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Scesi dalla macchina e rientrati in hotel, completamente fradici per la forte pioggia, i tre giovani furono accolti dalle rispettive madri. Erano in pensiero, dato il forte temporale, ed abbracciarono i loro eredi per rassicurarli.

"Stai bene?" chiese Lailah, abbracciando la figlia.

"Cosa vi è saltato in mente di fuggire di notte così?" domandò Carmilla, non aspettandosi una cosa del genere dai suoi figli più piccoli.

Il figlio di Astaroth sgattaiolò via di corsa, notando lo sguardo infastidito di Kaila. Lucifero entrò dalla porta rotante dell'hotel grondando acqua e parolacce in varie lingue. Michael riconobbe senza ombra di dubbio lo spagnolo e il tedesco ma ebbe qualche dubbio sul babilonese e l'azteco.

"Azazel..." sbottò il proprietario di quel luogo "Com'è la situazione?".

"Per ora sembrerebbe tranquilla. Gli ospiti stanno ancora dormendo, in cucina iniziano a preparare le colazioni. Attendiamo il mattino, quando anche chi dorme vedrà i filmati in giro...".

"Voglio tutti i ragazzi nel salone della festa tra dieci minuti, intesi? Il tempo di cambiarmi, o allago mezzo hotel".

"Sarà fatto".

"E che non ci siano i genitori...".

"Sissignore".

Il messaggero percepì un brivido lungo la schiena, incrociando lo sguardo del proprio capo, e si affrettò ad obbedire.

L'ascensore di vetro che portava all'ultimo piano si affacciava sul giardino ma con quel diluvio non si poteva vedere un granché, se non quando un lampo abbagliava il cielo.

"Guarda che lo so che sei incazzato" borbottò Lucifero, salendo "Lo sono anch'io! Probabilmente molto più di te!".

Si cambiò in fretta, tornando poi verso il salone con ancora i capelli bagnati. La porta era chiusa, i genitori all'esterno come richiesto. Si fermò solo qualche secondo per osservare i loro volti, leggermente turbati. Non aprì bocca ed entrò. I giovani, alcuni ancora zuppi di acqua, lo attendevano con aria infastidita.

"Sedetevi" invitò il Diavolo "Qui, davanti a me".

Trascinando le sedie, i ragazzi si sistemarono a semicerchio. Lucifero prese a sua volta una sedia e vi si sedette al contrario, incrociando le braccia sullo schienale e divaricando le gambe. Li osservò per bene tutti quanti, riuscendo a intuire di chi fossero discendenti. Kaila era la più riluttante ad obbedire ma alla fine pure lei si mise seduta.

"Dunque..." esordì il Diavolo, dopo essersi schiarito la voce e mostrando una strana calma "Mi potete spiegare per quale inspiegabile ragione le vostre testoline hanno pensato bene di dar spettacolo stanotte?".

Silenzio. Gli interrogati si fissarono, senza aprir bocca.

"Avanti" incalzò Lucifero "Vi ascolto. Ci sarà una motivazione dietro a tutto questo, giusto?".

Ancora silenzio.

"Su, coraggio! Non ditemi che è stato tutto improvvisato perché so che non è vero. Pianificavate questa cosa da giorni, se non da mesi, e una ragione ci dev'essere per forza!".

Ancora senza alcuna risposta, l'adulto si accese una sigaretta.

"C'è l'antincendio" mormorò timidamente una giovane demone dai capelli verdi, indicando un dispositivo sul soffitto.

"Lo decido io quando c'è l'antincendio" assicurò Lucifero, facendolo momentaneamente sparire con un gesto "E ora gradirei apriste bocca per aiutarmi a capire. Non sono certo estraneo agli atti di ribellione, perciò non posso farvi più fi tanto la predica, ma vorrei comprendere il motivo di simili azioni".

Davanti al protrarsi di quella scena muta, il proprietario dell'hotel sospirò con un certo fastidio.

"Mi volete forse dire che avete agito a caso? Senza uno scopo? Vi siete svegliati la mattina e vi siete detti: ma sì, stanotte apriamo le ali e mandiamo a farsi fottere le regole e il lavoro degli altri. Che bello! Tanto che ce ne frega. È così?".

"No!" si decise finalmente a parlare Kaila "Non è affatto così!".

"Bene, allora spiegami. Sono tutto orecchi".

"Noi siamo stufi di fingere di essere ciò che non siamo, tutto qua. Vogliamo essere noi stessi".

"Liberissimi di farlo. Non tra gli umani".

"Perché?".

"Mi pare di averlo già spiegato. Lo ripeto, perché evidentemente quando parlo non ascolti. Questo mondo, la Terra su cui voi ora gironzolate, non è stata creata per voi. O per me, sia chiaro. Non è stata creata per angeli e demoni, ma per i mortali. Le altre creature, per quanto siano più belle e interessanti, devono farsi da parte e mantenere una certa discrezione".

"E perché?".

"Intanto perché chi sai chi potrebbe anche cacciarci tutti e impedirci di rimetterci piede, sarebbe sua facoltà. Poi resta il piccolo dettagliuzzo della fede. Sai... quella cosa per cui tutti i genitori e gli antenati dei tuoi amici sono stati creati".

"Gli umani non hanno fede. Abbiamo mostrato le ali e nessuno di loro si è posto il problema, si è messo a pregare o si è inginocchiato per la paura dell'Inferno. Non si sono spaventati o riscoperti credenti. Ci vedevano solo come...".

"Degli animali strani" sibilò Lucifero, interrompendo la figlia "Delle bestie, da studiare ed eliminare. L'Uomo è una creatura di merda, figlia mia. Gli esseri umani sono la peggior specie che mai sia esistita. Sono così pomposamente convinti di essere i migliori, da distruggere tutto quel che toccano come fossero loro stessi delle divinità. Voi non vi rendete minimamente conto di quanto possano essere pericolosi".

"Più pericolosi di te?".

"Io non sto portando all'autodistruzione la mia specie annientando il luogo in cui vivo".

"Ma sei un sadico dittatore despota!".

"Sono il Diavolo, tesoro. Ti aspetti forse uno zuccherino e un bacio in fronte, dopo quello che hai combinato?".

Kaila ruotò gli occhi al cielo. Lucifero ghignò irritato. Poi tornò alla sua strana espressione serafica e ascoltò le parole della figlia.

"Noi non siamo al tuo servizio. Le cose cambiano. Tu non sei il re, perciò perché dovresti dirci cosa dobbiamo fare? E perché avresti l'autorità di punirci? Per uno stupido hotel?".

"Io ho l'autorità di punire te perché sono tuo padre. E ho l'autorità di punire tutti i tuoi amichetti perché sono superiore per scala gerarchica a tutti i loro genitori e parenti".

"Roba vecchia! Della gerarchia dell'Inferno a noi non importa!".

"Bene. Facciamo dunque un ripassino di storia...".

Il Diavolo mosse una mano, plasmando una piccola sfera al cui interno si mostrò un paesaggio brullo, rossastro, buio, sferzato da forti venti.

"Sapete cosa vi sto mostrando?".

I ragazzi scossero la testa.

"Questo, giovani demoni rampanti, è l'Inferno. Non quello a cui siete abituati, ricco di palazzi, città e luoghi relativamente confortevoli. Questo è l'Inferno più selvaggio, quello che si è presentato davanti ai miei occhi, e a quelli di tutti i vostri genitori o antenati, al momento della caduta. Esistono ancora alcune zone così, principalmente per le anime dannate, ma non si è modificato di certo da solo".

"Era tutto così?" si schifò un ragazzo, indicando la sfera.

"Era tutto così. Potete immaginare la disperazione di chi giungeva dalle alte cariche del Paradiso, mentre si ritrovava di colpo circondato da questo. C'è chi è impazzito e si è lasciato morire. Altri invece hanno tentato di renderlo la propria casa, quel che vedete ora".

"E questo cosa ha a che fare con...?".

"Pensate forse che un territorio come questo sia modificabile con un pochino di olio di gomito e allegria? Certo che no! L'Inferno è vivo e ha bisogno di essere domato, continuamente. E per essere domato c'è bisogno di qualcuno in grado di farlo. Comanda il più potente perché solo il più potente può mutare questo e mantenerlo stabile".

"Sappiamo che hai plasmato gli Inferi, papà..." incrociò le braccia Kaila.

"Non è solo questo, bambina mia. Non si tratta solo di plasmare, ma anche da mantenere stabile. E per mantenerlo stabile c'è bisogno di una gerarchia, c'è bisogno che ogni zona e cerchio abbia dei demoni abbastanza potenti da tenere le redini della propria zona e di chi ha sotto di sé. Placando ribellioni, controllando territori e amministrando quel che quel mondo ha da offrire. Pensate forse sia una cosa che tutti possono fare?".

I giovani si fissarono, con una mezza smorfia.

"L'Inferno è mutevole, cuccioli. Se ritenete di avere un potere in grado di dominare i territori, benvenga! È sempre bello vedere nuovi Signori prendere il comando. Ma per farlo dovete sconfiggere chi sta al di sopra di voi. Lo potete fare, potete sfidarlo e vincere. Provate, perché no?".

Lucifero fissò la sfera che aveva fra le mani, giocherellandoci.

"Ho sottomesso chiunque mi volesse sfidare, per migliaia di anni. E ho protetto chi mi ha giurato fedeltà, così come vari conti, duchi e quant'altro hanno protetto la gente dei propri territori. E la stessa cosa ha fatto e sta facendo mia figlia Najira".

"Ma come potremmo noi inserirci in questo sistema? È già tutto stabilito!" protestò una giovane cameriera.

"Non è vero. Perfino il trono è passato di mano. Potete ambire a posizioni molto elevate, se siete abbastanza forti. E, se siete furbi e possedete altre capacità, ci sono molte altre alternative. Quel che non dovete fare è infrangere le regole qui fra i mortali, perché qui non comandiamo noi e non possiamo difendervi, se provocate l'ira di chi sta al vertice".

"Ma a chi sta al vertice importa di questo mondo?" chiese Kaila "Chiedo perché mi pare lasciato abbastanza alla deriva".

"Questo non mi è dato saperlo. Ma so che con i demoni non vanno d'accordo, neanche un po', e non vedono l'ora di agire contro di noi".

"E che agiscano! Non possiamo difenderci? Non sei più potente di loro?".

"Di chi? Degli angeli? Adesso sì ma voialtri no. E inoltre gli angeli non provano dolore, sofferenza. Non sanguinano e il loro potere deriva direttamente da Dio".

"Dio è debole. Gli uomini non credono più".

"Può darsi. Ma preferisco non stuzzicare l'Armageddon. Sai, se finisse il mondo non potreste più mettervi piede e sareste segregati agli inferi per l'eternità. I demoni, ovviamente. Gli angeli non potranno più lasciare il Paradiso e io e la mia famiglia ce ne torneremo al nostro universo permanentemente. È questo che volete?".

Più di qualcuno scosse la testa.

"Bene. Allora lasciamo le cose terrene così come stanno. Intesi? Meglio per tutti, no? Adesso risolviamo questo casino e non ne provochiamo altri, per cortesia!".

"Ma come lo risolviamo? Ci sono i filmati..." mormorò di nuovo la demone dell'antincendio.

"Me lo avete detto voi: gli umani non credono. Basterà diffondere la voce che è tutto finto, che è una bugia, una trovata pubblicitaria per l'hotel. Un bell'effetto speciale".

"No, aspetta!" si alzò Kaila, piuttosto infastidita "Così non mi crederanno più! Tutti quelli che mi  seguono e mi scrivono, non mi crederanno più! Sarò messa in ridicolo! Non puoi fare questo!".

"Non ho alternative, se non quello di chiudere gli alberghi e dare ordine a tutti di svanire per qualche decennio. E poi tu non appartieni a questo mondo, non ha importanza se qualche umano ti crede o se ti deride".

"Per me ha molta importanza!".

"Perché sei una bambina! Credevo fossi abbastanza matura e pronta ad affrontare certe situazioni, ma non è così. E la responsabilità è tutta mia. Incazzati pure con me".

"È ingiusto!" quasi pianse Kaila "A te importa solo di questo stupido posto! Ti importa più dei morti che di me! Ti importa più di Ahriman che di chi è ancora in vita!".

"Non si tratta né di me né di Ahriman né di nessun'altro!" rispose Lucifero, accigliandosi a sua volta "Sono regole prestabilite, ragazzina! E se non riesci a capirlo è proprio perché...".

"Ma da quando ti importa delle regole?!" sbraitò Kaila, fra gli sguardi perplessi degli altri ragazzi "Tu sei il ribelle! Tu non le rispetti le regole!".

"E guarda dove cazzo sono finito!".

Kaila si ammutolì.

"Sono la creatura più potente del creato, seconda forse solo a Dio. Ho generato un mio mondo, un mio universo, appure sto qua seduto a giustificare il mio operato davanti a dei preadolescenti. Ero un re, sono un creatore, e sono incatenato a questo posto perché per una volta vorrei che chi mi è accanto fosse felice. E non parlo solo di tua madre, che ama questo luogo. Parlo di Azazel, Astaroth, Lilith e chiunque altro mi abbia pregato di non lasciare che vada tutto in mano a degli umani. Umani che, ti ricordo, hanno ucciso tuo fratello".

"Lo so...".

"Se volete restare qui, rispettate le regole create per i mortali. È loro questo mondo, per quanto facciano schifo. Altrimenti nessuno vi vieta di tornare agli Inferi o da qualsiasi altro posto siate venuti. Non accetterò altri problemi".

"Ma non pensi al mio futuro?" protestò ancora Kaila "Quando sarà finito quello stupido processo, e sarai sicuro che nessun umano tocchi il prezioso albergo di Ahriman, te ne andrai. E mi riporterai con te in quel mondo dove ci siamo solo noi. Che futuro potrò mai avere? Senza amici, senza uno scopo...".

"Non è il momento o il luogo di discutere di questo. E comunque il tuo gemello in questo momento è in Paradiso. Nulla ti vieta di andare altrove, a cercare altro. Purché non ti ficchi nei casini o ficchi nei casini gli altri!".

"Detto da te...".

"È proprio perché te lo dico io che dovresti ascoltarmi!".

Lentamente, Lucifero spalancò le ali e le mostrò ai presenti. Erano enormi, piene di cicatrici. Con uno scatto, su di esse si aprirono occhi aranciati che fissarono i presenti con fare accusatorio.

"Questo è quel che succede a sfidare il Cielo. Questo, oppure si muore. Quale preferite? Io una volta avevo ali angeliche, le più belle del creato. E il mio corpo non aveva ferite o cicatrici, non sapevo cosa fosse il dolore. Ed io ero comunque addestrato a combattere e a reagire. Voi pensate di poter davvero tenere testa anche solo a uno dei suoi angeli?".

Scese di nuovo il silenzio. Il Diavolo si alzò, richiudendo le ali.

"Presto sarà l'alba. Potete andare. Spero abbiate capito".

"Però..." aprì bocca di nuovo Kaila, l'unica ad averne il coraggio "Come potrò capire qual è il mio vero potenziale se devo sempre nascondermi? Sono obbligata a stare qui con te, a fingermi umana! E poi? Io ancora non so se sono angelo o demone! Io sono potente! E non posso mai mostrarlo! Mi tieni in gabbia! Prigioniera della tua volontà!".

"Questo per te è essere prigioniera?!" alzò un sopracciglio il genitore.

"Certo!".

Lucifero incrociò le braccia dietro alla schiena e squadrò per bene la figlia. Lei non mostrò alcun timore, gli altri presenti rabbrividirono.

"Bene, mia casa. Se questo per te è stare in gabbia, con troppe regole da seguire e troppe costrizioni, allora fai le valige e preparati: finirai in accademia".

Si alzò un mormorio allarmato tra i presenti.

"L'accademia di Dite?" mormorò Kaila, stupita "L'accademia della capitale?".

"Da cui non puoi uscire senza permesso e a cui non sono ammesse visite di alcun tipo. Sarà la tua casa, la tua scuola, il tuo centro d'addestramento. Vivrai tra quelle mura, imparerai tra quelle mura. E capirai cos'è una vera prigione".

"Ma da quella scuola escono i più potenti e influenti demoni in ogni campo. Soldati, strateghi, giudici, medici...".

"Le possibilità saranno infinite, se saprai coglierle".

"E non c'è tipo un esame di ammissione o una cosa del genere? È difficile entrarci".

"Sei mia figlia. La sorella della regina. Il tuo potere nessuno può metterlo in discussione. L'anno accademico è già iniziato, ma sono certo che una che sa far tutto come te può facilmente recuperare. Giusto?".

Kaila non rispose. Qualcuno dei giovani fece notare che era ancora piccola, aveva solo tredici anni.

"L'età non conta" rassicurò Lucifero "Conta la forza. E tu ne hai, giusto? O apri solo la bocca per far andare le parole?".

"Mi ci mandi davvero?".

Il Diavolo non rispose subito. Si aspettava pianti e suppliche, dato che quel luogo era famoso per la rigidità dei metodi d'addestramento e per la disciplina severa, ma Kaila non mostrò particolare turbamento. Anzi, di scatto alzò la testa e sorrise.

"Sei... felice?" si stupì il proprietario dell'hotel.

"Sì! Davvero mi ci mandi?!".

"Davvero ci vuoi andare?".

"Non vedo l'ora!".

Con uno scatto, la figlia abbracciò il padre e iniziò poi a saltellare per la stanza con entusiasmo. Non era di certo la reazione che Lucifero si aspettava e fissò perplesso la ragazza che lasciava il salone per andare a preparare le proprie cose. Gli altri giovani furono congedati, con ancora in mente gli occhi accusatori delle ali del Diavolo. Un brivido attraversò la loro schiena al solo pensiero e corsero via.

"Cosa le hai detto?" domandò Lailah, stupita "Pensavo la sgridassi!".

"L'ho fatto. Credimi, l'ho fatto...".

"Che strano modo hai tu di sgridare! Allora è tutto risolto? Hanno capito?".

"Spero di sì. Ora vediamo quel che succede. Come reagiranno gli umani a quel che hanno visto. Forse dovrei chiudere davvero tutto quanto, per sicurezza...".

"Vediamo come va. Azazel sta già diffondendo video e comunicati in cui si parla di pubblicità ed effetti speciali. Non ci resta che attendere! E se i giovani hanno capito e non ripeteranno la cosa...".

"Dubito abbiano voglia di farlo".

Stavano sgattaiolando via, col desiderio di non incrociare mai più quello sguardo. Fuori albeggiava, in cucina le colazioni erano quasi pronte. Azazel era pronto al proprio posto, così come molti altri demoni.

"Agiamo il più cautamente possibile" disse loro Lucifero "Non dategli modo di sospettare la presenza di qualcosa di sovrannaturale. Siate prudenti e, in caso di problemi, contattatemi immediatamente. Il cielo si è calmato, sorge il sole".

Con un cenno d'assenso, ognuno si diresse verso il proprio settore. Il Diavolo si sistemò distrattamente i capelli, che si erano asciugati in modo confusionario con riccioli e ciuffi spettinati. Abbottonò la giacca di velluto e guardò fuori, attraverso la porta rotante di vetro. Vedeva già i primi curiosi con la macchina fotografica a seguito e sospirò: sarebbe stata una lunga giornata.

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