Ti osservavo dalla finestra del salotto: eri piegato davanti al cofano della tua auto per sistemare al meglio le mie valige all'interno; cercavi la posizione più adatta e, nel farlo, la tua mano andava sempre più spesso a sistemarsi i capelli. Sorrisi sincera perché più ti guardavo più mi convincevo fossi perfetto.

«Allora state andando davvero via» disse tuo padre avvicinandosi lentamente al divano per sedersi.

Avevano provato a trattenerci qualche altro giorno, ma tu dovevi tornare a lavoro e io ne dovevo cercare uno a tutti i costi. Loro si erano dispiaciuti tanto, avevano però compreso e ci stavano finalmente lasciando andare con la promessa di ritornare al più presto. In fondo potevo comprenderli, dovevano essersi sentiti tremendamente soli in questi anni e ora avrebbero voluto recuperare tutti gli attimi che avevano perso.

«Ti prenderai cura di lui, vero?» mi chiese l'uomo, puntando gli occhietti scuri su di me.

«Sì, sono obbligata. Lui si preoccupa tanto per me che ho paura non pensi mai a se stesso, quindi lo farò io al suo posto.» Sorrisi, rassicurando al meglio le preoccupazioni del tuo genitore.

«Allora mi prometti che riuscirai a farlo ricongiungere con i suoi hyung? Spesso credo che per lui loro siano persino più importanti di noi» disse, tenendo lo sguardo fisso sul piccolo tavolino in legno di fronte a lui.

«Non si preoccupi, mi sto già occupando di questa questione. Non me lo perdonerei mai se smettessero di parlarsi a causa mia, quindi sto già agendo... Jungkook non sa, ma mentre dorme gli ripeto di risolvere tutto.»

Tuo padre rise e io gli feci l'occhiolino, stipulando così quel patto tra noi.

Non lo dicevi apertamente, ma era evidente per chiunque che i tuoi hyung ti mancassero e io avevo combinato tanti disastri, però non sarei stata l'artefice della distruzione della vostra amicizia.

Quella fu una delle ultime regole che mi posi mentre ti guardavo rientrare in casa soddisfatto del tuo lavoro: saresti stato felice, con me e con tutta la tua famiglia.