Capitolo VI

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Le persone unite dal destino si ritrovano sempre

(Geralt di Rivia, serie The Witcher)

* * *

Cap. VI

Ben aprì gli occhi lentamente, batté le palpebre un paio di volte per schiarirsi la vista e mettere a fuoco l'immagine offuscata che aveva davanti a sé. Dalle fessure delle tende a pannello, che oscuravano la grande finestra, filtravano timidi i primi raggi solari.

Su Corellia stava appena albeggiando.

Era sdraiato a pancia in giù, con la metà del viso affondata in un cuscino fin troppo morbido per le sue abitudini spartane, il braccio destro abbandonato lungo il fianco e quello sinistro piegato sopra la testa. Era completamente nudo e sentiva il bisogno impellente di svuotare la vescica. Si abbandonò ad un lungo e sgarbato sbadiglio e si grattò la testa con le dita della mano libera, posata sul cuscino.

Si sentiva straordinariamente bene, come non gli succedeva da tempo, da addirittura prima che passasse al lato oscuro. Aveva dormito profondamente ed era stato un sonno tranquillo, rigenerante e senza sogni o incubi di sorta. Era rilassato e sereno. Stranamente non provava nemmeno più dolore ai muscoli dell'addome, massacrati dalla furia di Valeek, e al viso tumefatto.

Ma c'era anche un'altra cosa, in quel risveglio così insolito, che gli fece sgranare gli occhi e deglutire a secco, sentiva qualcosa di caldo sulla schiena, qualcosa di molto simile ad un braccio ed una mano che lo avvinghiavano con forza, quasi ad impedirgli di scappare.

Cercò di fare mente locale su quello che era accaduto durante le notte appena trascorsa e sorrise tra sé, i ricordi gli giunsero fin troppo limpidi e particolareggiati, tanto da fargli provare un brivido cocente che si tramutò presto in una certa rigidità, a lui ben nota, alle parti basse.

Provò a girarsi per mettersi sul dorso e subito si sentì stringere, quasi fosse una reazione istintiva ed automatica ad ogni suo più piccolo tentativo di movimento. Girò su se stesso lentamente mentre delle piccole dita unghiate lo graffiavano lungo tutto il fianco, nella vana speranza di artigliarlo.

Quando finalmente riuscì ad invertire la sua posizione si ritrovò con la stessa mano calda sulla pancia. La prese dolcemente nella sua e la scostò, avvicinandola piano al corpo prono addormentato, al quale apparteneva.

Rey protestò nel sonno, mugugnando qualcosa in una strana lingua, a lui incomprensibile e poi, rigirandosi, si accoccolò in posizione fetale rivolta verso di lui.

Si fermò a guardarla per un po', con tenerezza, ammirando inebetito le sue ciglia lunghe e vellutate, il naso sottile spruzzato di lentiggini, la bocca socchiusa da cui colava un rivolo di saliva. Non aveva mai avuto la possibilità di starle accanto in momenti normali, intimi e studiare le infinite espressioni del suo viso. Era bello sentire il suo respiro leggero, e saperla serena, tranquilla ed appagata.

Gli sfuggì l'ennesimo sorrisino sghembo. Quella piccola insolente e pestifera di una jedi, lo aveva incastrato di nuovo e, questa volta, aveva il serio timore che sarebbe stato per molto molto tempo.

Era stato uno stupido a pensare che sarebbe riuscito a tenerla lontana da lui: due persone unite dal destino si ritrovano, sempre.

E il destino gli aveva impartito una dura lezione che aveva dovuto imparare a sue spese.

Sapeva bene che, nel momento in cui si sarebbe lasciato andare al desiderio disperato che aveva di lei, non avrebbe più avuto il coraggio di separarsene. Per la prima volta, in vita sua, aveva provato l'intensa emozione di fare l'amore con l'unica donna che avesse mai contato veramente nella sua vita solitaria e tormentata. Non era stata solo una violenta e appagante scarica di ormoni, aveva vissuto una seconda prima volta, la fusione completa di corpo e anima, emotivamente coinvolgente, meravigliosa.

La loro intesa profonda non dipendeva solo dalla Diade, era un'unione ancora più viscerale, totalizzante, molecolare e che varcava i confini della vita stessa.

Se lei avesse smesso di esistere, sarebbe morto anche lui.

Erano la perfetta incarnazione dell'Equilibrio. Due cuori palpitanti in un'unica anima.

Due che sono uno...

Sospirò, chiuse gli occhi e ripensò all'inizio tormentato della loro relazione, a quando l'aveva incontrata per la prima volta spaventata e ignara su Takodana, ma già aveva avuto delle visioni potenti su di lei, anche se confuse e apparentemente incomprensibili.

Avevano passato la maggior parte del tempo ad osteggiarsi, combattersi, cercando di corrompersi a vicenda. Ma entrambi avevano percepito tra loro un legame unico, che non era stato solo opera di Snoke. Quel vecchio bastardo molestatore lo aveva soltanto amplificato per manipolarli.

La cosa assurda e buffa di tutta quella storia era che, in realtà lui, da Rey, le aveva prese quasi sempre, eppure agli occhi dei suoi amici era passato per il mostro che l'aveva torturata mentalmente e scaraventata in modo spietato e brutale contro un albero, nel loro primo scontro sulla Base Starkiller.

La jedi invece lo aveva solo sfregiato, insultato in ogni modo possibile ed immaginabile, lo aveva umiliato, rifiutando la sua mano dopo la sua accorata dichiarazione sul Supremacy, lo aveva addirittura trapassato con la sua stessa spada a tradimento, mentre era disarmato e sconvolto per l'inaspettata morte di sua madre. Cosucce da nulla. Ma per carità, la sua violenza e la sua rabbia erano più che giustificate.

Avevano avuto anche dei momenti molto belli ed intensi, quando si erano sfiorati le dita su Ahch-To, quando avevano combattuto fianco a fianco contro le guardie pretoriane di Snoke, come se lo avessero fatto da sempre, e quando avevano sfidato l'orrore di Palpatine inseme come una Diade.

Ma era stato solo quando Rey lo aveva guarito dalla ferita mortale che gli aveva inferto, mentre gli confessava che avrebbe voluto prendere la sua mano, se fosse stato Ben a porgergliela, che aveva compreso quanto significasse davvero per lei. Invece lo aveva rifiutato a ragione: nella sala del trono del Supremacy non era stato Ben a parlarle, ma Kylo Ren con la mente ottenebrata dal delirio di onnipotenza.

Rey era stata l'unica a scorgere la sua vera essenza soffocata dalle azioni atroci che era costretto a commettere per non essere annientato. Aveva visto la sua flebile luce splendere in un abisso d'oscurità e aveva creduto che si potesse salvare, fino in fondo.

In barba alle sue origini oscure, lei non si era mai fatta trascinare nelle tenebre, aveva sempre trovato la forza di resistere, reagire e rialzarsi, nonostante la solitudine e la disperazione.

Lui invece, al contrario, era nato nella luce ed era stato costretto, per sopravvivere all'abbandono e al tradimento, a rifugiarsi nell'oscurità. I loro percorsi erano stati simili ma inversi, ma dal momento in cui la Diade si era riunita, tutto nei loro animi si era mosso per ristabilire l'Equilibrio. Ed Era stato inevitabile.

Ora che finalmente aveva la visione d'insieme, gli appariva tutto più comprensibile. Anche il suo sacrificio aveva avuto un senso, era stato il culmine di tutto e non poteva essere evitato. Quando era risalito dal precipizio in cui l'aveva scaraventato Palpatine, sapeva che aveva ancora poco da vivere, il fianco sinistro era devastato e un'inarrestabile emorragia interna lo stava dissanguando lentamente. Dopo aver strisciato verso Rey ed essersi accorto che se ne stava andando, si era fatto prendere dalla disperazione.

Lei non doveva morire. Non in quel modo assurdo. Il suo sguardo angosciato aveva cercato invano un aiuto, un appiglio a cui aggrapparsi per salvarla, ma non si era manifestato nessuno, Luke, Anakin, tutti i jedi, lo avevano lasciato solo, e lo avevano fatto di proposito affinché capisse. Era stato allora, di fronte a quel silenzio angosciante, che ogni cosa gli era apparsa chiara: dentro di sé sapeva cosa fare, era la sua ultima prova, la prova di tutto. Solo allora sarebbe stato finalmente salvo. E libero.

Per questo le aveva donato l'ultima scintilla della sua energia vitale, e di conseguenza i suoi ultimi istanti di vita, non solo perché era più degna di lui di portare avanti gli ideali degli Skywalker, ma perché non avrebbe mai potuto morire in pace sapendo che la galassia non avrebbe più avuto un simbolo di speranza in cui credere.

E lo avrebbe fatto cento, mille volte ancora.

Il bacio di Rey rediviva era stato il più bel regalo in trent'anni di esistenza abusata, solitaria e tormentata, il suo sorriso gli aveva scaldato l'anima, sentirla pronunciare il suo nome non lo aveva più spaventato, Ben Solo era tornato davvero.

Mentre la guardava negli occhi le aveva sorriso, aveva creduto di non esserne più capace e invece gli era venuto naturale e spontaneo, dopo tanto tempo, ma subito aveva iniziato a perdere le forze, tanto da non riuscire più ad avvolgerla nel suo abbraccio, la vista aveva iniziato ad annebbiarsi fino a lasciarlo nella totale oscurità. Ogni dolore era magicamente svanito dal suo corpo.

Di quello che era avvenuto dopo aveva solo vaghi ricordi, sensazioni confuse. Aveva udito i singhiozzi disperati di Rey, aveva sentito il profumo di sua madre, forse qualcuno l'aveva toccato, niente di più.

Quando si era risvegliato era da solo, sul Tie, immerso in una fitta giungla, su un pianeta a lui sconosciuto e si era sentito spaesato, sperduto. Non riusciva a credere che gli fosse stata restituita la vita. Aveva pagato il suo debito e pensava di aver finalmente raggiunto la pace, riunendosi alla Forza. Invece, quella disgraziata, aveva ben altri progetti per lui.

Con angoscia aveva cercato Rey e, nel vederla abbracciata ai suoi amici, si era convinto che lei dovesse compiere il suo destino senza interferenze e distrazioni. E lui sarebbe stato un insormontabile ostacolo per la sua credibilità. Per questo si era fatto da parte e aveva tentato di ricostruirsi una nuova esistenza da solo. Per questo si era chiuso alla Forza e l'aveva tenuta lontana dalla sua testa.

Ma dopo quella notte passata insieme, aveva compreso che il destino di Rey non si sarebbe mai potuto compiere senza di lui, come la vittoria del Gauntlet non gli sarebbe stata possibile, se lei non fosse comparsa all'improvviso a spalleggiarlo.

Forse non era un'idea così balzana la loro relazione appena nata, forse la loro storia avrebbe davvero potuto funzionare. Per la prima volta si concesse il lusso di sperare, anzi, di credere in qualcosa di concreto e bello.

Certo, c'erano sempre i suoi fastidiosi amichetti, a zonzo per la galassia, che prima o poi si sarebbero fatti vivi per accertarsi che non la stesse plagiando, sottomettendo, abusando ed altre amenità simili. Ma quelli non erano un problema, sapeva come sistemarli e dare loro il benservito, se ce ne fosse stata l'occasione e la necessità.

Si stiracchiò per bene e sbadigliò di nuovo, lo stomaco gli brontolò sonoramente: aveva una fame mostruosa ed era assetato come se avesse attraversato mezzo deserto di Tatooine.

Il rilassamento del suo amico pimpante laggiù, nelle parti basse, gli fece risvegliare pure il bisogno impellente di fare pipì.

Cercò di alzarsi dal letto smuovendo il meno possibile il materasso per non farla svegliare, e poi si diresse a piedi nudi nel bagno, la cui porta era stata affettata a metà. La osservò sconcertato mentre con due dita le diede una piccola spinta per farla cadere del tutto. Fu solo allora che si guardò intorno e si rese conto del casino che avevano combinato. Non c'era più nulla di sano in quella piccola stanza d'albergo. Ripagare i danni gli sarebbe costato come il soggiorno di un mese, vitto compreso, ma in quel momento era l'ultimo dei suoi problemi.

Entrò nel locale angusto, passando a mala pena sotto lo stipite della porta, si fermò davanti al water e si curvò un po' per urinare, evitando per un pelo una mensola sporgente a tradimento, sulla quale erano appoggiate delle cianfrusaglie. Forse era l'unica cosa rimasta intera in tutto l'alloggio.

Chiuse gli occhi e rilassò tutti i muscoli, sentendosi sollevato, poi gettò uno sguardo furtivo allo specchio che prendeva tutta la parete e si accorse di una cosa strana. Dei suoi ematomi e ferite non c'era più traccia, il suo viso era tornato perfettamente sano. Per questo si era sentito meravigliosamente bene appena sveglio. Il potere della Diade durante la loro unione li aveva curati anche senza la loro volontà. Si passò le dita tra i capelli scompigliati per darsi una sistemata, scostando un ciuffo ribelle davanti agli occhi.

La sua tranquillità subì uno scossone violento nel momento in cui sentì il suo nome urlato in modo atroce, tanto da farlo sussultare e rabbrividire.

«Ben!»

Si sollevò di scatto sbattendo violentemente la testa sulla mensola, che ovviamente venne scardinata dal muro e si ruppe a metà volando per terra. Per un secondo vide tutto nero ed imprecò in antico corelliano. Ora non esisteva davvero più nulla di integro in quell'immane casino.

Si precipitò fuori dal bagno tenendosi con la mano la testa dolorante, inciampando in uno stivale, recuperò l'equilibrio per miracolo e poi, finalmente, mise a fuoco Rey con gli occhi sgranati e l'adrenalina a mille.

La jedi era seduta sul letto e ansimava disperata, aveva il viso arrossato, sconvolto, e i capelli, spettinati e sudati, che le ricadevano disordinati sulle spalle e sui piccoli seni, nascondendoli in parte.

«Che accidenti succede?!» le urlò a sua volta.

«Ben...» ripeté lei, questa volta con un filo di voce rotto dal respiro affannoso, «sei qui. Mi sono svegliata e non c'eri...» gli confessò angosciata. «Credevo... credevo che te ne fossi andato. Che mi avessi lasciata. O che fosse stato tutto un sogno... per l'ennesima volta» singhiozzò.

Ascoltò quelle parole sconvolto. Si avvicinò e si sedette sul letto accanto a lei, che aveva già iniziato a tremare. La tenne stretta a sé in un lungo abbraccio, nella speranza di riuscire a calmarla.

Rey si lasciò stringere, ma continuava ad ansimare e tremare. Poi lentamente iniziò a reagire ricambiando il suo gesto, stringendolo forte quasi a sincerarsi che fosse reale.

In quel momento Ben si sentì tremendamente in colpa, la jedi aveva sofferto davvero per il suo abbandono, anche se lo aveva fatto a fin di bene e per delle nobili motivazioni. Avrebbe avuto un bel daffare per rimediare.

Si sdraiarono sul letto, coprendosi con la coperta leggera, restando vicini e abbracciati. Godendo entrambi del reciproco calore e del contatto pelle a pelle.

«Mi dispiace...» le sussurrò baciandole i capelli e la fronte sudata. «Non me ne sarei mai andato senza nemmeno una parola. Non più. Se ti avessi avuta davanti un anno fa, quando mi sono risvegliato, non avrei mai avuto la forza di lasciarti» cercò di giustificarsi, sinceramente.

Rey alzò la testa di scatto e catturò i suoi occhi scuri con prepotenza. «Adesso te la dico io una cosa Ben Solo: non azzardati mai più ad abbandonarmi, o ti verrò a cercare, ovunque tu sia, e non ti darò tregua fino a quando non avrò cancellato dalla faccia della galassia l'ultimo Skywalker. Ti troverò, anche solo per piantarti la lama della mia spada aurea nella pancia, quanto è vero che mi chiamo Rey Palpatine» lo minacciò severamente, mollandogli un pugno nello stomaco.

Accusò il colpo con un lamento e gli scappò una risata. «Era una dichiarazione d'amore per caso?» la stuzzicò stampandole un bacio sulla bocca rosea e lucida.

«Ti aspettavi che ti dicessi ti amo? Brutto bastardo» lo redarguì sollevando un sopracciglio, e ricambiando il suo bacio con un altro, più profondo e sensuale.

«Mi porterai con te, su Theron?» gli domandò poi, con voce flebile e dolce. Sembrava una bambina spaurita.

«Non credo che riuscirò mai a liberarmi di te, volontariamente. In un certo senso, per me adesso è molto più facile. Ma sarai tu ad avere un problema, quando i tuoi amici torneranno a cercarti e pretenderanno il tuo aiuto.»

L'espressione di Rey si fece cupa e corrucciata, riusciva a sentire il suo risentimento per quella provocazione palpabile, vibrargli sulla pelle.

Gli parlò, fissandolo intensamente negli occhi per assicurarsi che capisse perfettamente quello che stava per dirgli. «Finn e Poe, Rose, Konnix e tutti gli altri... contano molto per me, insieme abbiamo combattuto, pianto, gioito, esultato, e se dovessero chiedermi il loro aiuto lo avranno, incondizionatamente. Loro sono i miei amici, ma io amo te. Il mio cuore appartiene a Ben Solo, a lui soltanto, e la mia vita sarà al suo fianco.»

Le sue parole gli sembrarono più che sincere, ma già si prospettava all'orizzonte un cumulo di nubi.

«E poi... potresti darmi una mano, non hai più nulla da temere da loro» aggiunse con cautela, notando la sua espressione perplessa.

«Non dirlo più. Non me lo chiedere» le ribadì, cercando di non essere brutale, anche se dentro di sé qualcosa si era incrinato. «Posso capire le responsabilità che hai verso di loro, anche se ti porteranno via da me per un po'. Ma non pretendere che mi faccia coinvolgere. Ti prego.»

Rey gli rivolse uno sguardo dispiaciuto, ma annuì a malincuore. «Non pensiamo a queste cose adesso. Concentriamoci sul tempo che avremo solo per noi» gli propose tranquilla, fiduciosa.

Si costrinse ad ammettere che aveva ragione, regalandole una leggera carezza sul viso che non aveva più alcun segno del livido. Si sforzò di cambiare discorso, anche se sapeva che quella questione sarebbe tornata a mettersi tra loro, fin troppo presto. «Hai notato? La Diade ci ha guariti» le rivelò, girandosi per mostrargli lo zigomo integro.

Rey lo fissò con aria sorpresa, poi si toccò a sua volta la guancia per constatare che non le facesse più male.

«Credi sia successo mentre...»

Ben annuì sorridendo e arcuando entrambe le sopracciglia. Peccato che la Diade non aveva anche il potere di riaggiustare tutto quello che avevano sfasciato.

Cullandosi l'una nelle braccia dell'altro si riaddormentarono sfiniti, Corell era appena sorto, avevano ancora un po' di tempo per stare inseme da soli, prima del rendez-vous con Oktiis e i suoi due compagni di squadra, e non avrebbero sprecato nemmeno un secondo.

* * *

Ben si svegliò di soprassalto sentendo il rumore della serratura che scattava dall'esterno. Allungò una mano verso il cinturone appeso alla testiera del letto ed estrasse il blaster dalla fondina. Nel momento in cui sentì la porta automatica scorrere, lo puntò verso la figura scura che si apprestava ad entrare furtiva.

Elnor mosse alcuni passi nell'alloggio, guardandosi intorno sconvolto ed emise un lungo fischio compiaciuto. «Accidenti! Questo è quello che io chiamo darci dentro sul serio» esclamò difronte al caos che regnava sovrano, avvicinandosi al letto ed evitando i rottami sparsi ovunque. «Sei sicuro di avere abbastanza crediti per riparare questo disastro?»

Non appena mise a fuoco il suo blaster puntato addosso però, indietreggiò di scatto. «Ehi! Posa quell'affare, non è proprio necessario, e magari potrebbe pure partire un colpo per sbaglio.»

«Non mi è mai capitato di colpire per sbaglio qualcuno» lo redarguì per bene, abbassando la canna solo dopo averlo tenuto sotto tiro per un po'.

In quel momento si svegliò anche Rey, che sollevò la testa scompigliata e si girò nella direzione di Elnor, saltando per aria e ricoprendosi alla meno peggio con la coperta.

«Che ci fa lui qui? Come ha fatto ad entrare?» gli chiese sconvolta.

«È quello che dovrà spiegarmi, se ci tiene alla pelle» fu molto drastico e convincente. Elnor era suo amico, ma questo non gli dava il diritto di invadere la sua privacy in ogni dannato momento e senza il suo permesso.

Elnor mise subito le mani avanti. «Okay. Okay» acconsentì sorridendo a denti stretti, forse si stava rendendo conto di aver commesso una mossa azzardata. «Ero un maestro apri codici, ai tempi del Primo Ordine, per me aprire una porta d'albergo è come fare una scorreggina... ehm, con rispetto parlando.»

«Eri un truffatore?» gli uscì spontaneo in tono indignato, aggrottando le sopracciglia. Perché lo stava scoprendo solo in quel momento?

«Una specie. Ehi, ma questo l'ho fatto a fin di bene. Dopo tutto il bordello che avete fatto stanotte, non si sentiva più alcun rumore e mi sono preoccupato, volevo accertarmi che non vi foste ammazzati a vicenda» spiegò con molta naturalezza, mentre gli occhi felini brillavano colpiti dai raggi già alti del sole. «Ehm... e ho bussato prima di scassinare.»

«Sì, certo. Come no» protestò infastidito.

«Avanti! Che ci fate ancora a letto? L'appuntamento con Otkiis è fra meno di un'ora, dobbiamo sbrigarci!» Li redarguì sbattendo con forza le mani per incoraggiarli.

«Dobbiamo?» ripeté alzando un sopracciglio. Non gli piaceva ricevere ordini, tanto mento da un pivello apri codici truffatore che gli aveva oltretutto nascosto la sua vera natura.

«Okay, sei arrabbiato. Mi dispiace, non accadrà mai più. Ci vediamo direttamente lì, va meglio così?» ironizzò con un sorrisino sforzato a trentadue denti.

Grugnì un sì ed Elnor si sentì più sollevato, portando una mano al petto sospirando, si girò per andarsene ma, poco prima di varcare la soglia, colpì qualcosa con la punta del piede che rotolò qualche centimetro davanti a lui. Si piegò per raccoglierla incuriosito e si girò di nuovo esterrefatto.

«Ehi, e questo cos'è?» chiese facendo girare tra le mani l'elsa della spada laser di Rey.

Ben non fece in tempo a dirgli di mollarla immediatamente che lo zuccone trovò il modo di attivarla. La lama gialla scaturì violenta e luminosa dal cristallo aureo e, per poco, non gli falciò il naso dalla faccia.

Scosse la testa per disperazione rivolgendo un'occhiata a Rey che lo ricambiò con uno sguardo ancora più cupo.

«Per tutte le lune di Endor! Ma questa... questa è una stracazzuta spada laser! L'arma di un jedi! Credevo che fossero tutte stronzate, e invece ne sto toccando una, non è possibile» esclamò Elnor elettrizzato come se avesse appena scoperto l'isola del tesoro.

Ben maledì i riflessi pronti del ragazzo, se si fosse affettato il cranio adesso non avrebbero più un serio problema.

«Chi è il jedi tra voi due?» chiese l'orecchie a punta, estremamente curioso e divertito.

Lui e Rey si indicarono reciprocamente all'unisono per discolparsi a vicenda ed Elnor emise un sonoro fischio divertito. «Lo siete entrambi. Oh sì, questa è decisamente una splendida notizia. Siete due fottuti jedi, cazzo. È vera quella cosa che sapete far volare pietre e strozzare le persone con la forza del pensiero?» li provocò imitando il gesto della mano ad artiglio rivolta verso di loro e facendo roteare la spada in modo molto maldestro.

Gli rivolse un'occhiata truce «Ne vuoi una dimostrazione?» lo minacciò in modo molto sottile ed Elnor si ravvide immediatamente.

«Scusa.» Spense subito la spada e la consegnò a Rey, che continuava a fissarlo con astio e preoccupazione. «Non lo dirò a nessuno. Giuro. Che possa morire in questo stesso istante» li rassicurò facendosi la croce sul petto, con un sorrisino appena accennato, mentre una goccia di sudore freddo gli imperlava la fronte.

«Morirai nello stesso istante in cui spiattellerai quello che hai visto, qui dentro, in giro. Ci puoi contare. E non farti i tuoi soliti viaggetti mentali. Io e Rey non useremo mai i nostri poteri per favorirci nella gara, non lo abbiamo fatto per il Gauntlet e non lo faremo nemmeno per la Five Sabers. Ficcatelo bene in quella tua testa vuota, Elnor.»

«Ma è da idioti! Chi se ne accorgerebbe?» insistette guardando prima l'uno poi l'altra cercando invano il consenso di entrambi.

Stava per ribattere con una minaccia ancora più convincente, quando vide Rey alzarsi dal letto ed avviarsi, completamente nuda, e ancheggiando sensualmente, verso Elnor che la osservava impietrito. Quella visione celestiale aveva avuto l'effetto miracoloso di ammutolirlo. La ragazza sollevò una mano nella sua direzione, disegnando nell'aria un arco di cerchio, e gli ordinò decisa: «Tu non ricorderai nulla di quello che hai visto in questa stanza.»

«Io non ricorderò nulla di quello che ho visto in questa stanza» ripeté il giovane con gli occhi sbarrati, in stato di trance.

«Adesso uscirai da qui e ci incontreremo al luogo stabilito» aggiunse, per buttarlo fuori dai piedi definitivamente.

«Adesso uscirò da qui e ci incontreremo al luogo stabilito» ribadì ancora, girandosi meccanicamente senza protestare e sparendo veloce dietro la porta.

Rey si voltò verso di lui sorridendo soddisfatta. «Ci voleva tanto? Mi stai deludendo Ben Solo, da quando non cerchi più di soggiogare mentalmente le tue vittime e provi a ragionarci? Stai diventando troppo buono per i miei gusti» lo punzecchiò puntando un pugno al fianco.

Le avrebbe dato ragione sicuramente se non ci fossero state le sue grazie, spiattellate davanti in bella mostra, ad ottenebrargli la mente.

Rey cercò qualcosa in giro per coprirsi, ed era bellissimo ammirarla aggirarsi per la stanza completamente nuda. In quel momento pensò che non avrebbe più potuto rinunciare ad una simile visione ad ogni suo risveglio.

La jedi ritrovò la sua camicia appallottolata su una sedia e se la infilò, anche se la stava grande come un vestito, stringendosela in vita. La vide fermarsi a respirare il suo profumo, poi si diede da fare per trovare qualcos'altro. «Eccola finalmente.» Si accovacciò davanti ad una cassettiera della cucina, mostrandogli un panorama decisamente eccitante e tirò fuori da sotto il mobile, la seconda spada laser che aveva portato con sé.

Si alzò e si rimise a sedere sul letto e poi gliela porse.

Lui la guardò con aria interrogativa, era la stessa con cui aveva fatto finta di combattere poco prima, non aveva mai visto quella spada laser e non aveva idea di chi fosse. Non appena la toccò però, provò un brivido strano, l'elsa era molto leggera, vantava una foggia davvero elegante e una colorazione ramata. Sentiva che aveva un'aria familiare.

«Era di tua madre» gli confidò lei, prima che se ne rendesse conto di persona. «Avrebbe voluto che l'avessi tu» aggiunse sorridendo, posando la mano sulla sua.

Quel dono inaspettato lo mandò in confusione: non era più un jedi, non aveva mai voluto esserlo, cosa se ne sarebbe mai fatto di una spada laser? Lui aveva piani diversi. Ma nello stesso tempo non poteva ignorare quel lascito, era qualcosa che era appartenuto a sua madre che lo aveva messo al mondo due volte, e forse sarebbe stata l'unica cosa che avrebbe mai potuto conservare di lei.

Fece cenno di sì con la testa, prese il cinturone dal quale pendeva la fondina del blaster che gli aveva regalato lo zio Lando, quando era ancora un poppante innocente, ci rinfoderò la pistola e ci appese anche la spada.

Rey gli sorrise con tenerezza, carezzandogli il viso. Poteva sentire chiaramente nella Forza l'ammirazione profonda che provava verso di lui in quel momento, e ne fu immensamente felice. «Abbiamo solo mezz'ora per prepararci e fare colazione. Dobbiamo sbrigarci e... ridammi la camicia» le mise fretta, notando l'ora tarda.

Rey protestò imbronciata. «E io che pensavo che avremmo avuto ancora qualche minuto tutto per noi...»

* * *

Arrivarono all'hotel con qualche minuto di ritardo, ripagare il danno alla camera 202 del Cornonet gli costò qualche credito in più del previsto.

Oktiis, il neimodiano che aveva organizzato la squadra per la Five Sabers, li stava già aspettando davanti alla vetrata della reception.

Gli presentò Rey e l'alieno ne rimase piacevolmente colpito, facendole una miriade di complimenti con quel suo accento antipatico, impossibile da digerire. Se non fosse stato un vecchio alieno bavoso e rugoso, sarebbe stato perfino geloso di lui e delle sue attenzioni per Rey, ma la jedi non si fece abbindolare. Gli anni su Jakku le avevano ben insegnato a tenere a bada i marpioni come Otkiis.

Non appena arrivarono anche Dana ed Elnor, stranamente insieme, si diressero tutti al bar dell'albergo. Otkiis parlò loro della gara, di come era organizzata, da quante sfide era composta, e di quali erano le regole. Ci sarebbero stati dei supervisori, posti in punti strategici dei percorsi per controllare che non venissero infrante. E in più, e quella era sicuramente la parte migliore, avrebbero dovuto costruirsi da soli i loro sgusci e trasferirsi su Theron entro le due settimane standard successive.

Quelle parole gli fecero ripensare per qualche istante a suo padre, Han Solo era stato uno dei migliori supervisori delle Five Sabers, in passato. Le corse erano state il suo mondo, la sua vita. Ma l'avevano portato continuamente lontano dalla sua famiglia, da sua moglie e suo figlio. Forse era stato veramente quello l'inizio della fine.

Rispetto a suo padre però si sentiva più fortunato, addirittura avvantaggiato: il legame che aveva con Rey era profondo, erano complici, avevano molte più passioni in comune e la cosa peggiore che poteva capitare loro su Theron sarebbe stata litigare sui mille modi per potenziare i motori a turbina degli sgusci. Di questo era più che riconoscente, ne avevano passate tante insieme, ed era riuscito ad accettare che la presenza della ex scava rifiuti, al suo fianco, lo rendeva un essere completo. Migliore.

Cercò lo sguardo di Rey e lo trovò corrucciato e piantato su Dana. Sorrise tra sé, era sicuro che l'avrebbe incenerita con gli occhi, se solo avesse potuto. Ma le sue paure erano infondate e non vedeva l'ora di dimostrarglielo di nuovo, questa volta in modo molto più eloquente ed intenso. Anche se avrebbero dovuto trovarsi al più presto un'altra stanza, dal Coronet ormai erano stati banditi a vita.

Dopo aver bevuto i loro drink, il neimodiano li congedò e rimasero solo loro quattro appoggiati attorno al bancone del bar.

«Noi non vogliamo trattenervi oltre» se ne uscì Elnor con un sorrisino malefico stampato su quel faccino verdognolo e affilato. «Perciò, se non avete nulla in contrario io e Dana... avremmo una questione urgente da sbrigare» farfugliò, mettendo una mano attorno ai fianchi della bionda procace che gli rivolse un'occhiata maliziosa.

Ben rimase esterrefatto e Rey non doveva essere da meno. «Una questione da sbrigare?» lo sondò assottigliando lo sguardo, tutto quel mistero gli puzzava non poco.

Dana Torres rispose per lui. «Elnor deve darmi qualche lezione. Ho scoperto che il modo in cui pilota il suo caccia è proprio niente male. Sa fare delle incredibili acrobazie...» ironizzò, strizzandogli l'occhio, con un'evidente allusione al doppio senso. «Ha promesso di insegnarmele.»

Lui e Rey li fissarono basiti. Da quanto era nata quella stramba relazione? Non che fossero una coppia inguardabile, per carità, lei era stupenda, come sempre fasciata in una di quelle sue tutine aderenti che poco spazio lasciavano all'immaginazione ed Elnor aveva un portamento elegante e raffinato, nonostante fosse un po' tarato di testa.

Rey scosse la testa. «E lui era quello che stanotte protestava perché non poteva dormire...» commentò sarcastica.

L'orecchie a punta e Dana risero di gusto, scambiandosi un casto bacio sulla bocca. Poi Elnor tirò alla bionda una leggera sculacciata su una natica soda e lucente e la invitò ad andare via con lui.

«Se volete scusarci... Sono sicuro che anche voi avrete di meglio da fare. Ci si vede su Theron!» Quelle furono le sue ultime parole mentre si allontanava con la compagna sculettante verso l'uscita.

Scoccò un'occhiata sconcertata a Rey e la jedi inarcò le sopracciglia, sconvolta quanto lui.

I loro due partner si prospettavano come una coppia strampalata ma interessante, ci sarebbe stato da divertirsi.

Rey bevve il suo drink blu notte e poi lo guardò in modo più sensuale. «È ancora valida la tua offerta di farmi da maestro?» lo spiazzò, facendolo strozzare con l'ultimo sorso di birra corelliana bevuto.

Tossì per riprendere fiato. «Adesso come ti è tornata in mente questa cosa?» protestò vivacemente tra i colpi di tosse.

«È valida o no. Una risposta precisa» lo incalzò, brutale. Aveva tutta l'aria di essere una questione molto seria, eppure avrebbe dovuto saperlo che non aveva praticamente più niente da imparare da lui.

«È ancora valida» le confermò incerto, scolandosi il resto della bottiglia.

«Bene. Voglio che mi insegni tutto quello ti ha fatto quella Dana quando siete andati a letto insieme» gli annunciò caparbia e anche un po' eccitata.

Deglutì a secco e ci pensò qualche istante. «Proprio tutto tutto?» indagò, seriamente in difficoltà.

«Tutto.»

Continua...

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Note:

La Five Sabers è una prestigiosa gara di piloti che si tiene su Theron, un pianeta nel sistema Theron, la cui superficie presenta famose formazioni di pietre a spirale. Ha una forte cultura delle corse, tra cui i podracing e appunto il torneo Five Sabres.

La Five Sabres è un campionato di pilotaggio. Come suggerito dal nome, il concorso è composto da cinque fasi: il tratto atmosferico, gli sprint orbitali, i relè lunari, i relè di luce e l'orientamento nell'iperspazio. Mentre le prime due fasi vengono supervisionate principalmente dal vivo o per intero, le ultime tre vengono studiate meglio nel filmato post-gara, a causa della loro durata rispettiva di ore, giorni e settimane.

Han Solo supervisionò la Five Sabers tenutasi il 28 ABY.

L'alieno Otkiis ovviamente è di mia totale invenzione.

Angolo dell'autrice in fase si elaborazione:

Mi sto divertendo un mondo nello scrivere questa fic e spero che vi stiate divertendo anche voi a leggere. Ho un paio di idee per il proseguo di questa storia che la allungherebbe un pochino, (vi ricordo che era nata come Shot Y.Y) sempre se vi farà piacere leggere ancora. Vedremo cosa riuscirò a tirare fuori, tempo, ispirazione e Diade disgraziata permettendo ^^'

Alla prossima!

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