4. È proprio quello l'inferno? (PARTE 2)

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

«Emma!»
Il sole creava strani giochi di luce sul terreno.
I passeri cinguettavano. Emma si accorse di essere tutta sudata, le sembrava che l'avessero tirata fuori da una busta di plastica. Pian piano cominciò a espandere il torace e a respirare più liberamente. Si alzò da terra.

Si stropicciò gli occhi. Si sentiva riposata come se avesse dormito per tredici ore. Ma allo stesso tempo sentiva un senso di spossatezza piombarle addosso come un masso sulla schiena. La bocca impastata dal sonno. La sensazione dell'umido dell'erba fresca sulle guance.

Con un filo di voce gli rispose: «James...»
«Perché stavi dormendo per terra?»
«Ehm.....» la ragazzina si morse il labbro «ecco siccome ero stanca vole...»
Il fratello la interruppe: «Vabbè non importa, volevo chiederti un'altra cosa»

Due occhi azzurri la fissarono dritto negli occhi. Emma dilatò le pupille. Le pareva di tuffarsi dentro quelle pozze azzurre, e di nuotare nelle profondità di quella testolina.
Chissà cosa pensava, un'anima così pura e innocente.

Emma si sentiva piccola anche solo fissando quegli occhi azzurri. Immaginava la mente di James come un grande formicaio; di tante formiche, così tante formiche tutte nere irriconoscibili l'una dall'altra. E più guardava quegli occhi, più percepiva quell'azzurro riempirla tutta e offuscarle la coscienza. Non sentiva nulla. Il viso pallido. La schiena ancora mezza sudata. Gli stessi alberi sembravano essersi ingigantiti e schiacciati dietro di lei. Oppressione. Confusione.

Il bambino corrugò le sopracciglia e una smorfia tenera modellò i suoi lineamenti. Dalle labbra rosee uscì una frase infantile: «Emma andiamo a giocare nel bosco?»
Emma trasse un passo indietro e fece di no con la testa. L'uomo che prendeva fuoco, gli echi... Non poteva rischiare di nuovo.
«Eddai ti prego!»
Una serie di parole uscirono dalla bocca della ragazzina involontariamente, come se fosse un robot: «James è pericoloso... E se nel bosco ci fossero le bestie? E se ci perdessimo? E la mamma?»
Si alzò in punta di piedi e gettò uno sguardo dietro James. A pochi metri di distanza la mamma che riposava sopra la tovaglia. Perché dormiva ancora? Era tutto così strano...
Trasse un sospiro profondo e si mise a braccia conserte.

«Dai Emma, io voglio esplorare il bosco!»
«Cosa ti salta in mente! Sono io la sorella maggiore e se ho detto no è no!»
«Io ci voglio andare e basta! Tanto la mamma sta dormendo e non si accorgerà di niente!»
Il bambino pestò i piedi a terra e diede le spalle alla sorella.
Un'espressione spettrale emerse dai suoi lineamenti: «Sai Emma, forse c'è un motivo se non hai amici e sei sempre sola: per questo tuo carattere aggressivo. Queste tue risposte così fredde e aggressive ti faranno restare sempre sola!»

Il corpo pietrificato. Le mani strette a pugno. Le dita che infilzavano la carne. Una rabbia bollente le scivolava addosso come una cascata di acqua calda. Sentì un senso di nausea come se avesse in bocca qualcosa di marcio. Un nodo in gola e una lacrima trasparente che scendeva lungo la guancia destra. Voleva urlargli contro, sfrattonarlo, sgozzarlo, prendere una pietra e fracassargli il cranio, impiccarlo sopra un albero e darlo in pasto agli uccelli, tutto pur di fargliela pagare ma...
A cosa sarebbe servita tutta quella rabbia? Per confermare la falsa convinzione di James?
Insomma, era solo un mammoccio e lui non avrebbe potuto di certo dire ad Emma chi era.

«Va bene andiamo»
Emma, come se si fosse appena risvegliata da un incubo, con uno scatto prese per mano James e lo trascinò dietro gli abeti. Dopo un quarto d'ora il prato era solo un puntino microscopico nell'orizzonte.

Il bosco era tutto un incrociarsi di vie e viuzze circondate da alti alberi oltre i quali si estendeva un mucchio di vegetazione impraticabile. Emma e James camminavano uno davanti all'altro. Nel bosco era tutto talmente ipnotico che l'unica cosa importante era camminare, guardare, ammirare, esplorare ogni centimetro di quel luogo.

Ad un certo punto l'intrigo di sentieri si sciolse in un grande spiazzo di prato.

I due si fermarono.
«Allora, cosa facciamo?» disse James
«Io direi di tornare dalla mamma, forse si sarà risvegliata e non vedendoci si sarà preoccupata»
Emma si voltò dietro di sé. Si erano allontanati troppo. Il groviglio di strade e stradine si allungava come un ammasso di serpenti.

E adesso come avrebbero fatto a ritrovare la via? E se la mamma si fosse svegliata mentre erano via e si fosse preoccupata? E se invece le fosse successo qualcosa di male? Una marea di dubbi affollava la testa di Emma. Com'era possibile che in quel giorno le erano successe tutte quelle disgrazie? Aveva visto un uomo che prendeva fuoco, degli echi terrificanti le avevano perforato le orecchie e ora si era persa nel bosco insieme a suo fratello. E poi, dopo tutte queste cose come faceva ancora a resistere? Tutti quegli eventi le rimanevano impressi nella mente e le stramazzavano il cuore; doveva pur essere stanca, sfinita, esausta. Eppure c'era qualcosa che non riusciva a fermare. Qualcosa che la costringeva a rimanere in piedi, come se stesse in pieno mare aperto e fosse costretta a nuotare per non affogare.

«Ciao»
All'improvviso il suono di un ramo calpestato. Una voce calda e profonda alle spalle dei due.
Chi poteva mai essere? Sembrava la voce della mamma, forse era lei! I due fratelli si girarono di scatto. Una figura snella ricoperta da un vestitino arancio chiaro. Un volto dalla carnagione delicata in cui erano incastonati due occhi verdi. La bocca tinta di un rosa intenso. Una chioma folta di capelli rossi come il pelo di una volpe cadeva sulle ampie spalle e sulla schiena.

Non era la madre dei due fratelli. Era una ragazza che poteva essere poco più grande di Emma.
Quest'ultima ricambiò il saluto accennando a un sorriso:
«Ciao!»
La ragazza dai capelli rossi fece un passo avanti:
«Come mai siete qui? Avete bisogno di aiuto?»
Emma si sentì rincuorata da quella presenza così dolce e altruista e rispose:
«Sì grazie, io e il mio fratellino ci siamo persi da circa un quarto d'ora e non sappiamo come ritornare da nostra madre, siamo venuti da lì»
Indicò il sentiero del bosco.
«Beh» la ragazza dai capelli rossi si morse il labbro: «Sono venuta svariate volte nel bosco e lo conosco molto bene, quindi posso tranquillamente riportarvi da vostra madre»

La ragazza si voltò dietro di sé e fece cenno ai fratelli di seguirla. Un ruscelletto scorreva sotto le pietre con un timido gorgoglio. I tre cominciarono a seguire quel corso d'acqua. James dilatò le pupille. I capelli della fanciulla alla luce del sole erano di un rosso ardente come il metallo sull'incudine. Sentiva quel respiro regolare risuonare nelle orecchie. Quell'odore di violette intenso e pregnante. Il bambino sfiorò la mano alla ragazza e le chiese:
«Come ti chiami?»
«Letizia»
Emma alzò la testa:
«Che bel nome! Io mi chiamo Emma»
«Io James» ribatté l'altro.
Letizia mostrò la sua bellissima dentatura e si mise i capelli di lato:
«Piacere di conoscervi!»
Continuarono a camminare.

Una strada stretta e lunga correva davanti a loro. Il sole filtrava sotto il manto verde degli alberi e donava una leggera calura ai tre nel loro percorso. Letizia proseguiva a passo regolare e gli altri due la seguivano affianco. Ogni tanto si girava a sinistra per scrutare James. Lo esaminava dalla testa ai piedi, con uno sguardo intenso che sembrava correre lungo quel corpicino come il filo di un ragno. Correva sulle gambette agili come cavallette, sulla maglietta azzurro chiaro e sulle braccia corte e grassocce, intorno alla testa incorniciata da quei riccioli d'oro, penetrava in quegli occhi azzurri e sembrava volesse frugarvi dentro. Era uno sguardo talmente malizioso che teneva James attaccato a lei, come se ci fosse un guinzaglio invisibile.

Emma invece osservava quasi con ammirazione quella ragazza. Le bastava la presenza di Letizia, una sconosciuta che si era intrufolata in quella giornata per caso e gliel'aveva resa migliore. Il tempo, che prima era un coltello piantato sulla schiena di un dolore intollerabile, ora non esisteva più. Come una bolla che scoppiava all'improvviso. Era così piacevole camminare con quella ragazza, si sentiva svuotata di tutto. A cosa sarebbe servito dopotutto ripercorrere quegli eventi spiacevoli passati? A nulla. Era tutto nella sua testa. Voleva solo essere accompagnata da Letizia dalla mamma. E poi ritornare alla vita di sempre, alle proprie abitudini; come mettersi a letto ed essere accolti dal caldo delle coperte.

Tutt'a un tratto Letizia prese per mano Emma. Le dita si incontravano in un groviglio inestricabile e i palmi della ragazza dai capelli rossi premevano quelli dell'altra. Ad un certo punto la strada stretta e lunga lasciò posto ad una via larga e priva d'ombra. Adesso avanzavano a passo svelto. Il fratello aveva lasciato la mano di Letizia. Un calore denso paralizzava Emma dalla testa ai piedi.

Dove stavano andando? Letizia prese a correre. Sempre più veloce. Emma percepiva la ghiaia punzecchiare i piedi. Un dolore atroce si estendeva nelle gambe. Le sembrava di avere un masso nello stomaco. La bocca si seccò e l'angoscia le strinse la gola. Schiuse le labbra per parlare ma non emise alcun suono. Una morsa sembrava comprimerle il cervello. Goccioline di sudore si disperdevano. Le mani sudate. Gli occhi rivolti verso il basso.

Non capiva nulla. Letizia la guardava con la coda dell'occhio e sorrideva. Un sorriso maligno lampeggiava sulle sue labbra. Gli occhi stralunati e quella dannata presa che non mollava. Che goduria ingannare una ragazzina così innocente e pura. Ora che era caduta nelle sue grinfie non l'avrebbe fatta scappare più. Il serpente della confusione guizzava nella mente di Emma. Letizia non era la salvezza che tanto aspettava? Ma soprattutto, dov'era James? Non lo vedeva più. Doveva staccarsi da Letizia e scappare lontano da lei. Ma la presa della ragazza era troppo forte e non riusciva a staccarsi. Com'era possibile?

La corsa era infinita. Perché stava accadendo tutto questo? Le lacrime cominciarono a rigare il volto in un fiotto caldo.
Le sembrava che il sole stesse calando, più in basso, sempre più in basso, si staccasse dal cielo e cominciasse a rotolare sulla strada fino a colpirla in pieno e incenerirla.
Eppure correvano e basta. Nulla si muoveva. Nulla mutava. Nulla si trasformava. Tutto intorno a loro era fermo e statico, un'apatia totale a quella ragazzina sofferente, ai suoi occhi piangenti, alle sue gambe fragili e al suo cuore in collasso. Niente poteva porre fine all'agonia di Emma, tutto contribuiva a farla entrare in un tunnel di caos senza fine. Letizia era come un orologio con le lancette che si muovevano all'impazzata senza fermarsi mai.

E invece avevano smesso di correre da un pezzo. Davvero? Era davvero tutto finito? Davanti a sé si ergeva una casa apparentemente abbandonata. La ragazzina strabuzzò gli occhi. Cadde in ginocchio sul prato e tanti piccoli moscerini le si posarono sulle mani. Quando in precedenza aveva sentito gli echi nel bosco, si sentiva debole e fragile come un pezzo di carta; con poche forbiciate chiunque l'avrebbe fatta fuori. E difatti la ragazza dai capelli rossi aveva dato la forbiciata finale. L'uomo di fuoco, gli echi nel bosco, quella ragazza demoniaca. Zac zac zac. Tutte forbiciate che avevano colpito quella povera anima di Emma. La madre, il fratellino... aveva perso tutto. Ecco cosa succede se l'ordine viene sconvolto.
Ecco cosa succede se sono le abitudini a deteriorarsi.

L'uomo entra in crisi. E tutte le tessere del domino cadono una dopo l'altra. Tic tac, tic tac. Il tempo scorre e non si ferma. È proprio nel momento in cui tutte le tessere del domino cadono, che l'uomo finalmente capisce. Il tempo non è ordine, ma è inferno! È un fiume di sangue, che con i suoi ticchettii brevi e costanti disintegra uno dopo l'altro ogni essere umano presente sulla faccia della terra!

L'ombra di Letizia si ergeva dietro Emma. La prese per la maglietta:
«Ti è piaciuta questa bella giornata?»
Emma non riusciva a parlare, guardava la ragazza con gli occhi sbarrati e tremava. Un filo d'aria entrò nella sua bocca e balbettò qualche parola confusa:
«P-per-perché tutto questo? D-do-dov'è mio fratello?»

Emma la guardò in attesa di una risposta. Il viso era talmente rosso che sembrava dello stesso colore dei capelli. Sotto il vestito arancione strappato e sgualcito si nascondeva un corpo pieno di graffi e ferite. Il profumo di violette era sovrastato da un tanfo puzzolente di sudore. Il suo respiro pareva quello di un cannibale intento a divorare carni umane.

Letizia non rispose. Aprì la porta della casa abbandonata. Un flusso di aria calda e soffocante pervase subito Emma. La ragazza dai capelli rossi la sbatté dentro come se fosse un animale morto. Era macchiata di un rosso intenso dalla testa ai piedi. Sembrava scoppiare da un momento all'altro.

Emma era sconvolta. Il viso si era fatto di un bianco marmoreo. Il dolore traboccava dai lineamenti. Gli occhi spalancati. La bocca aperta. Un tanfo di bruciato le si infilava nelle narici e le inondava i polmoni. Delle fiamme si alzavano dal pavimento. Sempre di più. Sempre più alte. Sempre più bollenti. La circondavano facendola soffocare. Non pensava a niente. Era vuota. Un vegetale in preda ad un tormento incommensurabile. Anche il sorriso di Letizia si confondeva nelle fiamme.

Un ghiaccio perenne le pervase la schiena. Con una sofferenza estrema si girò dietro di sé.
James con una pistola in mano. L'aveva sparata. Emma cadde a terra e le fiamme la accolsero nel loro abbraccio mortale.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro