chiamare una mia amica, ma avrò sbagliato numero per la fretta... di nuovo. A proposito... perdonami, ma devo scappare.

- E mi lasci così? Da sola...? - sussurrò lei tornando a singhiozzare, facendomi capire che si stesse sentendo offesa.

- Scusa, ma è davvero urgente la situazione. Comunque, per quanto riguarda il tuo ragazzo...

Cercai di darle il massimo supporto morale che mi era possibile conferire in quel critico momento.

- Lui... ritornerà, prima o poi. Abbi solo un po' di fiducia... - provai ad incoraggiarla.

Seguì un momento di silenzio assordante e allo stesso momento davvero inquietante.

- Jacob... - sussurrò lei.

- Cosa c'è, Sara?

La ragazza italiana ritornò a piangere come una pazza e mi fece una rivelazione abbastanza sconcertante, che mai avrei voluto sapere.

- Lui... il mio amore... non può più ritornare.

- Che intendi dire? - cercai delle spiegazioni alle sue ultime parole.

- ... adesso lui non si trova più qui con noi, in questo mondo. Un mostro, che si considera un brav'uomo, lo ha portato via... tutto per colpa di un cazzo d'incidente stradale.

Rimasi davvero amareggiato dalla sua affermazione e cercai di conferirle un minimo di conforto, anche se non rientrava molto nelle mie competenze.

- Cazzo, questo è un brutto colpo... mi dispiace un sacco, Sara...

- E adesso quella bestia è scomparsa. Non sappiamo che fine ha fatto. Fanculo... fanculo a tutti! - gridò la ragazza scoppiando nuovamente in lacrime.

- Sara, ascoltami... io non sono la tipica persona capace di aiutare un amico, o un'amica, o quel che cazzo sia, in difficoltà. Inoltre, neanche potrei consolarti dal vivo, in quanto la distanza tra noi due è davvero mastodontica. Però... sono sicuro di una cosa. Tu hai qualcuno accanto, che può aiutarti ad andare avanti, nonostante tutto. Anche se non ti conosco, sono sicuro di stare parlando con una ragazza forte, in grado di saper proseguire nella propria vita abbattendo ogni muro che ti si ostacola davanti.

- Jacob... tu sai cosa vuol dire perdere la persona che si ama? - chiese lei continuando a singhiozzare.

La domanda che quella ragazza mi rivolse mi fece rimanere molto sconcertato. Ovviamente, il mio pensiero risalì immediatamente a Sarah, la quale effettivamente mi aveva abbandonato ormai sei anni fa.

- Sì... a dieci anni, da piccolo quindi, mi fidanzai con una bambina di nome Sarah. Aveva la mia stessa età, siamo stati sempre felici insieme, fino a quando... un anno dopo, un nostro amico è morto all'età di undici anni. Da quel momento lei è rimasta completamente traumatizzata e, forse perché presa dal panico e assalita da mille emozioni, qualche giorno dopo ha deciso di abbandonarmi. Non la vedo ormai da poco più di sei anni... non ho idea di dove sia finita.

- Dannazione... dev'essere davvero dura per te, sopportare tutto questo. Lui, il bambino che è morto...

- Si è buttato dal balcone. - la fermai, e i miei occhi cominciarono a diventare lucidi per il ricordo di quell'orrendo evento - S-Sì... si è buttato dal balcone. Eravamo migliori amici, ma... il nostro rapporto nell'ultimo anno della sua esistenza si stava spezzando, e tutt'ora non so le motivazioni di tutto questo, dannazione!

- Mi dispiace un sacco, Jacob... davvero. Aspetta un attimo, oltre al tuo migliore amico è morta anche... lei? Intendo... Sarah.

- No... o almeno, penso di no. Te l'ho detto, non la vedo da troppo tempo.

- Capisco. Comunque...

Notai tramite il display del telefono che si erano già fatte le 17:00, ed io non avevo ancora richiamato Beatriz. Cazzo, quella ragazza mi stava rubando un sacco di tempo e Beatriz continuava a mandare messaggi abbastanza ansiogeni in cui ripeteva continuamente di chiamarla urgentemente.

- Volevo dirti che...

- Sara! Ascolta, si è fatto un certo orario e io non posso perdere altro tempo. Ho un'amica a cui chiamare.

- Va bene, va bene. Volevo solo dirti che... in realtà c'è una persona che mi sta dando conforto, in questo momento per me tanto difficile. Oh, non sai quanto lui vorrebbe parlare al telefono con una persona come te, in questo momento...

- Ero sicuro che ci fosse qualcuno al tuo fianco, Sara. Di chi si tratta?

- La persona di cui ti sto parlando si chiama Gabriele. È un mio amico, lo conosco da un sacco di anni, ma non gli ho mai dato troppa fiducia in passato. Ma adesso... sto capendo davvero l'importanza che lui ha per me, vista la sua preoccupazione nei miei confronti.

- Oh... questo mi rende molto felice. Davvero, davvero molto. - le risposi commosso - E perché mai vorrebbe parlare con uno come me?

- Beh... lui ama Londra, sai? Letteralmente. Mi ha sempre detto di volere andare nel quartiere in cui tu abiti, ehm... diamine, come si chiamava?

- "Westminster"?

- Westminster, esatto! Voleva andarci quest'estate, ma per motivi privati non ha potuto. Che peccato, avrei tanto voluto andarci insieme a lui...

Un italiano amante di Londra che aveva il desiderio di andare a Westminster. Beh, devo ammettere che mi avrebbe fatto molto piacere accoglierlo qui e fargli fare un giro turistico. Come vedete, qualche volta riesco ad essere "buono". Chissà, magari un giorno riuscirà quel ragazzo italiano a compiere il suo desiderio, venendo qui con la sua amica?

Mi farebbe davvero un grandissimo piacere conoscerlo.

- Wow... non sa che cosa si perde. In realtà, tutta Londra è fantastica, non solo Westminster. Ad esempio... Greenwich! Già, Greenwich è davvero meravigliosa. O almeno... questo è quello che dicono gli altri. Comunque, adesso devo proprio scappare. Mi ha fatto piacere parlare con te e spero che riuscirai a passare con testa alta questo momento difficile, confidando anche nel tuo amico. Addio, Sara.

- Tutto qui? No, aspetta! Tu sei...

- E un'altra è andata. Argh, telefono del cazzo. - enunciai parlando da solo, dopo aver chiuso e terminato la chiamata con la ragazza italiana.

Riattaccai immediatamente per levarmi di torno quella ragazza, che, seppure era simpatica, mi stava davvero occupando troppo tempo, e per colpa sua probabilmente Beatriz aveva solo voglia di mandarmi a fanculo.

Mi stava per dire una frase: "Tu sei...".
Che cosa voleva dire?
Non ne ho la minima idea. E forse... non lo saprò mai.

Un impostore. Ecco cosa sei.
.erovaf li ibmacir non e ...irtla ilg itturfS

- Aspetta un attimo. - pensai tra me e me - Ma se quella ragazza era italiana, come faceva a parlare con me in inglese...? Inoltre, come ho fatto a mettermi in contatto con un numero di telefono dell'Italia? Che sia stato il destino a farci incontrare? Argh, fanculo... non importa. Ho già troppi problemi nella mia dannata testa. E poi... Jacob, che cosa cazzo ti sta frullando per la testa in questo momento?

Appena terminai la chiamata con quella ragazza, il telefono si spense davanti ai miei occhi per la batteria completamente scarica. Così, cominciai a correre come un pazzo sfrenato verso casa mia, in maniera tale da trovare un telefono con il quale avrei potuto contattare Beatriz. Ma quando entrai nella mia dimora, ritrovai di fronte a me una gradevolissima sorpresa.

- Amelie! Amelie, mi serve il tuo telefono! - urlai mentre posavo le chiavi di casa nel solito posto.

- E per fare cosa? - domandò lei ad alta voce, proveniente dalla cucina.

- Dammelo e basta. Devo chiamare a...

Prima che terminassi la frase, trovai Beatriz seduta su una sedia con accanto mia sorella, che sembrava impegnata a scrivere qualcosa con una penna su alcuni fogli bianchi.

- Ciao, Jacob. Eri impegnato, a quanto vedo. - affermò Beatriz con sguardo infastidito.

- Beatriz... ascolta, posso spiegare.

- Guarda, hai tutto il tempo di questo mondo per farlo. Ma prima... ascolta qua. "La persona telefonata è impegnata in un'altra conversazione". - mi scoprì lei prendendo il telefono dalla tasca e facendomelo guardare - Questo, invece? Come me lo spieghi?

Una volta tolto lo sguardo dal suo cellulare, tentai di spiegare l'accaduto con calma... anche se con grandi difficoltà, complice la sua grande irritazione.

- Ho provato a chiamarti, ma nel digitare il tuo numero sono andato nel panico e mi sono messo a fare squillare numeri a caso. Ho trovato un stupido cazzone, un gruppo di alcolizzati... e una ragazza italiana. Sì, hai capito bene. Italiana.

Beatriz lanciò uno sguardo a mia sorella ed entrambe sbatterono una mano sulla propria fronte, ormai arrese per l'alto livello della mia stupidità. Io intanto raccontai loro della conversazione avvenuta con Sara, la ragazza italiana, e il loro volto sembrava essere sempre più esasperato.

- Cioè... aspetta un attimo. Tu hai salvato il numero di Beatriz sul cellulare, no? - chiese mia sorella.

- Ehm, penso di... sì. - risposi leggermente intimorito dalla reazione che lei avrebbe potuto avere.

- E allora perché non hai cercato il mio numero nella rubrica dei contatti, invece di chiamare persone a caso provenienti da tutto il mondo?! - gridò Beatriz furiosa.

- Ma che cazzo... dai, ragazze, lo sapete! Sono negato col telefono, è già tanto se so rispondere un messaggio. - provai a giustificare il mio atto.

Già, adesso sapete un altro mio particolare. Col telefono ero una schiappa totale. Sapete quando dovete fare una chiamata importante ad un vostro amico o una vostra amica, ma non ne avete la possibilità e dovete quindi affidarvi a un amico? Ecco, se quell'amico fossi stato proprio io... sareste stati fottuti. In parole povere.

Fortunatamente, la discussione che inizialmente sembrava essere molto accesa terminò con qualche risata da parte di Beatriz ed Amelie, che mi proseguirono a prendermi in giro per la mia incapacità di utilizzare un semplice telefono.

Grande, Jacob. Non smetti mai di stupire.

Oh no, caro mio. Non smetterai di sorprenderci.
.enif alla onif ...atrepa accob a itnauq ittut iarecsaL

Dopo avermi levato la giacca di dosso e averla posata sulla sedia che si trovava vicino a quella su cui era seduta prima lei, Beatriz tornò a prendere posto e mi spiegò la motivazione per cui lei si trovava a casa mia, pescando i fogli che si trovavano sopra il tavolo.

- Jacob... dopo la proposta che ti sto facendo, mi adorerai alla follia, più di quanto lo stai facendo già! - esclamò Beatriz esaltata.

- Mh... adesso sono curioso. Vai, spara.

- Che ne diresti... di fare un bel viaggetto in Spagna?

Rimasi sconvolto dalle parole che le uscirono dalla bocca. Voleva andare nella sua terra di origine, in vacanza... con me?

- Aspetta, aspetta. Vuoi andare a trascorrere una vacanza in Spagna? E dove, precisamente?

- Beh, sai dove vivo. Quindi...

- Oddio, vuoi farmi vedere Madrid?! - dissi elettrizzato sobbalzando dalla sedia.

- Esatto!

In quel preciso momento, sulla mia faccia si stampò un mirabile e magnifico sorriso. Strano, vero? Conoscendomi, quello fu un evento più unico che raro. Beatriz voleva farmi vedere davvero la città in cui viveva... Madrid. Non riuscivo ancora a credere a ciò che le mie orecchie avevano sentito.

- Beatriz, io ti adoro. Ho sempre voluto visitare la Spagna, sai? Cioè, dopo l'Italia. E... quando vorresti che ci andassimo?

Beatriz si alzò lievemente dalla sedia e si avvicinò a me, sussurandomi...

- Domani. Ore 10:30.

Dopo avere tolto lo sguardo da lei, esaminai attentamente il foglio che aveva portato. Su di esso, erano trascritti un sacco di dettagli e particolarità inerenti proprio a Madrid, la capitale della Spagna, dove Beatriz sarebbe voluta andare l'indomani.

Nel leggere quel foglio, che sembrava perlopiù essere un articolo spagnolo, lo alzai e adocchiai che sotto di esso si trovavano due biglietti già pagati, pronti da usare per partire da Westminster verso Madrid l'indomani alle 10:30, proprio come mi aveva bisbigliato Beatriz.

- No, non ci posso credere. Hai già pagato tutto... senza sapere neanche la mia risposta.

- Perché sapevo che già avresti risposto di sì...

- Ne sei proprio sicura? - la sfidai.

- Nah, ho detto una cazzata. Semplicemente, Amelie mi ha dato la conferma per te.

- Che cosa?! - urlai sobbalzando in aria.

Mi alzai dalla sedia e rivolsi subito lo sguardo a mia sorella, facendole comprendere con lo sguardo che esigevo delle spiegazioni.

- Già, Jacob. Ho garantito tutto io! - si intromise Amelie.

- Aspettate un attimo... sono solo due, i biglietti. - osservai attentamente.

- Andrete a Madrid voi due, soli soletti. - mi fece capire mia sorella - Oh, quanto vorrei essere lì solo per vedervi camminare insieme, spensierati, per le strade di Madrid, come due...

- Ma... perché non vieni anche tu, sorellina? - la interruppi immediatamente per l'imbarazzo.

- Beh, ho pensato che magari passare alcuni giorni in compagnia di Beatriz ti avrebbe fatto stare meglio. Quindi... ho pagato io il tuo biglietto. Ma solo perché Beatriz è riuscita a convincermi per bene.

Mi diressi verso mia sorella e corsi ad abbracciarla per il bellissimo regalo che mi aveva fatto, ma lei continuò a mantenere le distanze da me.

- Ehi. Aspetta, aspetta. Questo non significa che adesso la questione tra noi due si sia automaticamente risolta. Questo vuol dire solo che io sono molto buona... forse fin troppo. - mi riferì lei a bassa voce.

- Va bene. - risposi sospirando - Sappi comunque che... lo apprezzo molto, Amelie. Grazie.

Beatriz sfondò rapidamente il momento toccante tra me e mia sorella e cominciò a fare i salti di gioia, come una bambina quando riceve dalla propria mamma un pacchetto di caramelle.

- Io torno a casa e vado a preparare tutto quello che ci serve. Oh, giusto, mi stavo dimenticando di dirtelo. Staremo lì per due giorni e una notte! Purtroppo non possiamo stare per più tempo, in quanto dovrò tornare dai miei genitori in fretta.

- Va bene, Beatriz. Io adesso avviso i miei genitori del viaggio...

- Lo sanno già, Jacob. E non c'è nessun problema per loro, puoi stare tranquillo. - asserì Amelie.

- Davvero?! Beh, allora... perfetto! - esclamai sentendomi veramente soddisfatto.

- Avanti, allora. Comincia a fare tutti i preparativi. Preparativi rapidi, Jacob! Ricorda che partiremo tra meno di ventiquattro ore! - disse Beatriz con fretta e tanta gioia.

Rassererenai Beatriz, dicendole che avrei preparato tutto l'occorrente in men che non si dica, ed effettivamente fu così. Dopo avere ringraziato Beatriz e Amelie per tutto, scattai verso la mia camera da letto e lì raccolsi tutto l'occorrente per il viaggio e lo depositai dentro una valigia abbastanza capiente.

Vestiti, soldi, zaino... beh, le cose erano davvero tante, ma tutto alla fine riuscì ad entrare lì dentro alla perfezione.

La mattina del giorno seguente, mia sorella e i miei genitori mi avrebbero accompagnato in aeroporto per partire a Madrid insieme a Beatriz.

Finalmente, stavo avendo la possibilità di vivere una vacanza tranquilla e fantastica, e, come se non bastasse, assieme ad una ragazza straordinaria. Cosa potevo chiedere di più?

Ma la vacanza stessa... sarebbe effettivamente proseguita con così tanta serenità, come speravo che andasse?

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