5. RANCORE E RISTORO

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21 gennaio 2005; Cleveland, Ohio.


Vedere le ragazze impallidire mentre passava gli faceva sempre uno strano effetto.

Gli sembrava di avere il potere di aprire le acque del Mar Rosso, per il semplice fatto che la gente sembrasse quasi stregata. Non gli era mai sembrato di essere così affascinante da saper provocare quello che gli capitava di vedere nelle ragazzine, così stupide che sembrava non avessero mai visto un ragazzo.

Lui non si credeva né tanto bello, né tanto bravo, anche se molti avessero sostenuto il contrario. Aveva semplicemente delle passioni e le perseguiva.

Così anche adesso, mentre Jayden stava attraversando il corridoio, un gruppetto di tre ragazze si mise a indicarlo guardandolo come sconvolte. La cosa lo faceva abbastanza ridere. Dopotutto era sempre lo stesso e non cambiava viso durante la notte.

Poi pensò a quella ragazza bionda che aveva incontrato, o scontrato, quella mattina. Sembrava maledettamente stupida insieme a quell'altra di cui gli sfuggiva il nome. Forse da sola avrebbe potuto possedere una tale capacità di pensiero per capire che spiare le persone appostandosi come dei cecchini era da maleducati.

Come si chiamava già?, pensò mentre svoltava l'angolo.

Ah, Chiara. Un nome italiano abbastanza comune. L'aveva già sentito in giro.

Era venuto a conoscenza solo del fatto che fosse arrivata da due settimane.

Pensò con piacere che almeno lei si era trovata subito un'amica che la accogliesse.

A differenza mia.

Ma questo non gli importava.

L'importante era che avesse continuato a inseguire quello che lo faceva essere felice.

Il resto non doveva interessargli.

Abbassò un attimo lo sguardo sul pavimento perfettamente lucidato come ogni mattina.

Non l'avesse mai fatto.

Qualcosa, o qualcuno, gli andò a sbattere contro.

Fu quasi spinto contro gli armadietti di destra mentre cercava di non perdere l'equilibrio e udiva un gridolino concitato. – Amore, stai bene?! –

Si voltò indietro, scosso, mentre si preparava a rimproverare malamente chiunque fosse stato.

Fu interdetto quando vide un ragazzo nel bel mezzo del corridoio che lo guardava con gli occhi spalancati. O meglio, stava fissando un libro che teneva in mano in modo quasi spasmodico.

Jayden sbirciò la copertina. Sembrava fisica. Si rese conto che probabilmente aveva parlato a quello. Lo guardava come se fosse la cosa più preziosa al mondo.

Aspettò che fosse l'altro a scusarsi per essergli venuto addosso, ma quello si limitò a fissarlo con astio quando finalmente sollevò gli occhi dal libro. – Beh? Stai più attento. Vuoi forse uccidermi? – Puntò il viso all'insù, con l'intento di assumere un portamento fiero e orgoglioso. – Porta via te e quel tuo bel visino da nobile lontano da qui. –

Lo guardò con un'espressione severa, poi girò su sé stesso e si allontanò a passo sostenuto lungo il corridoio.

Jayden lo seguì con gli occhi mentre mormorava una scusa che a lui sicuramente non arrivò.

Quel tipo era decisamente strano. E non solo perché portava un completo all'ultima moda mentre tutti gli altri si vestivano la maggior parte a caso con le prime cose che trovavano nell'armadio.

Alzò le spalle con indifferenza. Di tipi strani ce n'erano al mondo, e lui non doveva essere per forza l'unico.

Con la coda dell'occhio, catturò un movimento un po' più davanti a lui.

Girò di scatto la testa.

Ancora lei.

Lo guardava, quasi rapita, dal fondo del corridoio. I suoi occhi azzurri lo perquisivano, cercando un'emozione sul suo viso. Quando si accorse che anche lui la stava fissando, fece una specie di piccolo saltello e svoltò l'angolo sparendo dalla vista.

L'ultima cosa che vide furono i suoi capelli biondi, troppo chiari per essere naturali.

Storse il naso, assumendo un'espressione corrucciata.

Odiava chi se li tingeva.

Riprese a camminare e raggiunse la sua classe.

Nel mentre usciva dopo una mattina di lezioni piuttosto ordinaria, fu sorpreso nel vedere il ragazzo contro cui era andato a sbattere seduto sulla panchina all'ingresso della scuola.

Aveva ancora gli occhi su quel libro; il suo sguardo era fisso sulle pagine e sembrava non accorgersi di niente e nessun'altro.

-Hey. – Alzò la voce.

Niente.

Faticava a capire se stava facendo finta di non sentirlo o se avesse veramente dei problemi.

Allora si sedette vicino a lui, incrociando le gambe ed appoggiandosi con la schiena al muro dietro la panchina. Ora voleva stare a vedere se l'avesse ignorato.

Passò così trenta secondi buoni.

-Guarda che ti ho visto. – Il ragazzo parlò con una voce calma e controllata, senza rivelare astio, anche se sembrava vagamente infastidito. Ma gli occhi li aveva ancora puntati sul libro.

Jayden gli mosse una mano davanti agli occhi. – Puoi guardarmi? Volevo scusarmi. Per prima. –

Lo vide finalmente sollevare gli occhi dal libro. E per la prima volta poté guardarlo bene. Era strano anche fisicamente, con quell'aria da snob. I capelli perfettamente pettinati come se dovesse andare a una cena di gala. La sua pelle era troppo liscia. Non si sarebbe stupito se si truccasse. I suoi occhiali a specchio lo scrutavano attentamente.

-Sono io che ti sono andato contro e tu non vedevi dove stavi andando. Capita. Ora te ne vai? –

Jayden assunse uno sguardo interdetto. Almeno era ammirevole che l'avesse ammesso. – Dalle tue parti si fa sempre così? Da dove vieni? –

Lui fece un sorrisetto beffardo. – Sono di Londra. – Rispose contrariato. -Da dove pensi che venga questa sciccheria? – Chiese, chiaramente riferendosi alla sua giacca firmata. Poi rivolse nuovamente lo sguardo al libro, girandosi dall'altra parte.

Jayden sospirò dentro di sé. Ah ecco, era di Londra. -Tu sei uno di quelli che se la tirano, vero? Che problemi hai? –

-Quali ne hai tu? –

Non si girò.

Jayden sospirò e si appoggiò al muro, osservando i ragazzi e le ragazze che uscivano, alcune delle quali si voltavano a guardarlo dandosi dei piccoli cenni a vicenda e a osservarlo. Rivolse lo sguardo al cielo.

-Com'è non essere popolari? –

Non ottenne risposta.

Il ragazzo gli dava ancora le spalle e sembrava più immerso nel libro di prima.

Poi parlò di nuovo, accompagnando le sue parole con un sospiro spaesato. – A modo nostro siamo tutti popolari. –

Stavolta fu Jayden a tacere.

Allora l'altro si voltò nuovamente verso di lui, alzando le sopracciglia in una sorta di forma di domanda. – Ti ho messo in difficoltà? –

Jayden taceva e lo guardava. Ogni secondo che passava non smetteva di chiedersi se esistesse persona più strana.

Un po' gli faceva paura con quegli occhiali da sole. Paura con qualcosa di bizzarro. Ma c'era comunque qualcosa in lui che lo attirava.

-Non pensare che io non sappia chi sei. Tu sei quello di cui tutti parlano solo perché hai un bel faccino. Ma io di queste cose non mi occupo. Io mi occupo solo di questo. – Rivolse un cenno del capo al libro che stava ancora tenendo sulle ginocchia.

Mezzo secondo dopo tornò a guardarlo, gli occhi sotto le lenti scure che scorrevano veloci da una riga all'altra.

Ma Jayden stava lì, con un mezzo sorriso appena accennato sulle labbra sottili. -Tu sei uno di quelle specie di nerd, giusto? -

Non passò un minuto che l'altro alzò esasperato lo sguardo dal libro e lo fissò cominciando a manifestare sdegno, che poco prima aveva costituito solo semplice irritazione. -Non te ne vai, vero? – Si abbassò di poco gli occhiali da sole sul naso con un gesto seccato.

Jayden scosse la testa, mentre un sorriso furbo si allargava sul suo volto, illuminandoglielo.

-Okay, allora. – Si alzò e chiuse il libro di scatto, infilandoselo sotto il braccio. -Seguimi. – Gli fece segno di alzarsi anch'esso. – Dopo però mi lasci in pace, eh? –

Jayden annuì. – Prometto. -

-Bravo. Non voglio immischiarmi nei tuoi problemi. Su, muoviti. -

Non fece nemmeno in tempo a chiedergli dove avesse intenzione di andare che lui era già partito attraversando il cortile del giardino della scuola.

-Hey! Dove stai andando? –

Non ottenne risposta.

Jayden fu costretto a camminare a passo più svelto del solito per stargli dietro; continuò a seguirlo anche quando uscirono dalla scuola e si diressero verso la strada. Dopo un paio di isolati, lo vide infilarsi dentro un bar, quello che si trovava appena di fronte alla scuola.

Attraversò la strada ed entrò. Lo aspettava sulla porta, appena all'entrata. Aveva uno strano sorriso stampato sul volto, quasi come se fosse consapevole di qualcosa di cui lui non era a conoscenza.

Gli fece cenno di seguirlo, mentre lui si guardava intorno e scorgeva quattro ennesime ragazzine sedute a un tavolo che lo guardavano di sottecchi scambiandosi occhiate sognanti.

Cercò di ignorare i loro sguardi mentre si avviava a seguire l'altro verso un tavolo vicino alla vetrina e si apprestava a sedersi di fronte a lui.

Aveva appoggiato il libro sul tavolo e in quel momento aveva recuperato un giornale sulla panca dove aveva preso posto. Lo stava sfogliando ansioso, non degnandolo di uno sguardo, quasi come non si fosse accorto della sua presenza.

Si schiarì la voce come per richiamare la sua attenzione. Lui alzò piano lo sguardo su di lui da dietro il giornale che stava leggendo. Si tolse gli occhiali da sole con un gesto quasi plateale, rivelando un bel paio di occhi scuri.

-Beh? – Jayden lo sollecitò con lo sguardo. – C'è un motivo per cui mi hai portato qui o no? –

-Certo che c'è. Guardati intorno. – Lo guardò distrattamente mentre rivolgeva nuovamente l'attenzione alla rivista.

Fece come gli aveva detto. Con indifferenza, notò le ragazzine del tavolo all'entrata ancora ferme a guardarlo, mentre perfino la barista si affrettava da dietro il bancone lanciandogli di volta in volta delle occhiate di nascosto.

L'unica altra persona che era presente in quel momento era un uomo sulla quarantina con gli occhi rivolti verso una rivista di ombrelli che teneva davanti a sé appoggiata sul tavolo con davanti una tazza di caffè. Per lui doveva avere tutta l'aria di essere interessante.

Si voltò di nuovo verso di lui. -E quindi? –

Lui chiuse il giornale con un gesto veloce. Lo guardò divertito, con una strana scintilla negli occhi. –Trai le tue risposte da solo. Se ti sei guardato in giro attentamente, avrai potuto constatare che la gente in questa stanza ha gli occhi solo per te, anche se sono tutte ragazzine in forte stato ormonale e sicuramente eterosessuali. Oppure le lesbiche possono fingere per non dare sospetto, il che però è altamente improbabile, perché se stessero facendo finta lo farebbero troppo bene. – Aprì di più gli occhi, quasi come volesse dargli un suggerimento implicito.

Jayden lo fissò con attenzione mentre anche l'altro lo guardava. Era un tipo carismatico, e su questo non c'era dubbio.

-E quindi che conclusioni dovrei dedurre? –

Lui alzò le spalle. – Non lo capisci da solo? –

Jayden emise un lungo sospiro e si appoggiò alla sedia. Voleva sentire cos'aveva da dire.

Quando si accorse che lui non parlava, fu l'altro che lo fece, probabilmente perché avrebbe voluto continuare a rivolgere la sua attenzione al libro, sicuramente considerato ben più prezioso.

-Guarda quelle stupide laggiù. – Indicò con un cenno del capo le ragazzine, ora intente a ridere fra di loro probabilmente per cose senza senso. – Quando sei entrato, non hanno fatto altro che scambiarsi occhiatine guardandoti con delle facce da ebeti. Alla barista là dietro sarà venuto un infarto quando ha visto entrare il tipo che è sulla bocca di tutti quelli che probabilmente vengono qui. – Si protese verso di lui. I suoi occhi scuri lo guardavano indagatori. Abbassò la voce, riducendola quasi a un flebile sussurro. – Ma a me chi mi guarda? Chi parla di me qua fuori? Per i miei compagni di classe sono solo un nerd che si considera sposato con i suoi libri, perché so che se non studio non supererò mai gli esami di ammissione al college. E invece, per quanto riguarda te? La gente non farà altro che parlare di te probabilmente anche quando te ne andrai da quella scuola, ma ahimè dopo qualche anno smetterà perché arriverà un altro ragazzo con un altro bel faccino su cui parlare e fantasticare sopra. La stessa cosa succederà con le tue doti, Jayden Price. Sei quello che canta, giusto? –

Restò interdetto. Gli sembrava strano che glielo chiedesse, dato che sapeva già la risposta. Annuì.

-Sai, il tuo nome si sente in giro. Perfino troppo. Il Jayden Price che canta. Il Jayden Price che recita. Il Jayden Price sogno delle ragazzine sotto le lenzuola. Puoi anche essere bravo a recitare. Puoi anche essere bravo a controllare la tua voce e usarla per delle belle canzoni. Puoi anche essere bello, il che è vero, ma immagino che tu dovresti passare ore davanti allo specchio per apparire con quella pelle sicuramente coperta da chili di fondotinta, perché altrimenti le stupide non ti seguirebbero. – Quando vide il suo volto corrucciarsi a quella affermazione, alzò leggermente una mano in un gesto accusatorio e lo redarguì: - No, lasciami finire. Vedi, là fuori c'è solo della gente che passa le ore a chiedersi come sarà Jayden tra qualche anno. Aspettano un tuo sbaglio, a quando dichiarerai di avere la fidanzata così potranno fare finta di suicidarsi, spendono il loro tempo ad attaccare le tue foto rubate in camera loro. Ma quando tutto questo finirà, cosa ne sarà di te, Jayden? Anche se diventerai una stella di Hollywood e andrai a esibirti a Broadway, prima o poi arriverà il giorno in cui ti sostituiranno con un attore più giovane o non avrai più l'estensione vocale di una volta. Le ragazzine che ti seguivano una volta troveranno un'altra persona da idolatrare. E così via. E' un circolo vizioso, Jayden. Le mode passano. Non si segue più l'istinto nel vedere cosa va bene e cosa non va bene. –Ripose il giornale vicino a lui e riprese il libro. – Da me la gente non si aspetta niente. Sa solo che mi recherò a scuola, studierò e la sera andrò a dormire. A te vengono quasi a suonarti al portone di casa. Mi avevi chiesto cosa volesse dire non essere popolare. Ti ho aperto gli occhi. La fama è effimera, e svanirà quando meno te lo aspetti. Non buttarti là dentro. Studia i libri. Studia la vita. - Si appoggiò allo schienale della panca. – Chiudiamola qui. –

Jayden non era confuso. Semplicemente, si rese conto di quanto avesse ragione. Poteva anche crogiolarsi nella speranza di diventare veramente qualcuno un tempo, ma quello sarebbe passato.

Perché prima o poi, presto o tardi, passava tutto.

Fece un sorrisetto, sperando il più possibile che somigliasse a qualcosa di vero. – Qual è il tuo nome? -

Lui non alzò gli occhi sul suo volto. – Eric. -

Jayden inclinò la testa per osservare meglio. – Eppure... sulla copertina del tuo libro c'è scritto Brian. –

Lui sembrò spaesato per un attimo come risvegliatosi da un incubo e chiuse il libro di scatto per guardare la copertina. Mormorò un'imprecazione.

-Ti ho sgamato? – Sentì finalmente un sorriso spontaneo allargarsi sul suo viso. – E comunque sappi che non mi trucco. E' la mia pelle cento per cento naturale. –

Lui lo guardò male. – Wow, la pelle firmata Price. Se ci stai provando con me, sappi che mi considero sapio sessuale e non ci sarà mai cosa più intelligente di un libro. –

Jayden allungò le gambe sotto il tavolo. Sì, era decisamente strano. – Perché hai mentito riguardo al tuo nome? –

Brian gli pestò un piede, di sicuro volontariamente. Jayden ritrasse le gambe.

-Lo faccio con qualunque persona nuova incontri. Non voglio avere gente intorno. Soprattutto quella popolare. – Gli rivolse un'occhiata velenosa.

-Oh, ho capito. E allora perché mi hai portato qui e mi hai fatto tutto questo gran discorso? –

Lui si rimmerse dentro al libro. – Mi piace rendere consapevoli le persone delle cose di cui non si accorgono. Semplicemente guardo, ascolto, osservo. –

Jayden annuì, assorto. Nelle sue stranezze costituiva comunque una persona estremamente interessante.

Brian alzò un attimo la testa e si guardò intorno attentamente, appoggiando un braccio sul tavolo mentre si girava. – Questa stanza è inclinata. – Si agitò sulla panca. Quando si accorse che non poteva spostarla, mormorò qualcosa sdegnato fra sé e sé, poi rivolse lo sguardo alle vetrine. – Su questo vetro c'è troppa polvere. – I suoi occhi scorrevano su e giù, lungo tutta la lunghezza della parete. – Spero che quello schifo non entri anche dentro di te, amore. – Guardò il suo libro probabilmente con lo stesso sguardo con cui una madre avrebbe guardato il suo bambino.

Si guardò la manica della giacca con estrema attenzione, quasi come volesse controllare che la polvere non avesse attecchito anche lì, poi si spostò di qualche centimetro alla sua sinistra, allontanandosi dalla vetrina e stringendosi il libro a sé con il volto corrucciato in una smorfia irritata. – I germi non verranno da noi. –

Jayden alzò un sopracciglio mentre un'espressione molto più che interdetta si dipingeva sul suo volto. Improvvisamente non pensò più che fosse una persona interessante. Si domandò anzi dove avesse sbattuto la testa da piccolo.

Fu colto di sorpresa quando a un certo punto l'altro si alzò, rimettendosi gli occhiali a specchio, e si diresse verso l'uscita.

Si alzò in piedi di scatto, richiamandolo alzando la voce. – Hey! Dove vai ora? –

L'uomo della rivista degli ombrelli alzò lo sguardo a fissarlo con un'espressione confusa.

Le ragazzine interruppero per un attimo le loro chiacchiere e si girarono a fissarlo interdette, mentre la barista aveva assunto perlopiù un'espressione a metà tra la delusione e lo smarrimento, probabilmente per il fatto che fossero andati via senza comprare niente.

Lo seguì fuori. Jayden era alto, Brian era poco più basso di lui ma sapeva camminare molto svelto.

Jayden affrettò il passo.

E andò a sbattere di nuovo contro un'altra persona. Questa volta non Brian.

Si ricompose subito.

Rimase impassibile, e si ritrovò a fissare lo stesso paio di occhi azzurri di quella mattina.

La biondina.

Si chiese se lei e la sua amica avessero una specie di GPS che dicesse loro puntualmente ogni luogo dove lui si recava. Ora però l'amica non c'era, e lei era sola.

Lo guardava con occhi sgranati. Probabilmente era confusa anche lei.

Ma non aveva tempo adesso per lei, gliene aveva già dedicato troppo poche ore prima e non aveva intenzione di dare peso a chi perdeva il suo tempo a pedinarlo.

Non ebbe il tempo di dirgli niente che lui era già ripartito a inseguire Brian, che intanto aveva guadagnato terreno ed era ben più avanti rispetto a lui.

-Ti fermi o no? -

Lui si piantò in mezzo al marciapiede, come se avesse seguito alla lettera quello che gli aveva gridato.

Jayden continuava a sentire lo sguardo di Chiara su di lui. Se non si fosse dovuto occupare di Brian, sarebbe tornato indietro e le avrebbe sicuramente chiesto malamente cos'avesse da guardare tanto.

-Si può sapere cosa ti è preso? Tu sei... maledettamente strano. –

-E' ovvio, nessuno è normale. – Brian si abbassò gli occhiali da sole e continuò a guardarlo male con la sua tipica faccia imbronciata che non gli passava mai. – Senti, io non posso andare in giro con le persone come te. Te l'ho già detto. Ti ho portato lì perché volevo farti capire quello che ti ho detto e sinceramente perché non avevo niente da fare oggi oltre a studiare. –

Si avviò di nuovo, ma non fece tempo a fare quattro passi che si rigirò indietro verso di lui. – E ti prego, togliti quell'aria spaesata dalla faccia. – La sua voce non nascondeva una sottile punta di risentimento. – Troverai qualcuno più sociale di me. Non illuderti troppo però. Saranno pochi quelli che staranno con te per il tuo buon cuore e non per fama di studente modello dalle mille doti artistiche. – Fece per riavviarsi di nuovo, ma poi si azzardò a fare qualche passo verso di lui, misurando bene la distanza. Lo guardò bene, catturando le mille domande che gli velavano gli occhi. Abbassò la voce. – E chiedi scusa alla biondina per averla urtata. Ti guardava male prima. Ma non male quanto tu guardavi lei. – Il suo sguardo era penetrante sotto le lenti scure. – Ci è rimasta male. –

Con un ultimo sguardo perspicace, si voltò e risalì in fretta la via, silenzioso e indifferente con il suo libro in mano con cui probabilmente perfino dormiva.

Jayden continuò a guardarlo fino a che non scomparì dalla sua vista.

Poi si girò dalla direzione in cui era venuto.

Ma la ragazza era già andata.

Sospirò a fondo.

Doveva tornare da Claire.

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