XI. Il Tesoro Spagnolo: Sangue e morte

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Il picchiettio rapido e prolungato degli stivali sulla sabbia era tutto ciò che si udiva lungo il litorale pallido dell'accampamento di Palma de Ayz. Ben presto, però, a quel suono già di per sé destabilizzante, si unì prepotente il clangore delle sciabole che cozzavano l'una contro l'altra, gli scoppi assordanti degli spari e le urla orripilanti di chi veniva martoriato senza pietà.

La sabbia si tinse rapidamente di rosso, quando si alzò il sipario sullo spettacolo di terrore e violenza senza freni scaturita dagli incursori.

Lo sguardo di Lavy era vuoto, eppure ricolmo di fiamme inestinguibili alimentate dall'ardore con cui puntava i suoi bersagli, famelica. Non c'era né esaltazione né paura nei suoi occhi: solamente convinzione, volontà di spazzare via senza pietà chiunque si frapponesse tra lei e il suo obiettivo.

Il suo bersaglio in quel momento erano i soldati della marina spagnola, presi alla sprovvista da più direzioni grazie al piano d'azione messo a punto da Jack Rackham.

Lavy strinse più forte le impugnature delle sue due sciabole, mentre si avvicinava ai primi nemici che stavano provando a reagire, a battersi nonostante la situazione disperata.
Alla sua destra, Anne e Jennings guidavano un cospicuo gruppo di uomini, completato da quelli di Vane e Jack sulla sinistra, verso la riva.

I nemici erano in gabbia.

Le lame del capitano Sabers furono sollevate per menare un largo tondo verso i primi due avversari che già avevano sguainato le spade e le pistole per fronteggiare lei e i suoi, ma il suono di due spari susseguitesi a un intervallo di appena mezzo secondo raggiunse le sue orecchie. Mentre i proiettili da esso preannunciati raggiunsero le teste dei due avversari, aprendo dei larghi buchi dritti nella loro fronte da cui schizzò un fiotto di sangue che sporcò il viso della guerriera, prima che cadessero al suolo, inermi.

Dietro di lei, Nick ricaricò il moschetto, pronto a sparare una terza volta. A coprirle le spalle.

A quella inaspettata dimostrazione di abilità, Lavy si lasciò sfuggire un sorriso che illuminò ulteriormente le sue brillanti iridi marine. Avanzò, noncurante, oltre i due cadaveri, e abbatté un ragazzo che aveva tentato un fiacco affondo verso di lei, schivando rapida verso sinistra e piantandogli entrambe le lame in mezzo al viso talmente forte da dividergli le carni in metà simmetriche, spargendo il denso liquido rosso che ne fuoriuscì sulla sabbia. Senza nemmeno guardarlo, proseguì, rigettandosi furiosamente in avanti a corpo basso, dinamica e letale.

Piantò una sciabola nello stomaco di un altro nemico, per poi estrarla fulminea e bloccare con il piatto di tutte e due le lame un potente colpo d'ascia di un energumeno spagnolo dal viso duro e squadrato, spuntato di fronte a lei dalle retrovie. Per poco non aveva piantato la punta dell'arma bipenne nel suo petto. Se avesse parato con un solo braccio, probabilmente si sarebbe spezzato come un fuscello e sarebbe stata trapassata con brutalità.

Lavy urlò selvaggiamente. Incrociò le lame sul manico dell'arma rivale e le ruotò verso l'esterno per allentare la presa dell'altro, che infatti diminuì la propria forza sull'ascia. La ragazza ne approfittò subito e con un calcio alto la fece volare via dalle sue mani, che furono poi subito mozzate da un montante delle sciabole seguente al calcio. Non gli diede nemmeno il tempo di urlare, che già gli aveva squarciato il collo con un affondo netto. Il suo corpo stramazzò al suolo, morente.

La corsa della piratessa continuò così nella sua frenesia devastante, anche le due pistole che aveva nella fondina appesa al cinturino furono estratte per mietere rapidamente vittime attorno a sé e avanzare veloce.

Era una vera e propria furia, un demone della battaglia che uccideva e spargeva sangue senza remore sul campo, i denti stretti in una smorfia che aveva del bestiale, gli occhi strabuzzati e arrossati in un lampo crudele.

Come se fosse un'altra persona rispetto al solito. Come se avesse liberato una belva feroce dal suo interno, che scalciava e guaiva, affamata, e finalmente poteva banchettare, cibarsi selvaggia di morte e paura.

Vide sott'occhio Flicker abbattere con esecuzioni eleganti e precise dei nemici con la sua lunga katana ricurva, così come Anne piantare stiletto e pugnale con efficacia e incredibile agilità nei punti vitali degli avversari, coperta dalle pistole di Jack così come lei lo era dal moschetto di Nick. Al contempo, Hector e Jennings calavano le loro poderose asce con enorme energia ed euforia, del tutto annebbiati dal furore del momento, ebbri di spirito combattivo.

Vane, d'altra parte, somigliava tantissimo a Lavy nel modo in cui flagellava vittime su vittime una dopo l'altra, spietato e preciso con la sua spessa sciabola simile a una mezzaluna insanguinata. Possedeva una rabbia intrinseca molto affine alla sua.

Non passò molto tempo, prima che i brutali assalitori guadagnassero tanti metri da conquistare la spiaggia quasi nella sua interezza, con i corsari spagnoli arretrati fino a serrarsi nei pressi del relitto del galeone, a riva, mortificati e impauriti. Di fronte all'avanzata pirata, alle forze minori e alla già da tempo aleggiante spossatezza fisica per il naufragio prolungato, non poterono far altro che soccombere. Finché, quando fu chiaro che di quel passo sarebbero stati tutti sterminati, dopo che anche il loro capitano fu ucciso da una pallottola sparata apposta da una delle pistole a pietra focaia di Lavy, i guerrieri restanti decisero di fermarsi e arrendersi, sperando che sarebbero stati risparmiati.

L'assassinio da parte di Lavy del loro capitano non era stato affatto casuale: privato della loro unica guida, la volontà degli spagnoli era stata definitivamente annientata e non avevano potuto far altro che consegnarsi al nemico.

Fu a quel punto che la ragazza si convinse di poter porre fine a quel massacro. Prese un profondo respiro, riempiendo al massimo i polmoni d'ossigeno.

"Uomini, fermatevi! I bastardi si sono arresi, riponete le armi!" gridò a gran voce, in tono roboante nonostante si trovasse nel bel mezzo del frastuono.

Man mano, il fragore degli stivali e delle armi luccicanti sotto al sole cominciò a scemare, e il ritmo della sanguinosa melodia si adagiò, cedendo il posto a esultanze e grida frenetiche per l'obiettivo raggiunto. Anche Charles Vane e i suoi furono d'accordo sul fermarsi, a giudicare dal rallentamento della loro avanzata.

La battaglia era vinta, e il galeone spagnolo conquistato. Gli uomini stranieri rimasti, pensò Lavy mentre si avvicinava a loro con passo deciso, non avevano più né un posto dove andare né speranza. Pensavano che la loro vita fosse finita lì, e li aspettassero orribili strazi.

Ma lei avrebbe restituito loro il diritto di vivere, e così sarebbero stati in debito, costretti a servirla.

Un ghigno mellifluo si fece strada tra le sue guance, di fronte ai superstiti. Tutto era andato esattamente come lei aveva voluto. La ciurma del capitano Sabers aveva ottenuto la prima grande vittoria.

"Il tesoro è nostro!" esclamò, alzando la sciabola al cielo, accompagnata dalle gracchianti urla in festa dei suoi uomini.

In seguito, nel mentre che la calma tornava ad avvolgere il lido fino a pochi minuti prima cosparso di sangue e morte, Lavy fece disporre uno di fianco all'altro i marines restanti dopo l'assalto. Alcuni tra loro tremavano, altri trattenevano lacrime di disperazione, convinti che sarebbero stati fucilati, e traumatizzati dall'orrore che avevano appena vissuto. Pochi altri ancora, invece, guardavano con disprezzo la donna con le due sciabole chiazzate di rosso che avevano mietuto decine dei loro compagni.

All'inizio, l'equipaggio del galeone era composto da circa sessanta uomini. Ora, contò Lavy, ne rimanevano sedici. Un numero di persone che le avrebbe comunque fatto comodo a bordo. Senza contare chi si sarebbe rifiutato, stimò che probabilmente avrebbe ottenuto almeno dieci o dodici nuovi sottoposti.

Si piazzò dunque davanti a loro, fiera nella postura, squadrandoli dal primo all'ultimo coi suoi occhi penetranti e chiari come il cielo, sotto la luce baluginante del sole di mezzogiorno.

Aprì bocca per parlare.

"Ehm... usted..."

Sfortunatamente, si accorse con sgomento di non conoscere nemmeno una parola di spagnolo.

"Qualcuno tra voi parla inglese?" si grattò la nuca con aria indolente, scandendo bene ogni parola. Accanto a lei, Danny Flicker voltò il capo altrove per trattenere una grassa risata.

Uno degli spagnoli mosse un timido passo in avanti. "I-io. Poco..." farfugliò.

"Ah, bene. Cercherò di rendertela semplice allora: tu e i tuoi compagni avete il permesso di unirvi al mio equipaggio, quello del capitano Sabers. In caso contrario, sarete abbandonati a voi stessi su quest'isola deserta, ognuno con una pistola e un proiettile solo, oltre a una borraccia d'acqua. Così che possiate sopravvivere o alleviare le vostre sofferenze con la morte." Lavy guardò il giovane a cui si era rivolta, attendendo una reazione. Ma dal suo volto spaesato non sembrava aver compreso benissimo.

"R-repetir màs despacio, por favor..."

"Eh? Devo dire tutto daccapo?" fece Lavy, torva.

"¿Que?"

"Ma porca troia..." Lavy si passò una mano tra i capelli sfibrati, esasperata. "Flick, fa' in modo che capiscano, non ho tempo per stare ore a spiegare le stesse cose." gli diede una pacca sulla spalla, prima di allontanarsi dalla zona.

"E come dovrei fare, capitano?" chiese lui, incerto.

"Fagli un disegnino, se necessario. Basta che recepiscano il cazzo di messaggio." borbottò. "Quanta pazienza ci vuole..."

Poco più in là, seduto a gambe incrociate sulla sabbia, intento a pulire con uno straccio umido il suo moschetto, Lavy trovò Nick Stevenson. Gli occhi grandi e grigi come acciaio del ragazzo erano lo specchio della concentrazione, completamente persi nella superficie liscia dell'arma che stava lucidando, nella quale si palesava il riflesso distorto del suo viso.

La ragazza si sentì in un certo qual modo affascinata dalla cura e dedizione totali che dedicava a quel gesto. Le sembrava un tipo metodico, che celava bene le sue abilità, forse per sfruttarle solo al servizio di chi sapeva valorizzarle, come aveva fatto lei. In un certo senso, si sentiva fiera che le avesse messe mostrate per aiutarla, che si fosse fidato. Lo trovava piuttosto interessante come persona.

"Ehi, bel lavoro prima, mi hai coperta bene. Sai davvero sparare, allora." si piegò sulle ginocchia in modo da abbassarsi alla sua altezza, rivolgendogli un accenno di sorriso. Ancora non riusciva a scomporsi e a regalare agli altri un'espressione piena di solarità come quelle che sapeva sfoggiare un tempo, a Fionnphort. "Ti ha insegnato qualcuno..?" domandò, vagamente incuriosita.

Nick voltò lo sguardo verso di lei, fissandola con quegli occhi dal taglio dolce ma allo stesso tempo penetranti. Pericolosi, all'occorrenza.

"Una donna, era una piratessa anche lei." confermò. "Mi salvò da una vita solitaria e di stenti, in Scozia, dopo la morte di mia madre che mi lasciò orfano. Mi convinse ad arruolarmi nella sua ciurma nonostante fossi poco più di un bambino e mi insegnò a sparare. Sapevo che era una fuorilegge ma non avevo tanta scelta all'epoca, e avendomi accolto con sé, mi fidavo di lei."

"Come si chiamava questa donna?" Lavy avvertì una strana sensazione. Forse aveva intuito di chi parlasse. Se Nick aveva più o meno la sua stessa età o poco più, allora era probabile che si trattasse proprio di lei. D'altronde, quante altre piratesse donna c'erano mai state a solcare i mari?

Nick sorrise agli sfocati ricordi del suo passato. Il suo sguardo sognante provocò in Lavy una profonda nostalgia, per qualche motivo.

"Si chiamava Ginny. Ginny Thomson." disse il fuciliere, caloroso.

Lavy rimase interdetta per un attimo, sebbene in fondo se lo aspettasse. Entrare con concretezza in contatto con la gloriosa vita di sua madre la destabilizzò. La donna che l'aveva indirettamente spinta a seguire quella via che l'aveva condotta in una spirale di dolore e insicurezze che ogni giorno la divoravano dall'interno, procurandole ira e ansia costanti, non era più oggetto di pura e semplice ammirazione da parte sua. Adesso i sentimenti che provava nei suoi confronti erano contrastanti.

Non sentiva più di riuscire a capirla come prima. Non comprendeva come fosse riuscita a essere a suo agio in tutto quello squallore, non si capacitava del modo in cui avesse accettato la morte e il sangue con tale facilità. Altro che avventura, quella vita sapeva essere un inferno per chi era impreparato, lo leggeva negli occhi dei superstiti spagnoli, così come l'aveva visto in quelli frustrati di Flicker, quando l'aveva liberato dalla schiavitù.

Ciononostante, sapere che Ginny Thomson, sua madre, avesse aiutato qualcuno come lei in quel grigio scenario, le riempiva il petto di speranza. Forse avrebbe dovuto cercare di conoscerla meglio. Finora l'aveva solo idolatrata, poi odiata per la sua vera natura. Forse, Nick avrebbe saputo aiutarla con molto più che la sua buona mira.

"Capisco." Lavy si alzò, volgendogli la schiena esile e dritta. "Vorrei che tu viaggiassi di nuovo con me al ritorno, Nick. C'è una cosa che desidero proporti."

"D'accordo, anche se immagino che debba prima chiedere al capitano Vane." ribatté lui, dubbioso.

Lavy gli sorrise ancora da sopra la spalla, sprezzante. "Con tutto il rispetto: credo che Vane non conosca nemmeno il tuo nome. Vada al diavolo."

Poco dopo, passando accanto a un gruppo di corsari poco distanti da Nick, Lavy notò con la coda dell'occhio proprio Charles Vane, accanto a Jack Rackham e Anne Bonny. I due uomini discutevano sottovoce della partizione del tesoro, captò, mentre Anne era più in disparte, a scacciare il sangue dal suo pugnale con un panno, il volto in ombra sotto il groviglio di capelli infuocati.

"Come dividiamo le merci, capitano Vane? Due quote per noi e per Sabers?" udì sussurrare Jack. 

"Due quote per me e te, così anche per Jennings e il suo quartiermastro, Butcher. A Sabers danne una e mezzo, non ha nemmeno una vera ciurma per chiamarsi capitano." rispose Charles, rude.

A quelle parole origliate per caso, qualcosa scattò in Lavy. La stessa furia che aveva provato durate l'assalto, ma moltiplicata almeno per il doppio.

"Ehi, cosa cazzo state dicendo qui?" irruppe, spingendo via con sorprendente vigore Jack, che cadde al suolo di schiena. "Rispondi allora, cazzone?" avvicinò il viso a quello lungo e squadrato di Vane, che sostenne il suo sguardo senza batter ciglio. 

Anne, poco più indietro, estrasse in un lampo pistola e spadino, rinfoderando il pugnale con destrezza e piazzandosi davanti a Jack.

"Qualche problema, capitano Sabers?" Vane quasi sputò il suo nome, sorridendole con sprezzo e ironia. I suoi muscoli si irrigidirono, pervasi da una rabbia istintiva. 

Ma Lavy non fu da meno. Le mani posate sulle sciabole, pronte a estrarle. I denti stretti quasi a emettere un ringhio selvatico.

Gli sguardi dei due capitani si trafiggevano, dando quasi l'impressione di emettere scintille.

"Sì, Vane." sbraitò lei. "Direi che abbiamo un grosso cazzo di problema."

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