Giudizio -parte seconda-

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Il mattino seguente, due uomini delle forze dell'ordine in divisa attendevano il proprietario dell'hotel all'ingresso, stupiti nel vederlo comparire in perfette condizioni fisiche.

"Siete qui per la mia auto?" ipotizzò il demone, lisciando la giacca di velluto con cura e guardando verso alcuni clienti che entravano.

"Siete voi il proprietario della Bentley nera con questa targa?".

L'agente porse una foto dove, su un'auto ridotta a un rottame, si vedeva chiaramente la targa.

"È la mia" ammise Lucifero, con un mezzo sorriso di circostanza.

"Può dirci cosa è successo?".

"Temo ci sia stato un furto questa notte, di cui ho avuto modo di accorgermi solo stamattina. Stavo per andare a sporgere denuncia".

"Un furto?".

"Sì, vedete... avevo in programma di uscire ieri, ma ha iniziato a nevicare forte e ho preferito rimandare, lasciando però l'auto nel parcheggio esterno all'hotel. Devono averla presa questa notte. Mi sono svegliato e non c'era più".

"Quindi non era lei alla guida?".

"Mi scusi ma come potrei? Mi ha visto? Non ho nemmeno un graffio e da quel rottame non penso possa uscirci qualcuno illeso, giusto?".

"Giusto. Ci serve una sua deposizione e la denuncia di furto. Può presentarsi in centrale quando preferisce".

"Non posso rilasciare una deposizione ora? Ho molto da fare in questi giorni. Sapete, da quando è venuto a mancare il mio socio...".

"Condoglianze. Certo, come preferite".

"Venite pure in ufficio, per di qua".

Azazel fissò il proprio capo, leggermente allarmato. Nessuno entrava in quell'ufficio, meno che mai forze dell'ordine! Lucifero rispose a quello sguardo in modo che non comprese e preferì non aprir bocca, dedicandosi ai clienti appena entrati.

Fuori aveva ricominciato a nevicare. Dalle finestre dell'ufficio, oscurate all'esterno, si vedeva tutto il giardino interno. Lucifero si disse che doveva comprare delle tende. Tante tende. Nere e spesse.

"La mia patente" esordì, porgendo ai due umani una tessera da cui ricopiarono tutti i dati personali.

"Vi offrirei da bere, ma qui ho solo alcolici. Volete vi faccia preparare del tè?".

"No, grazie. Dovrebbe riscrivere qui quanto dichiarato prima".

Il demone estrasse la penna dal taschino e scrisse di non essere stato alla guida dell'auto accidentata e di aver subito un furto, di cui si era accorto solo la mattina seguente e che ora denunciava.

"È un avvocato, per caso? Usa terminologie molto corrette".

"Ho solo imparato con l'esperienza. Con il mio lavoro, capita di dover scrivere con una certa precisione".

L'agente non capì perché un direttore d'albergo dovesse scrivere con precisione ma preferì non indagare. Attese la firma e riprese il foglio, ammirandone la scrittura.

"Vi ho risparmiato del lavoro?" ipotizzò il demone.

"Firmi per la denuncia. Aperta denuncia verso ignoti, nella speranza di capire chi sia stato. Avete delle telecamere esterne?".

"Sì ma temo che con la neve non si veda molto. Potete chiedere al receptionist".

"Eravate assicurato contro il furto?".

"Certamente. Con un'auto così...".

"Potete subito inviare la documentazione. È chiaro che non eravate alla guida. Magari qualche suo famigliare? Moglie? Figli?".

"Potete parlare con loro, se volete. Mia moglie in questo momento è nell'area animazione, la dirige. I miei figli sono con lei".

"Grazie per la disponibilità".

Dopo assersi assicurati che anche moglie e figli fossero estranei alla faccenda, i due mortali si congedarono in fretta per non ritrovarsi in mezzo a una tormenta.

Azazel si limitò a fissare il suo capo con aria interrogativa.

"Ho i documenti per l'assicurazione, Azazel" gli spiegò Lucifero, di colpo privo di sorrisi recitati "Sai... per fare le cose per bene...".

"Per fare le cose per bene bisognerebbe non schiantarsi in giro!".

"Prego...?".

"Scusi. È che... niente! Non apro bocca!".

"Bravo. Fa il tuo lavoro!".

Infastidito, Lucifero si diresse verso la moglie per prendere con sé i due figli maggiori. Per restare al coperto avrebbe dovuto percorrere buona parte dell'hotel e non aveva voglia di perdere tempo. Quindi aprì la porta che dava sul giardino e tentò di tagliare da lì.

"Neve di merda" sibilò, con il gelo che lo avvolse immediatamente.

"Smettila di fare la testa di cazzo!" si sentì dire, dalla voce terribilmente familiare di Michael.

"Ci mancavi solo tu! Che vuoi?!" ringhiò il demone, continuando a camminare e ignorando l'Arcangelo.

"Potevi farti beccare. Potevano esserci delle telecamere. Non posso sempre rimediare ai tuoi casini! Poi la colpa è mia, che ho il compito di sorvegliarti per conto del Paradiso!".

"Non c'erano telecamere. Perciò che cazzo c'è? Lasciami in pace, non sono in vena".

Michael lo fermò, afferrandolo per un braccio.

"Smettila di agire come se non fossi tra gli umani! Rispetta le regole! Cosa speri di ottenere, andando da quell'umana?!".

"Magdalena, dici? Quella puttana mente, lo sai vero? Il padre di suo figlio era a casa sua ieri e lei me lo ha presentato come avvocato. È una troia bugiarda!".

"Abbassa i toni, demone! Non sono affari che ti riguardano!".

"Come sarebbe a dire?! Mio figlio...".

"Tuo figlio, per quel che ne sai, poteva anche farsi scopare da entrambi! Magari era il loro giocattolino sessuale ed è morto in un gioco erotico per dementi!".

Lucifero ringhiò, reagendo e colpendo Michael al volto, facendolo finire nella neve.

"Fottiti, Michael!" minacciò gridando, con i denti di colpo a punta e gli occhi arancio che brillavano.

"Se no? Che fai? Non cambia niente, fratello!".

"Io non sono tuo fratello!".

"Non ha importanza! E che tu scopra o meno cosa è successo in quella casa non lo riporterà in vita! Non tornerà più. Ahriman non tornerà. Qualsiasi cosa tu faccia, non lo rivedrai mai più!".

Il Diavolo lo sapeva. Lo aveva sempre saputo ma sentirselo dire faceva uno strano effetto. Distolse lo sguarso, che si spense e tornò quello adatto al mondo mortale.

"So che fa male, fratello" riprese Michael, alzandosi e tentando di avvicinarsi lentamente "Comprendo la tua rabbia, ma...".

"Tu non sai niente" sibilò Lucifero, a mezza voce "Cosa vuoi saperne tu? Chi hai mai perso, tu? Guardati! Ti ho buttato nella neve e sei perfetto. Protetto dal potere divino, nemmeno senti il freddo che ora mi sta congedando i piedi. E la faccia. E tutto il resto. Tu... cosa vuoi comprendere tu?".

"Chi ho perso? Ho perso te!".

"Sono qui, minchione! Sei cieco?!".

"In Cielo. Eri il mio mentore, la mia guida. Mi hai addestrato e cresciuto. Averti come nemico, doverti combattere, è stata la prova più dura della mia vita".

"Questo la dice lunga sul tipo di vita che hai avuto, boccoloso principino raccomandato!".

"Basta, Lucy. Se non era all'ora, sarebbe stato tra qualche decina di anni. Lo avresti visto invecchiare e morire. Così ha voluto".

"Fanculo...".

"Ripetimelo pure tutte le volte che vuoi. Non cambierà le cose. Non tornerà".

Il demone non rispose. Diede le spalle all'Arcangelo e continuò per la sua strada, rientrando in hotel in silenzio.


Il bel tempo si mostrò qualche giorno dopo e Lucifero potè salire sulla macchina nuova e tornare da Magdalena. La donna stava dando ordini a un gruppo di fattorini in cucina.

"State traslocando?" ipotizzò il Diavolo.

"Esatto. Al piccolo piacerà cambiare aria. I quadri sono in uno scatolone nello studio. Prendili pure e vai. I soldi sono arrivati, non mi serve altro".

Il Diavolo si diresse verso lo studio, salendo le scale. Vuoto, quel luogo era ancora più opprimente. Riusciva a vedere ancora il sangue. Sollevò lo scatolone e si voltò, trovandosi davanti il bambino biondo dagli occhi tristi.

"Ciao" lo salutò "Sono solo venuto a prendere i quadri".

"Ne ho fatto uno anch'io. Per te".

Il piccolo porse un foglio con sopra il ritratto di Ahriman e pianse una lacrima.

"Ti manca?" domandò Lucifero e il bambino annuì.

"Come ti chiami? Quanti anni hai?".

"Non dovrei dirlo a degli sconosciuti".

"Hai ragione, scusa. Grazie per il disegno, lo conserverò con cura".

"Mamma non era da sola" mugugnò il ragazzino, a bassa voce.

"Come, scusa?".

"Mamma non era da sola. Io ho sentito tutto. E c'era anche papà. Ha detto una bugia".

"Tuo papà è quell'uomo biondo che ho visto l'altra volta?".

"Sì. Ma non dire a mamma che l'ho detto".

"Sarà un segreto".

Ma da quando gli importava qualcosa dei marmocchi altrui? Si stupì di se stesso il Diavolo.

"C'è qualche problema?" chiamò Magdalena dal piano inferiore.

"No, vengo giù subito".

Con un cenno della testa rivolto al piccolo mortale, il demone scese le scale con lo scatolone dei quadri. Ora c'era anche quell'uomo biondo accanto all'umana e lo fissava quasi con fastidio.

"C'è altro che vuoi?" sbottò l'uomo.

"No, grazie".

Lucifero poggiò temporaneamente lo scatolone e fissò entrambi, porgendo loro la mano.

"Vi auguro tutto quel che meritate" pronunciò, senza distogliere lo sguardo.

I due non compresero quello strano commiato e lo ignorarono, mentre riprendeva lo scatolone e tornava in macchina. Prima di avviarla, osservò il disegno del bambino. Rappresentava Ahriman con un grande sorriso, in giardino. Sentì l'abbaiare di un cane. Era meglio andare...

Portò direttamente i quadri da Astaroth, uno dei demoni che più apprezzava l'arte e l'estetica e che avrebbe saputo di certo trovar loro il luogo più adatto.

"Ne manca uno" commentò Astaroth "Manca il Giudizio per avere l'intero mazzo dei Tarocchi. Peccato".

"Quello... è in una collezione privata" mentì Lucifero.

"Capisco. Staranno benissimo qui, nella mia boutique. Non li devo vendere, vero?".

"Fa come credi. Ci sei anche tu".

"Ho visto. Sono la temperanza, che versa l'acqua tra una figura maschile e una femminile. Molto bello. Sei tu il Giudizio, Lu? Interessante. Potrei organizzare una mostra. In memoria".

"Perché no?".

"Mi dispiace doverti rivedere in situazioni simili, fratello mio".

Astaroth allungò le mani, con lunghe unghie dipinte, verso quelle di Lucifero.

"Sei gelato, tesoro. Siediti, ti offro qualcosa".

Il Diavolo non protestò, nemmeno per la totale mancanza d'onorifico. Seguì l'altro demone sul retro, mentre Zika restava a badare al negozio.

"Belle scarpe" commentò, una volta seduto su un divanetto di velluto

"Vero?" ghignò Astaroth "Se vuoi, te ne faccio avere un paio".

"Non cammino su tacchi simili da troppo tempo".

"Si fa sempre in tempo a riprendere pratica!".

Astaroth offrì al suo ospire un liquore infernale in un elegante flute di cristallo.

"Come vanno gli affari, Astaroth?".

"Molto bene, grazie. Gli hotel mi danno molto lavoro. La figlia di Azazel, Zika, mi aiuta moltissimo. È dotata. E non smetterò mai di ringraziarti per avermela mandata come apprendista, anni fa".

"Non c'è di che".

Il proprietario della boutique sospirò, notando lo sguardo assente e malinconico di Lucifero.

"Periodaccio, immagino" ipotizzò.

"Immagini bene" rispose il Diavolo, frugando nelle tasche e mandando giù le ormai solite pasticche.

"Puoi fumare qui, se vuoi. Non mi infastidisce".

"Ultimamente mi dedico ad altro...".

Astaroth annuì, non sapendo che dire.

"Sai che io ci sono, Lu.cy. Ci sono sempre. In qualunque modo tu voglia...".

"Sai... non posso sempre scaricare la mia tensione su mia moglie".

"Eh no, poverina!".

"Vorrei farle un regalo, per ringraziarla. Ultimamente le ho chiesto molto, anche ai miei figli".

"Posso farti avere qualcosa di adatto. Dei gioielli, per la signora e i gemelli?".

"Sei tu l'esperto".

"E Lilith? Come sta? Ha gradito la collana con la foto di Ahriman che mi hai fatto fare?".

"Ci vuole tempo".

"E magari un giorno potrete averne degli altri, no?".

"Non è...".

"La stessa cosa? Lo so. Però... Scusami, non so che dire".

"Allora usa la bocca per fare altro, penso ti riesca meglio".

Astaroth fece brillare i suoi demoniaci occhi viola, con un ghigno sornione e mostrando la lingua biforcuta.

"Agli ordini, capo".

Lucifero rientrò in hotel solo diverse ore più tardi, dopo aver sfogato parte della sua frustrazione sul più che compiacente Astaroth. Il fatto che cambiasse sesso a piacimento rendeva tutto più interessante. Rientrando, si stupì di trovare un gruppetto di impiegati davanti alla reception, intenti a guardare il grande schermo che solitamente proiettava immagini rilassanti e accoglienti all'ingresso, per distrarre dall'attesa. In quel momento mostrava il telegiornale e subito Lucifero riconobbe il volto di Magdalena e dell'uomo biondo. Fra i commenti dei presenti, non capiva cosa dicesse il giornalista.

"Amor mio!" lo chiamò Lailah, anch'ella tra la folla, raggiungendolo e abbacciandolo forte "Hai saputo? Hai sentito? Dove sei stato?".

"Non so niente. Che succede?".

"Ha confessato. Quella donna, ha confessato! Lo hanno ucciso! Hanno ucciso Ahriman!".

Il Diavolo si voltò verso lo schermo, leggendo i titoli che scorrevano sotto allo schermo. La coppia si era presentata spontaneamente dalla polizia, confessando l'omicidio. Erano stati loro ad aggredirlo, mentre era nello studio a dipingere, obbligandolo ad afferrare la pistola e puntarsela alla testa. Era stata lei a premere il grilletto, mentre il biondo immobilizzava la vittima, precedentemente stordita con un tè drogato. Forse quella schifezza che aveva provato ad offrire anche al Diavolo.

"Avevi ragione" mormorò Lailah, abbracciandolo ancora e piangendo "Lo hanno ucciso. Per soldi, hanno detto. E perché Ary voleva un erede".

"Con cui poi avrebbero dovuto dividere il denaro...".

"Come lo sai?".

"Li conosco bene gli umani, purtroppo".

Si lasciò abbracciare, fra i commenti sconvolti dei presenti. Era vero, dunque. Il suo bambino era stato ucciso e non si era suicidato. Aveva scoperto e dimostrato la verità. Ma che cambiava? Aveva ragione Michael: tanto non lo avrebbe comunque rivisto mai più!
I dipendenti insultavano lo schermo, infuriati contro quella coppia di assassini. C'era chi piangeva, chi imprecava e chi rimaneva in silenzio. Lucifero era stranamente tranquillo, non mostrò alcuna reazione in particolare.

"Avete interferito, vero?" ipotizzò Azazel, quando lo raggiunge alla reception "Lo avete fissato... con quello sguardo. Non piacerà molto ai piani alti".

"Non me ne frega una sega".

"Quell'uomo era quello che tormentava la femmina. E da cui Ahriman la difendeva".

"Lo so. È rimasto suo amante. Era un modo per prendersi tutto".

"E adesso?".

"Adesso pensaci tu. Non far avere un solo centesimo a quella stronza e al suo amichetto".

"Questo è ovvio, ma...".

"Ma non ho nient'altro da dire. Tornate al lavoro!".

Astaroth

Capitoli più lunghi rispetto al mio solito "standard". Ditemi se preferite li divida in parti più piccole!

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