Morte e amore

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"Mi aspetto che tu faccia qualcosa!" sbottò Lilith in demoniaco, camminando nervosamente avanti e indietro.

"E che cosa ti aspetti che faccia esattamente, mia cara?" le rispose Lucifero, fissando lo schermo del telefono e scorrendo distrattamente le notizie.

Era notte e il giardino interno dell'hotel non era molto frequentato a quell'ora. Lui indossava come di consueto la divisa dell'hotel e se ne stava a gambe incrociate su un divanetto di pelle nera a poca distanza dal bar esterno. Lilith invece non riusciva a stare ferma e i suoi tacchi producevano un secco rumore ritmico, mentre camminava avanti e indietro.

"Ma ucciderli, ovviamente! Mi aspetto che tu li uccida!" sibilò la tentatrice.

"Sai che non mi è concesso farlo".

Lucifero alzò una mano, rivolto al bar, e subito una giovane cameriera gli portò un super alcolico in una grande bicchiere con tanto di cannuccia e ombrellino.

"Se è per questo, non ti era nemmeno concesso guardarli negli occhi e spingerli a confessare!".

"Appunto. Sono già andato troppo oltre. Non voglio altri angeli incazzati tra i coglioni, Michael mi basta! E poi se io li ammazzo non vanno all'Inferno!".

"Ma hanno ucciso nostro figlio!".

"Lo so. E se io li uccido, o li faccio uccidere, o li spingo a uccidersi, non avremo le loro anime. La vita umana è breve, sii paziente. Come assassini, appena morti sai già dove andranno. E noi saremo lì ad attenderli".

"Non ho pazienza, Lucy! Nemmeno un po'! E se poi si pentono? Quelle due merde potrebbero comunque andare in Paradiso!".

"Me li farò consegnare personalmente, mia adorata. Non varcheranno i cancelli d'oro della città degli angeli".

"E nel frattempo? Te ne starai lì a bere e fare un cazzo, aspettando che crepino da soli? Hanno ucciso il nostro bambino! Non hai voglia di vederli morti?".

"Più di chiunque altro! Vorrei ficcar loro la pistola su per il culo e svuotare il caricatore, vedendo uscire le budella dal buco opposto. Ma non lo posso fare. Ci sono delle regole, che tutti rispettiamo".

"Fanculo alle regole!".

Lucifero sospirò, sorseggiando in fretta il bicchiere che stringeva fra le mani e lasciandolo sul poggiolo del divano.

"Ho già provveduto a far bloccare ogni pagamento ed eredità. Ho sporto denuncia come parte lesa, per il danno provocato all'hotel. Resteranno senza un soldo, senza una casa e senza alcun avere. Perderanno tutto".

"Ma che me ne frega?! Devono soffrire! Soffrire fisicamente, come ha sofferto il nostro Ahriman!".

"Lilith, guardiamo le cose in modo oggettivo: Ahriman si è fatto fottere alla grande!".

La tentatrice trasalì a quelle parole e d'istinto scattò verso Lucifero con l'intento di colpirlo con uno schiaffo. Lui però le fermò la mano.

"Non puoi negarlo" mormorò il Diavolo, fissandola senza un'espressione "Quella donna lo ha manipolato fin dal principio. Lo ha attirato in una trappola fatta di occhioni dolci e miagolii da fanciulla in difficoltà e lui ci è cascato con tutte le scarpe. Quella Magdalena e il suo amante se lo sono rigirato come volevano e probabilmente stavano programmando l'omicidio da tempo. Forse non in tempi brevi, ma il desiderio di Ahriman di avere un erede ha fatto sì che si muovessero, per evitare in ogni modo di dover dividere l'eredità".

"Ma parli proprio tu?! Pensa a Sophia, coglione! E poi perché dici questo?! Era il nostro piccolo!".

"Era un uomo che ha compiuto le sue scelte. Che non ha voluto ascoltare i suggerimenti di nessuno e che è morto perché non ha saputo accorgersi per tempo di che razza di cagna avesse sposato!".

Lilith riprese i tentativi di pestaggio, purtroppo per lei senza esito.

"Sei uno stronzo!" ringhiò.

"Se non lo sono io, chi altro dovrebbe esserlo? Ma saprò attendere. Avrò le loro anime e me ne occuperò come solo io so fare, te lo assicuro. Ho la sua firma. Lei ha già firmato un mio contratto. Lei è già mia!".

La afferrò per entrambi i polsi, accendendo lo sguardo e obbligandola a fermarsi. La tentatrice smise di prenderlo a calci e si morse il labbro infastidita.

"Soffriranno?" chiese, a mezza voce.

"Per l'eternità. E renderò la loro vita l'Inferno in Terra. Non posso ucciderli ma sai bene che ci sono cose peggiori".

"In quello, se il migliore".

"Solo in quello?".

"Forse anche in qualcos'altro...".

Lei si chinò e si ritrovarono uniti in un lungo bacio di cui sentivano la mancanza.

"Mi accompagni a vederlo?" mormorò Lilith, dopo essersi staccata da quelle labbra che non smetteva mai di desiderare.

"A vedere chi?".

"Il nostro Ahriman. Dove riposa".

"È un cimitero. È terra consacrata. Tu non puoi entrarci".

"Un cimitero di notte non penso sia un grosso problema. In caso mi aiuterai tu".

"Ma a che scopo?!".

"Voglio vedere la sua lapide. Voglio vedere e sentire dov'è. Per favore. Ci tengo tanto...".

"Che strane cose voi, Lily...".

"Detesto essere chiamata Lily!".

"E io detesto essere chiamato Lucy. Siamo pari".

"Come vuoi. Ma mi accompagni?".

"Se proprio ci tieni...".


Guidare di notte era affascinante e privo di quegli ingorghi fastidiosi che rovinavano la giornata. L'auto profumava di nuovo e Lilith annusò quell'aroma con un sorriso sornione. Senza chiedere, afferrò il telefono del Diavolo e fece partire una chiamata che mise in vivavoce, mentre il demone cercava e trovava una sigaretta nel portaoggetti del cruscotto.

"Lailah, tesoro!" salutò la tentatrice "Te lo rapisco qualche ora, scusami".

"Non c'è problema" rispose lei dall'altro capo del telefono "Andate a divertirvi?".

"Non proprio. Domani sera ti tengo i ragazzi e andate a spasso voi due, ok?".

"Ok. Non deprimermelo troppo".

"Tranquilla. Il nostro panterotto oggi è in vena di fare il cazzone, altro che depresso!".

"Panterotto?!" alzò un sopracciglio Lucifero, mentre Lilith ne tirava verso sè un ciuffo di lunghi capelli neri.

"Panterotto brizzolato" ridacchiò Lailah e la tentatrice si unì alla risata.

"Ragazze, vi sento!" commentò sconcertato il Diavolo.

"Tu pensa a guidare!" rispose Lilith "Non distruggere un'altra macchina!".

"Ci sentiamo più tardi" salutò la moglie dall'hotel "E attenta che non faccia troppo lo stronzo!".

"Sarà fatto, cara. Un bacio sul collo e a più tardi!".

Lucifero non commentò altro, capendo che tanto non avrebbe avuto alcuna voce in merito.

"Te la sei scelta bene" gli sorrise la tentatrice, dopo aver riattaccato.


Entrare in un cimitero di notte era una di quelle cose che il Diavolo non faceva da tempo. Entrarci con Lilith era decisamente una novità. Lei stringeva tra le mani un piccolo mazzo di rose demoniache e si fermò a fissare il vecchio cancello nero all'ingresso.

"Vieni?" la invitò Lucifero, aprendolo con una mano.

Prese coraggio e varcò la soglia. Si guardò attorno, trovando estremamente romantiche e pittoresche quelle piccole candele rosse che decoravano le tombe, anche se erano elettriche e prive di una vera fiamma.

"Tutto ok?" domandò il demone.

"Mi sento un po' stordita, ma pensavo peggio".

Camminò lentamente fino a raggiungere la lapide color terracotta marmorizzata, incisa con lettere nere. Era elegante, con una forma che vagamente poteva ricordare un cuore.

"Almeno non ha scelto una lapide brutta..." commentò Lilith, pensando a Magdalena.

"Ti sbagli. Lei aveva scelto una lapide di merda. Ma Azazel è entrato negli archivi degli ordini delle pompe funebri e questo è il risultato. Tanto quella donna qui non ci verrà mai".

"Bella pensata... Come mai questo colore?".

"Non saprei dire. Ma è bello. Grigio era troppo piatto e deprimente...".

La tentatrice allungò la mano verso la foto del figlio e la ritrasse con un gemito, vedendo una ferita aprirsi sulle dita.

"È benedetta" le spiegò il Diavolo, stringendola a sé e guarendola.

"Mi gira la testa" confessò lei.

"Andiamo via".

"No, ancora no".

Lilith si chinò, attenta a quel che toccava.

"È vero che la riapriranno per riesaminare il corpo?".

"Sì, domani riesumeranno il corpo per verificare che la confessione di Magdalena e del suo amichetto abbia un senso".

"E l'avrà? Un senso, intendo...".

"Altrimenti farò in modo che ce l'abbia. Non ti preoccupare. Non saranno innocenti. E nemmeno infermi di mente. Userò tutti i miei mezzi. E io di mezzi ne ho tanti, mia cara".

"Lo so. Ti conosco".

"Mi sa meglio di chiunque altro...".

"Davvero? Anche più di tua moglie?".

"Temo che lei non abbia bene in mente quanto possa essere stronzo".

"Non ne sono sicura".

I fiori su quella tomba erano molti, alcuni troppo belli per essere terreni, e Lilith ne annusò il profumo. Depose il suo mazzo di rose demoniache proprio accanto a un meraviglioso ramo di gigli angelici. Doveva essere passato Gabriel da quelle parti. Si rialzò, lasciandosi ipnotizzare dalla fiamma della piccola candela che bruciava accanto alla foto. Stranamente, sorrise.

"Ora possiamo andare?" incalzò Lucifero.

"Non ti piacciono i cimiteri? Quante vite trascorse. Quante anime. Chissà dove saranno... chissà quante saranno... non ti affascina?".

"Sono umani".

"Sono morti".

"Preferirei trascorrere la mia notte in modo diverso. A un morto dei fiori poco importa".

"Non servono al morto. Servono al vivo. Per sentirsi in qualche modo ancora vicino a chi non c'è più".

"Continuo a non capirne il senso...".

"Per me ne ha. E questo posto è bellissimo. Guardati attorno! Quelle piccole luci sembrano tanti occhi che ci guardano. Tante stelle che brillano in un cielo di marmo e pietra. Fuochi fatui che ci chiamano verso un ricordo che manteniamo nel cuore".

"Come siamo romantici stanotte, Lilith...".

"Di solito lo sei sempre tu. Qualcuno deve pur esserlo...".

La tentatrice si avvicinò, abbracciandolo in silenzio. Lo conosceva, probabilmente per davvero più di chiunque altro, e sapeva che quel suo essere così distaccato e cinico era solo il suo modo per ricacciare dentro qualsiasi emozione indesiderata. Almeno in quel caso. Altre volte invece era semplicemente fatto così: il suo splendido Diavolo bastardo!

"Grazie per avermi portata qui" sussurrò "Mi sento meglio".

"Sul serio?".

"Lascia che te lo dimostri!".

Il sorriso di Lilith divenne un ghigno e le sue labbra si fusero con quelle del suo accompagnatore in modo passionale ed esperto. Lei era la madre dei demoni, lei li aveva amati tutti, ma mai come aveva amato e amava Lucifero. E per quanto fosse consacrato quel terreno, nulla poteva impedirle di trasmettergli tutto l'amore che provava in quel momento. Il desiderio, la passione e il legame che sapeva essere indissolubile, non poteva essere interrotto dal dolore che le provocava quel che era benedetto. Voleva infrangere ogni regola, dimostrargli che lei non aveva paura del Cielo e lo spinse ad averla, all'interno della cappelletta che si ergeva al centro del cimitero. Una trasgressione a cui fin'ora non erano mai giunti: unirsi carnalmente in quel che era a tutti gli effetti una chiesa, seppur piccola e utilizzata ben poco. E lui di certo non si fece pregare, non amava chi pregava, e si lasciò trascinare in quell'idea folle e fuori schema per chiunque. Pazza Lilith. Bella Lilith. Peccaminosa Lilith! Da troppo non la possedeva, da troppo non godeva grazie a lei!
E per lei era lo stesso, da quando aveva perso il suo piccolo non era più in sé. Ma ora era lì, era pronta. E poco importava dov'era! Doveva farlo e basta! Il dolore che le provocava quel luogo non faceva altro che accentuare la sua eccitazione e sovrastò Lucifero con impeto, lasciando che i santi affrescati alle pareti vedessero per la prima volta come faceva l'amore una donna che nessuno poteva sottomettere.

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